Il TAR Campania – Napoli, Sez. I, con la sentenza n. 1694 del 28 marzo 2017, si è pronunciato sulla nullità di atti depositati con l’apposizione di firma digitale non conforme.
Si legge dalla sentenza: “Nel nuovo regime, gli atti processuali di parte in formato elettronico possono essere depositati esclusivamente nei formati previsti dall’art. 12 delle specifiche tecniche, Allegato A del D.P.C.M. n. 40/2016, tra cui quello in pdf c.d. “nativo digitale” ottenuto dalla trasformazione di un documento testuale”.
Pertanto, i giudici del TAR partenopeo hanno dichiarato la nullità della procura alle liti senza firma digitale, in quanto ciò costituisce una violazione dell’art. 8, comma 2, del D.P.C.M. n. 40/2016, secondo cui “nei casi in cui la procura è conferita su supporto cartaceo, il difensore procede al deposito telematico della copia per immagine su supporto informatico, compiendo l’asseverazione prevista dall’ articolo 22, comma 2, del CAD con l’inserimento della relativa dichiarazione nel medesimo o in un distinto documento sottoscritto con firma digitale”.
Infine, essendo elemento indispensabile per la formazione dell’atto al fine della produzione di effetti anche per la parte processuale, la non apposizione della firma digitale diviene causa di nullità dell’atto.
Si riporta di seguito il testo della sentenza.
***
Pubblicato il 28/03/2017
N. 01694 /2017 REG.PROV.COLL.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale
della Campania (Sezione Prima)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 119 del 2017, proposto da:
Poliambulatorio Roecker s.r.l., in persona del legale rappresentante p.t., rappresentato e difeso dall’avvocato Giuseppe Cristallino, domiciliato ex lege presso la Segreteria del T.A.R. Campania, in Napoli, piazza Municipio, 64;
contro
Regione Campania, in persona del Presidente p.t., rappresentato e difeso dall’avvocato Maria Luigia Schiano Di Colella Lavina, con domicilio eletto presso l’Avvocatura Regionale, in Napoli, via Santa Lucia, 81;
Commissario ad acta per la Prosecuzione del Piano di Rientro del Settore Sanitario nella Regione Campania, in persona del legale rappresentante p.t., rappresentato e difeso per legge dall’Avvocatura Distrettuale dello Stato di Napoli, domiciliataria in Napoli, via Armando Diaz, 11 ;
A.S.L. Napoli 2 Nord, in persona del legale rappresentante p.t., rappresentato e difeso dagli avvocati Guglielmo Ara, Amalia Carrara, domiciliato ex lege presso la Segreteria del T.A.R. Campania, in Napoli, piazza Municipio, 64;
per l’accertamento
della illegittimità del silenzio – rifiuto formatosi in merito alla istanza di accreditamento istituzionale con il Servizio Sanitario Nazionale, presentata dalla ricorrente in data 2 novembre 2007.
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio della Regione Campania, del Commissario ad acta per la Prosecuzione del Piano di Rientro del Settore Sanitario nella Regione Campania e dell’A.S.L. Napoli 2 Nord;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nella camera di consiglio del giorno 22 marzo 2017 il dott. Gianluca Di Vita e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO
La società ricorrente, già autorizzata dal Comune di Marano di Napoli all’esercizio di una struttura sanitaria per centro di diabetologia, impugna il silenzio – rifiuto serbato sulla istanza di accreditamento definitivo presentata alla Regione Campania in data 2 novembre 2007 per l’attività di diabetologia.
Espone che, con decreto n. 35 del 30 maggio 2016 avente ad oggetto “Assistenza Territoriale pazienti diabetici – Fabbisogno dei Centri di diabetologia”, la struttura commissariale incaricata dell’attuazione del Piano di Rientro del Settore Sanitario nella Regione Campania ha proceduto alla ricognizione del fabbisogno assistenziale a livello regionale, all’esito della quale, preso atto dell’incremento di incidenza della malattia, ha deliberato di determinare detto fabbisogno in n. 59 centri antidiabete suddivisi tra le Aziende Sanitarie Locali, assegnando alla zona dell’A.S.L. Napoli 2 Nord – in cui rientra la società ricorrente – n. 11 centri di diabetologia.
Parte ricorrente rappresenta che, allo stato, nell’area dell’A.S.L. Napoli 2 Nord, il DCA n. 35/2016 prevede n. 2 centri antidiabete pubblici programmati e, pertanto, residuano ancora n. 9 presidi da rinvenire nel pubblico ovvero tra i privati.
In punto di diritto, il Poliambulatorio Roecker s.r.l. lamenta la violazione dell’art. 8 quater del D.Lgs. n. 502/1992 e dell’art. 2 della L. n. 241/1990 e conclude con le richieste di accoglimento del ricorso, di declaratoria di illegittimità del silenzio serbato sull’istanza di accreditamento presentata in data 2 novembre 2007, di assegnazione di un termine agli enti per concludere il procedimento e, infine, di nomina di un commissario ad acta che provveda in caso di ulteriore inerzia.
Si sono costituite le intimate amministrazioni che resistono al gravame proposto ex adverso.
La Regione Campania eccepisce la tardività del ricorso ai sensi dell’art. 31, comma 2, del c.p.a., secondo cui l’azione avverso il silenzio può essere proposta fintanto che perdura l’inadempimento e, comunque, non oltre un anno dalla scadenza del termine di conclusione del procedimento. Inoltre, oppone l’infondatezza della pretesa poiché, ai sensi dell’art. 1, comma 237 quater della L. Reg. n. 4/2011 il fabbisogno deve essere prioritariamente soddisfatto mediante l’accreditamento delle strutture provvisoriamente accreditate e, solo in seguito, di quelle di nuova realizzazione. Pertanto, secondo la Regione, non vi sarebbe alcuna inerzia sulla definizione del procedimento di accreditamento poiché il centro ricorrente non è mai stato accreditato transitoriamente, per cui non rientrerebbe tra le strutture cui va riconosciuto prioritariamente l’accreditamento definitivo.
Alla camera di consiglio del 22 marzo 2017, ai sensi dell’art. 73 comma 3 del c.p.a., il Tribunale ha sollevato rilievi in ordine alla regolarità del deposito telematico degli atti dell’A.S.L. Napoli 2 Nord.
Infine, la causa è passata in decisione.
DIRITTO
Viene in decisione il ricorso proposto dal Poliambulatorio Roecker s.r.l. avverso il silenzio – rifiuto serbato dalla Regione Campania sulla istanza di accreditamento istituzionale presentata in data 2 novembre 2007 dalla istante per l’attività di diabetologia.
Preliminarmente, occorre dare atto della sussistenza di profili di criticità nel deposito telematico degli atti da parte dell’A.S.L. Napoli 2 Nord.
L’Azienda Sanitaria si è costituita in giudizio depositando: a) scansione per immagini non asseverata di una memoria difensiva analogica priva di sottoscrizione autografa; b) copia digitale per immagini della procura alle liti in formato analogico a firma autografa del legale rappresentante dell’A.S.L.; c) documento informatico pdf, privo di firma digitale, recante attestazione di conformità della copia informatica della procura di cui alla lett. b) all’originale analogico dal quale è stata estratta.
Ritiene il Collegio che la memoria di costituzione e la procura alle liti debbano essere dichiarate nulle.
Quanto alla prima, sussiste violazione delle prescrizioni che disciplinano il processo amministrativo telematico in vigore dal 1 gennaio 2017, in base alle quali, salvo diversa espressa previsione, gli atti processuali delle parti, ivi inclusi il ricorso introduttivo, le memorie, il ricorso incidentale, i motivi aggiunti, vanno redatti in formato di documento informatico e devono essere sottoscritti con firma digitale conforme ai requisiti di cui all’articolo 24 del D.Lgs. n. 82/2005 (cfr. art. 136, comma 2-bis del c.p.a.; art. 13, comma 1 ter, delle norme di attuazione al c.p.a.; art. 9, comma 1 del D.P.C.M. n. 40/2016).
Nel nuovo regime, gli atti processuali di parte in formato elettronico possono essere depositati esclusivamente nei formati previsti dall’art. 12 delle specifiche tecniche, Allegato A del D.P.C.M. n. 40/2016, tra cui quello in pdf c.d. “nativo digitale” ottenuto dalla trasformazione di un documento testuale. Per quanto rileva nel presente giudizio, detta disposizione espressamente sancisce l’inammissibilità del formato utilizzato dalla difesa dell’A.S.L. Napoli 2 Nord statuendo che “non è ammessa la scansione di copia per immagine fatta eccezione per gli atti di cui ai successivi commi 3 e 4 ” (es. documenti da allegare e procura alle liti).
Peraltro tale conclusione non è contraddetta dall’art. 136, comma 2 ter, del c.p.a. che ammette la possibilità di depositare con modalità telematiche – previa asseverazione ex art. 22, comma 2, del D.Lgs. n. 82/2005 (Codice dell’amministrazione digitale, C.A.D.) – la copia informatica, anche per immagine, di un atto processuale di parte, di un provvedimento del giudice o di un documento formato su supporto analogico e detenuto in originale o in copia conforme. Invero, per evitare di incorrere in una interpretazione abrogante o manipolatrice dell’art. 136 comma 2 bis e dell’art. 9, comma 1 del D.P.C.M. n. 40/2016, deve ritenersi che il comma 2 ter si applichi soltanto al deposito di atti precedenti alla piena operatività del p.a.t. legittimamente formati in analogico (T.A.R. Napoli, Sez. II, n. 1503/2017) ovvero qualora si intenda produrre un atto riferibile a distinti giudizi o copia di provvedimenti giurisdizionali ovvero, ancora, quando l’utilizzo della forma “analogica/cartacea” sia imposta o aliunde consentita.
All’operatività della predetta disposizione nel caso in esame osta in ogni caso -oltre alla insussistenza di profili che impongano o consentano l’utilizzo della forma “analogica/cartacea” – la carenza dell’attestazione di conformità del documento informatico all’originale analogico da cui è stato estratto il quale, a sua volta, non risulta neppure sottoscritto in forma autografa.
Oltre che per l’utilizzo di un formato diverso da quello consentito dalle vigenti disposizioni sul p.a.t., va inoltre dichiarata la nullità della memoria in quanto non sottoscritta con firma digitale prescritta nel processo amministrativo dall’art. 136, comma 2 bis del c.p.a. (cfr. anche art. 9 del D.P.C.M. n. 40/2016).
La medesima conclusione si impone anche per la procura alle liti, sussistendo violazione dell’art. 8 del D.P.C.M. n. 40/2016 poiché, pur essendovi deposito telematico della copia per immagini dell’originale analogico, l’asseverazione riportata in un diverso file non è stata sottoscritta con firma digitale. L’art. 8 prevede infatti che “Nei casi in cui la procura è conferita su supporto cartaceo, il difensore procede al deposito telematico della copia per immagine su supporto informatico, compiendo l’asseverazione prevista dall’ articolo 22, comma 2, del CAD con l’inserimento della relativa dichiarazione nel medesimo o in un distinto documento sottoscritto con firma digitale”.
Con specifico riferimento alla carenza della firma digitale (vizio comune sia alla memoria di costituzione che alla asseverazione relativa alla procura alle liti), questo Tribunale ha rilevato in una recente pronuncia che tale formalità è essenziale ai fini della validità nonché della certezza circa la riferibilità dell’atto processuale al difensore (T.A.R. Campania, Napoli, Sez. IV, n. 892/2017) e costituisce frutto di una scelta legale sulla rilevanza giuridica di un tipo di sottoscrizione, anziché di un altro, nel processo amministrativo (T.A.R. Campania, Napoli, Sez. II, n. 1053/2017).
Trattandosi di profilo indispensabile per la formazione dell’atto e per la imputazione dei relativi effetti alla parte processuale, la mancata apposizione della firma digitale – quale unica modalità di sottoscrizione del documento secondo le disposizioni sul p.a.t. – è causa di nullità dell’atto.
La rigorosa conclusione che si assume in questa sede non può essere poi mitigata dall’avvenuta sottoscrizione da parte del difensore, mediante apposizione della firma digitale, in calce al “Modulo Deposito Atto/Documenti” utilizzato dall’A.S.L. Napoli 2 Nord ai sensi dell’art. 6, comma 2, delle specifiche tecniche, Allegato A del D.P.C.M. n. 40/2016 (secondo cui “Il deposito degli atti successivi al ricorso introduttivo e dei relativi allegati, nei formati di cui all’articolo 12, si effettua utilizzando l’apposito modulo, denominato ModuloDepositoAtto, scaricabile dal Sito Istituzionale, in cui deve essere indicato il numero di ricorso generale attribuito dal S.I.G.A. al momento del deposito del ricorso introduttivo”).
Il Collegio è edotto dell’orientamento espresso da altri Tribunali Amministrativi Regionali (T.A.R. Reggio Calabria, sent. n. 209/2017; T.A.R. Lazio, Roma, Sez. III bis, ordinanza n. 3231/2017) che hanno concluso per l’ammissibilità dell’atto processuale non sottoscritto digitalmente, depositato dopo l’entrata in vigore del p.a.t., qualora sia stata apposta la firma digitale in calce al “ModuloDepositoAtto”.
A sostegno di tale conclusione, è stato richiamato l’art. 6, comma 5, delle specifiche tecniche, Allegato A del D.P.C.M. n. 40/2016 che all’ultimo alinea prevede che “la firma digitale PAdES, di cui al comma 4, si intende estesa a tutti i documenti in essi contenuti”. In proposito, è stata evidenziata la ratio del p.a.t., sottolineato il riferimento espresso al “ricorso” e rappresentato che, poiché i documenti allegati non devono essere firmati dal difensore ma al più autenticati, l’estensione della firma digitale PAdES “a tutti i documenti contenuti” non potrebbe non riferirsi, in senso omnicomprensivo, a tutti gli atti di parte allegati con il Modulo i quali, ove non sottoscritti ex ante dovranno ritenersi firmati soltanto al momento della sottoscrizione del Modulo di deposito.
Tuttavia, la Sezione ritiene di sostenere un diverso orientamento richiamando argomenti di ordine logico – giuridico e alla stregua dell’interpretazione letterale della disposizione.
Valgano le considerazioni di seguito illustrate.
Il p.a.t. implica l’adesione degli operatori ai parametri tecnici stabiliti, dovendosi in proposito ritenere che lo scopo dell’atto processuale non è soltanto quello di veicolare al giudice e alle altri parti le domande di giustizia ma è anche quello di inserirsi efficacemente in una sequenza intrinsecamente assoggettata alle regole tecniche che impongono l’adozione di particolari formati in luogo di altri, così da perseguire l’obiettivo della ragionevole durata del processo, oltre a quello di un più tempestivo ed efficiente esercizio della giurisdizione amministrativa (cfr. Relazione finale al cod. proc. amm.), contribuendo altresì ad assicurare la snellezza e la standardizzazione delle procedure, con conseguente incremento della trasparenza e riduzione dei costi delle medesime (Consiglio di Stato, Sezione Consultiva, parere n. 66/2016 sullo schema di regolamento relativo alle regole tecnico – operative del p.a.t).
Sotto tale profilo, è noto che il codice del processo amministrativo ha operato, per quanto riguarda l’introduzione del p.a.t., una scelta sistematica (scolpita nella disposizione dell’art. 13, comma 1, delle norme di attuazione del c.p.a.) che rinvia sostanzialmente ad una fonte regolamentare la definizione delle regole tecnicooperative del nuovo processo amministrativo telematico.
L’opzione per la sede regolamentare è stata giustificata, nella Relazione di accompagnamento al codice del processo amministrativo, con la necessità di assicurare i due requisiti fondamentali della duttilità e tempestività di adattamento alle novità tecnologiche, in un contesto caratterizzato da una forte tecnicità e dalla continua evoluzione. Il rinvio ad una normativa di livello regolamentare è stato ritenuto lo strumento più idoneo per consentire l’introduzione del p.a.t., analogamente a quanto avvenuto con il D.M. 17 luglio 2008 che ha fissato le regole tecnico-operative per l’uso di strumenti informatici e telematici nel processo civile. Tale scelta è stata poi attuata con l’approvazione del D.P.C.M. n. 40/2016 (Regolamento recante le regole tecnico – operative per l’attuazione del p.a.t.) che presenta un sistema c.d. dualistico, incentrato sulla compresenza di: 1) regole tecniche contenute in n. 21 articoli con carattere di norme regolamentari; 2) specifiche tecniche per l’esecuzione del regolamento, contenute nell’Allegato ‘A’ al citato decreto e suddivise in n. 18 articoli modificabili, non con D.P.C.M., ma con provvedimento di natura non regolamentare dal Responsabile del SIGA, previa comunicazione al Consiglio di Presidenza della Giustizia Amministrativa, sentita l’Agenzia per l’Italia Digitale e, limitatamente ai profili inerenti la protezione dei dati personali, sentito il Garante per la protezione dei dati personali (cfr. art. 19, comma 2).
In un sistema processuale contraddistinto dai principi di legalità ex art. 111 della Costituzione e della gerarchia delle fonti, è evidente che le specifiche tecniche di natura non regolamentare contenute nell’Allegato A non possono contenere disposizioni contrastanti con le fonti normative superiori.
Dette specifiche tecniche riguardano le concrete modalità di svolgimento delle operazioni tecniche necessarie per la redazione e la sottoscrizione degli atti, per il deposito e la consultazione dei medesimi, e per ogni altra attività informatica inerente il processo amministrativo digitale.
Nel parere n. 66/2016 espresso sullo schema di regolamento, il Consiglio di Stato ha sottolineato un punto nodale e cioè che l’utilizzo di atti di natura non regolamentare è ammesso a condizione che questi ultimi disciplinino norme di carattere tecnico e non attengano a profili e materie facenti parte a pieno titolo della disciplina regolamentare (cfr. anche Consiglio di Stato, Sez. Atti Normativi, n. 3128/2012; n. 3092/2010).
Ne consegue che le specifiche tecniche vanno necessariamente coordinate con le disposizioni contenute nel codice del processo amministrativo (fonte primaria) e nelle regole tecnico – operative (fonte secondaria regolamentare). In altri termini, ad esse deve riconoscersi un valore essenzialmente “neutro”, inidoneo ad innovare o modificare le regole processuali fissate da fonti normative gerarchicamente sovraordinate o, ancora, ad integrare il contenuto precettivo di queste ultime.
Deve quindi ritenersi che la disposizione contenuta nell’art. 6, comma 5 delle specifiche tecniche non possa in alcun modo derogare alle già richiamate previsioni processuali e regolamentari che espressamente sanciscono come indefettibile, salve ipotesi che non rilevano in questa sede, l’apposizione della “firma digitale conforme ai requisiti di cui all’articolo 24 del CAD” in calce “a tutti gli atti e i provvedimenti del giudice… e delle parti” (cfr. art. 136, comma 2 bis, del c.p.a. e 9, comma 1, del D.P.C.M. n. 40/2016). Non è quindi sostenibile una interpretazione del citato art. 6 comma 5 che consenta di prescindere dalla sottoscrizione con firma digitale di ogni singolo atto processuale di parte.
L’adesione alla diversa ermeneutica avrebbe, come non condivisibili corollari, quelli di ritenere sufficiente la firma del Modulo di Deposito e, di contro, dispensare le parti processuali dall’osservanza di una essenziale prescrizione formale – la sottoscrizione dell’atto processuale (ora da effettuare mediante apposizione della firma digitale) – alla cui omissione il codice di rito riconnette la conseguenza esiziale della nullità (cfr. art. 44 c.p.a.) o, nella giurisprudenza processualcivilistica, della inesistenza giuridica dell’atto (cfr. art. 125 c.p.c.; Cass. Civ., Sez. VI, n. 1275/2011). Ancora una volta, pertanto, si consentirebbe alle specifiche tecniche di introdurre una disciplina derogatoria ed innovativa di fonti normative processuali sovraordinate, il che non è giuridicamente consentito. Ammettere un atto processuale privo di sottoscrizione digitale per il solo fatto che sia stato firmato il Modulo di deposito si tradurrebbe quindi in una fictio iuris per il cui tramite si considererebbe come valido ed efficace un atto che, in realtà, è privo di un requisito essenziale.
Difatti, ai sensi degli artt. 21 e 35 del C.A.D. solo qualora provvisto di firma elettronica, il documento informatico assume valore legale e può soddisfare i requisiti della forma scritta, della identificabilità dell’autore, dell’integrità del documento e della sua immodificabilità. Tanto è reso manifesto anche dalla sovrimpressione sul documento informatico di specifici segni grafici che consentono al giudice di svolgere il controllo estrinseco in ordine alla provenienza dell’atto e alla imputabilità dei relativi effetti giuridici.
A tale proposito, si vuole anche rappresentare che il Collegio si è fatto carico di appurare – oltre che mediante il software Acrobat in dotazione, anche mediante una delle applicazioni on line (verificatore del Consiglio Nazionale del Notariato) presenti sul sito dell’Agenzia per l’Italia Digitale, AGID – l’esistenza della firma digitale sugli atti trasmessi dall’A.S.L. Napoli 2 Nord e tale accertamento ha avuto esito negativo a conferma del fatto che gli stessi non risultano sottoscritti secondo le disposizioni sul p.a.t. e del Codice dell’amministrazione digitale.
Alla stregua dell’interpretazione letterale, va poi evidenziato che l’art. 6 comma 5 delle specifiche tecniche si riferisce espressamente ai “documenti” e non agli atti processuali di parte; quindi solo con riferimento ai primi appare sostenibile l’estensione della firma digitale apposta sul “ModuloDepositoRicorso” o sul “ModuloDepositoAtto” ciò che, in ogni caso, postula che tale sottoscrizione elettronica – sebbene estesa – venga poi effettivamente impressa ai singoli allegati.
In proposito, la distinzione tra atti e documenti nel processo amministrativo è chiaramente delineata dall’art. 5 delle norme di attuazione al cod. proc. amm., secondo cui “Ciascuna parte, all’atto della propria costituzione in giudizio, consegna il proprio fascicolo, contenente gli originali degli atti ed i documenti di cui intende avvalersi nonché il relativo indice ”.
La previsione che estende la firma digitale anche ai documenti contenuti nel “ModuloDepositoRicorso” e nel “ModuloDepositoAtto” potrebbe trovare un proprio ambito applicativo nelle ipotesi di cui all’art. 22, comma 1, del C.A.D. che prevede espressamente l’eventualità che tali documenti debbano essere firmati (“I
documenti informatici contenenti copia di atti pubblici, scritture private e documenti in genere, compresi gli atti e documenti amministrativi di ogni tipo formati in origine su supporto analogico… hanno piena efficacia, ai sensi degli articoli 2714 e 2715 del codice civile, se ad essi è apposta o associata, da parte di colui che li spedisce o rilascia, una firma digitale o altra firma elettronica qualificata. La loro esibizione e produzione sostituisce quella dell’originale”) e di cui all’art. 136 comma 2 ter del c.p.a. (asseverazione di copia informatica di un documento formato su supporto analogico).
Tuttavia anche in tale prospettiva interpretativa – che comunque, per le ragioni illustrate, lascia fuori dal proprio ambito di applicazione gli atti processuali – per non incorrere nella richiamata fictio iuris contra legem si rende comunque necessario verificare che – tramite l’estensione contemplata dall’art. 6 delle specifiche tecniche, in conformità alla previsione dell’art. 24, comma 1, del C.A.D. (“La firma digitale deve riferirsi in maniera univoca ad un solo soggetto ed al documento o all’insieme di documenti cui è apposta o associata”) ed alle procedure previste dal successivo art. 35 C.A.D. – i documenti rechino effettivamente una sottoscrizione digitale, onde acclarare il rispetto dei principi di integrità ed immodificabilità sanciti dall’art. 21 del C.A.D. e, si aggiunge, occorre che tale firma sia percepibile dall’esterno anche per il tramite di adeguati segni ed evidenziazioni grafiche impresse sul documento.
Dalle considerazioni sviluppate deriva, pertanto, la declaratoria di nullità della memoria di costituzione dell’A.S.L. Napoli 2 Nord e della procura alle liti rilasciata ai difensori costituiti.
Il Collegio rileva, infine, che la questione relativa all’efficacia “sanante” della sottoscrizione del “ModuloDepositoAtto” in presenza di atti processuali privi di firma digitale – pur avendo ricevuto soluzione contraria in alcune pronunce di primo grado (T.A.R. Reggio Calabria, sent. n. 209/2017; T.A.R. Lazio, Roma, Sez. III bis, ordinanza n. 3231/2017) – non ha dato luogo, allo stato, a significativi contrasti giurisprudenziali e, per tale motivo, non si ravvisano ragioni per disporre la rimessione all’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato ai sensi dell’art. 13 bis delle norme di attuazione al c.p.a.. Peraltro, vi è anche da rilevare, a sostegno di tale scelta, che il profilo di nullità esaminato non riguarda il ricorso giurisdizionale e, pertanto, non appare dirimente ai fini della decisione sulla impugnazione oggetto di giudizio.
Tanto premesso e venendo al ricorso proposto dal Poliambulatorio Roecker s.r.l., in accoglimento della eccezione processuale sollevata dalla Regione Campania, va dichiarata la irricevibilità del gravame.
Difatti, il ricorso ex artt. 31 e 117 c.p.a. è stato proposto ben oltre il termine annuale decorrente dalla scadenza del termine di conclusione del procedimento che, si rammenta, ha ad oggetto una istanza di accreditamento istituzionale avanzata nel 2007.
La disposizione contenuta nell’art. 31, comma 2, del c.p.a. risponde all’esigenza di evitare un indefinito prolungamento dei termini processuali per l’accertamento della illegittimità del silenzio mediante l’individuazione di uno specifico limite temporale, fermo restando che, come previsto dal succitato articolo “E’ fatta salva la riproponibilità dell’istanza di avvio del procedimento ove ne ricorrano i presupposti”.
Tale argomentazione in rito non è stata contrastata dalla ricorrente con convincenti deduzioni difensive ed induce il Collegio a non seguire il proprio precedente citato in atti (T.A.R. Campania, Napoli, Sez. I, n. 5123/2016) che, peraltro, riguardava un giudizio nel corso del quale non era stata sollevata la scrutinata eccezione di tardività.
In conclusione, non resta che ribadire l’irricevibilità del ricorso con conseguente condanna della parte ricorrente al pagamento delle spese processuali in favore della Regione Campania nella misura indicata in dispositivo.
Viceversa, tali spese vanno compensate nei confronti del Commissario ad acta per la Prosecuzione del Piano di Rientro del Settore Sanitario, all’esito di una valutazione complessiva dell’attività difensiva svolta in giudizio.
Infine, non si adottano statuizioni sulle spese di giudizio in relazione all’A.S.L. Napoli 2 Nord, tenuto conto della declaratoria di nullità della memoria di costituzione e della procura alle liti per le ragioni sopra indicate.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania (Sezione Prima), definitivamente pronunciando, dichiara irricevibile il ricorso in epigrafe.
Condanna il Poliambulatorio Roecker s.r.l. al pagamento delle spese processuali in favore della Regione Campania che liquida in euro 1.500,00 (millecinquecento/00), oltre accessori di legge se dovuti.
Compensa le spese di giudizio nei confronti del Commissario ad acta per la Prosecuzione del Piano di Rientro del Settore Sanitario nella Regione Campania. Nulla in ordine alle spese per l’A.S.L. Napoli 2 Nord.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Napoli nella camera di consiglio del giorno 22 marzo 2017 con l’intervento dei magistrati:
Salvatore Veneziano, Presidente
Ida Raiola, Consigliere
Gianluca Di Vita, Consigliere, Estensore
L’ESTENSORE IL PRESIDENTE
Gianluca Di Vita Salvatore Veneziano
IL SEGRETARIO