Il Consiglio di Stato, Sez. IV, con la sentenza n. 4948 del 24 novembre 2016 sui limiti della discrezionalità del G.A. che deve compensare le spese ed in particolare sull’illegittimità di una sentenza di cessazione della materia del contendere che ha immotivatamente compensato le spese.
Si legge dalla sentenza: “Anche se nel processo amministrativo il giudice ha ampi poteri discrezionali in ordine al riconoscimento, sul piano equitativo, dei giusti motivi per far luogo alla compensazione delle spese giudiziali ovvero per escluderla, con il solo limite che non può condannare alle spese la parte risultata vittoriosa in giudizio – tale discrezionalità è sindacabile in sede di appello nei limiti in cui la statuizione sulle spese possa ritenersi illogica o errata, alla stregua dell’eventuale motivazione adottata, ovvero tenendo conto da un lato, in punto di diritto, del principio in base al quale, di regola, le spese seguono la soccombenza e dall’altro, in punto di fatto, della vicenda e delle circostanze emergenti dal giudizio”.
Pertanto, il giudice dispone la compensazione tra le parti in causa delle spese del giudizio sulla base dei c.d. “giusti motivi”, i quali, sebbene non indicati in modo preciso ex art. 92 cod. proc. civ., così come richiamato dall’art. 26 del D. Lgs. 104/2010, devono quanto meno essere desumibili dal contesto della decisione.
Infine, a parere dei giudici di Palazzo Spada, non può ritenersi legittima una sentenza che, nel dichiarare la cessata materia del contendere per un ricorso in materia di diniego di accesso, ha immotivatamente compensato, tra le parti, le spese di giudizio, non potendo bastare la dichiarazione secondo la quale “ricorrono, tuttavia, giusti motivi per la compensazione”.
Si riporta di seguito il testo della sentenza.
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Pubblicato il 24/11/2016
N. 04948/2016 REG.PROV.COLL.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Quarta)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso in appello nr. 801 del 2016, proposto dal signor Angelo RIZZO, rappresentato e difeso dagli avvocati Giuseppe Piscitelli, Giorgio Carta e Giovanni Carta, con domicilio eletto presso l’avv. Giorgio Carta in Roma, viale Parioli, 55,
contro
il MINISTERO DELLA DIFESA, in persona del Ministro in carica, rappresentato e difeso per legge dall’Avvocatura Generale dello Stato, con domicilio eletto in Roma, via dei Portoghesi, 12,
per la riforma
della sentenza n. 12049/2015, con la quale la Sezione Prima bis del T.A.R. del Lazio ha dichiarato la cessata materia del contendere per il ricorso n. 5975/2015, proposto avverso il silenzio-rigetto formatosi sull’istanza di accesso dell’appellante, nella sola parte in cui dispone la compensazione delle spese di lite.
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio del Ministero della Difesa;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore, alla camera di consiglio del giorno 17 novembre 2016, il Consigliere Carlo Schilardi;
Dato atto che nessuno è comparso per le parti;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO
Il sig. Angelo Rizzo, luogotenente dell’Arma dei Carabinieri in congedo, all’esito di un procedimento disciplinare di stato, veniva sanzionato con la perdita del grado.
Ritenendo illegittimo il provvedimento, il sig. Rizzo, in data 25 marzo 2015, presentava un’istanza di accesso agli atti del suindicato procedimento disciplinare.
Il 4 maggio 2015, essendo decorso il prescritto termine di 30 giorni senza alcun riscontro da parte dell’Amministrazione, il sig. Rizzo proponeva un ricorso innanzi al T.A.R. per il Lazio, per l’annullamento del silenzio-rigetto del Ministero della Difesa, formatosi sulla sua istanza di accesso agli atti.
Il 16 maggio 2015, l’Amministrazione accoglieva la richiesta di accesso ed il T.A.R. del Lazio, all’udienza del 30 settembre 2015, con sentenza n. 12049 del 21 ottobre 2015, dichiarava cessata la materia del contendere, con compensazione delle spese.
Avverso la sentenza del T.A.R., nella parte in cui è stata disposta la compensazione delle spese, il sig. Rizzo ha proposto appello.
Il Ministero della Difesa si è costituito con atto di stile.
All’udienza camerale del 17 novembre 2016 la causa è stata trattenuta per la decisione.
DIRITTO
L’appellante lamenta la violazione dell’articolo 26 del codice del processo amministrativo e degli artt. 91, 92, 93, 94, 96 e 97 del codice di procedura civile, in quanto il TAR del Lazio avrebbe immotivatamente ed ingiustamente compensato, tra le parti, le spese di giudizio.
L’appellante sostiene che, nel caso in esame, avendo l’Amministrazione accolto tardivamente la richiesta di accesso agli atti ed avendo rappresentato tale circostanza in giudizio, il TAR del Lazio avrebbe dovuto condannare il Ministero della Difesa al pagamento delle spese di giudizio e non operare la compensazione, in virtù del principio della c.d. “soccombenza virtuale”.
L’appello è fondato.
Questo Consiglio di Stato ha ripetutamente affermato che – anche se nel processo amministrativo il giudice ha ampi poteri discrezionali in ordine al riconoscimento, sul piano equitativo, dei giusti motivi per far luogo alla compensazione delle spese giudiziali ovvero per escluderla, con il solo limite che non può condannare alle spese la parte risultata vittoriosa in giudizio – tale discrezionalità è sindacabile in sede di appello nei limiti in cui la statuizione sulle spese possa ritenersi illogica o errata, alla stregua dell’eventuale motivazione adottata, ovvero tenendo conto da un lato, in punto di diritto, del principio in base al quale, di regola, le spese seguono la soccombenza e dall’altro, in punto di fatto, della vicenda e delle circostanze emergenti dal giudizio; ed in particolare, che i “giusti motivi”, in base ai quali il giudice dispone la compensazione tra le parti in causa delle spese del giudizio, ai sensi dell’art. 92 cod. proc. civ., richiamato dall’art. 26 cod. proc. amm., anche se non puntualmente specificati, devono quanto meno essere desumibili dal contesto della decisione (cfr. Cons. Stato, III, n. 3682/2014; id., n. 2508/2013).
Nella sentenza appellata, tale corrispondenza tra motivazione e statuizione sulle spese non è in alcun modo rinvenibile, non potendosi ritenere sufficiente l’affermazione, di stile, secondo la quale “ricorrono, tuttavia, giusti motivi per la compensazione”, né la generica motivazione che il ritardo sarebbe stato determinato dalla circostanza che la questione “si inserisce in un più ampio contesto penale” visto che, sia pure dopo 65 giorni dalla richiesta, l’ostensione degli stessi da parte dell’Amministrazione è intervenuta.
Giova rilevare che l’art. 92 cod. proc. civ., nel testo vigente, dopo la modifica apportata dal d.l. n. 69/2009, convertito nella legge n. 135/2012, ha riferito la possibilità della compensazione alla sussistenza di “gravi ed eccezionali ragioni”, ipotesi più restrittiva.
La sentenza n. 12049 del 21 ottobre 2015 deve dunque essere riformata, con condanna del Ministero, in applicazione del criterio generale di cui all’art. 91 cod. proc. civ., al pagamento delle spese del doppio grado di giudizio, liquidate come da dispositivo.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quarta) definitivamente pronunciando sull’appello, come in epigrafe proposto, lo accoglie e, per l’effetto, in parziale riforma della sentenza di primo grado, condanna l’Amministrazione al pagamento in favore dell’appellante della somma di euro 1.500,00 (millecinquecento/00), oltre agli accessori di legge, per le spese del giudizio di primo grado.
Condanna l’Amministrazione al pagamento in favore dell’appellato dell’ulteriore somma di euro 1.000,00 (mille/00), oltre agli accessori di legge, per le spese del presente grado di giudizio.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 17 novembre 2016 con l’intervento dei magistrati:
Raffaele Greco, Presidente FF
Fabio Taormina, Consigliere
Silvestro Maria Russo, Consigliere
Carlo Schilardi, Consigliere, Estensore
Giuseppe Castiglia, Consigliere
L’ESTENSORE | IL PRESIDENTE | |
Carlo Schilardi | Raffaele Greco | |
IL SEGRETARIO