Il Consiglio di Stato con la sentenza n. 2219 del 25 maggio scorso, in materia di soccorso istruttorio ha ribadito il principio sancito dall’Adunanza Plenaria nella sentenza n. 9 del 25 febbraio 2014, ossia che “l’esegesi rigorosa delle disposizioni riguardanti il c.d. “potere di soccorso”, avuto riguardo ai valori in gioco, nasce dalla fondata preoccupazione che l’allargamento del suo ambito applicativo alteri la par condicio, violi il canone di imparzialità e di buon andamento dell’azione amministrativa, incida sul divieto di disapplicazione della lex specialis contenuta nel bando, eluda la natura decadenziale dei termini cui è soggetta la procedura”.
Il Collegio ha spiegato dunque che, in altri termini, il ricorso al soccorso istruttorio non si giustifica nei casi in cui confligge con il principio generale dell’autoresponsabilità dei concorrenti, in forza del quale ciascuno sopporta le conseguenze di eventuali errori commessi nella presentazione della documentazione.
La linea di demarcazione tra i concetti di “regolarizzazione documentale” ed “integrazione documentale”, secondo l’A.P., deve desumersi dalle qualificazioni stabilite ex ante nel bando, nel senso che il principio del “soccorso istruttorio” è inoperante ogni volta che vengano in rilievo omissioni di documenti o inadempimenti procedimentali richiesti a pena di esclusione dalla lex specialis (specie se si è in presenza di una clausola univoca), dato che la sanzione scaturisce automaticamente dalla scelta operata a monte e, conseguentemente, l’integrazione si risolverebbe in un effettivo vulnus del principio di parità di trattamento.
Dunque, in presenza di una previsione chiara e dell’inosservanza di questa da parte di un concorrente (si tratti di gara o di altro tipo di concorso), l’invito alla integrazione costituirebbe una palese violazione del principio della par condicio, che verrebbe vulnerato dalla rimessione in termini, per mezzo della sanatoria (su iniziativa dell’Amministrazione), di una documentazione incompleta o insufficiente ad attestare il possesso del requisito di partecipazione da parte del concorrente che non ha presentato, nei termini e con le modalità previste dalla lex specialis, una dichiarazione o documentazione conforme al bando.
Si riporta di seguito il testo della sentenza.
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N. 02219/2016REG.PROV.COLL.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Terza)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
ex artt. 38 e 60 cod. proc. amm. sul ricorso numero di registro generale 1266 del 2016, proposto dai Sig.ri Anna Maria Santangelo e Renzo Gatto, rappresentati e difesi dagli avvocati Mariarosa Barazza e Paolo Migliaccio, con domicilio eletto presso il suo studio in Roma, Via Cosseria, n. 5;
contro
la Regione Veneto, in persona del Presidente pro-tempore, rappresentata e difesa dagli avvocati Andrea Manzi, Chiara Drago, Ezio Zanon e Cecilia Ligabue, con domicilio eletto presso lo studio dell’avvocato Andrea Manzi in Roma, Via Federico Confalonieri, n. 5;
Commissione esaminatrice concorso straordinario regionale per titoli per assegnazione sedi farmaceutiche;
nei confronti di
Lucio Vigolo, Clorinda Guidolin, Martina Zaccaria, non costituiti;
per la riforma
della sentenza breve del T.A.R. VENETO – VENEZIA, SEZIONE III, n. 1205 del 18 novembre 2015.
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio della Regione Veneto;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nella camera di consiglio del giorno 21 aprile 2016 il Consigliere Paola Alba Aurora Puliatti e uditi per le parti gli avvocati Paolo Migliaccio e Luigi Manzi, su delega dichiarata di Andrea Manzi;
Sentite le stesse parti ai sensi dell’art. 60 cod. proc. amm.;
1. – Con ricorso al T.a.r. per il Veneto, i dott.ri Santangelo Anna Maria e Gatto Renzo impugnavano la graduatoria del concorso straordinario per soli titoli per l’assegnazione di sedi farmaceutiche disponibili nella Regione Veneto, approvata con decreto dirigenziale n. 10 del 12.3.2015 e pubblicata sul B.U.R.V. il 20.3.2015, nella parte in cui non era stato loro attribuito il punteggio relativo al possesso di idoneità a precedente concorso.
2. – Con la sentenza in epigrafe, il T.a.r. ha dichiarato l’improcedibilità del ricorso introduttivo; ha rigettato i motivi aggiunti avverso la graduatoria rettificata approvata con decreto dirigenziale n. 20 del 25.6.2015 e pubblicata il 3.7.2015; ha condannato i ricorrenti alle spese di giudizio nella misura di euro 2000, oltre oneri di legge.
3. – Con l’appello in esame, i ricorrenti lamentano l’ingiustizia della sentenza per i seguenti motivi:
a) violazione di legge per violazione e/o falsa applicazione degli artt. 46 e 71 DPR 445/2000. Violazione del bando di gara per introduzione di una causa di mancata attribuzione di punteggio. Eccesso di potere per ingiustizia manifesta, erroneità e/o falsità dei presupposti e/o per disparità di trattamento e/o per contraddittorietà e/o per violazione del principio di proporzionalità.
b) violazione ed errata applicazione dell’art. 6, comma 1, lett. b), L. n. 241/1990. Violazione del principio di leale collaborazione e del principio di affidamento. Eccesso di potere per difetto di istruttoria e per manifesta irragionevolezza per un altro aspetto.
4. – Si è costituita in giudizio la Regione Veneto eccependo l’infondatezza dell’appello.
5. – Alla camera di consiglio del 21 aprile 2016, l’appello è stato trattenuto per la decisione in forma semplificata, ricorrendone i presupposti, previo avviso alle parti.
6.- L’appello è infondato.
7. – La sentenza di primo grado ha correttamente ritenuto che i dati forniti dai ricorrenti nella domanda di partecipazione al concorso “sono oggettivamente diversi da quelli richiesti e quindi non sanabili”.
7.1. – Gli stessi ricorrenti ammettono di aver indicato nella domanda, alla sezione “idoneità”, di aver “si” conseguito l’idoneità, specificando il numero dell’atto (“delibera regionale n.1058”, il dott. Gatto; e “decreto dirigenziale 345”, la dott.ssa Santangelo) e la data dell’atto di approvazione della graduatoria (rispettivamente, 22.2.1983 e 15.4.2002); aggiungono che mancherebbe solo l’indicazione dell’ambito territoriale e che tale dato è stato sottinteso posto che essi sono residenti in Veneto.
7.2. – Il Collegio ritiene che l’omessa indicazione dell’ambito territoriale non possa considerarsi mera irregolarità, in quanto determina incertezza circa il titolo posseduto, tenuto conto che, come rileva la Regione, in epoca anteriore al D.L. n. 269/2003, i concorsi venivano svolti su base provinciale; sicché non era possibile per la Commissione desumere dalla dichiarazione incompleta resa dai concorrenti il dato mancante.
Tale dato era richiesto con estrema chiarezza dal modello informatico di domanda predisposto dal Ministero della Salute, reso disponibile tramite una piattaforma tecnologica accessibile attraverso l’apposito portale, ove si richiedeva di specificare, appunto, la voce “ente – ambito territoriale – numero” e per la cui compilazione è stato previsto un mese di tempo ( 16.11.2012- 16.12.2012).
Inoltre, la competente Struttura regionale aveva, nel periodo di apertura del bando, messo a disposizione dei candidati una linea telefonica per fornire ogni informazione utile alla compilazione delle domande (come dichiara la Regione – pag. 6 della memoria).
Dunque, i ricorrenti avrebbero potuto acquisire, con l’uso di ordinaria diligenza, tutti i dati richiesti relativi all’idoneità di cui erano in possesso, nonché ogni utile chiarimento a tal proposito, e fornire dichiarazioni complete all’Amministrazione, in adempimento agli oneri imposti dalla lex specialis.
La procedura prevedeva, tra l’altro, che anche dopo l’invio della domanda fosse possibile verificare i dati inseriti e, ove errati, procedere all’annullamento e alla redazione di nuova domanda.
Ad avviso del Collegio, la peculiarità della selezione, affidata alla sola qualificazione in base ai titoli, non ammetteva approssimazioni o irregolarità di sorta, né, di conseguenza, alcuna integrazione postuma, a cura degli interessati, su sollecitazione della Commissione, con riguardo a dichiarazioni incomplete riguardanti i titoli.
Le dichiarazioni, da valere quali autocertificazioni ai sensi del D.P.R. 445/2000, erano richieste con estrema precisione e chiarezza, rimanendo strettamente a carico dei candidati l’onere di inserire i dati circa i titoli posseduti, valutabili ai fini dell’attribuzione di punteggio, a tutela dell’effettiva parità di trattamento tra i concorrenti.
8. – Neppure ha pregio l’argomento con cui si lamenta che l’irregolarità avrebbe potuto formare oggetto di soccorso istruttorio secondo l’insegnamento dell’Adunanza Plenaria n. 9 del 25 febbraio 2014.
L’Adunanza Plenaria ha chiarito che “l’esegesi rigorosa delle disposizioni riguardanti il c.d. “potere di soccorso”, avuto riguardo ai valori in gioco, nasce dalla fondata preoccupazione che l’allargamento del suo ambito applicativo alteri la par condicio, violi il canone di imparzialità e di buon andamento dell’azione amministrativa, incida sul divieto di disapplicazione della lex specialis contenuta nel bando, eluda la natura decadenziale dei termini cui è soggetta la procedura”.
In altri termini, il ricorso al soccorso istruttorio non si giustifica nei casi in cui confligge con il principio generale dell’autoresponsabilità dei concorrenti, in forza del quale ciascuno sopporta le conseguenze di eventuali errori commessi nella presentazione della documentazione.
La linea di demarcazione tra i concetti di “regolarizzazione documentale” ed “integrazione documentale”, secondo l’A.P., deve desumersi dalle qualificazioni stabilite ex ante nel bando, nel senso che il principio del “soccorso istruttorio” è inoperante ogni volta che vengano in rilievo omissioni di documenti o inadempimenti procedimentali richiesti a pena di esclusione dalla lex specialis (specie se si è in presenza di una clausola univoca), dato che la sanzione scaturisce automaticamente dalla scelta operata a monte e, conseguentemente, l’integrazione si risolverebbe in un effettivo vulnus del principio di parità di trattamento.
In definitiva, in presenza di una previsione chiara e dell’inosservanza di questa da parte di un concorrente (si tratti di gara o di altro tipo di concorso), l’invito alla integrazione costituirebbe una palese violazione del principio della par condicio, che verrebbe vulnerato dalla rimessione in termini, per mezzo della sanatoria (su iniziativa dell’Amministrazione), di una documentazione incompleta o insufficiente ad attestare il possesso del requisito di partecipazione da parte del concorrente che non ha presentato, nei termini e con le modalità previste dalla lex specialis, una dichiarazione o documentazione conforme al bando.
9. – In conclusione, l’appello va rigettato.
10. – Le spese possono compensarsi tra le parti, in considerazione della peculiarità delle questioni trattate.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Terza) definitivamente pronunciando sull’appello, come in epigrafe proposto, lo rigetta.
Spese compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 21 aprile 2016 con l’intervento dei magistrati:
Marco Lipari, Presidente
Lydia Ada Orsola Spiezia, Consigliere
Massimiliano Noccelli, Consigliere
Paola Alba Aurora Puliatti, Consigliere, Estensore
Pierfrancesco Ungari, Consigliere
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 25/05/2016
IL SEGRETARIO
(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)