Il TAR Campania – Napoli, Sez. IV, con la sentenza n. 1438 del 13 marzo 2017, si è pronunciato sulla legittimità di un’ordinanza di demolizione di un’opera abusiva emessa senza che prima fosse valutata l’istanza di condono edilizio presentata per l’opera stessa.
Secondo i giudici del TAR partenopeo, “ogni procedimento sanzionatorio in materia edilizia deve restare sospeso, qualora risulti presentata istanza di concessione in sanatoria fino alla definizione di detta istanza da parte del Comune, al quale il giudice non può in ogni caso sostituirsi, nemmeno per una valutazione in via incidentale della eventuale condonabilità delle opere di cui si tratta”.
Pertanto, il principio che emerge da detta sentenza è che l’Amministrazione comunale ha il dovere di pronunciarsi in ogni caso, in via preventiva, sull’istanza di condono, anche se questa non è astrattamente accoglibile.
Serve, infine, un provvedimento espresso e specifico riguardo alla fondatezza della domanda di sanatoria e poi può definitivamente pronunciarsi per irrogare o meno la sanzione della demolizione, nel rispetto dei principi di lealtà, coerenza, efficienza ed economicità dell’azione amministrativa, i quali impongono la previa definizione del procedimento di condono prima di assumere iniziative potenzialmente pregiudizievoli per lo stesso esito della sanatoria edilizia.
Si riporta di seguito il testo della sentenza.
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Pubblicato il 13/03/2017
N. 01438/2017 REG.PROV.COLL.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania
(Sezione Quarta)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 4522 del 2005, proposto da Cirino Pomicino Cristiano, rappresentato e difeso dall’avvocato Tammaro Chiacchio, con domicilio eletto presso il suo studio in Napoli, via dei Mille, 74;
contro
Comune di Napoli, in persona del legale rappresentante p.t., rappresentato e difeso dagli avvocati Bruno Ricci, Giuseppe Tarallo, Annalisa Cuomo, Antonio Andreottola, Barbara Accattatis Chalons D’Oranges, Eleonora Carpentieri, Anna Ivana Furnari, Giacomo Pizza, Anna Pulcini, Gabriele Romano, Bruno Crimaldi, domiciliato in Napoli, piazza Municipio, palazzo S. Giacomo presso l’Avvocatura Municipale;
per l’annullamento
dell’ordinanza di demolizione n. 233 del 04/03/2005.
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio del Comune di Napoli;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 8 marzo 2017 il dott. Umberto Maiello e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
Con il gravame in epigrafe il ricorrente ha impugnato la disposizione dirigenziale n. 233 del 04/03/2005 con la quale il Comune di Napoli ha ordinato la demolizione delle opere eseguite in Napoli, alla via Petrarca n. 69, sc. A e consistenti nella realizzazione di un manufatto sul terrazzo a livello di circa mq. 30,00 in muratura, con copertura avente altezza variabile da m. 2,80 a m. 2,70.
A sostegno della spiegata azione impugnatoria il ricorrente deduce:
1) la violazione delle regole del giusto procedimento di cui alla L. 241/90;
2) l’insufficienza del corredo istruttorio su cui riposa l’atto impugnato;
3) che il provvedimento sarebbe stato adottato in assenza di previa pronuncia sull’istanza di condono edilizio (prot. 131051 del 9.12.04) presentata, ai sensi del d.l. n. 269/2003 e della legge regionale n. 10/2004, e tuttora pendente ;
4) la violazione dell’art. 10 bis L. 241/90;
5) la mancata applicazione della sanzione pecuniaria in luogo di quella ripristinatoria, pur consentita in presenza di una fattispecie di ristrutturazione abusiva;
Resiste in giudizio il Comune di Napoli.
Il ricorso è fondato e, pertanto, va accolto.
Segnatamente, va condivisa la censura con cui parte ricorrente lamenta la mancata preventiva delibazione di un’istanza di condono (13051 del 9.12.2004), ad oggi non definita, cui va riconnessa una valenza pregiudiziale rispetto all’esercizio del potere sanzionatorio.
Mette, peraltro, conto evidenziare, in fatto, che non risulta adeguatamente contestata (un riferimento in tal senso è accennato al punto 3 della memoria depositata il 3.2.2017), la non coincidenza dei due procedimenti (autorizzatorio e sanzionatorio) atteso che la pretesa discordanza involge solo la maggior superficie indicata nella domanda di condono (46 mq), dato non dirimente ai fini qui in rilievo tenuto conto del fatto che, comunque, la superficie realizzata è ricompresa in quella per la quale pende condono condonata, laddove le discrasie rilevate, in mancanza di ulteriori e più significativi elementi che consentano di suffragare un’ipotesi di effettiva discordanza di oggetti, ben potrebbero essere dovute ad un mero errore ovvero all’adozione di un diverso criterio di computo delle superfici (al lordo piuttosto che al netto).
Né assumono qui rilievo le ulteriori deduzioni difensive quanto all’epoca di realizzazione dell’opera ovvero alla sussistenza di circostanze ostative alla praticabilità del condono.
Com’è noto, la preventiva presentazione di un’istanza di condono preclude l’adozione di provvedimenti repressivi (cfr. ex multis, sentenze di questa Sezione 23 maggio 2014, n. 2861, 11 dicembre 2013, n. 5661, 26 luglio 2012, n. 3588 e 16 marzo 2012, n.1301, nonché Cons. Stato, sezione quinta, 31 marzo 2010, n. 1875; Tar Campania, Napoli, sezione quarta, 5 giugno 2013, n. 2894; Salerno, sezione prima, 25 luglio 2012, n. 1480; Tar Basilicata, Potenza, sezione prima, 23 maggio 2013, n. 293; Tar Marche, Ancona, sezione prima, 16 maggio 2013, n. 366).
Opinare diversamente significa, invero, vanificare, a priori, il già pendente procedimento di sanatoria: la definizione del suddetto procedimento assume, dunque, rilievo pregiudiziale rispetto alle disposte misure sanzionatorie, che restano evidentemente azionabili solo nell’ipotesi di una reiezione della domanda di applicazione dei benefici del condono.
Ed invero, secondo autorevole giurisprudenza, ogni procedimento sanzionatorio in materia edilizia deve restare sospeso, qualora risulti presentata istanza di concessione in sanatoria fino alla definizione di detta istanza da parte del Comune, al quale il giudice non può in ogni caso sostituirsi, nemmeno per una valutazione in via incidentale della eventuale condonabilità delle opere di cui si tratta ( Consiglio Stato sez. IV, 04 novembre 2005 , n. 5273; sez. IV, 03 maggio 2005 , n. 2137).
Ed, infatti, l’ordinanza di demolizione non può avere valenza anche di implicito atto di reiezione della sanatoria posto che il Comune è tenuto a pronunciarsi sul condono con distinto provvedimento espresso e motivato in applicazione dei principi di trasparenza e buon andamento. T.A.R. Napoli, (Campania), sez. VII, 12/09/2016 n. 4244).
Né possono qui valere – come già sopra anticipato – le eccezioni difensive sulla insussistenza dei presupposti per la concessione del beneficio del condono.
Ancora di recente questo Tribunale ha evidenziato che l’astratta non accoglibilità dell’istanza di condono edilizio non esclude che l’amministrazione comunale debba sempre preventivamente pronunciarsi, con un provvedimento espresso, in merito alla fondatezza della domanda di sanatoria e poi determinarsi per la comminatoria o meno della sanzione di demolizione, ostando ad un’eventuale inversione provvedimentale non solo il chiaro disposto di legge, ma anche i principi di lealtà, coerenza, efficienza ed economicità dell’azione amministrativa, i quali impongono la previa definizione del procedimento di condono prima di assumere iniziative potenzialmente pregiudizievoli per lo stesso esito della sanatoria edilizia (cfr. T.A.R. Napoli, (Campania), sez. II, 21/06/2016, n. 3128).
Il principio esposto trova applicazione anche quando gli immobili per i quali è chiesto il condono ricadano in zona vincolata, essendo comunque l’Amministrazione tenuta, a fronte della domanda, ad esprimersi anche in senso negativo circa la sussistenza dei presupposti per la sanabilità dell’intervento, ai sensi dell’art. 32 comma 27, d.l. n. 269 del 2003, convertito dalla l. n. 326 del 2003 (cfr.T.A.R. Napoli, (Campania), sez. VI, 14/01/2016, n. 176).
Le spese, in considerazione delle ragioni su cui riposa la presente decisione, possono essere compensate, ad eccezione del contributo unificato, i cui oneri, ove dovuti e versati, dovranno essere rimborsati al ricorrente dal Comune intimato.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania (Sezione Quarta), sede di Napoli, definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, così provvede:
1) Lo accoglie e, per l’effetto, annulla l’atto impugnato;
2) spese come da motivazione.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Napoli nella camera di consiglio del giorno 8 marzo 2017 con l’intervento dei magistrati:
Anna Pappalardo, Presidente
Umberto Maiello, Consigliere, Estensore
Maria Barbara Cavallo, Consigliere
L’ESTENSORE | IL PRESIDENTE | |
Umberto Maiello | Anna Pappalardo | |
IL SEGRETARIO