La CGUE su avvalimento frazionato e mancato pagamento contributo AVCP

La Corte di Giustizia Europea, con la sentenza del 2 giugno 2016, nella causa c-27/15, su rinvio predisposto dal Consiglio di giustizia amministrativa per la Regione siciliana,  si è espressa sulla legittimità del divieto dell’avvalimento frazionato e dell’esclusione dalla gara in caso di mancato pagamento del contributo alla AVCP previsto dall’articolo 1, paragrafo 67, primo comma, della legge n. 266, del 23 dicembre 2005.

La Corte, sulla prima questione, ha evidenziato che gli articoli 47, paragrafo 2, e 48, paragrafo 3, della direttiva 2004/18 non istituiscono divieti di principio relativi alla possibilità per un candidato o un offerente di avvalersi delle capacità di uno o più soggetti terzi in aggiunta alle proprie capacità, al fine di soddisfare i criteri fissati da un’amministrazione aggiudicatrice (v. sentenza del 10 ottobre 2013, Swm Costruzioni 2 e Mannocchi Luigino, C‑94/12, EU:C:2013:646, punto 30), pertanto  la direttiva 2004/18 consente il cumulo delle capacità di più operatori economici per soddisfare i requisiti minimi di capacità imposti dall’amministrazione aggiudicatrice, purché alla stessa si dimostri che il candidato o l’offerente che si avvale delle capacità di uno o di svariati altri soggetti disporrà effettivamente dei mezzi di questi ultimi che sono necessari all’esecuzione dell’appalto (v. sentenza del 10 ottobre 2013, Swm Costruzioni 2 e Mannocchi Luigino, C‑94/12, EU:C:2013:646, punto 33).

Ad avviso della Corte di Giustizia Europea quindi:

Gli articoli 47 e 48 della direttiva 2004/18/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 31 marzo 2004, relativa al coordinamento delle procedure di aggiudicazione degli appalti pubblici di lavori, di forniture e di servizi, devono essere interpretati nel senso che non ostano ad una normativa nazionale che autorizza un operatore economico a fare affidamento sulle capacità di uno o più soggetti terzi per soddisfare i requisiti minimi di partecipazione ad una gara d’appalto che tale operatore soddisfa solo in parte.

Riguardo la seconda questione, la Corte ha precisato che i principi di trasparenza e di parità di trattamento che disciplinano tutte le procedure di aggiudicazione di appalti pubblici richiedono che le condizioni sostanziali e procedurali relative alla partecipazione ad un appalto siano chiaramente definite in anticipo e rese pubbliche, in particolare gli obblighi a carico degli offerenti, affinché questi ultimi possano conoscere esattamente i vincoli procedurali ed essere assicurati del fatto che gli stessi requisiti valgono per tutti i concorrenti (v., in tal senso, sentenza del 9 febbraio 2006, La Cascina e a., C‑226/04 e C‑228/04, EU:C:2006:94, punto 32).

Nel caso di specie, risulta dal fascicolo presentato alla Corte che i documenti relativi alla procedura di aggiudicazione dell’appalto di cui trattasi nel procedimento principale non prevedevano espressamente l’obbligo per gli offerenti, a pena di esclusione da tale procedura, di versare un contributo all’AVCP. La corte evidenzia come il  presunto obbligo di versare un contributo all’AVCP può essere identificato solo dall’interagire della legge finanziaria del 2006, della prassi decisionale dell’AVCP e della prassi giurisprudenziale amministrativa italiana nell’applicazione e nell’interpretazione della legge n. 266/2005. Ad avviso della Corte però nel caso in cui una condizione per la partecipazione alla procedura di aggiudicazione, a pena di esclusione da quest’ultima, non sia espressamente prevista dai documenti dell’appalto e possa essere identificata solo con un’interpretazione giurisprudenziale del diritto nazionale, l’amministrazione aggiudicatrice può accordare all’offerente escluso un termine sufficiente per regolarizzare la sua omissione.

Per tali motivi ad avviso della Corte:

Il principio di parità di trattamento e l’obbligo di trasparenza devono essere interpretati nel senso che ostano all’esclusione di un operatore economico da una procedura di aggiudicazione di un appalto pubblico in seguito al mancato rispetto, da parte di tale operatore, di un obbligo che non risulta espressamente dai documenti relativi a tale procedura o dal diritto nazionale vigente, bensì da un’interpretazione di tale diritto e di tali documenti nonché dal meccanismo diretto a colmare, con un intervento delle autorità o dei giudici amministrativi nazionali, le lacune presenti in tali documenti. In tali circostanze, i principi di parità di trattamento e di proporzionalità devono essere interpretati nel senso che non ostano al fatto di consentire all’operatore economico di regolarizzare la propria posizione e di adempiere tale obbligo entro un termine fissato dall’amministrazione aggiudicatrice.

Si riporta di seguito il testo della sentenza.

***

SENTENZA DELLA CORTE (Sesta Sezione)

2 giugno 2016 (*)

«Rinvio pregiudiziale – Appalti pubblici – Direttiva 2004/18/CE – Partecipazione a una gara d’appalto – Possibilità di avvalersi delle capacità di altre imprese per soddisfare i requisiti necessari – Mancato pagamento di un contributo non espressamente previsto – Esclusione dall’appalto senza possibilità di rettificare tale omissione»

Nella causa C‑27/15,

avente ad oggetto la domanda di pronuncia pregiudiziale proposta alla Corte, ai sensi dell’articolo 267 TFUE, dal Consiglio di giustizia amministrativa per la Regione siciliana (Italia), con ordinanza del 10 dicembre 2014, pervenuta in cancelleria il 22 gennaio 2015, nel procedimento

Pippo Pizzo

contro

CRGT Srl

nei confronti di:

Autorità Portuale di Messina,

Messina Sud Srl,

Francesco Todaro,

Myleco Sas,

LA CORTE (Sesta Sezione),

composta da A. Arabadjiev, presidente di sezione, S. Rodin (relatore) e E. Regan, giudici,

avvocato generale: M. Campos Sánchez-Bordona

cancelliere: A. Calot Escobar

vista la fase scritta del procedimento,

viste le osservazioni presentate:

–        per il governo italiano, da G. Palmieri, in qualità di agente, assistita da C. Colelli, avvocato dello Stato;

–        per la Commissione europea, da L. Cappelletti e A. Tokár, in qualità di agenti,

sentite le conclusioni dell’avvocato generale, presentate all’udienza del 21 gennaio 2016,

ha pronunciato la seguente

Sentenza

1        La domanda di pronuncia pregiudiziale verte sull’interpretazione degli articoli 47 e 48 della direttiva 2004/18/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 31 marzo 2004, relativa al coordinamento delle procedure di aggiudicazione degli appalti pubblici di lavori, di forniture e di servizi (GU L 134, pag. 114), nonché dei principi del diritto dell’Unione in materia di appalti pubblici.

2        Tale domanda è stata presentata nell’ambito di una controversia tra il sig. Pippo Pizzo, in proprio e in qualità di mandatario dell’associazione temporanea di imprese costituita con la ditta Onofaro Antonino (in prosieguo: la «Pizzo»), e la CRGT Srl per quanto riguarda l’esclusione di un candidato da una procedura di aggiudicazione del servizio di gestione dei rifiuti e residui del carico a bordo di navi.

 Contesto normativo

 Diritto dell’Unione

3        L’articolo 2 della direttiva 2004/18 così dispone:

«Le amministrazioni aggiudicatrici trattano gli operatori economici su un piano di parità, in modo non discriminatorio e agiscono con trasparenza».

4        L’articolo 47, paragrafo 2, della predetta direttiva così recita:

«Un operatore economico può, se del caso e per un determinato appalto, fare affidamento sulle capacità di altri soggetti, a prescindere dalla natura giuridica dei suoi legami con questi ultimi. In tal caso deve dimostrare alla amministrazione aggiudicatrice che disporrà dei mezzi necessari, ad esempio mediante presentazione dell’impegno a tal fine di questi soggetti».

5        L’articolo 48, paragrafo 3, della citata direttiva così recita:

«Un operatore economico può, se del caso e per un determinato appalto, fare affidamento sulle capacità di altri soggetti, a prescindere dalla natura giuridica dei suoi legami con questi ultimi. Deve, in tal caso, provare all’amministrazione aggiudicatrice che per l’esecuzione dell’appalto disporrà delle risorse necessarie ad esempio presentando l’impegno di tale soggetto di mettere a disposizione dell’operatore economico le risorse necessarie».

6        L’articolo 63, paragrafi 1, primo e terzo comma, nonché 2, della direttiva 2014/24/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 26 febbraio 2014, sugli appalti pubblici e che abroga la direttiva 2004/18 (GU 2014, L 94, da pag. 65 a pag. 242), menzionato dal giudice del rinvio, è così formulato:

«1.      Per quanto riguarda i criteri relativi alla capacità economica e finanziaria stabiliti a norma dell’articolo 58, paragrafo 3, e i criteri relativi alle capacità tecniche e professionali stabiliti a norma dell’articolo 58, paragrafo 4, un operatore economico può, se del caso e per un determinato appalto, fare affidamento sulle capacità di altri soggetti, a prescindere dalla natura giuridica dei suoi legami con questi ultimi. (…) Se un operatore economico vuole fare affidamento sulle capacità di altri soggetti, dimostra all’amministrazione aggiudicatrice che disporrà dei mezzi necessari, ad esempio mediante presentazione dell’impegno assunto da detti soggetti a tal fine.

(…)

Se un operatore economico si affida alle capacità di altri soggetti per quanto riguarda i criteri relativi alla capacità economica e finanziaria, l’amministrazione aggiudicatrice può esigere che l’operatore economico e i soggetti di cui sopra siano solidalmente responsabili dell’esecuzione del contratto.

(…)

2.      Nel caso di appalti di lavori, di appalti di servizi e operazioni di posa in opera o installazione nel quadro di un appalto di fornitura, le amministrazioni aggiudicatrici possono esigere che taluni compiti essenziali siano direttamente svolti dall’offerente stesso o, nel caso di un’offerta presentata da un raggruppamento di operatori economici di cui all’articolo 19, paragrafo 2, da un partecipante al raggruppamento».

 Diritto italiano

7        L’articolo 49 del decreto legislativo n. 163, del 12 aprile 2006, recante Codice dei contratti pubblici relativi a lavori, servizi e forniture in attuazione delle direttive 2004/17/CE e 2004/18/CE (Supplemento ordinario alla GURI n. 100, del 2 maggio 2006), come modificato dal decreto legislativo n. 152, dell’11 settembre 2008 (Supplemento ordinario alla GURI n. 231, del 2 ottobre 2008; in prosieguo: il «decreto legislativo n. 163/2006»), intitolato «Avvalimento», traspone nell’ordinamento giuridico italiano gli articoli 47 e 48 della direttiva 2004/18.

8        L’articolo 49, comma 1, del decreto legislativo n. 163/2006 così recita:

«Il concorrente, singolo o consorziato o raggruppato ai sensi dell’articolo 34, in relazione ad una specifica gara di lavori, servizi, forniture può soddisfare la richiesta relativa al possesso dei requisiti di carattere economico, finanziario, tecnico, organizzativo, ovvero di attestazione SOA avvalendosi dei requisiti di un altro soggetto o dell’attestazione SOA di altro soggetto».

9        L’articolo 49, comma 6, del decreto legislativo n. 163/2006 così dispone:

«Il bando di gara può ammettere l’avvalimento di più imprese ausiliarie in ragione dell’importo dell’appalto o della peculiarità delle prestazioni, fermo restando il divieto di utilizzo frazionato per il concorrente dei singoli requisiti economico-finanziari e tecnico-organizzativi di cui all’articolo 40, comma 3, lettera b), che hanno consentito il rilascio dell’attestazione in quella categoria».

10      Ai sensi dell’articolo 1, paragrafo 67, primo comma, della legge n. 266, del 23 dicembre 2005, Legge finanziaria 2006 (Supplemento ordinario n. 211 alla GURI, del 29 dicembre 2005, in prosieguo: la «legge n. 266/2005»):

«[l]’Autorità per la vigilanza sui lavori pubblici (…) determina annualmente l’ammontare delle contribuzioni ad essa dovute dai soggetti, pubblici e privati, sottoposti alla sua vigilanza, nonché le relative modalità di riscossione, ivi compreso l’obbligo di versamento del contributo da parte degli operatori economici quale condizione di ammissibilità dell’offerta nell’ambito delle procedure finalizzate alla realizzazione di opere pubbliche».

 Procedimento principale e questioni pregiudiziali

11      Nel novembre 2012 l’Autorità portuale di Messina ha indetto una procedura aperta, di rilevanza europea, per l’aggiudicazione del servizio quadriennale di gestione dei rifiuti e residui del carico a bordo delle navi facenti scalo entro la circoscrizione territoriale dell’Autorità portuale di Messina. Tale servizio era precedentemente gestito dalla CRGT.

12      Il 16 maggio 2013, la commissione di gara dell’Autorità portuale di Messina ha dato atto dell’avvenuta presentazione di quattro offerte.

13      Il 4 giugno 2013, la CRGT, la quale aveva stipulato un contratto con la RIAL Srl, e due altri offerenti hanno appreso la propria esclusione da tale gara in ragione del mancato pagamento del contributo all’Autorità di vigilanza dei contratti pubblici (in prosieguo: l’«AVPC») previsto dalla legge n. 266/2005.

14      L’appalto è quindi stato aggiudicato alla Pizzo, unica offerente rimasta in gara.

15      La CRGT si è rivolta al Tribunale amministrativo regionale per la Sicilia con un ricorso diretto all’annullamento di tale decisione di esclusione dalla procedura e al risarcimento del danno subito a causa di tale esclusione.

16      La Pizzo ha presentato un ricorso incidentale sostenendo che la CRGT avrebbe dovuto essere esclusa dalla gara per l’omessa produzione delle due distinte dichiarazioni bancarie prescritte per dimostrare la sua capacità economica e finanziaria.

17      Con sentenza n. 1781/2014, il Tribunale amministrativo regionale per la Sicilia ha dichiarato, da un lato, che il ricorso della CRGT era ricevibile e fondato e, dall’altro, che l’esclusione di tale società dalla gara in questione era illegittima. A tal riguardo, esso ha considerato che i documenti relativi a tale gara non prevedevano il pagamento di un contributo obbligatorio all’AVCP da parte delle imprese offerenti, atteso che il pagamento di tale contributo, previsto dalla legge n. 266/2005, riguarderebbe espressamente solo le opere pubbliche, e non i contratti di servizi. Inoltre, lo stesso giudice ha precisato che il fatto di imporre alle imprese candidate all’aggiudicazione di un appalto di servizi il pagamento di tale contributo risulterebbe da un’interpretazione estensiva, da un lato, della legge n. 266/2005 da parte dell’AVCP e, dall’altro, della giurisprudenza amministrativa secondo la quale la necessità di tale requisito di pagamento comporterebbe, per effetto del meccanismo di eterointegrazione degli atti amministrativi, l’assoggettamento al pagamento di tale contributo per l’insieme delle imprese candidate all’aggiudicazione di appalti pubblici.

18      Inoltre, il Tribunale amministrativo regionale per la Sicilia ha respinto il ricorso incidentale della Pizzo, dichiarando che la CRGT poteva avvalersi, come aveva effettivamente fatto, della capacità economica e finanziaria di un’impresa terza con la quale aveva concluso un contratto a tal fine.

19      La Pizzo ha proposto un ricorso dinanzi al giudice del rinvio.

20      È in tale contesto che il Consiglio di giustizia amministrativa per la Regione siciliana ha deciso di sospendere il procedimento e di sottoporre alla Corte le seguenti questioni pregiudiziali:

1)      [S]e gli artt. 47 e 48 della direttiva [2004/18] debbano essere interpretati nel senso che essi ost[a]no a una normativa nazionale, come quella (…) descritta [nell’ordinanza di rinvio], che consente l’avvalimento frazionato (…) nell’ambito dei servizi;

2)      Se i principi del diritto dell’Unione europea, e segnatamente quelli di tutela del legittimo affidamento, di certezza del diritto e di proporzionalità, ostino, o no, a una regola dell’ordinamento di uno Stato membro che consenta di escludere da una procedura di evidenza pubblica un’impresa che non abbia percepito, perché non espressamente indicato dagli atti di gara, un obbligo – il cui inadempimento sia sanzionato con l’esclusione – di provvedere al versamento di un importo per i fini della partecipazione alla predetta procedura e ciò nonostante che l’esistenza di detto obbligo non sia chiaramente desumibile sulla base del tenore letterale della legge vigente nello Stato membro, ma sia tuttavia ricostruibile a seguito di una duplice operazione giuridica, consistente, dapprima, nell’interpretazione estensiva di talune previsioni dell’ordinamento positivo dello stesso Stato membro e, poi, nella integrazione – in conformità agli esiti di tale interpretazione estensiva – del contenuto precettivo degli atti di gara».

 Sulle questioni pregiudiziali

 Sulla prima questione

21      Con la sua prima questione, il giudice del rinvio chiede, in sostanza, se gli articoli 47 e 48 della direttiva 2004/18 debbano essere interpretati nel senso che ostano ad una normativa nazionale che autorizza un operatore economico a fare affidamento sulle capacità di uno o più soggetti terzi per soddisfare i requisiti minimi di partecipazione ad una gara d’appalto che tale operatore soddisfa solo in parte.

22      Gli articoli 47, paragrafo 2, e 48, paragrafo 3, della direttiva 2004/18 stabiliscono espressamente, in termini pressoché identici, che «[u]n operatore economico può (…) fare affidamento sulle capacità di altri soggetti» per dimostrare che esso soddisfa i requisiti di capacità economica e finanziaria, nonché di capacità tecniche e professionali, previsti dall’appalto di cui trattasi.

23      La Corte ha dichiarato che il diritto dell’Unione non impone che, al fine di poter essere qualificato come un operatore economico idoneo a partecipare a una gara d’appalto, il soggetto che intende stipulare un contratto con un’amministrazione aggiudicatrice sia in grado di realizzare direttamente con mezzi propri la prestazione convenuta (v., in tal senso, sentenza del 23 dicembre 2009, CoNISMa, C‑305/08, EU:C:2009:807, punto 41).

24      Di conseguenza, la Corte ha considerato che gli articoli 47, paragrafo 2, e 48, paragrafo 3, della direttiva 2004/18 non istituiscono divieti di principio relativi alla possibilità per un candidato o un offerente di avvalersi delle capacità di uno o più soggetti terzi in aggiunta alle proprie capacità, al fine di soddisfare i criteri fissati da un’amministrazione aggiudicatrice (v. sentenza del 10 ottobre 2013, Swm Costruzioni 2 e Mannocchi Luigino, C‑94/12, EU:C:2013:646, punto 30).

25      Secondo questa stessa giurisprudenza, tali disposizioni riconoscono il diritto di ogni operatore economico di fare affidamento, per un determinato appalto, sulle capacità di altri soggetti, «a prescindere dalla natura giuridica dei suoi legami con questi ultimi», purché sia dimostrato all’amministrazione aggiudicatrice che l’offerente disporrà dei mezzi di tali soggetti necessari per eseguire tale appalto (v. sentenza del 14 gennaio 2016, Ostas celtnieks, C‑234/14, EU:C:2016:6, punto 23).

26      Occorre quindi considerare che la direttiva 2004/18 consente il cumulo delle capacità di più operatori economici per soddisfare i requisiti minimi di capacità imposti dall’amministrazione aggiudicatrice, purché alla stessa si dimostri che il candidato o l’offerente che si avvale delle capacità di uno o di svariati altri soggetti disporrà effettivamente dei mezzi di questi ultimi che sono necessari all’esecuzione dell’appalto (v. sentenza del 10 ottobre 2013, Swm Costruzioni 2 e Mannocchi Luigino, C‑94/12, EU:C:2013:646, punto 33).

27      Un’interpretazione del genere è conforme all’obiettivo dell’apertura degli appalti pubblici alla concorrenza nella misura più ampia possibile, obiettivo perseguito dalle direttive in materia a vantaggio non soltanto degli operatori economici, ma parimenti delle amministrazioni aggiudicatrici (v., in tal senso, sentenza del 23 dicembre 2009, CoNISMa, C‑305/08, EU:C:2009:807, punto 37 e giurisprudenza ivi citata). Inoltre, essa è anche idonea a facilitare l’accesso delle piccole e medie imprese agli appalti pubblici, cui tende altresì la direttiva 2004/18, come posto in rilievo dal considerando 32 di quest’ultima (v. sentenza del 10 ottobre 2013, Swm Costruzioni 2 e Mannocchi Luigino, C‑94/12, EU:C:2013:646, punto 34).

28      La Corte ha tuttavia rilevato che non si può escludere l’esistenza di lavori che presentino peculiarità tali da richiedere una determinata capacità che non si ottiene associando capacità inferiori di più operatori. Essa ha così riconosciuto che, in un’ipotesi del genere l’amministrazione aggiudicatrice potrebbe legittimamente esigere che il livello minimo della capacità in questione sia raggiunto da un operatore economico unico o, eventualmente, facendo riferimento ad un numero limitato di operatori economici, laddove siffatta esigenza sia connessa e proporzionata all’oggetto dell’appalto di cui trattasi. La Corte ha peraltro precisato che, poiché tale ipotesi costituisce una situazione eccezionale, i requisiti in questione non possono assurgere a regola generale nella normativa nazionale (v., in tal senso, sentenza del 10 ottobre 2013, Swm Costruzioni 2 e Mannocchi Luigino, C‑94/12, EU:C:2013:646, punti 35 e 36).

29      Emerge dall’ordinanza di rinvio che la CRGT non poteva, secondo la Pizzo, basarsi sulle capacità di un altro operatore per soddisfare i criteri di aggiudicazione dell’appalto di cui trattasi nel procedimento principale. Orbene, risulta dagli articoli 47, paragrafo 2, e 48, paragrafo 3, della direttiva 2004/18 che essi prevedono espressamente la possibilità, per un offerente, di fare affidamento sulle capacità di altri soggetti. Spetta tuttavia al giudice del rinvio verificare se il bando di gara e il capitolato d’oneri dell’appalto di cui trattasi avessero espressamente previsto che, alla luce del carattere particolare delle prestazioni oggetto di tale appalto, dovesse essere raggiunto un livello minimo di capacità da parte di un unico operatore economico.

30      Per quanto riguarda l’argomento della Pizzo, attinente al fatto che la CRGT avrebbe dovuto dimostrare la propria capacità economica e finanziaria mediante la produzione delle dichiarazioni di almeno due istituti bancari, occorre rilevare che escludere la possibilità, per un’impresa che si avvale delle capacità di un’impresa terza, di utilizzare la dichiarazione bancaria di quest’ultima condurrà manifestamente a privare di qualsiasi effetto utile la possibilità offerta dagli articoli 47, paragrafo 2, e 48, paragrafo 3, della direttiva 2004/18 di avvalersi delle capacità di terzi. Pertanto, tali disposizioni devono essere interpretate nel senso che gli operatori economici possono fare affidamento, per un determinato appalto, sulle capacità di altri soggetti, compreso l’utilizzo delle dichiarazioni bancarie di questi ultimi.

31      Il giudice del rinvio si interroga altresì sul problema se l’articolo 63, paragrafi 1, terzo comma, e 2, della direttiva 2014/24 introducano limiti alla possibilità di ricorrere alla capacità di altre imprese. Occorre tuttavia precisare che, in applicazione dell’articolo 90 di tale direttiva, gli Stati membri devono conformarsi a quest’ultima entro il 18 aprile 2016. Di conseguenza, le disposizioni della suddetta direttiva non sono applicabili ratione temporis al procedimento principale.

32      Sebbene la giurisprudenza della Corte imponga agli Stati membri di astenersi dall’adottare, in pendenza del termine di trasposizione di una direttiva, disposizioni che possano gravemente compromettere la realizzazione del risultato prescritto da quest’ultima (v. sentenza del 18 dicembre 1997, Inter‑Environnement Wallonie, C‑129/96, EU:C:1997:628, punto 45), tale giurisprudenza non consente di imporre a un offerente, prima della scadenza del suddetto termine, vincoli che non derivano dal diritto dell’Unione, come interpretato dalla giurisprudenza della Corte.

33      Occorre inoltre sottolineare che le specifiche disposizioni menzionate dal giudice del rinvio prevedono la possibilità, per l’amministrazione aggiudicatrice, di esigere che il soggetto di cui ci si avvale per soddisfare i requisiti previsti in materia di capacità economica e finanziaria sia solidalmente responsabile (articolo 63, paragrafo 1, terzo comma, della direttiva 2014/24) o che, per taluni tipi di contratti, determinate prestazioni siano direttamente svolte dall’offerente stesso (articolo 63, paragrafo 2, di tale direttiva). Tali disposizioni non fissano quindi limiti specifici alla possibilità di avvalimento frazionato delle capacità di soggetti terzi e, in ogni caso, tali limiti avrebbero dovuto essere esplicitamente previsti nel bando di gara di cui trattasi, il che non si è verificato nel caso di cui al procedimento principale.

34      Alla luce delle considerazioni precedenti, occorre rispondere alla prima questione dichiarando che gli articoli 47 e 48 della direttiva 2004/18 devono essere interpretati nel senso che non ostano ad una normativa nazionale che autorizza un operatore economico a fare affidamento sulle capacità di uno o più soggetti terzi per soddisfare i requisiti minimi di partecipazione ad una gara d’appalto che tale operatore soddisfa solo in parte.

 Sulla seconda questione

35      Con la seconda questione, il giudice del rinvio chiede, in sostanza, se il principio di parità di trattamento e l’obbligo di trasparenza debbano essere interpretati nel senso che ostano all’esclusione di un operatore economico da una procedura di aggiudicazione di un appalto pubblico in seguito al mancato rispetto, da parte di tale operatore, di un obbligo che non risulta espressamente dai documenti relativi a tale procedura o dal diritto nazionale vigente, bensì da un’interpretazione di tale diritto nonché dal meccanismo diretto a colmare, con un intervento delle autorità o dei giudici amministrativi nazionali, le lacune presentate dai suddetti documenti.

36      A tal proposito, occorre ricordare, da un lato, che il principio di parità di trattamento impone che tutti gli offerenti dispongano delle stesse possibilità nella formulazione dei termini delle loro offerte e implica quindi che tali offerte siano soggette alle medesime condizioni per tutti gli offerenti. Dall’altro lato, l’obbligo di trasparenza, che ne costituisce il corollario, ha come scopo quello di eliminare i rischi di favoritismo e di arbitrio da parte dell’amministrazione aggiudicatrice. Tale obbligo implica che tutte le condizioni e le modalità della procedura di aggiudicazione siano formulate in maniera chiara, precisa e univoca nel bando di gara o nel capitolato d’oneri, così da permettere, da un lato, a tutti gli offerenti ragionevolmente informati e normalmente diligenti di comprenderne l’esatta portata e d’interpretarle allo stesso modo e, dall’altro, all’amministrazione aggiudicatrice di essere in grado di verificare effettivamente se le offerte degli offerenti rispondano ai criteri che disciplinano l’appalto in questione (v., in tal senso, sentenza del 6 novembre 2014, Cartiera dell’Adda, C‑42/13, EU:C:2014:2345, punto 44 e giurisprudenza citata).

37      La Corte ha altresì dichiarato che i principi di trasparenza e di parità di trattamento che disciplinano tutte le procedure di aggiudicazione di appalti pubblici richiedono che le condizioni sostanziali e procedurali relative alla partecipazione ad un appalto siano chiaramente definite in anticipo e rese pubbliche, in particolare gli obblighi a carico degli offerenti, affinché questi ultimi possano conoscere esattamente i vincoli procedurali ed essere assicurati del fatto che gli stessi requisiti valgono per tutti i concorrenti (v., in tal senso, sentenza del 9 febbraio 2006, La Cascina e a., C‑226/04 e C‑228/04, EU:C:2006:94, punto 32).

38      Risulta inoltre dall’allegato VII A, relativo alle informazioni che devono figurare nei bandi e negli avvisi di appalti pubblici, della direttiva 2004/18, nella sua parte relativa al «Bando di gara», punto 17, che i «[c]riteri di selezione riguardanti la situazione personale degli operatori che possono comportarne l’esclusione» dalla procedura di aggiudicazione dell’appalto in questione devono essere menzionati nel bando di gara.

39      Inoltre, conformemente a una giurisprudenza costante della Corte, ai sensi dell’articolo 2 della direttiva 2004/18, spetta all’amministrazione aggiudicatrice osservare rigorosamente i criteri da essa stessa stabiliti (v., in particolare, sentenze del 10 ottobre 2013, Manova, C‑336/12, EU:C:2013:647, punto 40, e del 6 novembre 2014, Cartiera dell’Adda, C‑42/13, EU:C:2014:2345, punti 42 e 43).

40      Risulta dal fascicolo presentato alla Corte che i documenti relativi alla procedura di aggiudicazione dell’appalto di cui trattasi nel procedimento principale non prevedevano espressamente l’obbligo per gli offerenti, a pena di esclusione da tale procedura, di versare un contributo all’AVCP.

41      Come sottolinea il giudice del rinvio, l’esistenza di tale obbligo dovrebbe essere dedotta dall’interpretazione estensiva della legge n. 266/2005 da parte dell’AVCP e dalla giurisprudenza amministrativa nazionale. Lo stesso giudice precisa che l’AVCP considera che il mancato versamento del contributo comporta l’esclusione dell’offerente dalla selezione a evidenza pubblica, a prescindere dalla tipologia del contratto messo a gara. Esso afferma altresì che, secondo la giurisprudenza amministrativa nazionale, un’impresa può essere esclusa da una procedura di evidenza pubblica per la mancata dimostrazione del possesso di un requisito non richiesto espressamente dalla normativa di gara, allorquando la necessità del requisito sia desumibile per effetto dell’operare del «meccanismo di eterointegrazione degli atti amministrativi».

42      Orbene, come ricordato al punto 39 della presente sentenza, l’amministrazione aggiudicatrice è tenuta a rispettare rigorosamente i criteri da essa stessa stabiliti. Tale considerazione vale a maggior ragione allorché è in gioco un’esclusione dalla procedura.

43      Occorre infatti rilevare che, sebbene l’articolo 27, paragrafo 1, della direttiva 2004/18 non richieda che il capitolato d’oneri specifichi dettagliatamente tutti gli obblighi relativi alla fiscalità, alla tutela dell’ambiente, alle disposizioni in materia di sicurezza e alle condizioni di lavoro che sono in vigore nello Stato membro, tali obblighi, contrariamente al contributo di cui trattasi nel procedimento principale, non comporterebbero automaticamente l’esclusione dalla procedura nella fase di esame della ricevibilità dell’offerta.

44      Il suddetto articolo 27 non può essere interpretato nel senso che consentirebbe alle amministrazioni aggiudicatrici di derogare all’obbligo rigoroso di osservanza dei criteri da esse stesse stabiliti, tenuto conto del principio di parità di trattamento e dell’obbligo di trasparenza, che ne costituisce il corollario, ai quali esse sono soggette in forza dell’articolo 2 della direttiva 2004/18.

45      Orbene, nel procedimento principale, il presunto obbligo di versare un contributo all’AVCP può essere identificato solo dall’interagire della legge finanziaria del 2006, della prassi decisionale dell’AVCP e della prassi giurisprudenziale amministrativa italiana nell’applicazione e nell’interpretazione della legge n. 266/2005.

46      Come sostanzialmente rilevato dall’avvocato generale al paragrafo 65 delle sue conclusioni, una condizione, derivante dall’interpretazione del diritto nazionale e dalla prassi di un’autorità, che subordini il diritto di partecipare a una procedura di aggiudicazione come quella di cui trattasi nel procedimento principale sarebbe particolarmente sfavorevole per gli offerenti stabiliti in altri Stati membri, il cui grado di conoscenza del diritto nazionale e della sua interpretazione può non essere comparabile a quello degli offerenti nazionali.

47      Per quanto riguarda l’argomento attinente al fatto che la CRGT aveva in precedenza già fornito i servizi oggetto del bando di gara, e poteva pertanto conoscere l’esistenza del contributo di cui trattasi nel procedimento principale, è sufficiente constatare che il principio di parità di trattamento e l’obbligo di trasparenza, che ne costituisce il corollario, manifestamente non sarebbero rispettati, qualora un siffatto operatore fosse soggetto a criteri non fissati dal bando di gara e tali criteri non fossero applicabili a nuovi operatori.

48      Peraltro, risulta dall’ordinanza di rinvio che tale condizione di pagamento di contributo non è accompagnata da una possibilità di regolarizzazione.

49      Secondo il punto 46 della sentenza della Corte del 6 novembre 2014, Cartiera dell’Adda (C‑42/13, EU:C:2014:2345), l’amministrazione aggiudicatrice non può ammettere qualsiasi rettifica a omissioni che, secondo le espresse disposizioni dei documenti dell’appalto, devono portare all’esclusione dell’offerente. Al punto 48 di tale sentenza, la Corte ha sottolineato che l’obbligo di cui si trattava era chiaramente imposto nei documenti relativi a tale appalto a pena di esclusione.

50      Orbene, nell’ipotesi in cui, come nel procedimento principale, una condizione per la partecipazione alla procedura di aggiudicazione, a pena di esclusione da quest’ultima, non sia espressamente prevista dai documenti dell’appalto e possa essere identificata solo con un’interpretazione giurisprudenziale del diritto nazionale, l’amministrazione aggiudicatrice può accordare all’offerente escluso un termine sufficiente per regolarizzare la sua omissione.

51      Alla luce dell’insieme di tali considerazioni, occorre rispondere alla seconda questione che il principio di parità di trattamento e l’obbligo di trasparenza devono essere interpretati nel senso che ostano all’esclusione di un operatore economico da una procedura di aggiudicazione di un appalto pubblico in seguito al mancato rispetto, da parte di tale operatore, di un obbligo che non risulta espressamente dai documenti relativi a tale procedura o dal diritto nazionale vigente, bensì da un’interpretazione di tale diritto e di tali documenti nonché dal meccanismo diretto a colmare, con un intervento delle autorità o dei giudici amministrativi nazionali, le lacune presenti in tali documenti. In tali circostanze, i principi di parità di trattamento e di proporzionalità devono essere interpretati nel senso che non ostano al fatto di consentire all’operatore economico di regolarizzare la propria posizione e di adempiere tale obbligo entro un termine fissato dall’amministrazione aggiudicatrice.

 Sulle spese

52      Nei confronti delle parti nel procedimento principale la presente causa costituisce un incidente sollevato dinanzi al giudice nazionale, cui spetta quindi statuire sulle spese. Le spese sostenute da altri soggetti per presentare osservazioni alla Corte non possono dar luogo a rifusione.

Per questi motivi, la Corte (Sesta Sezione) dichiara:

1)      Gli articoli 47 e 48 della direttiva 2004/18/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 31 marzo 2004, relativa al coordinamento delle procedure di aggiudicazione degli appalti pubblici di lavori, di forniture e di servizi, devono essere interpretati nel senso che non ostano ad una normativa nazionale che autorizza un operatore economico a fare affidamento sulle capacità di uno o più soggetti terzi per soddisfare i requisiti minimi di partecipazione ad una gara d’appalto che tale operatore soddisfa solo in parte.

2)      Il principio di parità di trattamento e l’obbligo di trasparenza devono essere interpretati nel senso che ostano all’esclusione di un operatore economico da una procedura di aggiudicazione di un appalto pubblico in seguito al mancato rispetto, da parte di tale operatore, di un obbligo che non risulta espressamente dai documenti relativi a tale procedura o dal diritto nazionale vigente, bensì da un’interpretazione di tale diritto e di tali documenti nonché dal meccanismo diretto a colmare, con un intervento delle autorità o dei giudici amministrativi nazionali, le lacune presenti in tali documenti. In tali circostanze, i principi di parità di trattamento e di proporzionalità devono essere interpretati nel senso che non ostano al fatto di consentire all’operatore economico di regolarizzare la propria posizione e di adempiere tale obbligo entro un termine fissato dall’amministrazione aggiudicatrice.

Redazione

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