Il Consiglio di Stato, sez. V, con la sentenza n. 3751 del 31 agosto 2016, si è pronunciato sul ricorso in appello proposto da una società operante nel settore dei servizi ambientali (la quale aveva partecipato alla gara indetta dal comune di Castellammare di Stabia per l’affidamento per sei mesi del servizio di igiene urbana classificandosi al primo posto) avverso la sentenza del TAR Campania con cui è stato respinto il ricorso contro gli atti con cui il comune l’ha dichiarata decaduta dalla gara per avere essa riportato un DURC negativo (a causa di insoluti contributivi pari a circa 290mila euro).
Nella sentenza in questione il Collegio ha svolto osservazioni preliminari circa problemi di giurisdizione, respingendo le argomentazioni del Comune resistente circa la carenza di giurisdizione del Giudice amministrativo in ordine alle questioni attinenti alla validità del DURC. E’ noto che, ai sensi dell’articolo 9 del D. Lgs. 104/2010, “il difetto di giurisdizione [del Giudice amministrativo] è rilevato in primo grado anche d’ufficio. Nei giudizi di impugnazione è rilevato se dedotto con specifico motivo avverso il capo della pronuncia impugnata che, in modo implicito o esplicito, ha statuito sulla giurisdizione”. Quindi, a detta del Collegio, poiché l’eccezione in esame si sostanzia in una censura della sentenza in epigrafe (per la parte in cui non ha rilevato in parte qual il difetto di giurisdizione del Giudice amministrativo), essa avrebbe dovuto essere sollevata attraverso la proposizione di uno specifico motivo di appello (incidentale).
Tuttavia, per quanto concerne il merito, il Consiglio di Stato ha dichiarato l’appello infondato, risultando la legittimità degli atti con cui il Comune di Castellammare di Stabia ha disposto l’esclusione della società appellante dalla procedura di gara. Infatti, è stato evidenziato il fatto che, in sede di presentazione della domanda di partecipazione, il legale rappresentante dell’appellante dichiarava di essere in possesso della regolarità contributiva, fatto non rispondente al vero dal momento che, al contrario, risultava in atti che a quella data l’appellante versasse in situazione di irregolarità, presentando un insoluto contributivo di importo pari ad oltre 290mila euro.
A tal proposito i giudici di Palazzo Spada hanno ritenuto dirimente richiamare le conclusioni di recente giurisprudenza dell’Adunanza plenaria, la quale ha ribadito che, “non sono consentite regolarizzazioni postume della posizione previdenziale, dovendo l’impresa deve essere in regola con l’assolvimento degli obblighi previdenziali fin dal momento di presentazione dell’offerta e conservare tale stato per tutta la durata della procedura di aggiudicazione e del rapporto con la stazione appaltante”.
Si legge ancora dalla sentenza: “L’istituto dell’invito alla regolarizzazione (che già era previsto dall’articolo 7, comma 3, del decreto ministeriale 24 ottobre 2007 ed oggi risulta recepito a livello legislativo dall’articolo 31, comma 8, del decreto legge 21 giugno 2013 n. 69) può operare unicamente nei rapporti tra l’impresa concorrente e l’Ente previdenziale, ossia con riferimento al DURC chiesto dall’impresa e non anche al DURC richiesto dalla stazione appaltante ai fini della verifica della veridicità dell’autodichiarazione resa ai sensi dell’articolo 38, comma 1, lettera i) del previgente ‘Codice dei contratti’ ai fini della partecipazione alla procedura di gara”.
Si riporta di seguito il testo della sentenza.
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Pubblicato il 31/08/2016
N. 03751/2016REG.PROV.COLL.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Quinta)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 791 del 2016, proposto dalla Ego Eco S.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avvocati Gherardo Marone C.F. MRNGRR40D04F839D e Francesco Marone C.F. MRNFNC75A07F839O, con domicilio eletto presso Luigi Napolitano in Roma, via Sicilia, 50
contro
Comune di Castellammare di Stabia, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall’avvocato Enrico Soprano C.F. SPRNRC55H12F839R, con domicilio eletto presso il suo studio in Roma, via degli Avignonesi, 5;
INPS – Istituto Nazionale della Previdenza Sociale, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dagli avvocati Ester Sciplino C.F. SCPSRD66S47E974L, Emanuele De Rose C.F. DRSMNL70L12H501W, Antonino Sgroi C.F. SGRNNN60D29C351B, Lelio Maritato C.F. MRTLLE64B22D390K, Carla D’Aloisio C.F. DLSCRL71H57G482G e Giuseppe Matano C.F. MTNGPP58C28H501S, domiciliata in Roma, via Cesare Beccaria, 29
per la riforma della sentenza del T.A.R. della Campania, Sezione VII, n. 5488/2015
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio del Comune di Castellammare di Stabia e dell’Inps – Istituto Nazionale della Previdenza Sociale;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 19 maggio 2016 il Cons. Claudio Contessa e uditi per le parti gli avvocati Gherardo Marone, Carla D’Aloisio e Andrea Abbamonte in dichiarata delega dell’avvocato Enrico Soprano;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue
FATTO
Con ricorso proposto dinanzi al T.A.R. della Campania e recante il n. 2051/20151, l’appellante società Ego Eco s.r.l. chiedeva l’annullamento della determina n. 27 del 13 aprile 2015 con cui il dirigente del settore ambientale del Comune di Castellammare di Stabia, sulla scorta di due pareri legali (di uno studio esterno e dell’Avvocatura municipale), fatti espressamente propri:
– l’aveva dichiarata decaduta dall’aggiudicazione provvisoria della procedura negoziata di urgenza indetta dallo stesso Comune, con determinazione dirigenziale n. 69 del 21 novembre 2014, per l’affidamento per un semestre del servizio di raccolta, trasporto e smaltimento dei RSU ed assimilabili e gestione del centro di raccolta comunale: “a causa della dichiarazione mendace prestata in ordine alla posizione fisco contributiva” (così in dispositivo), ovvero “in quanto, a seguito di verifica dei requisiti di ordine generale, di cui all’art. 38, comma 1, d. l.vo n. 163 del 2006, è stata accertata la mancanza del requisito di cui all’art. 38, comma 1, lettera i) del d. l.vo n. 163 del 2006 in materia di regolarità contributiva, come risulta dal Durc emesso in data 23 marzo 2015 ed acclarato in pari data al protocollo dell’Ente al n. 11508” (così nella parte motiva del provvedimento che riproduce la conclusione raggiunta dall’Ufficio gare e contratti con nota n. 12300 del 26 marzo 2015, allegata al provvedimento e chiamata espressamente a formarne “parte integrante e sostanziale”);
– aveva disposto di incamerare la cauzione da essa Ego Eco prestata con polizza fideiussoria per l’importo di Euro 45.344,00;
– aveva disposto che si procedesse alla segnalazione del fatto all’ANAC per l’annotazione sul Casellario informatico delle imprese;
– aveva riservato ad ulteriori atti la definizione del rapporto economico inter partes ed aveva altresì stabilito che la Ego Eco permanesse nella gestione del servizio fino all’aggiudicazione della nuova gara da indirsi ad horas in assenza di altri soggetti partecipanti idonei alla procedura conclusasi con l’aggiudicazione provvisoria del servizio, fatta oggetto della dichiarazione di decadenza.
L’impugnativa veniva estesa, “per quanto possa occorrere”, a tutti gli atti presupposti, connessi e consequenziali, innanzi indicati nel dettaglio, ivi compresa la successiva determinazione n. 31 del 15 aprile 2015 recante l’indizione della nuova procedura ristretta per l’affidamento, sempre per un semestre, del servizio di cui si è fin qui detto.
Detto provvedimento veniva denunciato come affetto sia da illegittimità derivata per tutti i motivi fatti valere avverso quello dichiarativo della decadenza sia, in via autonoma, in relazione alla preclusione, qui disposta, a che la Ego Eco fosse invitata a partecipare alla nuova gara.
Con ricorso per motivi aggiunti l’odierna appellante Ego Eco impugnava altresì:
a) la determina del dirigente del settore ambiente del Comune di Castellammare di Stabia n. 63 del 15 luglio 2015 (recante la revoca “delle determinazioni n. 27/2015, n. 44/2015 e n. 31/2015”, la “aggiudicazione definitiva dell’appalto alla Ego Eco e l’affidamento dell’appalto medesimo, sotto riserva di legge” alla stessa Ego Eco) in relazione alla quale il responsabile del servizio finanziario del Comune ha ritenuto di non apporre il visto di regolarità contabile “non sussistendo la necessaria copertura finanziaria”;
b) la determina dirigenziale n. 57 del 19 giugno 2015 che indice pubblico incanto per l’affidamento del servizio di igiene urbana di cui fin qui si è trattato per la durata di cinque anni.
Con la sentenza in epigrafe il T.A.R. della Campania: i) ha disposto l’estromissione dal giudizio dell’INPS; ii) ha in parte respinto e in parte dichiarato improcedibile il ricorso principale; iii) ha dichiarato improcedibile il ricorso per motivi aggiunti; iv) ha condannato la parte ricorrente alla rifusione delle spese di lite.
La sentenza in questione è stata impugnata in appello dalla Ego Eco la quale ne ha chiesto la riforma articolando plurimi motivi.
Si è costituito in giudizio il Comune di Castellammare di Stabia il quale ha concluso nel senso della reiezione dell’appello.
Si è costituito in giudizio l’INPS (Istituto Nazionale della Previdenza Sociale) il quale ha concluso nel senso della reiezione – per quanto di proprio interesse – dell’appello.
Alla pubblica udienza del 19 maggio 2016 l’appello è stato trattenuto in decisione.
DIRITTO
1. Giunge alla decisione del Collegio il ricorso in appello proposto da una società attiva nel settore dei servizi ambientali (la quale aveva partecipato alla gara indetta dal comune di Castellammare di stabia per l’affidamento per sei mesi del servizio di igiene urbana e si era classificata al primo posto) avverso la sentenza del T.A.R. della Campania con cui è stato respinto il ricorso avverso gli atti con cui il comune l’ha dichiarata decaduta dalla gara per avere essa riportato un DURC negativo (per insoluti contributivi pari a circa 290mila euro).
2. In via preliminare il Collegio osserva che non può trovare accoglimento l’argomento con cui il Comune di Castellammare di Stabia ha lamentato la carenza di giurisdizione del Giudice amministrativo in ordine alle questioni attinenti la validità del DURC (pagina 11 e seguenti della memoria depositata in data 18 marzo 2016).
E’ noto al riguardo che, ai sensi dell’articolo 9 del cod. proc. amm, “il difetto di giurisdizione [del Giudice amministrativo] è rilevato in primo grado anche d’ufficio. Nei giudizi di impugnazione è rilevato se dedotto con specifico motivo avverso il capo della pronuncia impugnata che, in modo implicito o esplicito, ha statuito sulla giurisdizione”.
Ebbene, siccome l’eccezione in esame si sostanzia in una censura della sentenza in epigrafe (per la parte in cui non ha rilevato in parte qual il difetto di giurisdizione del Giudice amministrativo), essa avrebbe dovuto essere sollevata attraverso la proposizione di uno specifico motivo di appello (incidentale).
Al contrario, la questione è stata irritualmente affidata dal Comune di Castellammare di Stabile a un argomento contenuto nella memoria di costituzione (peraltro, non notificata).
Essa risulta quindi inammissibilmente proposta.
3. In via parimenti preliminare si osserva che, nelle more del presente giudizio, è interamente decorso il termine di durata (pari a sei mesi) dell’affidamento che costituiva oggetto della procedura per cui è causa.
Deve pertanto trovare applicazione nel caso in esame l’articolo 34, comma 3 del cod. proc. amm. secondo cui “quando, nel corso del giudizio, l’annullamento del provvedimento impugnato non risulta più utile per il ricorrente, il giudice accerta l’illegittimità dell’atto se sussiste l’interesse ai fini risarcitori”.
Ma il punto è che, per le ragioni che fra breve si esporranno, l’appellante non avrebbe titolo ad invocare il ristoro del danno ingiusto, non sussistendo nel caso in esame gli elementi oggettivi della fattispecie foriera di un danno ingiusto risarcibile.
4. Nel merito, l’appello è infondato, risultando la legittimità degli atti con cui il Comune di Castellammare di Stabia ha disposto l’esclusione della società appellante dalla procedura per cui è causa.
Si osserva al riguardo:
– che, in sede di presentazione della domanda di partecipazione (14 gennaio 2015) il legale rappresentante dell’appellante dichiarava di essere in possesso della regolarità contributiva;
– che, al contrario, risulta in atti che a quella data l’appellante versasse in situazione di irregolarità, presentando un insoluto contributivo di importo pari ad oltre 290mila euro (circostanza, questa, cristallizzata nel DURC in data 23 marzo 2015 il quale dava conto della situazione esistente al momento in cui era stata presentata la domanda di partecipazione). Risultava quindi certamente superata l’attestazione positiva contenuta nel precedente DURC del settembre del 2014.
5. Ne consegue che il dato storico (invero, incontestato) relativo all’irregolarità contributiva a carico dell’appellante alla data di presentazione della domanda di partecipazione non poteva che determinare l’esclusione della stessa dalla procedura.
Al riguardo il Collegio ritiene dirimente richiamare le conclusioni cui è di recente pervenuta l’Adunanza plenaria di questo Consiglio.
E’ stato infatti stabilito che ai fini della partecipazione alle gare di appalto, anche dopo l’entrata in vigore dell’art. 31, comma 8, del decreto legge 21 giugno 2013 n. 69 (Disposizioni urgenti per il rilancio dell’economia), non sono consentite regolarizzazioni postume della posizione previdenziale, dovendo l’impresa deve essere in regola con l’assolvimento degli obblighi previdenziali fin dal momento di presentazione dell’offerta e conservare tale stato per tutta la durata della procedura di aggiudicazione e del rapporto con la stazione appaltante. Risulta quindi irrilevante, un eventuale adempimento tardivo dell’obbligazione contributiva (Cons. Stato, Ad. Plen. 29 febbraio 2016, n. 5).
L’Adunanza plenaria di questo Consiglio ha altresì chiarito che l’istituto dell’invito alla regolarizzazione (che già era previsto dall’articolo 7, comma 3, del decreto ministeriale 24 ottobre 2007 ed oggi risulta recepito a livello legislativo dall’articolo 31, comma 8, del decreto legge 21 giugno 2013 n. 69) può operare unicamente nei rapporti tra l’impresa concorrente e l’Ente previdenziale, ossia con riferimento al DURC chiesto dall’impresa e non anche al DURC richiesto dalla stazione appaltante ai fini della verifica della veridicità dell’autodichiarazione resa ai sensi dell’articolo 38, comma 1, lettera i) del previgente ‘Codice dei contratti’ ai fini della partecipazione alla procedura di gara.
Il che palesa l’infondatezza dei motivi di appello fondati sulla pretesa violazione delle previsioni di cui all’articolo 31 del decreto-legge n. 69 del 2013.
6. Per ragioni in tutto connesse a quelle appena richiamate non possono essere condivisi i motivi fondati sulla sussistenza (alla data di presentazione della domanda di partecipazione) di crediti della società appellante nei confronti dello stesso Comune di Castellammare di Stabia (per euro 473.418,00) e del Comune di Torre del Greco (per euro 600.000,00).
Al riguardo ci si limita ad osservare che (in disparte qualunque considerazione circa il complessivo contegno serbato nel corso della vicenda dal Comune di Castellammare di Stabia) la sussistenza del richiamato debito non valeva di per sé ad escludere il dato dell’irregolarità contributiva che sussisteva a carico dell’appellante.
Sarebbe infatti possibile accedere alla tesi dell’appellante soltanto se il Legislatore avesse ammesso una sorta di immanente ed automatico diritto alla compensazione fra i crediti vantati nei confronti di amministrazioni pubbliche e i debiti contributivi nei confronti dell’Ente previdenziale.
Ma il punto è che il Legislatore (per intuibili ragioni di contemperamento fra gli interessi pubblici e quelli privati che in tali casi vengono in rilievo) ha fissato precisi presupposti e condizioni per l’operatività della richiamata compensazione (presupposti e condizioni che, nel caso di specie, non risultano sussistenti).
In particolare, l’articolo 13-bis, comma 5 del decreto-legge n. 52 del 2012 stabilisce che il rilascio del DURC pure in presenza di debiti contributivi è possibile solo in presenza del previo rilascio di una certificazione da parte dell’amministrazione pubblica debitrice la quale dia atto della sussistenza e dell’importo dei crediti certi, liquidi ed esigibili vantati nei confronti di tali amministrazioni.
Ma nel caso in esame è pacifico in atti che, al momento della presentazione della domanda di partecipazione (i.e.: al momento centrale ai fini della presente decisione) l’insoluto contributivo sussistesse (e che non fosse stato dichiarato dal legale rappresentante della società appellante), mentre la certificazione del debito da parte del Comune di Torre del Greco sia intervenuta solo successivamente.
In concreto (e, si ripete, in disparte ogni considerazione circa il contegno complessivamente tenuto nel corso della vicenda dal Comune appellato – al quale era nota almeno dal 30 gennaio 2015 il credito vantato dall’appellante nei confronti del Comune di Torre del Greco -), non sussistevano gli stringenti presupposti perché la società appellante potesse invocare l’applicazione in proprio favore delle previsioni di cui al richiamato articolo 13-bis, comma 5 del decreto-legge n. 52 del 2012.
Pertanto (e in senso contrario a quanto affermato dalla Ego Eco alle pagine 12 e 13 dell’atto di appello) non solo non sussistevano nel caso in esame i presupposti per procedere a una (peraltro inammissibile) regolarizzazione postuma della propria posizione previdenziale, ma non sussistevano neppure i presupposti perché potesse essere invocata la disciplina sulla compensazione dei debiti previdenziali di cui al richiamato decreto-legge n. 52 del 2012.
In definitiva (e in senso contrario a quanto affermato dall’appellante):
– non sussiste l’illegittimità delle determinazioni adottate dal Comune di Castellammare di Stabia all’esito della verifica delle dichiarazioni di cui all’articolo 38, comma 1 del decreto legislativo n. 163 del 2006, risultando in fatto confermata la sussistenza di un importante insoluto contributivo (non dichiarato) alla data di presentazione della domanda di partecipazione;
– non può essere invocata la presunta irrilevanza dei richiamati insoluti in ragione della sussistenza (nota al Comune appellato almeno dal 30 gennaio 2015) di un concomitante credito nei confronti del Comune di Torre del Greco;
– non può essere invocata la mancata attivazione da parte dell’INPS della procedura di cui all’articolo 31 del decreto-legge n. 69 del 2013, attenendo tale procedura ai soli rapporti fra l’Ente previdenziale e l’impresa e non incidendo invece sui rapporti inerenti lo svolgimento della gara (in tal senso la richiamata sentenza dell’Adunanza plenaria n. 5 del 2016).
7. Il secondo motivo di appello (con cui si è lamentata la mancata considerazione da parte dei primi Giudici del valore fedefacente connesso al DURC positivo rilasciato in data 23 settembre 2014) non può trovare accoglimento.
7.1. Al riguardo ci si limita ad osservare che, per le ragioni ampiamente esposte in precedenza, il contenuto del richiamato DURC (e la rilevanza di quanto in esso dedotto) è stato in toto superato dal successivo documento unico in data 23 marzo 2015 il quale ha invece attestato che, alla data di presentazione della domanda di partecipazione, l’appellante non potesse vantare il requisito della regolarità contributiva.
8. Il terzo motivo di appello (con cui si è lamentata la mancata considerazione da parte dei primi Giudici dell’omessa comunicazione di avvio del procedimento prima dell’adozione dei provvedimenti impugnai in primo grado) è infondato.
8.1. Al riguardo ci si limita ad osservare:
– che, come correttamente rilevato dai primi Giudici, l’adozione nell’ambito delle pubbliche gare di provvedimenti sfavorevoli – anche in autotutela – in sede di verifica e comprova dei requisiti di ordine soggettivo e oggettivo di partecipazione non richiede l’inoltro di una distinta comunicazione di avvio, rientrando il sub-procedimento di verifica e comprova nell’ambito del più complessivo procedimento di gara, sulla base di scansioni sostanziali e procedimentali ben note ai partecipanti;
– che anche ad ammettere (denegata ipotesi) che nel caso in esame fosse dovuta la previa comunicazione di avvio del procedimento conclusosi con l’esclusione dalla procedura, si verterebbe pur sempre in tema di cc.dd. ‘illegittimità non invalidanti’ ai sensi dell’articolo 21-octies della l. 241 del 1990.
Come è noto, infatti, il comma 2 dell’articolo 21-octies, cit., stabilisce che “non è annullabile il provvedimento adottato in violazione di norme sul procedimento o sulla forma degli atti qualora, per la natura vincolata del provvedimento, sia palese che il suo contenuto dispositivo non avrebbe potuto essere diverso da quello in concreto adottato. Il provvedimento amministrativo non è comunque annullabile per mancata comunicazione dell’avvio del procedimento qualora l’amministrazione dimostri in giudizio che il contenuto del provvedimento non avrebbe potuto essere diverso da quello in concreto adottato”. Ebbene, in base a quanto ampiamente esposto in precedenza, risulta che l’appellante avrebbe comunque dovuto essere esclusa dalla procedura e che, pertanto, l’omessa comunicazione di avvio del (sub-)procedimento conclusosi con l’esclusione non potrebbe comunque comportare l’annullamento del provvedimento sfavorevole.
9. Il quarto motivo di appello (con cui si è lamentata la mancata considerazione da parte dei primi Giudici dell’insussistenza dei presupposti perché il Comune procedesse all’incameramento della cauzione provvisoria) è infondato.
9.1. Al riguardo il Collegio si limita a richiamare quanto statuito dall’Adunanza plenaria di questo Consiglio, secondo cui la cauzione di cui all’articolo 48 del decreto legislativo n. 163 del 2006 costituisce sotto il profilo strutturale una parte integrante dell’offerta e non un mero elemento di corredo della stessa (che la stazione possa liberamente richiedere e quantificare).
Più in generale, l’escussione della cauzione provvisoria si profila come garanzia del rispetto dell’ampio patto di integrità cui si vincola chi partecipa ad una gara pubblica e quale conseguenza tipica del mancato rispetto del vincolo in tal modo assunto (in tal senso, Ad. Plen. 10 dicembre 2014, n. 34).
La finalità dell’istituto è quella di responsabilizzare i partecipanti in ordine alle dichiarazioni rese, di garantire la serietà e l’affidabilità dell’offerta, nonché di escludere da subito i soggetti privi delle richieste qualità volute dal bando.
L’Adunanza plenaria ha al riguardo chiarito che la presenza di dichiarazioni oggettivamente non veritiere risulta di per sé idonea ad alterare la gara quantomeno per un aggravio di lavoro della stazione appaltante, chiamata a vagliare anche concorrenti inidonei o offerte prive di tutte le qualità indicate (ibidem).
L’escussione della cauzione costituisce pertanto l’ordinaria conseguenza della violazione dell’obbligo di diligenza gravante sull’offerente, tenuto conto che gli operatori economici, con la domanda di partecipazione, sottoscrivono e si impegnano ad osservare le regole della relativa procedura delle quali hanno piena conoscenza.
Si tratta di una misura autonoma ed ulteriore (rispetto alla esclusione dalla gara ed alla segnalazione all’ANAC), che costituisce, mediante l’anticipata liquidazione dei danni subiti dall’amministrazione, un distinto rapporto giuridico fra quest’ultima e l’imprenditore (tanto che si ammette l’impugnabilità della sola escussione se ritenuta realmente ed esclusivamente lesiva dell’interesse dell’impresa [ivi]).
10. Per le ragioni sin qui esposte l’appello in epigrafe deve quindi essere respinto.
Il Collegio ritiene che sussistano giusti ed eccezionali motivi per disporre l’integrale compensazione delle spese di lite fra le parti per il doppio grado di giudizio.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quinta) definitivamente pronunciando sull’appello, come in epigrafe proposto, lo respinge.
Spese del doppio grado compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 19 maggio 2016 con l’intervento dei magistrati:
Francesco Caringella, Presidente
Claudio Contessa, Consigliere, Estensore
Paolo Giovanni Nicolo’ Lotti, Consigliere
Luigi Massimiliano Tarantino, Consigliere
Oreste Mario Caputo, Consigliere
L’ESTENSORE | IL PRESIDENTE | |
Claudio Contessa | Francesco Caringella | |
IL SEGRETARIO