Il Consiglio di Stato, Comm. Speciale, con il parere n. 2113 del 14 ottobre 2016, si è pronunciato sullo schema di decreto legislativo recante “Disciplina della dirigenza della Repubblica”.
Il Consiglio di Stato ha trasmesso al Governo il parere sullo schema di decreto legislativo riguardante la dirigenza pubblica che prevede, in particolare, la creazione di ruoli unificati e coordinati statali, regionali e locali e l’eliminazione della distinzione in due fasce separate, per assicurare una maggiore mobilità verticale e orizzontale nel conferimento degli incarichi dirigenziali.
Nel parere espresso dalla Commissione Speciale di Palazzo Spada sono state enucleate le condizioni indispensabili per il funzionamento effettivo della riforma, tre delle quali appaiono più rilevanti:
1) il ricorso a procedure e criteri di scelta del dirigente in termini oggettivi e trasparenti, atti a valorizzare le professionalità e competenze acquisite nel quadro dei molti settori di attività delle pubbliche amministrazioni;
2) durata ragionevole dell’incarico che, evitando incertezze sul regime del rapporto di lavoro, consenta al dirigente di perseguire, con continuità, gli obiettivi posti dall’organo di indirizzo politico, consolidando l’autonomia tecnica propria del dirigente stesso, ed evitando i pericoli di una autoreferenzialità che mal si concilia con la responsabilità dell’autorità politica di predisporre obiettivi;
3) l’indicazione delle modalità di cessazione degli incarichi soltanto dopo la scadenza del termine di durata degli stessi al fine del rigoroso accertamento della responsabilità dei dirigenti.
Non mancano, tuttavia, nel parere reso da Consiglio di Stato alcune perplessità circa la composizione della Commissione per la dirigenza, a cui lo schema di decreto assegna delicate funzioni di garanzia che fanno capo a tutto il procedimento di conferimento e revoca degli incarichi dirigenziali. In particolare, da un lato si rileva come alcuni componenti non siano del tutto indipendenti dagli organi politici, mentre dall’altro, la Commissione stessa, per come è costituita, non sembra in grado di garantire un impegno costante e continuativo dei suoi membri nell’espletamento delle delicate funzioni ad essi assegnate.
Il Consiglio di Stato ha infine posto in rilievo come la riforma della dirigenza pubblica sia priva, per previsione della legge delega, di nuovi sistemi di valutazione della dirigenza – la cui mancanza rischia di compromettere la funzionalità dell’intero impianto, nonché dei principi per la fissazione degli obiettivi da parte dell’autorità politica.
Con riferimento a questi ultimi due aspetti è apparso evidente che senza la concomitante adozione di norme sugli obiettivi e sulla valutazione, è impossibile che gli altri aspetti della riforma della dirigenza possano coerentemente funzionare. In proposito il Consiglio di Stato mette in assoluto rilievo la possibilità che la riforma generale del pubblico impiego sia meglio coordinata con questo provvedimento, e suggerisce di inserire delle correzioni alla legge di delega.