Il Consiglio di Stato, Sez. V, con la sentenza n. 777 del 21 febbraio 2017, si è pronunciato sulla sussistenza del potere del G.A. di decidere su questioni riguardanti il DURC rilasciato dell’INPS, importanti ai fini della gara.
Come statuito dal Collegio, “deve osservarsi che l’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato, con sentenza 25 maggio 2016, n. 10, ha ritenuto rientrare nella cognizione del giudice amministrativo, adito per la definizione di una controversia avente ad oggetto l’aggiudicazione di un appalto pubblico, l’accertamento circa la regolarità del DURC, quale atto interno della fase procedimentale di verifica dei requisiti di ammissione dichiarati dal partecipante ad una gara”.
L’operatore privato può impugnare le determinazioni cui è pervenuta l’amministrazione appaltante, una volta effettuata la verifica della regolarità contributiva, sollevando profili di eccesso di potere per erroneità dei presupposti, sempre in caso di determinazioni derivanti dalla conclusione dell’attività valutativa.
Si legge ancora dalla sentenza: “L’ambito della cognizione del giudice amministrativo, in effetti, concerne l’attività provvedimentale successiva e consequenziale alla produzione del DURC da parte dell’ente previdenziale: l’operatore privato, nel giudizio instaurato dinanzi all’autorità giudiziaria amministrativa, non censura direttamente l’erroneità del contenuto del DURC, ma le statuizioni successive della stazione appaltante, derivanti dalla supposta erroneità del DURC”.
Si riporta di seguito il testo della sentenza.
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Pubblicato il 21/02/2017
N. 00777/2017 REG.PROV.COLL.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Quinta)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso iscritto in appello al numero di registro generale 4126 del 2016, proposto da:
F.lli Zallocco s.r.l., in proprio ed in qualità di mandataria del costituendo RTI con Autodemolizioni Andreozzi Srl, Autocarrozzeria Cupelli Roberto, Basso Sergio in persona del titolare, Virgili Marcello & C Snc e Autocarrozzeria Marziali di Marziali Alberto e Franco Snc, in persona dei legali rappresentanti pro tempore, rappresentati e difesi dagli avvocati Luca Ceccaroli C.F. CCCLCU68B19A944X, Augusto Bonazzi C.F. BNZGST69L02A944K e Silvia Nicodemo C.F. NCDSLV70M63A944Y, con domicilio eletto presso lo Studio Placidi S.N.C. in Roma, via Cosseria, n. 2;
contro
Ministero dell’Interno – Agenzia del Demanio, in persona del Presidente pro tempore, rappresentati e difesi dall’Avvocatura Generale dello Stato, presso i cui uffici sono domiciliati per legge in Roma, via dei Portoghesi, n. 12;
nei confronti di
Agenzia delle Entrate, in persona del Presidente pro tempore, rappresentata e difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato, presso i cui uffici è domiciliata in Roma, via dei Portoghesi, n.12;
INPS – Istituto Nazionale della Previdenza Sociale, in persona del Presidente pro tempore, rappresentato e difeso per legge dagli avvocati Antonino Sgroi C.F. SGRNNN60D29C351B, Lelio Maritato C.F. MRTLLE64B22D390K, Carla D’Aloisio C.F. DLSCRL71H57G482G, Emanuele De Rose C.F. DRSMNL70L12H501W, Giuseppe Matano C.F. MTNGPP58C28H501S e Ester Sciplino C.F. SCPSRD66S47E974L, domiciliata in Roma, via Cesare Beccaria, n. 29;
per la riforma
della sentenza del T.A.R. LAZIO – ROMA: SEZIONE I TER n. 02019/2016, resa tra le parti, concernente l’affidamento del servizio di recupero, custodia e acquisto dei veicoli oggetto dei provvedimento di sequestro amministrativo fermo o confisca – parziale difetto di giurisdizione.
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio del Ministero dell’Interno – Agenzia del Demanio, dell’Agenzia delle Entrate e dell’INPS – Istituto Nazionale della Previdenza Sociale;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 12 gennaio 2017 il Cons. Paolo Giovanni Nicolò Lotti e uditi per le parti gli avvocati Luigi D’Ambrosio, su delega dell’avv. Bonazzi, Antonino Sgroi e dello Stato Bruno Dettori;
Ritenuto in fatto e considerato in diritto quanto segue.
FATTO
Il Tribunale amministrativo regionale per il Lazio, sez. I-ter, con la sentenza 15 febbraio 2016, n. 2019, ha in parte dichiarato inammissibile per difetto di giurisdizione ed in parte ha ritenuto infondato il ricorso proposto dall’attuale appellante per l’annullamento del provvedimento del Ministero dell’Interno e dell’Agenzia delle Entrate del 02.07.15 di esclusione dalla gara per l’affidamento, per ambiti territoriali provinciali, del servizio di recupero, custodia e acquisto dei veicoli oggetto dei provvedimenti di sequestro amministrativo fermo o confisca, ai sensi dell’art. 214-bis d.lgs. n. 285-1992 (ambito provinciale di Fermo, lotto 24).
Il TAR ha rilevato in particolare che:
– il provvedimento di esclusione per irregolarità del DURC si configura quale atto dovuto, senza che sia possibile valutazione discrezionale da parte della stazione appaltante ovvero necessaria l’instaurazione di un contraddittorio con il candidato;
– parte ricorrente ha contestato il contenuto del DURC, senza peraltro farne oggetto di specifica impugnazione col gravame;
– le relative censure devono ritenersi inammissibili per difetto di giurisdizione a conoscerle da parte del G.A.;
– le censure rivolte nei confronti del provvedimento di incameramento della cauzione sono infondate, trattandosi di una conseguenza automatica del provvedimento di esclusione per accertato difetto dei requisiti generali.
L’appellante ha chiesto la riforma di tale sentenza, deducendo l’erronea applicazione dell’art. 35, comma 1, d.lgs. n. 104-2010 e l’erroneo presupposto di fatto e di diritto e riproponendo, quindi, i motivi del ricorso di primo grado non esaminati.
Si sono costituiti in giudizio il Ministero dell’Interno, l’Agenzia del Demanio, l’Agenzia delle Entrate e l’INPS, chiedendo la reiezione dell’appello.
All’udienza pubblica del 12 gennaio 2017 la causa è stata trattenuta in decisione.
DIRITTO
1. Deve osservarsi che l’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato, con sentenza 25 maggio 2016, n. 10, ha ritenuto rientrare nella cognizione del giudice amministrativo, adito per la definizione di una controversia avente ad oggetto l’aggiudicazione di un appalto pubblico, l’accertamento circa la regolarità del DURC, quale atto interno della fase procedimentale di verifica dei requisiti di ammissione dichiarati dal partecipante ad una gara.
Nelle controversie in materia di contratti pubblici, in effetti, il DURC viene in rilievo non in via principale, ma in qualità di presupposto di legittimità di un provvedimento amministrativo adottato dalla stazione appaltante.
Infatti, non è revocabile in dubbio la natura di dichiarazione di scienza attribuibile al DURC, che si colloca fra gli atti di certificazione o di attestazione facenti prova fino a querela di falso. Ciò non è ostativo all’esame, da parte del giudice amministrativo, della regolarità delle risultanze della documentazione prodotta dall’ente previdenziale in un giudizio avente ad oggetto l’affidamento di un contratto pubblico di lavori, servizi o forniture.
A ben vedere, l’operatore privato può impugnare le determinazioni cui è giunta la stazione appaltante, all’esito dell’accertamento sulla regolarità contributiva, sollevando profili di eccesso di potere per erroneità dei presupposti, qualora contesti le determinazioni derivanti dall’esito dell’attività valutativa. Questa conclusione, affermata da una recente giurisprudenza di questo Consiglio di Stato (sentenza, Sez. V, 16 febbraio 2015, n. 781), è giustificata dalla possibilità, per il giudice amministrativo, di compiere un accertamento puramente incidentale, ai sensi dell’art. 8 c.p.a., sulla regolarità del rapporto previdenziale: ciò implica che le statuizioni, adottate sul punto, hanno efficacia esclusivamente in relazione alla controversia concernente gli atti di gara e non esplicano i loro effetti nei rapporti fra l’ente previdenziale e l’operatore coinvolto.
L’ambito della cognizione del giudice amministrativo, in effetti, concerne l’attività provvedimentale successiva e consequenziale alla produzione del DURC da parte dell’ente previdenziale: l’operatore privato, nel giudizio instaurato dinanzi all’autorità giudiziaria amministrativa, non censura direttamente l’erroneità del contenuto del DURC, ma le statuizioni successive della stazione appaltante, derivanti dalla supposta erroneità del DURC.
Per tale ragione ed in un’ottica di effettività della tutela, risulta doverosa la concentrazione della verifica circa la regolarità della documentazione contributiva, ancorché effettuata in via incidentale, in capo ad un’unica autorità giudiziaria: il diritto di difesa verrebbe, in effetti, leso se si costringesse il privato a contestare, dinanzi al giudice ordinario, la regolarità del DURC e, successivamente, dopo aver ottenuto l’accertamento dell’errore compiuto dall’ente previdenziale, la illegittimità delle determinazioni della stazione appaltante dinanzi al giudice amministrativo. Un iter processuale di tal genere risulterebbe eccessivamente gravoso per il privato ed incompatibile con la celerità che il legislatore ha imposto per il rito degli appalti nel c.p.a.: l’attesa di una decisione sulla regolarità della posizione previdenziale, non permetterebbe di impugnare entro i termini di cui agli artt. 120 e ss. c.p.a., i provvedimenti adottati dalla stazione appaltante in relazione alla procedura di evidenza pubblica di riferimento.
Ciò non impedisce all’operatore privato di impugnare autonomamente il DURC con gli ordinari strumenti predisposti dall’ordinamento: in tal caso, tuttavia, ci si troverebbe al di fuori della cognizione del giudice amministrativo, per il dirimente motivo che una tale controversia concernerebbe il rapporto obbligatorio che lega l’operatore privato all’ente previdenziale e non le decisioni della stazione appaltante.
2. Ciò premesso, occorre rilevare che nel caso di specie, parte ricorrente ha contestato il contenuto del DURC e su tale contestazione il giudice amministrativo deve pronunciarsi in via incidentale ex art. 8 c.p.a., con la conseguenza che le relative censure devono ritenersi ammissibili.
L’appello deve essere pertanto accolto e, per l’effetto, deve essere annullata la sentenza del TAR che ha dichiarato l’inammissibilità del ricorso per difetto di giurisdizione a conoscerle da parte del G.A., con rinvio della causa al TAR medesimo ex art. 105, comma 1, c.p.a.
Le spese di lite del presente grado di giudizio possono essere compensate sussistendo giusti motivi.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quinta), definitivamente pronunciando sull’appello, come in epigrafe proposto, lo accoglie e, per l’effetto, annulla la sentenza impugnata, con rinvio della causa al TAR ex art. 105, comma 1, c.p.a.
Compensa le spese del presente grado di giudizio.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 12 gennaio 2017 con l’intervento dei magistrati:
Carlo Saltelli, Presidente
Claudio Contessa, Consigliere
Paolo Giovanni Nicolo’ Lotti, Consigliere, Estensore
Fabio Franconiero, Consigliere
Raffaele Prosperi, Consigliere
L’ESTENSORE | IL PRESIDENTE | |
Paolo Giovanni Nicolo’ Lotti | Carlo Saltelli | |
IL SEGRETARIO