Il CGA per la Regione Sicilia, Sez. Giurisdizionale, con la sentenza n. 348 del 7 ottobre 2016 ha affermato la legittimità del provvedimento con cui un Comune ha disposto la revoca dell’aggiudicazione definitiva.
Nel caso di specie la revoca trovava giustificazione nel fatto che, all’indomani dell’aggiudicazione, si era appreso che il legale rappresentante della ditta aggiudicataria era stato rinviato a giudizio per reati associativi ex art. 416 c.p. per turbata libertà degli incanti.
Il CGA ha osservato che “la manifesta ‘oggettività’ del rinvio a giudizio per la tipologia di reati contestati rendeva priva di senso la previa comunicazione al destinatario dell’avvio del procedimento di revoca, stante la altrettanto oggettiva necessità di mettere al riparo l’Amministrazione dal pericolo di coltivare relazioni d’appalto con soggetti così indiziati di reato“.
Inoltre il Collegio ha sottolineato che la posizione negoziale della ditta aveva subito un forte ridimensionamento in quanto, nonostante l’acquisizione della stessa prima del suo rinvio a giudizio per i reati sopra menzionati. Era venuto meno il fondamento fiduciario dell’aggiudicazione a causa del sopraggiungere “il giorno successivo” della notizia del rinvio a giudizio, giustificando ex se la revoca, perché avvenuta con una decisione che trae origine dai principi di imparzialità e buon andamento ai quali la condotta dell’Ente è comunque tenuta a conformarsi.
Infine, contro una decisione così motivata, non vale denunciare, peraltro in maniera contraddittoria, la presunta violazione del principio di irretroattività degli effetti degli atti amministrativi in quanto marginale e non pertinente rispetto alla questione controversa, vista la manifesta ‘attualità’ del pericolo denunciato dai fatti di reato contestati.
Si riporta di seguito il testo della sentenza.
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Pubblicato il 07/10/2016
N. 00348/2016REG.PROV.COLL.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il CONSIGLIO DI GIUSTIZIA AMMINISTRATIVA PER LA REGIONE SICILIANA
in sede giurisdizionale
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso n. 79 / 2013 R.G. proposto da:
PORTELLI ANTONINO, rappresentato e difeso dall’avvocato Antonio Gagliano C.F. GGLNTN60R02D960U, con domicilio eletto presso Carmelo Belponer La Fauci in Palermo, viale Regina Margherita n. 42;
contro
COMUNE DI GELA, in persona del Sindaco in carica, rappresentato e difeso dall’avvocato Maurizio Cannizzo C.F. CNNMRZ54S08F377L, con domicilio eletto presso Francesco Di Bennardo in Palermo, via Giacomo Cusmano n. 28;
per la riforma
della sentenza del TAR SICILIA – PALERMO (Sez. II) n. 00975/2012, resa tra le parti, concernente: Esclusione dall’albo delle imprese di fiducia del comune
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’Udienza Pubblica del giorno 25 febbraio 2016 il Consigliere Giuseppe Mineo e uditi per le parti gli avvocati M. Mangano su delega di A. Gagliano;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
Con ricorso ritualmente notificato al Comune resistente, il sig. Antonino Portelli, odierna parte appellante, titolare della omonima ditta edile, impugnava dinanzi al TAR Sicilia – Palermo, o seguenti atti: 1) Determina Dirigenziale n. 414 del 25.05. 2011, con la quale il Comune di Gela, nell’approvare l’aggiornamento dell’Albo delle Imprese di fiducia per l’anno 2011, escludeva da detto Albo la ditta Portelli; 2) La Determina Dirigenziale n. 454 dell’8.06.2011, con la quale il Comune di Gela ha revocato la Determinazione Dirigenziale n. 410 del 25.05.2011 di aggiudicazione definitiva alla ditta Portelli dei lavori di “Manutenzione straordinaria a contratto aperto della viabilità cittadina – Gela ovest – Area centro nord” ; ovvero 3) Ogni atto presupposto, prodromico e consequenziale, perché tutti atti asseritamente illegittimi, ingiusti ed infondati.
Allo scopo, nell’atto introduttivo la parte ricorrente rappresentava quanto segue: a) Che nell’ottobre del 2010 il Comune di Gela aveva bandito una gara d’appalto da aggiudicarsi mediante la procedura del cottimo fiduciario ed avente ad oggetto lavori di “Manutenzione straordinaria a contratto aperto della viabilità cittadina – ( strade, marciapiedi, aree pubbliche e parapetti) – Gela ovest – Area centro nord”. Per scelta dell’Amministrazione, la partecipazione alla gara, in particolare, veniva “riservata” esclusivamente alle imprese che, all’atto della indizione del Bando e della successiva presentazione delle offerte, risultavano regolarmente iscritte all’Albo delle imprese di fiducia del Comune di Gela. ; b) Che il ricorrente Portelli, perché iscritto per l’anno 2010 all’Albo fiduciario predetto, e in possesso di tutti gli altri requisiti richiesti dalla vigente legge in materia d’appalto e cottimi fiduciari, aveva partecipato alla gara presentando la relativa offerta: la quale, all’esito della gara, era stata giudicata la migliore, determinando per l’effetto, a completamento della procedura, l’aggiudicazione ‘provvisoria’ dei lavori; – c) Che con D.D. n. 410 del 24.05.2011 veniva determinata la aggiudicazione definitiva dei lavori di manutenzione sopra citati; – d) Che, inopinatamente, con la successiva D.D. n. 414 del 25.05.2011, il Dirigente del Settore Lavori Pubblici del Comune di Gela aveva determinato di approvare l’aggiornamento dell’Albo delle imprese di fiducia del Comune e, contestualmente, aveva escluso dal predetto Albo l’impresa Portelli, perché connotato quale “…Ditta con carichi pendenti e/o sentenza definitiva…” in relazione a quanto espresso con Direttiva G.M. n. 92 del 28.03.2011; – e) Che, successivamente, con D.D. n. 454 dell’8.06.2011, il Dirigente Territorio ed Ambiente del Comune di Gela “senza istruttoria alcuna ed in palese violazione dei principi di legalità, imparzialità ed efficienza dell’operato della pubblica amministrazione”, visti i contenuti della cit. nota D.D. n. 414/2011, aveva revocato la precedente D.D. n. 410/2011 di ‘aggiudicazione definitiva’ dei lavori alla ditta Portelli, perché “…con determinazione dirigenziale del Settore Lavori pubblici n. 414 del 25.05.2011 è stato approvato l’aggiornamento dell’Albo delle imprese di fiducia per l’anno 2011,in conformità all’atto di C.C. n. 229 del 5.12.2003 ed alle direttive dell’Amministrazione Comunale di cui alla deliberazione di G.M. n. 92 del 28.03.2011, …”: concludendo, al punto 2), che “….si escludono alcune ditte, tra cui la ditta Portelli Antonino, in applicazione delle direttive del Sindaco prot. n. 22785 del 18.02.2011 e prot. n. 32611 dell’8.03.2011, nonché ai sensi della direttiva di cui al punto 8 della delibera di G.M. n. 92 del 28.03.2011 “percorso legalità” ; e che inoltre, dal certificato dei carichi pendenti prodotto dalla suddetta ditta…risulta la pendenza a carico di Portelli Antonino del procedimento penale per i reati p. e p. dagli artt. 110 – 416 e 353 c.p.”.
Avverso le determinazioni dell’Amministrazione resistente, la ditta ricorrente ha eccepito dinanzi al TAR adito motivi di censura con i quali, in particolare, ha chiesto l’annullamento dei provvedimenti impugnati per violazione di legge sotti diversi profili. Il primo Giudice, dando seguito ai criteri di giudizio già enunciati in sede di giudizio cautelare con ordinanza n. 712/2011, ha respinto il ricorso con la sentenza che qui viene appellata con motivi che questo Consiglio ritiene infondati per le ragioni che di seguito si precisano.
Con l’atto d’appello, in particolare, la difesa della ditta Portelli, richiamando integralmente quanto già dedotto con il ricorso introduttivo, ha denunciato i vizi di legittimità dei provvedimenti impugnati: sia perché (con il 1° motivo) sarebbero stati adottati in violazione dei principi che presiedono il c.d. giusto procedimento, così come affermati dagli artt. 1, 3 e 7 della legge n. 241/1990; sia perché (con il 2° motivo) adottati in violazione del principio di irretroattività dell’azione amministrativa, così come affermato dall’orientamento dettato dal nostro Consiglio di Stato in tema di ‘irretroattività’ degli effetti dell’atto amministrativo; sia, infine ( con il 3° motivo) perché adottati al di fuori delle prescrizioni dettate sia nell’atto di G.M. n. 92/2011 che con le direttive sindacali n. 22875 del 18.02.2011 e n. 32611 dell’8.03.2011, le quali renderebbero altrimenti privo di fondamento il richiamo al criterio c.d. teleologico, erroneamente operato dal primo Giudice, per giustificare i provvedimenti di revoca dell’appalto e di esclusione dalla lista delle imprese fiduciarie del Comune, subita dalla ditta appellante. Con i motivi sopra calendati, in particolare, la ditta appellante ha lamentato innanzitutto la forza invalidante sui provvedimenti impugnati della sua mancata interlocuzione nel procedimento, altrimenti da reputare “oltremodo necessaria, oltre che opportuna, sia perché Portelli alla data di aggiudicazione dell’appalto, non aveva riportato alcun tipo di condanna penale e rivestiva, sul piano prettamente processuale, la qualifica di mero imputato […],sia è soprattutto per il fatto che l’accusa che pendeva a suo carico, per come più volto dedotto negli scritti di primo grado e nella ‘premessa’ del presente gravame, aveva ad oggetto la commissione di fatti reato che neppure nominalmente potevano essere ricompresi nell’elencazione tassativa e restrittiva voluta e deliberata dall’Amministrazione procedente”. A proposito dell’ultima censura relativa alla “tassatività” dei casi di esclusione deliberati dall’Amministrazione comunale con gli atti sopra indicati, secondo la stessa parte appellante, infatti, viene altresì rilevato infatti che “per come si evince dal testo degli atti amministrativi avversati (…) il resistente Ente territoriale determinò la revoca dell’appalto precedentemente aggiudicato alla ditta ricorrente e la di lui esclusione dall’albo delle imprese fiduciarie, non per ragioni di opportunità, bensì per specifica ed espressa violazione delle direttive sindacali n. 3261/11 e n. 22785/11, oltre che dell’atto di G.M. n. 92/2011…”. D’altra parte, oltre che dipendente dalla violazione dei principi di irretroattività degli effetti degli atto amministrativi, nel quale sarebbe incorsa l’Amministrazione convenuta, anche la decisione resa in prime cure sarebbe incorsa in una plateale violazione delle regole di interpretazione degli atti giuridici dettate dagli artt. 12 ss. delle disp. prel. al cod. civ: laddove avrebbe sovrapposto il ‘sussidiario’ criterio di interpretazione teleologica all’interpretazione letterale degli atti adottati: finendo così per “sovrapporsi” a quanto deliberato dall’Amministrazione comunale.
Invero, vale preliminarmente considerare quanto ha opportunamente rappresentato – e non ex adverso contestato – nella memoria di costituzione e risposta la difesa dell’Amministrazione convenuta; – secondo cui il provvedimento di esclusione della ditta Portelli dall’Albo delle imprese fiduciarie del Comune di Gela è stato emesso in quanto, immediatamente dopo l’aggiudicazione dei lavori di manutenzione straordinaria avvenuta con D.D.n. 410 del 24.05.2011, “e precisamente il giorno successivo”, l’Amministrazione Comunale accertava la pendenza di un procedimento penale a carico dell’aggiudicatario Portelli, odierna parte appellante, destinatario di una pluralità di capi di imputazione per reati associativi ex art. 416 c.p., perché “in concorso con altri soggetti si associava loro allo scopo di commettere delitti di turbata libertà degli incanti” di volta in volta banditi da vari enti pubblici, e in particolare dal Comune di Gela “dal dicembre 2003 con permanenza attuale”.
La superiore rappresentazione delle circostanze temporali e fattuali nel cui contesto l’Amministrazione ha ragionevolmente ritenuto “opportuno ed urgente “ adottate gli atti impugnati, vanificano innanzi tutto il primo motivo di censura eccepito della ditta Portelli, giacché la manifesta ‘oggettività’ del rinvio a giudizio per la tipologia di reati contestati rendeva priva di senso la previa comunicazione al destinatario, nei termini qui denunciati dalla stessa difesa di parte appellante, dell’avvio del procedimento di revoca, stante la altrettanto oggettiva necessità di mettere al riparo l’Amministrazione dal pericolo di coltivare relazioni d’appalto con soggetti così indiziati di reato. In questo senso, nessun maggior fondamento può essere riconosciuto agli altri motivi di censura, con i quali – in maniera peraltro contraddittoria – viene invocata dalla difesa di parte appellante una sorta di intangibilità della posizione negoziale della ditta Portelli, perché comunque acquisita prima del suo rinvio a giudizio per i reati sopra menzionati. Vale infatti rilevare che il vulnus oggettivo arrecato al fondamento fiduciario dell’aggiudicazione deliberata a favore della ditta Portelli, per il sopravvenire “il giorno successivo” della notizia del rinvio a giudizio, giustifica ex se la revoca, perché avvenuta con una decisione che trae fondamento, in apicibus, dai principi di imparzialità e buon andamento ai quali la condotta dell’Ente è comunque tenuta a conformarsi, anche nel caso in cui non avesse adottato gli atti di G.M. ovvero le direttive consiliari, ex adverso invocate come ‘esimenti’ dalla ditta appellante, in maniera, invero, inappropriata rispetto alla necessità di mettere al riparo l’interesse pubblico dal pericolo manifestato dalla tipologia di reati che sostenevano il rinvio a giudizio del titolare della ditta aggiudicataria dell’appalto. Avverso una decisione così motivata, pertanto, non vale denunciare, peraltro in maniera apodittica e contraddittoria, la presunta violazione del principio di irretroattività degli effetti degli atti amministrativi: perché non pertinente alla questione controversa, state la manifesta ‘attualità’ del pericolo denunciato dai fatti di reato contestati; ovvero la presunta ‘sussidiarietà del criterio c.d. teologico, altrimenti utilizzato dal primo Giudice a motivo della decisione: che la difesa di appellante finisce invero per concepire in maniera contrastante con il rango fondamentale di determinazione del significato normativo che a tale criterio viene altrimenti riconosciuto proprio dall’art. 12 disp. prel. al cod. civ. in materia di interpretazione degli atti giudici, se correttamente letto e compreso.
Per tali ragioni i motivi l’appello è infondato e deve essere respinto, a conferma di quanto deciso in prime cure.
Le spese del giudizio possono tuttavia essere compensate, considerata la tipologia della controversia dedotta.
P.Q.M.
Il Consiglio di Giustizia Amministrativa per la Regione Siciliana, in sede giurisdizionale,
definitivamente pronunciando, respinge l’appello e compensa tra le parti le spese del giudizio.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Palermo nella Camera di Consiglio del giorno 25 febbraio 2016 con l’intervento dei magistrati:
Claudio Zucchelli, Presidente
Silvia La Guardia, Consigliere
Nicola Gaviano, Consigliere
Giuseppe Mineo, Consigliere, Estensore
Giuseppe Barone, Consigliere
L’ESTENSORE | IL PRESIDENTE | |
Giuseppe Mineo | Claudio Zucchelli | |
IL SEGRETARIO