Il TAR Lombardia – Brescia, Sez. II, con la sentenza n. 167 del 6 febbraio 2017, si è pronunciato sulla legittimità dell’esclusione di un raggruppamento temporaneo di imprese (r.t.i.) nel caso di fallimento di un’impresa del raggruppamento in corso di svolgimento di gara.
Il TAR lombardo ha richiamato la sentenza del TAR Lazio n. 4682/2016, la quale afferma: “Il fallimento di una delle imprese componenti uno dei raggruppamenti partecipanti, prima dell’aggiudicazione definitiva, ne determina l’esclusione, dal momento che con un onere di diligenza ben possibile, il raggruppamento avrebbe potuto per tempo rendersi conto in proprio che una delle società del gruppo era portatrice di irregolarità suscettibili di riflettersi negativamente sull’intero gruppo, nell’ambito della procedura selettiva alla quale esso aveva deciso di partecipare”.
Inoltre, i giudici del TAR adito hanno richiamato la giurisprudenza del Consiglio di Stato, secondo cui “il divieto di modificazione soggettiva non ha l’obiettivo di precludere sempre e comunque il recesso dal raggruppamento in costanza di procedura di gara. Il rigore di detta disposizione va, infatti, temperato in ragione dello scopo che persegue, che è quello di consentire alla stazione appaltante, in primo luogo, di verificare il possesso dei requisiti da parte dei soggetti che partecipano alla gara e, correlativamente, di precludere modificazioni soggettive, sopraggiunte ai controlli, e dunque, in grado di impedire le suddette verifiche preliminari” (Cfr. Consiglio di Stato, sez. VI, 13 maggio 2009, n. 2964).
Si riporta di seguito il testo della sentenza.
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Pubblicato il 06/02/2017
N. 00167/2017 REG.PROV.COLL.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia
sezione staccata di Brescia (Sezione Seconda)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 1163 del 2016, proposto da:
C.M.C. di Ravenna Soc. Coop., in persona del legale rappresentante p.t., rappresentata e difesa dall’avvocato Gianluigi Pellegrino, con domicilio eletto presso lo studio Francesco Fontana in Brescia, via A. Diaz N.28;
contro
Anas S.p.a., in persona del legale rappresentante p.t., rappresentata e difesa per legge dall’Avvocatura Distrettuale dello Stato e domiciliata in Brescia, via S. Caterina, 6;
nei confronti di
S.A.L.C. S.p.A., in persona del legale rappresentante p.t. rappresentata e difesa dagli avvocati Andrea Musenga, Davide Angelucci e Alberto Salvadori, con domicilio eletto in Brescia presso lo studio di quest’ultimo, via XX Settembre, n. 8;
Carena S.p.A., F.I.M.E .T., Geom. Locatelli Lavori S.r.l. e Locatelli Geom. Gabriele S.r.l. in Liquidazione, tutte non costituite in giudizio;
per l’annullamento
per quanto riguarda il ricorso introduttivo:
– del provvedimento ANAS n.170 del 7 settembre 2016, comunicato alla ricorrente con nota pervenuta via fax il 13 settembre 2016 con cui è stata disposta l’aggiudicazione definitiva della gara per la realizzazione del raccordo autostradale tra l’autostrada A4 e la Val Trompia – Tronco Ospitaletto – Sarezzo, Tratto Concesio – Sarezzo, compreso lo svincolo di Concesio. Lotto n. 1 in favore del RTI SALC;
nonché per la declaratoria
di inefficacia del contratto eventualmente stipulato e del diritto della ricorrente all’aggiudicazione;
e per il risarcimento
in forma specifica mediante subentro nell’aggiudicazione e nel contratto o, in subordine, per equivalente;
per quanto riguarda il ricorso incidentale:
– dei verbali di gara nella parte in cui è stata illegittimamente ammessa a partecipare alla gara l’ATI CMC.
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio della S.A.L.C. S.p.A. e dell’Anas Spa;
Visto il ricorso incidentale proposto dalla ricorrente incidentale S.A.L.C. S.p.A. il 18\11\2016;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 26 gennaio 2017 la dott.ssa Mara Bertagnolli e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO
La ricorrente ha partecipato alla gara per l’affidamento dei lavori per la realizzazione del raccordo autostradale tra l’autostrada A4 e la Val Trompia – Tronco Ospitaletto – Sarezzo, Tratto Concesio – Sarezzo, compreso lo svincolo di Concesio. Lotto n. 1, per un importo complessivo a base di gara di 235.281.018,40 €, da aggiudicarsi con il criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa.
Sostiene la ricorrente, risultata seconda nella graduatoria per l’aggiudicazione, alle spalle del raggruppamento RTI SALC (originariamente I.C.S. Grandi Lavori Spa), che l’aggiudicazione a favore di quest’ultimo non avrebbe dovuto mai intervenire, a causa delle plurime ragioni che avrebbero dovuto indurre la stazione appaltante all’esclusione del medesimo dalla gara, per le seguenti ragioni di diritto:
1. Violazione e falsa applicazione dell’art. 40 del D. Lgs. 163/2006 e della lex specialis: l’RTI SALC, già in sede di prequalifica, avrebbe dovuto essere escluso dalla partecipazione alla gara, dal momento che una delle sue originarie mandanti – la Locatelli geom Gabriele Spa – non aveva la qualificazione SOA sufficiente rispetto ai lavori che si era assunta la responsabilità di eseguire. Nella domanda di partecipazione per la prequalificazione (2007), infatti, essa si assumeva l’esecuzione del 20% della categoria OG8, pari a € 10.625.774, ma, a tal fine, secondo quanto sostenuto in ricorso, avrebbe dovuto possedere almeno la classifica VII in tale categoria e non anche la sola classifica V per lavori sino a 5.164.569 €. Ne deriverebbe anche la falsità della dichiarazione che ha confermato il possesso dei requisiti nel 2009, quando, però, la Locatelli si è assunta l’esecuzione del solo 10 % della lavorazione secondaria in parola;
2. Violazione dell’art. 40 citato sotto ulteriore profilo, dal momento che la mandante Carena, sempre nella fase della prequalificazione, si è impegnata ad eseguire lavori rientranti nella categoria OG6 (scorporabile), per il 22,22% degli stessi, in difetto di qualificazione per tale categoria;
3. Violazione e falsa applicazione degli artt. 37 e 38 del D. Lgs. 163/2006, violazione della lex specialis: la mandante FIMET è stata dichiarata fallita con sentenza del Tribunale di Brescia del 28/1/2015, mentre i requisiti devono essere posseduti dai candidati senza interruzione sino all’aggiudicazione definitiva e stipula del contratto (cfr. sul punto le pronunce dell’Adunanza plenaria n. 8/2015 e n.10/2016). Secondo parte ricorrente tale mutamento nella compagine del raggruppamento non potrebbe ritenersi sanata con l’estromissione successiva di FIMET, in quanto ciò sarebbe ammesso e sufficiente solo in sede di esecuzione del contratto, ex art. 37, comma 19, Codice dei contratti;
4. Violazione e falsa applicazione degli artt. 38 e 51 del D. Lgs. 163/2006 e inosservanza della lex specialis, in ragione della quale l’RTI avrebbe dovuto essere escluso prima della valutazione delle offerte, per la perdita del requisito, richiesto dall’art. 38, comma 1, lett. a) del D. Lgs. 163/2006, da parte della ditta geom. Locatelli Lavori Spa, originaria mandante. Il 4 luglio 2012, infatti, tale impresa ha chiesto l’ammissione al concordato preventivo (secondo parte ricorrente da qualificarsi come liquidatorio), che è stata disposta il 7 luglio 2012. Ciò rileverebbe, secondo quanto dedotto nel ricorso, sotto diversi profili. In primo luogo la presentazione dell’istanza di concordato costituirebbe un’ammissione dello stato di dissesto, incompatibile con il conferimento di appalti da parte di imprese pubbliche. Sarebbe irrilevante l’intervenuta stipula del contratto di affitto del ramo d’azienda con la ditta FIMET. Tale contratto sarebbe stato sottoscritto il 29 giugno 2012, ma, secondo parte ricorrente, sarebbe stato sottoposto alla condizione sospensiva rappresentata dall’ammissione della ditta Locatelli al concordato con continuità: fino al 7 luglio 2012, data dell’ammissione al concordato, il contratto di affitto non avrebbe prodotto i propri effetti, con la conseguenza che sarebbe stata ammessa a partecipare alla gara una società con una situazione di dissesto dichiarata. In ogni caso, la sua stipulazione del contratto per l’affitto del ramo d’azienda avrebbe dovuto formare oggetto, ai sensi dell’art. 51 del d. lgs. 163/2006, di una comunicazione alla stazione appaltante, senza la quale o fino alla quale, il concorrente resterebbe immutato: nel caso in esame tale comunicazione non sarebbe mai avvenuta e, dunque, erroneamente la stazione appaltante (che ha saputo dell’ammissione al concordato il 28/8/2012) non avrebbe effettuato la verifica dei requisiti in capo alla società Locatelli, cedente il ramo d’azienda, ma rimasta soggetto concorrente in ragione di quanto sin qui rappresentato, operandola solo in capo alla cessionaria;
5. Violazione dell’art. 119 del DPR 207/2010 e della lex specialis per il mancato rispetto delle modalità di correzione dei prezzi unitari imposte sia dalla legge, che dal bando, in forza delle quali ogni correzione avrebbe dovuto essere confermata, a pena di esclusione, in modo puntuale e con sottoscrizione: adempimento disatteso in numerosi casi dalla vincitrice;
6. Indeterminatezza della proposta negoziale, dal momento che l’“Analisi nuovi prezzi” allegata all’offerta recherebbe valori difformi dalla “lista prezzi”, facendone deriva un’inammissibile incertezza;
7. Indeterminatezza della proposta contrattuale sotto il diverso profilo del mancato rispetto delle modalità imposte per la rappresentazione delle varianti migliorative proposte: secondo quanto dedotto dalla ricorrente non avrebbe prodotto l’elaborato grafico nuovo o modificato in riferimento alle migliorie proposte con l’offerta.
Si è costituita in giudizio ANAS s.p.a. sostenendo l’infondatezza del ricorso.
In particolare, con riferimento alla prima censura, la difesa erariale ha evidenziato come, la Locatelli, potesse, in sede di prequalifica, far valere, a fronte di una quota di partecipazione del 10%, pari a 23.528.101 €, la propria qualificazione per l’effettuazione del 20% delle lavorazioni riconducibili alla categoria OG8. Ciò in ragione della propria qualificazione nella categoria V, che copre fino a 6.197.482 e può essere incrementata di 1/5 (ai sensi dell’art. 3 commi 2 e 4 DPR 34/2000) e nella classifica V, incrementata di 1/5, con riferimento alla categoria generale principale OG4. Analogamente, la ditta Carena si è assunta il 22,22 % della categoria scorporabile OG6, dichiarando di coprirla con la propria qualificazione illimitata nella categoria prevalente e di intendere subappaltarla in fase di esecuzione (così come risulta, poi, dalla specifica dichiarazione in tal senso), per sopperire alla specifica carenza di qualificazione in fase di esecuzione.
Circa l’illegittimità della mancata esclusione dalla gara del raggruppamento controinteressato, costituito anche dalla mandante Fimet, dichiarata fallita, la difesa erariale ha richiamato l’irrilevanza di tale evento, ai sensi dell’art. 37, comma 19, del d. lgs. 163/2006, così come interpretato nella sentenza del TAR Lazio n. 805/2015, che ne ha esteso l’efficacia anche al caso in cui il fallimento sia intervenuto dopo l’aggiudicazione definitiva, ma prima della stipulazione del contratto.
Con riferimento alla censura avente ad oggetto la pretesa inefficacia della cessione del ramo d’azienda della Locatelli, quanto asserito nel ricorso sarebbe smentito in fatto: il contratto di affitto non aveva condizioni sospensive e decorreva dall’1/7/2012, data anteriore all’ammissione al concordato. Esso era corredato da una condizione risolutiva (in caso di mancato consenso dei committenti al subentro della Fimet nei contratti di appalto e subappalto in essere), che, però, non si sarebbe verificata. In ogni caso l’ammissione alla procedura di concordato, intervenuta in un momento in cui non si distingueva tra liquidatorio e con continuità, essendo la riforma in tal senso ancora di là da venire, non poteva che inserirsi in un ambito di riorganizzazione aziendale volta a consentire la continuità dell’azienda, come riconosciuto nello stesso decreto del Tribunale di Bergamo.
L’art. 51 del d. lgs. 163/2006, peraltro, non imporrebbe né termini, né condizioni e nemmeno la comunicazione formale alla stazione appaltante, affinchè si producano gli effetti della sostituzione del partecipante alla gara, con la conseguenza che, correttamente, la verifica dei requisiti è intervenuta nei confronti dell’affittuaria Fimet, a prescindere da una formale comunicazione del suo subentro, come conosciuto dalla stazione appaltante.
La quinta doglianza sarebbe infondata, in quanto timbro e firma a conferma delle correzioni apportate sarebbe stato apposto in calce, con specifico richiamo delle voci interessate di cui è stato riportato il numero: ciò nel rispetto della norma, che non imporrebbe specifiche modalità.
Inoltre, la lettera di invito, punto E.1.3 “prescrizioni per la progettazione”, richiedeva, effettivamente, al concorrente che avesse redatto un progetto di variante, di allegare l’elenco voci di prezzo integrative della lista prezzi: lista prezzi che, però, alla luce del punto G.2 del bando sarebbe stata presa in considerazione solo in caso di anomalia. Nella fattispecie tale ipotesi non si è verificata e i prezzi modificati proposti dall’R.T.I. SALC non hanno comportato in alcun modo alterazioni e/o modifiche al ribasso offerto, unico e immodificabile.
Infine, le migliorie proposte sarebbero state accuratamente descritte nella relazione tecnica, come richiesto a pagina 21 della lettera d’invito e, comunque, non avrebbero comportato la predisposizione di nuovi e diversi elaborati, la cui mancata produzione, dunque, non avrebbe potuto determinare l’esclusione dalla gara.
In data 19 novembre 2016, il raggruppamento controinteressato ha depositato un ricorso incidentale, nel quale ha dedotto i seguenti motivi di ricorso:
I) Violazione del paragrafo III.2.1 del bando: la mandante Aleandri Spa avrebbe effettuato una dichiarazione mendace, avendo omesso di dichiarare la condanna subita dall’ Arch. Rossi, rappresentante legale, nonostante già il TAR Puglia Bari, in una precedente pronuncia, avesse affermato la rilevanza del decreto penale definitivo per violazione di norme in materia di rifiuti che lo ha colpito, a prescindere dalla risalenza nel tempo e dalla conseguente riabilitazione, intervenuta, però, solo nel 2009, nonostante la domanda di preselezione fosse stata presentata nel 2007;
II) Violazione dell’art. 38 del D. Lgs. 163/2006 e dell’art. 75 del DPR 445/2000: la ditta Aleandri avrebbe dichiarato il falso laddove ha attestato il possesso dei requisiti di ammissione ex art. 38 del d. lgs. 163/2006, nonostante la condanna suddetta, pur sanzionata con un’ammenda, ma rilevante perché incidente sulla moralità, soprattutto in considerazione del fatto che l’appalto comprende anche prestazioni connesse con il trattamento delle terre e, dunque, qualificabili come rifiuti da smaltire e che il reato in questione era proprio correlato con lo smaltimento dei rifiuti;
III) Violazione della lettera F della lettera d’invito, pagine 23 e 24, in quanto per 17 voci di prezzo non sarebbero stati indicati i prezzi unitari: nel caso di lavorazioni non necessarie per effetto delle varianti progettuali proposte, la ditta avrebbe dovuto comunque indicare la quantità zero accanto al prezzo fissato dalla stazione appaltante;
IV) Le correzioni alle quantità apportate non sarebbero state puntualmente sottoscritte per la conferma, così come previsto dalle prescrizioni della lettera d’invito;
V) Violazione delle disposizioni di cui alle pagine 21 e 25 della lettera d’invito, che avrebbero imposto la produzione di una specifica analisi dei nuovi prezzi.
Contestualmente, il raggruppamento risultato aggiudicatario ha depositato anche una memoria volta a dimostrare l’infondatezza di quanto dedotto nel ricorso, assumendo una linea difensiva per molti versi assimilabile a quella della stazione appaltante.
Con particolare riferimento all’illegittimo abbandono dell’RTI della ditta Fimet, fallita, esso ha invocato il principio affermato dalla sentenza della Corte di Giustizia Europea, Sez. VI del 2 giugno 2016, causa C/27/15, secondo cui l’esclusione non può essere disposta se non per mancanza di un requisito espressamente richiesto dalla legge.
Nel caso che ci interessa, non sussisterebbe alcuna norma che imporrebbe il mantenimento dei requisiti per tutta la durata della gara (durata, nel caso di specie, sette anni), per cui l’esclusione deriverebbe da un’interpretazione giurisprudenziale e non anche da una previsione di legge. E l’esclusione sarebbe illegittima anche in considerazione del fatto che le componenti rimaste avrebbero comunque i requisiti per l’espletamento dell’appalto.
In vista della pubblica udienza, parte ricorrente ha insistito per l’accoglimento del ricorso, precisando, nella propria memoria, come la Locatelli non si fosse assunta alcuna partecipazione nella lavorazione OG4 e, dunque, a nulla rileverebbe la qualificazione in tale categoria per sopperire alla carenza di qualificazione nella categoria OG8.
Rispetto alle altre doglianze dedotte ha, quindi, riproposto le tesi di cui al ricorso.
Il raggruppamento controinteressato ha, invece, rappresentato le ragioni per cui il ricorso incidentale dovrebbe essere qualificato come paralizzante di quello della ricorrente, che, conseguentemente, dovrebbe essere ritenuto inammissibile.
Ha quindi ribadito la rilevanza della condanna penale subita dal legale rappresentante della ditta Aleandri e la mancata, corretta, indicazione dei prezzi unitari da parte del consorzio ricorrente, nonché l’infondatezza del ricorso principale. A tal fine ha sottolineato come le imprese superstiti rispetto alla fallita Fimet possedessero i requisiti per poter partecipare alla gara in proprio.
Entrambe le parti hanno, quindi, depositato memorie di repliche ripropositive delle considerazioni più sopra riportate.
Alla pubblica udienza del 26 gennaio 2017, la causa, su conforme richiesta dei procuratori della parti, è stata trattenuta in decisione.
DIRITTO
Il ricorso in esame ha ad oggetto l’aggiudicazione definitiva della gara indetta per la selezione del soggetto cui affidare la realizzazione del raccordo autostradale tra l’autostrada A4 e la Val Trompia – Tronco Ospitaletto – Sarezzo, Tratto Concesio – Sarezzo, compreso lo svincolo di Concesio. Lotto n. 1. L’avvio di tale procedimento risale al 2007, anno in cui ANAS aveva pubblicato il bando che ha indotto ricorrente e controinteressato a chiedere di essere invitati a partecipare alla procedura a evidenza pubblica, mediante presentazione della propria offerta per l’esecuzione dell’opera in questione, dichiarando, a tal fine, il possesso dei requisiti generali e speciali richiesti dalla legge e dalla lex specialis.
La stazione appaltante ha accolto favorevolmente la “candidatura” di entrambi i soggetti che, nel 2009, in esito al ricevimento dell’apposita lettera di invito, hanno, conseguentemente, presentato la loro offerta, congiuntamente ad altre undici imprese.
Per ragioni non note, in quanto non rilevanti in relazione alle questioni di cui si controverte, l’aggiudicazione provvisoria è avvenuta solo il 25 settembre 2012 ed è stata approvata l’11 febbraio 2014.
Con ordinanza 863/2014, questo Tribunale ha ordinato, nell’ambito del ricorso 1091/2014, proposto da “ICS grandi lavori” (cui è poi subentrata SALC s.p.a.), di procedere alla conclusione del procedimento di gara entro il 10 gennaio 2015: tale ordine è stato ribadito con la sentenza n. 1003 del 7 luglio 2015, che ha imposto il nuovo termine di sessanta giorni dalla comunicazione della sentenza.
ANAS, dato atto dell’impossibilità di adempiere a tale ordine a causa dell’indisponibilità finanziaria, dopo aver ottenuto l’impegno della concessionaria a sostenere gli oneri derivanti dall’appalto ha, quindi, provveduto all’adozione dell’aggiudicazione definitiva oggi contestata, previa acquisizione della disponibilità della SALC s.p.a., subentrata ad ICS, a effettuare i lavori alle stesse condizioni di cui alla originaria offerta e prendendo atto di come, il 16 aprile 2015, la SALC avesse comunicato l’estromissione dal raggruppamento della ditta Fimet, medio tempore fallita.
Così sinteticamente ricostruito il quadro fattuale della complessa vicenda, deve essere preliminarmente esaminato il ricorso incidentale, di natura paralizzante.
Con esso è stata dedotta, in primo luogo, la violazione del paragrafo III.2.1 del bando, in quanto la mandante Aleandri Spa avrebbe effettuato una dichiarazione mendace sulle condanne riportate dall’Arch. Rossi, legale rappresentante, che ha omesso di indicare la propria, risalente, condanna – con decreto penale definitivo, per violazione di norme in materia di rifiuti – al pagamento di un’ammenda, con il beneficio della non menzione, per un reato derubricato pochissimo tempo dopo e comunque prima della richiesta di invito per partecipare alla gara.
Ratione temporis, però, non si può dimenticare che la dichiarazione in cui l’arch. Rossi ha attestato di non essere stato condannato, nemmeno con pronunce che hanno accordato il beneficio della non menzione, è stata effettuata quando vigeva l’originario testo dell’art. 38 del d. lgs. 163/2006 e la giurisprudenza era ancora, in buona parte, orientata a ritenere che una condanna come quella in parola (per l’utilizzo di inerti provenienti da scavi, qualificati, nel 1999, anno della contestazione dell’illecito, come rifiuti speciali), per un reato derubricato prima della dichiarazione stessa (dalla norma che ne ha escluso la qualificazione come rifiuti, se riutilizzabili), tanto risalente nel tempo (1999) da essersi prodotto l’effetto estintivo (automatico, secondo la Cassazione) già nel 2001, avrebbe potuto essere omessa a fronte di un bando, come quello pubblicato da ANAS, che non prevedeva espressamente l’obbligo di dichiarare tutte le condanne comunque riportate, anche se prive di rilevanza. Ciò determinerebbe la fondamentale differenza con la situazione di fatto alla base dell’invocata (da parte del ricorrente incidentale) pronuncia del TAR Puglia, Bari, nella quale la posizione dell’arch. Rossi è stata valutata prendendo a riferimento un bando che, invece, esplicitava chiaramente l’obbligo di denunciare qualsiasi condanna riportata.
Nel caso in esame, dunque, si può condividere la tesi della ricorrente principale, secondo cui non sussisteva l’obbligo di dichiarare una condanna i cui effetti si erano già, di fatto, estinti (sull’automatismo dell’effetto estintivo cfr. Cons. Stato, sentenza n. 5192/2015 e TAR Lazio – Roma, n. 10937/2016) e relativa a un comportamento non più qualificabile, nel 2007, come reato.
Si deve, dunque, escludere anche la collegata violazione dell’art. 75 del DPR 445/2000, in quanto non può ritenersi, dato il bando che conteneva un generico richiamo all’art. 38, ma non un preciso obbligo di dichiarare tutte le condanne comunque riportate, che vi sia stata alcuna falsa dichiarazione rilevante ai sensi della suddetta norma, con conseguente rigetto pure della seconda censura.
In ordine alla dedotta violazione della lettera F della lettera d’invito (pagine 23 e 24), si deve rilevare come la mancata indicazione dei prezzi unitari per diciassette voci sia da imputarsi al fatto che trattasi di voci di costo non conteggiate, in quanto relative a lavorazioni che non saranno eseguite per effetto delle varianti progettuali proposte. L’offerta della Cooperativa ricorrente non contempla, dunque, tali voci di spesa, con la conseguenza che la semplice omissione dell’indicazione del loro prezzo non può determinare nessuna incertezza sull’offerta stessa: l’indicazione di un prezzo per voci con quantità zero sarebbe risultata, in concreto, priva di logica e, dunque, se non errata, quantomeno inutile. Non si ravvisa, dunque, alcuna illegittimità nel comportamento della stazione appaltante, che ha ritenuto attendibile e congrua l’offerta presentata, considerando un costo zero per le diciassette voci in questione, che non è contestato nemmeno dalla ricorrente incidentale, nella sostanza (in senso conforme, cfr. il precedente del tutto analogo di cui alla sentenza TAR Lazio, n. 952/2011).
Del resto l’ininfluenza della mancata indicazione dei prezzi in questione appare confermata alla luce delle ulteriori dichiarazioni richieste dalla lettera di invito che, nel loro complesso, confermano come l’importo complessivo dell’offerta resti fisso e invariabile, al pari dello sconto praticato.
Per quanto attiene alle correzioni alle quantità, che sarebbero state apportate senza osservare le prescrizioni della lettera d’invito, ciò risulta smentito in atti, poiché un semplice esame dell’offerta presentata mette in evidenza come, in corrispondenza di ogni voce di prezzo modificata, siano stati apposti timbro e firma a inequivocabile conferma della correzione.
Infine, anche la quinta censura non appare meritevole di positivo apprezzamento, dal momento che offerta e analisi nuovi prezzi risultano essere stati presentati secondo quanto previsto dalla stazione appaltante: non è stato fornito alcun principio di prova che la stazione appaltante non sia stata messa in condizione, così come affermato dal ricorrente incidentale, di verificare la composizione delle nuove voci di prezzo e i relativi giustificativi, laddove ciò fosse risultato necessario e che, dunque, Analisi dei prezzi e giustificativi non fossero comunque rispondenti a quanto richiesto dal bando di gara (per quanto attiene, peraltro, all’irrilevanza di un’eventuale irregolarità nella redazione di un elaborato non utilizzato ai fini della valutazione dell’anomalia dell’offerta, si veda anche infra quanto si dirà in relazione al rigetto della sesta censura del ricorso principale).
Così respinto il ricorso incidentale, si può passare all’esame di quello principale.
Rispetto ad esso non può trovare accoglimento il primo motivo di ricorso.
Nel 2007, infatti, il raggruppamento controinteressato, nell’esprimere il proprio interesse a essere invitato a partecipare alla procedura ristretta, ha, in effetti, dichiarato che le quote di qualificazione (in tali termini si esprime la manifestazione di interesse), con specifico riferimento alla categoria OG8, sarebbero state ripartite all’80 % in capo alla mandante Seas s.p.a. e al 20 % in capo alla Locatelli che, però, con riferimento alla percentuale di partecipazione al raggruppamento, aveva dichiarato di assumersi il 10 % delle lavorazioni complessive.
Ciò precisato, il raggruppamento controinteressato ha articolato la propria difesa sostenendo che le dichiarazioni preordinate alla successiva chiamata a presentare offerta non sarebbero caratterizzate da particolari formalità, non avendo una specifica rilevanza obbligatoria, specie laddove, come nel caso di specie, mandante (Carena) e mandataria (Salini), in quel momento, possedevano entrambe i requisiti per la partecipazione anche singolarmente. La tesi trova conferma nella sentenza del CGA n. 642/2015, la quale afferma, sul punto, un principio che il Collegio ritiene di poter condividere e cioè quello secondo cui le modifiche soggettive, anche in termini di quote di partecipazione al raggruppamento, sono ammissibili dopo la prequalificazione e in sede di presentazione dell’offerta, purchè non siano strumentali a garantire una qualificazione che non esisteva in capo al raggruppamento sin dall’origine. Nella sentenza citata, infatti, si è ritenuto che “pur essendo possibili modifiche soggettive tra la fase di prequalificazione e quella della gara non potesse assumere rilievo sanante l’acquisizione avvenuta per la prima volta solo in sede di offerta dei requisiti prescritti e palesemente mancanti ab origine, atteso che la mandataria mancava di qualificazione per i lavori in categoria prevalente, suddivisi tra le sole mandanti”.
Nella fattispecie in esame, come già detto, le altre due partecipanti al raggruppamento avrebbero potuto assumere in proprio la lavorazione, forti della loro qualificazione nella categoria principale, prevedendone il subappalto a soggetto qualificato e, quindi, al riparto delle lavorazioni tra i partecipanti può essere riconosciuto un rilievo del tutto relativo, non preclusivo della sua modificazione nella successiva fase di presentazione dell’offerta.
La conformità all’ordinamento di tale principio trova riscontro anche nella sentenza del Consiglio di Stato, Sez. V, 8 settembre 2010, n. 6490, in cui si è affermato che in sede di prequalificazione non sussiste la necessità di conoscere come sarà ripartita l’esecuzione dei lavori tra i partecipanti al raggruppamento (tant’è che il bando non imponeva di indicare la ripartizione interna delle lavorazioni), in quanto l’Amministrazione non esamina, in tale fase, il progetto offerto, ma si limita soltanto a verificare se il soggetto che chiede l’ammissione ha i relativi requisiti: requisiti che, nella fattispecie erano posseduti grazie alla qualificazione illimitata nella categoria prevalente di ben due delle ditte partecipanti al raggruppamento.
Nella successiva fase di presentazione dell’offerta, sono state puntualmente indicate le quote assunte da ciascuna impresa partecipante al raggruppamento nella sua formazione definitiva e, in tale occasione, la ditta Locatelli ha dichiarato di assumersi solo il 10 % della lavorazione nella categoria OG8, per un importo di (Euro 5.552.792), ampiamente coperto dalla classifica posseduta (la V, per importi fino a euro 6.197.482,80).
Ciò vale a escludere anche l’ulteriore aspetto della non veridicità delle dichiarazioni prodotte nel 2009 e, dunque, al rigetto della prima censura, dal momento che, nel 2009, la ditta Locatelli era regolarmente qualificata per eseguire le lavorazioni che si era impegnata ad effettuare.
Per ragioni di diritto in parte coincidenti, anche la seconda censura, avente a oggetto la mancanza di qualificazione della ditta Carena rispetto alla dichiarazione di eseguire il 22,22 % della lavorazione OG6, non può trovare positivo apprezzamento. Come chiarito nella difesa dell’R.T.I. controinteressato, con riferimento alla categoria OG6, la Carena ha speso il requisito posseduto nella categoria prevalente premurandosi poi, in sede di offerta, di dichiarare che la lavorazione in questione, scorporabile, sarebbe stata subappaltata a terzi, come previsto dall’art. 30 del D.P.R. 34/2000 e dagli artt. 73 e 74 del D.P.R. 554/99.
Non è ravvisabile, dunque, alcuna violazione di legge, risultando rispettate le prescrizioni imposte con riferimento all’assunzione delle lavorazioni scorporabili.
Si può, quindi, passare all’esame della terza censura, incentrata sull’impossibilità dell’aggiudicazione definitiva della gara al raggruppamento che ha presentato l’offerta giudicata migliore, che la ricorrente principale vorrebbe far discendere dal sopravvenuto, dopo l’aggiudicazione provvisoria, fallimento della mandante Fimet.
Invero, l’articolo 38, comma 1, lettera a) del decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163 stabilisce che “sono esclusi dalla partecipazione alle procedure di affidamento delle concessioni e degli appalti di lavori, forniture e servizi, né possono essere affidatari di subappalti, e non possono stipulare i relativi contratti i soggetti: a) che si trovano in stato di fallimento, di liquidazione coatta, di concordato preventivo, salvo il caso di cui all’articolo 186-bis del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267, o nei cui riguardi sia in corso un procedimento per la dichiarazione di una di tali situazioni”.
È indiscusso, dunque, che, come recentemente affermato dal TAR Lazio nella sentenza n. 4682/2016, il fallimento di una delle imprese componenti uno dei raggruppamenti partecipanti, prima dell’aggiudicazione definitiva, ne determina l’esclusione, dal momento che “con un onere di diligenza ben possibile, il raggruppamento avrebbe potuto per tempo rendersi conto in proprio che una delle società del gruppo era portatrice di irregolarità suscettibili di riflettersi negativamente sull’intero gruppo, nell’ambito della procedura selettiva alla quale esso aveva deciso di partecipare.”.
Nel caso in esame, ciò è prontamente accaduto, tant’è che l’RTI SALC ha comunicato l’estromissione della mandante fallita, con la conseguenza che l’aggiudicazione non è avvenuta nei confronti di un soggetto composto anche da un’impresa dichiarata fallita.
Non si può, dunque, ravvisare alcuna violazione dell’art. 38 del codice dei contratti pubblici.
Ciò di cui si controverte è, invece, l’effetto, in una siffatta fattispecie, dell’applicazione del principio dell’immodificabilità soggettiva dei partecipanti durante la gara, indispensabile per una valutazione oggettiva sia dell’offerta, sia dell’affidabilità del contraente, presupposto necessario per un sano e trasparente confronto concorrenziale tra le imprese partecipanti. Va infatti rimarcato che la scelta del contraente nelle procedure di gara non ha per oggetto esclusivamente l’offerta, ma anche i requisiti oggettivi e soggettivi del contraente, in un’ottica di selezione non solo dell’offerta migliore ma anche del contraente più affidabile.
La norma di riferimento, a tale proposito, è l’art. 37 del d. lgs. 163/2006 (rubricato “Raggruppamenti temporanei e consorzi ordinari di concorrenti”), che, per quanto di interesse, così recita: “6. Nel caso di lavori, per i raggruppamenti temporanei di tipo verticale i requisiti di cui all’articolo 40, sempre che siano frazionabili, devono essere posseduti dal mandatario per i lavori della categoria prevalente e per il relativo importo; per i lavori scorporati ciascun mandante deve possedere i requisiti previsti per l’importo della categoria dei lavori che intende assumere e nella misura indicata per il concorrente singolo. I lavori riconducibili alla categoria prevalente ovvero alle categorie scorporate possono essere assunti anche da imprenditori riuniti in raggruppamento temporaneo di tipo orizzontale….omissis… 9. E’ vietata l’associazione in partecipazione. Salvo quanto disposto ai commi 18 e 19, è vietata qualsiasi modificazione alla composizione dei raggruppamenti temporanei e dei consorzi ordinari di concorrenti rispetto a quella risultante dall’impegno presentato in sede di offerta….omissis…18. In caso di fallimento del mandatario ovvero, qualora si tratti di imprenditore individuale, in caso di morte, interdizione, inabilitazione o fallimento del medesimo ovvero nei casi previsti dalla normativa antimafia, la stazione appaltante può proseguire il rapporto di appalto con altro operatore economico che sia costituito mandatario nei modi previsti dal presente codice purché abbia i requisiti di qualificazione adeguati ai lavori o servizi o forniture ancora da eseguire; non sussistendo tali condizioni la stazione appaltante può recedere dall’appalto. 19. In caso di fallimento di uno dei mandanti ovvero, qualora si tratti di imprenditore individuale, in caso di morte, interdizione, inabilitazione o fallimento del medesimo ovvero nei casi previsti dalla normativa antimafia, il mandatario, ove non indichi altro operatore economico subentrante che sia in possesso dei prescritti requisiti di idoneità, è tenuto alla esecuzione, direttamente o a mezzo degli altri mandanti, purché questi abbiano i requisiti di qualificazione adeguati ai lavori o servizi o forniture ancora da eseguire.”.
Il comma 9 ora riportato afferma, dunque, il principio dell’immodificabilità della composizione del raggruppamento, al fine di garantire una conoscenza piena da parte delle amministrazioni aggiudicatrici dei soggetti che intendono contrarre con le amministrazioni stesse, consentendo una verifica preliminare e compiuta dei requisiti di idoneità morale, tecnico-organizzativa ed economico-finanziaria dei concorrenti: verifica che, si legge in molte sentenze, non deve essere resa vana in corso di gara con modificazioni di alcun genere (cfr. sul punto, da ultimo, Consiglio di Stato, Sez. V, 7 aprile 2006 n. 1903 e 30 agosto 2006 n. 5081 e TAR Catanzaro, 406/2016).
Invero, ancor più rigido dovrebbe essere il principio nel caso di intervenuta sottoscrizione del contratto, in quanto si determinerebbe una modificazione soggettiva del contraente incompatibile con i principi generali in materia di obbligazioni contrattuali. Per tale fattispecie, però, il legislatore ha appositamente previsto un’eccezione, ammettendo, a determinate condizioni, la possibilità della sostituzione del contraente fallito o della continuazione del contratto con i/il componenti/e del raggruppamento che possiedano i requisiti richiesti in relazione all’opera da realizzare.
Secondo il raggruppamento controinteressato, tale possibilità sarebbe estensibile anche all’ipotesi del fallimento e, dunque, dell’espulsione di una società parte del raggruppamento nella fase intercorrente tra aggiudicazione provvisoria e definitiva, nella quale, invece, il principio generale dovrebbe essere quello secondo il quale il verificarsi di tale evenienza dovrebbe indurre ad escludere dalla gara l’intero raggruppamento. L’applicazione del suddetto principio risulta piuttosto agevole quando la modificazione intervenga prima dell’aggiudicazione provvisoria, ovvero nell’ordinario lasso di tempo intercorrente tra l’aggiudicazione provvisoria e quella definitiva dovuto agli adempimenti imposti dalla vigente normativa , ma induce talune perplessità non solo quando sia già intervenuta l’aggiudicazione definitiva (fattispecie che ha formato oggetto della sentenza TAR Lazio n. 805/2015, che ha ammesso la stipula del contratto con lo stesso raggruppamento rimasto privo della mandante fallita, ma comunque in possesso dei requisiti per garantire la corretta esecuzione dell’appalto), ma anche nel caso in cui, come in quello in esame, l’offerta sia stata presentata nel 2009, l’aggiudicazione provvisoria sia intervenuta nel 2012, la sua approvazione nel 2014 e l’aggiudicazione definitiva nel 2016.
A prescindere dalla considerazione che una conclusione della procedura d’appalto nei tempi ordinari avrebbe, forse, evitato il fallimento della mandante, il convincimento che l’assenza di modifiche nella composizione del raggruppamento sia garanzia del permanere di quel giudizio di affidabilità del contraente scaturito dagli accertamenti compiuti in sede di valutazione dell’ammissibilità delle offerte, sulla scorta di dichiarazioni risalenti di anni, perde molto del suo fondamento a fronte di una tale dilatazione delle tempistiche di gara.
Del resto, il ricorso non censura il fatto che siano intervenute delle modificazioni nella composizione del raggruppamento tra la presentazione della domanda e l’aggiudicazione. In particolare, per quanto riguarda il raggruppamento aggiudicatario, la ditta Claudio Salimi s.p.a. si è trasformata in SALC e la Geom. Locatelli Lavori spa, ha ceduto il ramo d’azienda alla Fimet spa (per cui l’unico soggetto rimasto immutato è la Carena s.p.a.), ma parte ricorrente non contesta il fatto in sé stesso, bensì l’illegittima presa d’atto del subentro della Fimet, che non sarebbe stato regolarmente né perfezionato, nè comunicato (vedi la censura n. 4 e, al punto successivo, il suo superamento) e l’illegittima mancata espulsione del raggruppamento dopo il fallimento della stessa Fimet.
Questo giudice non è, dunque, chiamato a pronunciarsi sull’ammissibilità, in generale, di una modificazione della compagine dei concorrenti raggruppati tra la presentazione dell’offerta e l’aggiudicazione della gara, pena la violazione del principio della corrispondenza tra chiesto e pronunciato, ma sulla conformità all’ordinamento della scelta di consentire al raggruppamento in questione di continuare a prendere parte alla gara e ottenere l’aggiudicazione dopo aver espulso dallo stesso una delle mandanti, a causa della sua dichiarazione di fallimento.
Così delimitato l’oggetto del contendere, si deve evidenziare come la fattispecie in esame sia caratterizzata dalle seguenti particolarità:
– il procedimento di aggiudicazione ha avuto una durata al di fuori di ogni ragionevolezza e i mutamenti come quelli evidenziati nel caso di specie, nelle società che costituiscono i raggruppamenti partecipanti alla gara, debbono ritenersi fisiologici, specie in anni di crisi economica come quelli trascorsi dalla presentazione dell’offerta;
– non è stata disposta la sostituzione di uno dei componenti il raggruppamento, ma solo la sua esclusione dallo stesso, con la conseguenza che alla stazione appaltante non è stato richiesto di procedere a una nuova verifica dei requisiti posseduti dal raggruppamento, dal momento che era già in atti tutta la documentazione comprovante come gli altri due soggetti componenti fossero in possesso, da soli, dei requisiti richiesti per l’esecuzione dell’intero appalto: l’espulsione della ditta fallita, quindi, non ha inciso negativamente sul possesso dei requisiti soggettivi in capo al raggruppamento. La possibilità di un tale mutamento “interno” è stata ritenuta legittima nella sentenza del Consiglio di Stato, sez. VI, 13 maggio 2009 n. 2964, nella quale si chiarisce che “il divieto di modificazione soggettiva non ha l’obiettivo di precludere sempre e comunque il recesso dal raggruppamento in costanza di procedura di gara. Il rigore di detta disposizione va, infatti, temperato in ragione dello scopo che persegue, che è quello di consentire alla stazione appaltante, in primo luogo, di verificare il possesso dei requisiti da parte dei soggetti che partecipano alla gara e, correlativamente, di precludere modificazioni soggettive, sopraggiunte ai controlli, e dunque, in grado di impedire le suddette verifiche preliminari. Tale essendo, dunque, la funzione di detta disposizione è evidente come le uniche modifiche soggettive elusive del dettato legislativo siano quelle che portano all’aggiunta o alla sostituzione delle imprese partecipanti e non anche quelle che conducono al recesso di una delle imprese del raggruppamento, in tal caso, infatti, le esigenze succitate non risultano affatto frustrate poiché l’amministrazione, al momento del mutamento soggettivo, ha già provveduto a verificare i requisiti di capacità e di moralità dell’impresa o delle imprese che restano, sicché i rischi che il divieto mira ad impedire non possono verificarsi” (orientamento confermato nella sentenza del Consiglio di Stato, sez. VI, 16 febbraio 2010 n. 842 e sez. V, 10 settembre 2010 n. 6546; sez. IV, 6 luglio 2010 n. 4332). Tale interpretazione non penalizza la stazione appaltante, non creando incertezze, né le imprese “le cui dinamiche non di rado impongono modificazioni soggettive di consorzi e raggruppamenti, per ragioni che prescindono dalla singola gara, e che non possono precluderne la partecipazione se nessun nocumento ne deriva per la stazione appaltante”.
Le sopra riportate conclusioni si attagliano perfettamente alla fattispecie in esame, tenuto conto che , nella sostanza, ancorché sia venuto meno uno dei partecipanti al raggruppamento, non può dirsi intervenuto un vero e proprio cambiamento del soggetto partecipante alla gara, quantomeno perché non possono dirsi venute meno le garanzie di affidabilità dello stesso verificate in sede di ammissione alla gara, dal momento che mandante rimasta e mandataria possiedono da sole i requisiti richiesti. Risulta rispettata, quindi, la ratio della norma.
Dato, dunque, l’interesse pubblico primario a che il procedimento di gara porti a concludere il contratto per l’affidamento dell’appalto a colui che, offrendo le garanzie di essere in grado di eseguirlo, abbia anche formulato la miglior offerta, lo stesso risulta comunque realizzato, dal momento che il raggruppamento, pur avendo perso uno dei suoi componenti, non ha, però, perduto il possesso dei requisiti richiesti dalla lex specialis e non può, pertanto, essere revocata in dubbio la complessiva serietà dell’impresa partecipante, considerato anche il lungo lasso di tempo intercorso dalla formulazione dell’offerta che, diversamente, finirebbe per incidere negativamente sulla libertà di organizzazione delle imprese.
Nel contempo è garantito anche il rispetto non solo del principio comunitario che tende ad assicurare la maggiore partecipazione possibile, ma anche di quello che tutela la par condicio tra i concorrenti (dal momento che, anche in questo caso, come in quello di cui alla sentenza del Consiglio di Stato sez. VI, n. 841/2010, cit. “non si tratta di introdurre nuovi soggetti in corsa, ma solo di consentire a taluno degli associati o consorziati il recesso, mediante utilizzo dei requisiti dei soggetti residui, già comunque posseduti”) e dell’efficienza ed efficacia dell’azione amministrativa, i quali ultimi risulterebbe ulteriormente frustrati da un nuovo arresto del procedimento di aggiudicazione.
Arresto a fronte del quale non sarebbe possibile frapporre il perseguimento di alcun diverso interesse pubblico sostanziale.
L’affidamento dell’appalto al raggruppamento controinteressato, nella sua composizione ridotta, non risulta, dunque, lesivo di alcun interesse pubblico.
Peraltro, nella quarta censura, si deducono ancora la violazione degli artt. 38 e 51 del D. Lgs. 163/2006 e l’inosservanza della lex specialis, per effetto della mancata esclusione dell’RTI risultato aggiudicatario che avrebbe perso il requisito richiesto dall’art. 38, comma 1, lett. a) del D. Lgs. 163/2006 a causa dell’ammissione a concordato della ditta Geom. Locatelli Lavori Spa, originaria mandante. Il 4 luglio 2012, infatti, tale impresa ha chiesto l’ammissione al concordato preventivo (secondo parte ricorrente da qualificarsi come liquidatorio), che è stata disposta il 7 luglio 2012. Prima di tale momento, però, il 29 giugno 2012, è intervenuta la stipula del contratto di affitto del ramo d’azienda con la ditta FIMET. Contrariamente a quanto sostenuto da parte ricorrente, tale contratto non è stato sottoposto alla condizione sospensiva rappresentata dall’ammissione della ditta Locatelli al concordato con continuità, che, al tempo, nemmeno era previsto dalla norma, bensì alla condizione risolutiva per cui il contratto si sarebbe risolto nel caso in cui fosse mancato il consenso dei committenti al subentro della Fimet nei contratti di appalto e subappalto in essere. Il consenso è stato, invece, prestato e la stazione appaltante, a prescindere dalla formale comunicazione ai sensi dell’art. 51 del d. lgs. 163/2006, ha provveduto alla verifica dei requisiti in capo alla cessionaria, del cui subentro essa è venuta comunque a conoscenza nell’agosto del 2012.
Anche con riferimento a tale profilo non può, dunque, ravvisarsi alcuna violazione dell’art. 38 del d. lgs. 163/2006.
Con la quinta censura si sostiene che il raggruppamento SALC non avrebbe accettato in modo esplicito e conforme alla lex specialis tutte le correzioni apportate alle quantità di cui alla lista delle lavorazioni, essendosi limitata ad apporre, a margine della lista, un timbro riportante la frase “sono confermate le seguenti correzioni”, seguito dall’indicazione di una serie di numeri progressivi.
Il Collegio ritiene, però, che tale modalità sia ammissibile, dal momento che non residua alcun margine di incertezza circa la reale volontà di confermare le correzioni apportate.
Precisato che l’apposizione del timbro e della firma in corrispondenza delle correzioni era espressamente previsto dalla lex specialis solo con riferimento ai prezzi unitari, la prescrizione secondo cui, in relazione alla quantità, la “correzione dovrà essere espressamente confermata e sottoscritta dal concorrente stesso”, ben può ritenersi rispettata anche mediante il ricorso alla tecnica adottata dall’R.T.I. SALC. Nessun dubbio può sussistere su quali siano le correzioni confermate, dal momento che l’individuazione di esse mediante il richiamo del numero apposto a ciascuna di esse non lascia spazio ad alcuna possibile incertezza.
Del resto la metodologia non è nuova all’ordinamento, basti pensare alle modalità della ben più onerosa accettazione espressa delle singole clausole vessatorie apposte nei contratti, che avviene con una tecnica del tutto equiparabile a quella in esame.
Il principio di certezza dell’offerta che sottende alla prescrizione risulta, quindi, ben rispettato anche nel caso in esame.
Nella sesta censura si contesta la contraddittorietà tra i dati economici (prezzi unitari) riportati nelle “Analisi nuovi prezzi” ed i prezzi unitari inseriti nella “Lista prezzi”, la quale renderebbe incerta l’offerta economica di SALC.
Sul punto appare convincente la tesi dell’Amministrazione resistente, che prende le mosse dalla considerazione che la Lista Nuovi Prezzi sarebbe stata presa in considerazione solamente in caso di anomalia o di ribasso che avesse indotto la Commissione a procedere con le opportune verifiche ai sensi dell’art. 86 co. 3 D.L.vo 163/2006. A prescindere dal fatto che l’ipotesi non si è verificata e, dunque, non si è proceduto all’analisi dei prezzi, ciò che è determinante è che, comunque, i prezzi modificati dal R.T.I., contenuti nella Lista Nuovi Prezzi, non hanno comportato in alcun modo alterazioni e/o modifiche al ribasso offerto, unico, immodificabile e intangibile.
Come efficacemente chiarito da SALC, l’Analisi nuovi prezzi è stata svolta, in conformità alla lex specialis, al lordo del ribasso offerto, trattandosi a tutti gli effetti di documentazione integrativa degli elaborati progettuali. Ciò ha determinato la differenza di importo tra l’analisi di un prezzo (presupponente anche le spese generali al 13 % e l’utile di legge al 10 %) e il prezzo netto riportato nella lista prezzi.
Peraltro, nella lettera di invito era previsto, al punto E.I.3 “Prescrizioni per la progettazione” che il concorrente, ove fosse stato redatto un progetto di variante, avrebbe dovuto allegare, oltre al computo metrico di raffronto elaborato per l’intera opera, anche “l’elenco delle voci di prezzo integrative della Lista Prezzi, contenente per ciascuna voce la descrizione della lavorazione con il richiamo alla corrispondente voce dell’Elenco Prezzi di ANAS, ovvero, per il caso di Nuovi Prezzi, il richiamo alla corrispondente analisi. Mentre, in base alla prescrizione del punto G.2 “Procedimento di verifica delle giustificazioni ed esclusione delle offerte anormalmente basse”, la giustificazione del ribasso doveva, così come è stato, essere inserita in altra busta (la n. 4 – giustificazioni).
Nella fattispecie non risulta documentata alcuna incongruenza, né alcuna incertezza o incoerenza nell’indicazione dell’offerta che la stazione appaltante ha potuto regolarmente apprezzare e, non essendo risultata anomala, non è stata assoggettata alla relativa verifica, senza che ciò possa aver configurato alcuna violazione di legge (in tal senso, cfr. TAR Lazio, n. 4934/2012).
Con l’ultima censura la ricorrente ha lamentato l’indeterminatezza della proposta contrattuale del raggruppamento aggiudicatario, quale conseguenza del mancato rispetto delle modalità imposte per la rappresentazione delle varianti migliorative proposte.
Nel caso di specie, però, le migliorie introdotte dall’aggiudicatario hanno riguardato la sostituzione di materiali, senza incidere sulla strutturazione degli impianti tecnologici e, nel rispetto di quanto previsto dalla lettera di invito, sono state, dunque, dettagliatamente descritte nella relazione tecnica, ma non hanno formato oggetto dell’elaborazione di nuovi schemi grafici, non necessari rispetto ad esse, con la conseguenza che non può ravvisarsi alcuna incompletezza dell’offerta.
Così rigettato anche il ricorso principale, le spese del giudizio debbono trovare compensazione tra tutte le parti in causa, attesa la reciproca soccombenza tra le concorrenti e la natura interpretativa delle questioni dedotte.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia sezione staccata di Brescia (Sezione Seconda), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto:
– respinge il ricorso incidentale;
– respinge il ricorso principale;
– dispone la compensazione delle spese del giudizio.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Brescia nella camera di consiglio del giorno 26 gennaio 2017 con l’intervento dei magistrati:
Alessandra Farina, Presidente
Mara Bertagnolli, Consigliere, Estensore
Alessio Falferi, Primo Referendario
L’ESTENSORE | IL PRESIDENTE | |
Mara Bertagnolli | Alessandra Farina | |
IL SEGRETARIO