Il TAR Liguria, Sez. II, con la sentenza n. 55 del 27 gennaio 2017, ha affermato la legittimità del provvedimento con cui la stazione appaltante ha revocato l’aggiudicazione di una gara per violazione da parte della ditta aggiudicataria degli obblighi previsti dalla “clausola sociale”, con particolare riferimento all’assunzione dell’intero personale uscente dalla precedente gestione.
In particolare, detta sentenza ha rilevato come tale obbligo di assunzione sia stato espressamente e chiaramente previsto dal bando di gara, il quale prevedeva una clausola specifica dal contenuto definito, tale da consentire ai concorrenti di individuare immediatamente il numero complessivo di dipendenti addetti all’appalto.
In tal caso, infatti, la “clausola sociale” esplica una specifica funzione, ossia quella di tutelare, in ossequio alla normativa prevista dalla contrattazione collettiva di riferimento, l’intero personale addetto all’unità produttiva interessata e, pertanto, tale clausola non può essere assolutamente derogata e trova applicazione sia per gli offerenti che per l’Amministrazione aggiudicatrice.
Si riporta di seguito il testo della sentenza.
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Pubblicato il 27/01/2017
N. 00055/2017 REG.PROV.COLL.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Liguria
(Sezione Seconda)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 546 del 2016, integrato da motivi aggiunti, proposto da:
Serenissima Ristorazione s.p.a., rappresentata e difesa dagli avvocati Gianluca Ghirigatto e Aldo Campesan, con domicilio eletto presso lo studio dell’avv. Lorenzo Cuocolo in Genova, via G. Mameli, 3;
contro
Comune di Genova, rappresentato e difeso dall’avvocato Domenico Masuelli, con domicilio eletto presso la civica Avvocatura in Genova, via Garibaldi 9;
nei confronti di
– Cir Food Cooperativa Italiana di Ristorazione s.c., rappresentata e difesa dall’avvocato Eugenio Dalli Cardillo, con domicilio eletto presso lo studio dell’avv. Camilla Dolcini in Genova, P.zza Leonardo da Vinci 2/3;
– Cascina Global Services s.r.l., non costituita in giudizio;
– Ladisa s.p.a., non costituita in giudizio;
per l’annullamento
del provvedimento n. 2016-146.0.0-40, recante revoca dell’aggiudicazione definitiva del servizio di refezione scolastica – lotto centro-est.
Visti il ricorso, i motivi aggiunti e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio del Comune di Genova e di Cir Food Cooperativa Italiana di Ristorazione s.c.;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 11 gennaio 2017 il dott. Angelo Vitali e uditi per le parti i difensori, come specificato nel verbale di udienza;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO
Con ricorso notificato in data 1.7.2016 la società Serenissima Ristorazione s.p.a., aggiudicataria del lotto n. 1 “Centro-est” della gara mediante procedura aperta indetta dal comune di Genova per l’affidamento del servizio di ristorazione scolastica per la durata di 18 mesi, ha impugnato il provvedimento dirigenziale 2016-146.0.0-40 del 10.6.2016, di revoca dell’aggiudicazione definitiva già disposta in suo favore, a motivo dell’asserito inadempimento agli obblighi derivanti dalla cosiddetta clausola sociale, concernenti l’assunzione di tutto il personale della gestione uscente.
Espone: – che la gara concerneva sei lotti, distinti su base territoriale; – che l’art. 21 del capitolato speciale d’appalto prevedeva l’obbligo, per l’impresa aggiudicataria, di assumere tutto il personale iscritto nel libro unico del lavoro presente da almeno tre mesi nell’unità produttiva interessata; – che il dettaglio del personale in carico, suddiviso per qualifica e monte ore, era indicato nell’allegato n. 16 al capitolato; – che tale allegato comprendeva, oltre ad un elenco di 70 addetti alle sedi scolastiche del lotto n. 1 Centro-est, un elenco generale di 72 addetti ai centri cottura dei quattro lotti Centro est, Centro ovest, Valpolcevera e Levante, senza alcuna specifica imputazione ai singoli lotti; – che, pertanto, la ricorrente rivolgeva alla stazione appaltante un apposito quesito al fine di conoscere il dettaglio del personale impiegato in ogni centro cottura, suddiviso per ogni lotto; – che l’amministrazione rispondeva nel senso che, poiché l’attività del centro cottura è svolta complessivamente e non distinta tra i vari lotti, al fine di determinare i costi relativi al personale si sarebbe dovuta effettuare una proporzione considerando il numero di pasti per ogni singolo lotto; – che, soltanto dopo l’aggiudicazione, la ricorrente apprendeva che, sulla base degli elenchi forniti dai gestori uscenti, il numero complessivo di lavoratori da riassorbire era pari a 97 unità; – che la società manifestava la disponibilità ad eseguire l’appalto con 97 addetti, di cui solo 89 assorbiti dai precedenti gestori, intendendo utilizzare 8 lavoratori già alle proprie dipendenze; – che, pertanto, con il provvedimento impugnato l’amministrazione appaltante procedeva alla revoca dell’aggiudicazione per inadempimento agli obblighi derivanti dalla clausola sociale.
A sostegno del gravame ha dedotto cinque motivi di ricorso, rubricati come segue.
1. Violazione dell’art. 21 del capitolato speciale d’appalto in relazione alle previsioni, ivi richiamate, del CCNL di riferimento.
Lamenta la violazione della clausola sociale di cui all’art. 21 del CSA, nel senso che l’obbligo di riassorbimento riguarderebbe soltanto il personale addetto ai “centri di cottura” di proprietà dell’amministrazione, non già quello impiegato – indistintamente per più appalti – nei “centri di produzione pasti” di proprietà dell’appaltatore uscente, secondo la distinzione contenuta nella nota a verbale apposta al CCNL di riferimento.
2. Indeterminatezza della lex specialis in relazione al numero degli addetti da riassorbire: violazione dei principi di buon andamento dell’azione amministrativa e di imparzialità e di buona fede ai sensi dell’art. 1367 c.c. – Grave difetto di istruttoria e motivazione del provvedimento di revoca in relazione alle indicazioni ricevute dai precedenti appaltatori.
Stanti le gravi carenze dell’allegato 16 al CSA – che, quanto ai centri cottura, conteneva un elenco cumulativo di 72 addetti, senza alcuna imputazione ai singoli lotti – l’indeterminatezza originaria della lex specialis circa il numero di addetti da riassorbire si risolverebbe in un grave difetto di istruttoria e di motivazione del provvedimento di revoca dell’aggiudicazione.
3. Violazione del divieto di integrazione postuma della lex specialis di gara; violazione del principio di trasparenza e pubblicità nelle gare pubbliche; lesione dell’affidamento privato. In ogni caso ingiustizia manifesta.
L’acritico recepimento dei dati numerici forniti dai gestori uscenti quanto agli addetti al servizio da riassorbire concreterebbe la violazione del divieto di integrazione postuma della lex specialis di gara.
4. Violazione dell’art. 69 del D. Lgs. n. 163/2006, del principio di concorrenza e degli altri principi previsti dall’art. 2 del D. Lgs. n. 163/2006, nonché dell’art. 41 della Costituzione – violazione infine del principio di proporzionalità delle scelte amministrative – ulteriore difetto di motivazione.
La clausola sociale non potrebbe avere un effetto automaticamente e rigidamente escludente, nel senso di esigere l’assunzione di tutto il personale già utilizzato dal gestore uscente, ma dovrebbe piuttosto operare come un’indicazione preferenziale, lasciando all’imprenditore subentrante la possibilità di introdurre contenute modifiche al precedente livello di occupazione, al fine di coordinare il turn over in entrata con la propria precedente organizzazione (le otto figure professionali già operative all’interno del proprio centro cottura).
5. Eccesso di potere nella figura sintomatica dello sviamento o comunque deviazione dalle finalità dell’art. 69 del D. Lgs. n. 163/2006 e della lex specialis di gara.
La decisione di revocare l’aggiudicazione in mancanza del riassorbimento di sole 8 unità lavorative assegnerebbe alla finalità sociale un valore assoluto, in assenza di un adeguato contemperamento con il principio di libertà economica.
Si è costituito in giudizio il comune di Genova, controdeducendo sul merito delle singole censure ed instando per il rigetto del ricorso.
Con ricorso per motivi aggiunti notificato in data 25.7.2016 la ricorrente ha esteso l’impugnazione alla determinazione dirigenziale 8.7.2016, n. 2016-146.4.0.-75, di aggiudicazione definitiva del lotto alla controinteressata Cir Food Cooperativa Italiana di Ristorazione s.c., deducendone l’illegittimità in via derivata dai vizi che inficerebbero il presupposto provvedimento di revoca dell’aggiudicazione definitiva disposto a suo danno.
Si è costituita in giudizio la controinteressata Cir Food Cooperativa Italiana di Ristorazione s.c., preliminarmente eccependo l’inammissibilità dell’atto di motivi aggiunti (con conseguente improcedibilità del ricorso introduttivo), nel merito controdeducendo ed instando per il rigetto del ricorso.
Con ordinanza 8 settembre 2016, n. 193 la Sezione ha rigettato la domanda incidentale di sospensione dell’esecuzione dei provvedimenti impugnati.
Previo scambio delle memorie conclusionali e di replica, alla pubblica udienza dell’11 gennaio 2017 il ricorso è stato trattenuto dal collegio per la decisione.
DIRITTO
Il ricorso è infondato, per le motivazioni che seguono (seguendo l’ordine dei motivi di gravame).
1. Nessuna disposizione della lex specialis autorizza, ai fini della esatta delimitazione del campo di operatività della clausola sociale, la distinzione artatamente operata dalla ricorrente tra personale addetto ai centri cottura (l’unico cui si attaglierebbe – propriamente – la definizione di addetto all’appalto) e personale addetto ai centri di produzione pasti.
Al contrario, a termini dell’art. 1 del c.s.a. (rubricato “definizioni”), “nell’ambito del presente capitolato si intende per: […] centri cottura/cucine: le strutture di proprietà/disponibilità dell’I.A. [impresa aggiudicataria, n.d.r.] o del Comune ove vengono preparati i pasti”, mentre, a termini dell’art. 21 c.s.a., l’obbligo di assunzione concerne “tutto il personale iscritto nel libro unico del lavoro presente da almeno tre mesi nell’unità produttiva interessata”.
La circostanza che, sotto la gestione uscente, i centri di distribuzione pasti servissero più lotti può – al più – creare qualche difficoltà applicativa in ordine alla corretta imputazione del personale a ciascun lotto (per la quale vedi infra), ma non vale certo ad escludere che anche il relativo personale possa dirsi a pieno titolo addetto all’esecuzione dell’appalto, e come tale assistito dalla clausola sociale.
La qual cosa è puntualmente confermata dall’allegato n. 16 al c.s.a., che, nell’indicare il personale attualmente in carico in vista dell’obbligo di assunzione di cui all’art. 21 c.s.a., comprende espressamente anche un elenco delle 72 persone addette al centro cottura che serviva quattro lotti.
2. Come detto, nella gestione uscente un’unica impresa gestiva quattro lotti, ed il relativo centro di cottura impiegava complessivamente 72 addetti.
Poiché, peraltro, il capitolato riportava il numero presunto dei pasti annui per ciascun lotto (cfr. l’art. 5 e l’allegato n. 2), l’imputazione del personale ai singoli lotti di competenza ben poteva essere ricavato sulla base di una semplice proporzione, come peraltro indicato dalla stazione appaltante con il chiarimento reso in data 28.10.2015 (doc. 7 delle produzioni 12.7.2016 di parte ricorrente).
Donde l’infondatezza della censura di indeterminatezza della lex specialis, censura che, peraltro, postulava la necessaria dimostrazione – che la società ricorrente si è ben guardata dal fornire – che il calcolo richiesto dall’amministrazione avrebbe condotto a dati non in linea con quelli poi forniti dai gestori uscenti.
Per il resto, quanto al preteso difetto di istruttoria per avere l’amministrazione prestato acritica adesione alle indicazioni numeriche fornite dai gestori uscenti, si tratta di una censura generica, non essendo mossa alcuna specifica contestazione agli elenchi stessi.
3. Infondato è anche il terzo motivo di ricorso.
Si è visto infatti come la lex specialis consentisse di determinare ex ante il numero di addetti all’appalto del lotto in questione, e quindi di formulare consapevolmente la propria offerta, tenendo conto del costo del personale.
4. Posto che la clausola sociale contenuta nel bando non era affatto indeterminata, e che essa tutela – conformemente alla disciplina contrattuale collettiva (art. 335 C.C.N.L. – doc. 28 delle produzioni 19.7.2016 di parte comunale) – “tutto il personale addetto” all’unità produttiva interessata, la stessa assume portata cogente sia per gli offerenti che per l’amministrazione (Cons. di St., IV, 2.12.2013, n. 5725).
Né la società ricorrente può addurre, a giustificazione del proprio rifiuto ad ottemperare ad un obbligo liberamente assunto, generiche quanto indimostrate “esigenze organizzative”.
A ciò si aggiunga come, nel caso di specie, la società ricorrente non contesti affatto il numero di lavoratori da adibire complessivamente all’appalto (numero che coincide con gli elenchi forniti dai gestori uscenti), sicché le accampate esigenze organizzative non rivestono neppure un carattere oggettivo, risolvendosi nella unilaterale pretesa di escludere dall’obbligo di assunzione 8 unità.
5. Quanto all’ultimo motivo di ricorso, si osserva che è proprio l’inserimento nella lex specialis della così detta clausola sociale che realizza, a livello del singolo appalto, il necessario contemperamento tra il diritto di iniziativa economica e le finalità sociali di salvaguardia occupazionale.
Nel caso di specie, stante la determinatezza della clausola sociale ed il suo carattere cogente, non vi può dunque essere spazio per ridurne ex post la portata, sulla base di personali interpretazioni circa la marginalità o meno degli effetti del mancato riassorbimento di 8 unità.
Al rigetto del ricorso introduttivo avverso il provvedimento di revoca dell’aggiudicazione consegue il rigetto del ricorso per motivi aggiunti contro il provvedimento di aggiudicazione dell’appalto alla controinteressata Cir Food, proposto per illegittimità in via derivata.
Le spese seguono come di regola la soccombenza, e sono liquidate in dispositivo.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Liguria (Sezione Seconda), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto,
Rigetta il ricorso introduttivo ed il ricorso per motivi aggiunti.
Condanna la società ricorrente al pagamento delle spese di giudizio, che liquida in € 4.000,00 (quattromila) in favore del comune di Genova ed in € 4.000,00 (quattromila), oltre IVA e CPA, in favore di Cir Food Cooperativa Italiana di Ristorazione s.c..
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Genova nella camera di consiglio del giorno 11 gennaio 2017 con l’intervento dei magistrati:
Roberto Pupilella, Presidente
Luca Morbelli, Consigliere
Angelo Vitali, Consigliere, Estensore
L’ESTENSORE | IL PRESIDENTE | |
Angelo Vitali | Roberto Pupilella | |
IL SEGRETARIO