Incandidabilità amministratori dopo scioglimento comuni per mafia

La Prima Sezione Civile della Corte di Cassazione con la sentenza n. 23069 dell’ 11/11/2016 è intervenuta nuovamente sul tema dell’incandidabilità degli amministratori pubblici dei comuni il cui consiglio sia stato sciolto per l’esistenza di ingerenze della criminalità organizzata, di cui all’art. 143, comma 11, del d.lgs. n. 267 del 2000.

Tale norma recita: “Fatta salva ogni altra misura interdittiva ed accessoria eventualmente prevista, gli amministratori responsabili delle condotte che hanno dato causa allo scioglimento di cui al presente articolo non possono essere candidati alle elezioni regionali, provinciali, comunali e circoscrizionali, che si svolgono nella regione nel cui territorio si trova l’ente interessato dallo scioglimento, limitatamente al primo turno elettorale successivo allo scioglimento stesso, qualora la loro incandidabilità sia dichiarata con provvedimento definitivo”.

La Corte ha chiarito che la norma ha un’unica interpretazione possibile, ossia vale il principio di diritto per cui la candidatura è preclusa nel primo turno elettorale di ciascuna delle predette elezioni (regionali, provinciali, comunali e circoscrizionali) che si svolgano, successivamente allo scioglimento dichiarato con provvedimento definitivo, nella Regione nel cui territorio si trova l’ente interessato.

Pertanto è da cassare la sentenza che aveva circoscritto la declaratoria di incandidabilità alla prima tornata temporalmente successiva allo scioglimento, in quanto l’intento del legislatore è di impedire la possibilità di candidarsi al primo turno successivo di ciascuna elezione regionale, provinciale, comunale e circoscrizionale.

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Redazione

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