Il TAR Lazio – Roma, Sez. III-bis, con la sentenza n. 3769 del 22 marzo 2017, ha affermato che l’algoritmo con il quale il MIUR ha prefissato i trasferimenti del personale docente di provincia in provincia deve essere pubblicato, e ha intimato pertanto al ministero dell’Istruzione di rendere noto il sistema di calcolo con cui è stata gestita la mobilità dei docenti.
Si legge dalla sentenza: “Nell’istanza di accesso agli atti, il ricorrente ha testualmente richiesto “di poter essere messo a conoscenza dell’algoritmo utilizzato dal sistema informatico di codesto Ministero, per attuare la mobilità del personale docente”. Ne consegue che non può sussistere alcun dubbio in ordine al tenore della richiesta del medesimo con specifico riferimento all’oggetto dell’istanza di accesso”.
Conclude il Collegio: “Nella fattispecie, indubbiamente l’accesso richiesto si presenta particolarmente penetrante in quanto indirizzato proprio ai cd. codici sorgenti o linguaggio sorgente del software dell’algoritmo ma, tuttavia, deve ritenersi che l’interesse sotteso alla richiesta avanzata dalla parte ricorrente effettivamente non possa ritenersi essere stata adeguatamente soddisfatta dal memorandum richiamato e appositamente predisposto da parte della software house nella parte in cui contiene la descrizione del predetto algoritmo e del suo funzionamento in quanto, evidentemente e intuitivamente, la descrizione della modalità di funzionamento dell’algoritmo assicura una conoscenza assolutamente non paragonabile a quella che deriverebbe dall’acquisizione del richiesto linguaggio sorgente, atteso che, se non altro, la predetta descrizione è, comunque, atto di parte”.
Si riporta di seguito il testo della sentenza.
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Pubblicato il 22/03/2017
N. 03769/2017 REG.PROV.COLL.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio
(Sezione Terza Bis)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 11419 del 2016, integrato da motivi aggiunti, proposto da:
Gennaro Di Meglio, rappresentato e difeso dagli avvocati Umberto Cantelli C.F. CNTMRT51B23H501K, Silvia Antonellis C.F. NTNSLV81E42I838H, Michele Bonetti C.F. BNTMHL76T24H501F e Santi Delia C.F. DLESNT79H09F158V, con domicilio eletto presso lo studio dell’avv. Silvia Antonellis, in Roma, via San Tommaso D’Aquino n. 47;
Federazione Nazionale Gilda – Unams, rappresentato e difeso dagli avvocati Michele Bonetti C.F. BNTMHL76T24H501F, Santi Delia C.F. DLESNT79H09F158V, Umberto Cantelli C.F. CNTMRT51B23H501K, con domicilio eletto presso lo studio dell’avv. Michele Bonetti, in Roma, via di S. Tommaso D’Aquino n. 47;
contro
Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca, in persona del legale rappresentante p.t., rappresentato e difeso per legge dall’Avvocatura Generale dello Stato, domiciliato in Roma, via dei Portoghesi n. 12;
nei confronti di
Chiara Giralucci e Laura La Manna, non costituiti in giudizio;
per l’annullamento
con il ricorso introduttivo
del verbale del M.I.U.R. – Dipartimento per la programmazione e la gestione delle risorse umane, finanziarie e strumentali – Direzione Generale per le risorse umane e finanziarie – Ufficio III, redatto in data 15.9.2016 a firma dei Dott. Paolo De Santis e Giuseppe Bonelli con il quale è stato denegato l’accesso all’algoritmo che gestisce il software relativo ai trasferimenti interprovinciali del personale docente ai sensi e per gli effetti del C.C.N.I. sulla mobilità 2016 di cui alla legge n. 107 del 2015.
e con il ricorso per motivi aggiunti
della nota di cui al prot. n. 3495, connessa al verbale del 15.9.2016 già impugnato con il ricorso introduttivo e con contenuto meramente confermativo di quest’ultimo, la quale era stata comunicata a un indirizzo PEC diverso da quello comunicato in sede di istanza di accesso agli atti e per il predetto motivo non immediatamente conosciuta
Visti il ricorso, i motivi aggiunti e i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio del Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nella camera di consiglio del giorno 14 febbraio 2017 la dott.ssa Maria Cristina Quiligotti e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
1 – Con il ricorso in trattazione il sig. Gennaro Di Meglio, in proprio e nella qualità di Coordinatore Nazionale della Federazione Nazionale Gilda – Unams e la predetta Federazione hanno impugnato il verbale del M.I.U.R. – Dipartimento per la programmazione e la gestione delle risorse umane, finanziarie e strumentali – Direzione Generale per le risorse umane e finanziarie – Ufficio III, redatto in data 15.9.2016 a firma dei Dott. Paolo De Santis e Giuseppe Bonelli con il quale è stato denegato l’accesso all’algoritmo di calcolo che gestisce il software relativo ai trasferimenti interprovinciali del personale docente ai sensi e per gli effetti del C.C.N.I. sulla mobilità 2016 di cui alla legge n. 107 del 2015.
In particolare parte ricorrente ha dato atto che l’impugnato verbale, redatto in relazione alla seduta di accesso svoltasi nella medesima data, si limita a riportare meri riferimenti normativi della materia nonché la sola descrizione esemplificativa della procedura informatica con una conseguente casistica esemplificativa.
Con il successivo ricorso per motivi aggiunti del 18.11.2016 i ricorrenti hanno quindi impugnato la nota di cui al prot. n. 3495, connessa al verbale del 15.9.2016 già impugnato con il ricorso introduttivo e con contenuto meramente confermativo di quest’ultimo, la quale era stata comunicata a un indirizzo PEC diverso da quello comunicato in sede di istanza di accesso agli atti e per il predetto motivo non immediatamente conosciuta. Con il predetto ricorso per motivi aggiunti i ricorrenti contestano quanto rilevato nella predetta nota in ordine alla circostanza che i cd. codici sorgente dell’algoritmo di cui trattasi non integrerebbero gli estremi del documento amministrativo di cui agli artt. 22 e ss. della legge n. 241 del 1990 neppure con specifico riferimento alla lett. d) del predetto art. 22 e che, comunque, i predetti codici e quindi il relativo software costituirebbero opere dell’ingegno e in quanto tali sono tutelate dalla normativa in materia di proprietà intellettuale come riconosciuto anche dall’art. 6 del d.lgs. n. 97/2016 in materia di cd. accesso civico.
I ricorrenti, dopo avere diffusamente argomentato in ordine alla tempestività del predetto ultimo ricorso per motivi aggiunti nonché alla sussistenza del relativo concreto interesse a ricorrere ai fini indicati, hanno rilevato nel merito che:
– in realtà alcuna nuova richiesta di accesso è stata formulata nella seduta del 15.9.2016 rispetto a quanto già rappresentato con l’originaria istanza di accesso e la specificazione in ordine ai codici sorgente del software relativo all’algoritmo è esclusivamente conseguenza dell’interlocuzione con l’amministrazione che ha manifestato in quella sede il proprio orientamento decisamente contrario;
– l’algoritmo è un sistema informatico sostitutivo di un’ordinaria sequenza procedimentale amministrativa;
– l’algoritmo, pur non concretizzando in sé un atto amministrativo, tuttavia, è strettamente funzionale al contenuto dispositivo dell’atto con cui è disposta la mobilità del personale interessato ed è, pertanto, a quest’ultimo sostanzialmente assimilabile;
– l’algoritmo è, peraltro, detenuto dalla medesima amministrazione che lo utilizza al fine della gestione di un’attività che ha rilievo pubblicistico e, pertanto, la sua natura e provenienza di diritto privato non è dirimente;
– i soli limiti all’accesso che rilevano sono quelli di cui all’art. 24 della legge n. 241 del 1990;
– la richiesta di accesso è funzionale alla tutela giurisdizionale.
Il M.I.U.R. si è costituito in giudizio in data 12.12.2016 e ha depositato documentazione in data 22.12.2016 e memoria difensiva in data 4.2.2017, con la quale ha dedotto l’infondatezza nel merito del ricorso del quale ha chiesto il rigetto.
Alla camera di consiglio del 14.2.2017 il ricorso è stato trattenuto per la decisione alla presenza dei difensori delle parti come da sperato verbale di causa.
2 – In via preliminare, si ritiene che il ricorso per motivi aggiunti, la cui tempestività non è stata messa in discussione da parte della resistente amministrazione, è stato, comunque, proposto nel rispetto dei termini di legge anche in considerazione della rappresentata circostanza inerente la sua comunicazione.
Nel merito sia il ricorso introduttivo del presente giudizio che il successivo ricorso per motivi aggiunti sono fondati e devono, pertanto, essere accolti sulla base di tutte le seguenti considerazioni.
Si premette che, nell’istanza di accesso agli atti, il ricorrente ha testualmente richiesto “di poter essere messo a conoscenza dell’algoritmo utilizzato dal sistema informatico di codesto Ministero, per attuare la mobilità del personale docente”. Ne consegue che non può sussistere alcun dubbio in ordine al tenore della richiesta del medesimo con specifico riferimento all’oggetto dell’istanza di accesso.
L’amministrazione, nel memorandum del 15.9.2016, depositato in copia agli atti, come si evince dalla sua lettura, dopo avere diffusamente illustrato nelle prime 5 pagine i riferimenti normativi della specifica materia nonché i relativi passaggi procedimentali, ha, nelle successive pagine, proceduto nella descrizione dell’algoritmo di cui trattasi e del suo concreto funzionamento.
In particolare, il M.I.U.R. ha proceduto alla “Descrizione dell’algoritmo”, specificando che la procedura informatica “si articola nei seguenti passi: Predisposizione dati di Input, Assegnazione ambiti e scuole, Diffusione risultati” e ha, quindi, descritto come operano in concreto i predetti tre distinti e successivi passaggi, riportando, altresì, a titolo esemplificativo alcune delle casistiche e dando atto che sono state rispettate al riguardo le disposizioni di cui all’O.M. n. 241 del 2016.
Nel contestuale verbale del 15.9.2016 l’amministrazione ha dato atto che, nel riscontrare l’istanza di accesso, si “procede alla consegna del documento (SG1-AA_MEM_Mobilità2016-17- descrizioneAlgoritmo) descrittivo dell’algoritmo che gestisce il software relativo ai trasferimenti interprovinciali del personale docente a.s. 2016/17.
In particolare, si consegnano i seguenti documenti:
1) Memorandum SG1-AA_MEM_Mobilità2016-17-DescrizioneAlgoritmo;
2) Lettera di trasmissione del documento di cui sopra della Società HPE Services Srl, acquisita al protocollo DGCASIS al n. 3025 del 09/09/2016;
3) Nota di trasmissione del memorandum alla Direzione Generale del Personale Scolastico, protocollo DGCASIS n. 3031 del 9.09.2016.”.
Nel predetto verbale si legge, altresì, che “A richiesta dell’Avvocato si verbalizza quanto segue. “Il documento consegnato non corrisponde in alcun modo a quanto richiesto con l’accesso agli atti trasmesso, di fatti a fronte della richiesta specifica dell’algoritmo contenente i codici sorgente del software realizzato è stato consegnato un mero documento riassuntivo denominato memorandum dove nelle prime cinque pagine riassume il contenuto del CCNI sulla mobilità e nelle successive pagine fa una descrizione riassuntiva dell’algoritmo, oggetto dell’istanza di accesso agli atti. E’ da evidenziare in ogni caso che anche la mera descrizione dell’algoritmo non contenga tutte le variabili previste dal contratto sulla mobilità come, ad esempio, descritte a pagina 12, par. 2.2 denominato “Assegnazioni ambiti e scuole” dove la semplice descrizione del programma utilizzato non prevede [a creazione di tutte le condizioni previste nel CCNI. Invita pertanto codesto ministero a fornire l’algoritmo richiesto e i codici sorgente che qui devono essere richiesti così come riproposti nell’istanza già notificata.”.
Nella nota di cui al prot. n. 0003495.14-10-2016 si legge, poi, testualmente che:
“ … il codice sorgente dei programmi in questione, non può essere assimilato ad un “documento amministrativo” ai sensi della legge 241/90 e s.m.i, Né, come sostiene la giurisprudenza consolidata, deve trarre in inganno la circostanza che l’art. 22, primo comma, lett. d), L. 7 agosto 1990 n. 241 definisce “documento amministrativo”, ogni rappresentazione grafica, fotocinematografica, elettromagnetica o di qualunque altra specie del contenuto di atti, anche interni o non relativi ad uno specifico procedimento, detenuti da una Pubblica amministrazione e concernenti attività di pubblico interesse, indipendentemente dalla natura pubblicistica o privatistica della loro disciplina sostanziale. “La norma, infatti, individua le forme in cui può manifestarsi un atto amministrativo – e cioè non solo su supporto cartaceo ma anche magnetico e video – fermo restando che oggetto dell’accesso può essere solo l’atto che per sua natura sia qualificabile come amministrativo e che nella specie è inesistente” (Tar Lazio, III ter, 9 ottobre 2010, n. 32736, non appellata).
Infatti, il software è tutelato quale opera dell’ingegno, alla stregua delle opere letterarie, filmiche, ecc.. e, quindi, in quanto trattandosi di opera dell’ingegno, è caratterizzato da proprietà intellettuale, soggetta a tutela.
Addirittura, il recente D.Igs. n. 97/2016, recante la revisione e semplificazione delle disposizioni in materia di prevenzione della corruzione, pubblicità e trasparenza, prevede fra l’altro che il c.d. accesso civico generalizzato sia precluso, anzi vietato, onde evitare pregiudizio agli interessi economici e commerciali di una persona fisica o giuridica, ivi compresi la proprietà intellettuale ed il diritto d’autore (art. 6 del D.Igs. 97/2016). Ciò premesso, ribadendo di aver già fornito e messo a disposizione per l’estrazione di copia, la descrizione dell’algoritmo del software che gestisce i trasferimenti interprovinciali del personale docente per l’anno scolastico 2016/17, si ritiene che l’ulteriore e peculiare richiesta di accesso non possa trovare accoglimento per le considerazioni suesposte”.
Da quanto esposto emerge con evidenza che le argomentazioni sulla base delle quali l’amministrazione ha denegato al ricorrente l’accesso ai cd. codici sorgente del software dell’algoritmo di cui trattasi sono esclusivamente le seguenti:
– la non assimilabilità del codice sorgente dei programmi in questione – in quanto sostanziantesi in un testo di un algoritmo di un programma scritto in un linguaggio di programmazione, compreso all’interno di un file – a un “documento amministrativo” ai sensi della legge n. 241/1990, nemmeno con riferimento alla lett. d) dell’art. 22 della predetta legge che si limita meramente a individuare le diverse forme in cui può manifestarsi un atto amministrativo;
– la tutela del software quale opera dell’ingegno.
Ne consegue che le argomentazioni spese nella memoria difensiva del M.I.U.R. di cui da ultimo in ordine all’inammissibilità dell’istanza in quanto finalizzata al controllo generalizzato dell’operato della pubblica amministrazione e in quanto l’atto richiesto rientrerebbe nella tipologia di cui alla lett. c) dell’art. 24 della legge n. 241 del 1990 non possono trovare legittimo e valido ingresso in questa sede.
Nel merito delle motivazioni in concreto esposte da parte dell’amministrazione, valgono le considerazioni di cui di seguito:
– l’algoritmo di cui trattasi è stato predisposto da parte della società HPE Services Srl su incarico del M.I.U.R. al fine di consentire all’amministrazione di potere agevolmente gestire in concreto la procedura della mobilità dei docenti per l’a.s. 2016/2017, procedura che è disciplinata nel CCNI indicato e conseguentemente nell’O.M. n. 241 del 2016 e che si articola in diverse fasi che interessano le diverse categorie di docenti e che, necessariamente, deve tenere conto, quanto alle relative risultanze, di tutte le variabili individuate nella relativa normativa di settore;
– il predetto algoritmo, nella sostanza, gestisce in modo automatico e per mezzo di un complesso sistema informatico il procedimento della mobilità dei docenti per l’anno di riferimento;
– l’algoritmo finisce, pertanto e in definitiva, per sostanziare esso stesso il predetto procedimento atteso che l’individuazione, in concreto, della concreta sede spettante al singolo docente nell’ambito della mobilità è individuata esclusivamente dal predetto algoritmo;
– gli atti endoprocedimentali di acquisizione dei dati necessari ai fini della relativa istruttoria nonché lo stesso atto finale del procedimento sono, conseguentemente, confluiti e si esauriscono nel solo funzionamento dell’algoritmo di cui trattasi con la conseguenza ulteriore che può e anzi si deve ritenere l’assimilabilità dell’algoritmo di cui trattasi all’atto amministrativo o meglio, come si dirà più diffusamente nel proseguo, il riconoscimento della diretta riconducibilità del software che gestisce l’algoritmo alla categoria del cd. atto amministrativo informatico di cui alla lett d) dell’art. 22 della legge n. 241 del 1990;
– d’altronde la scelta di procedere per mezzo dell’algoritmo ai fini della mobilità è stata assunta da parte del M.I.U.R. proprio al fine di una più razionale e agevole gestione della procedura di cui trattasi che, altrimenti, l’amministrazione avrebbe dovuto gestire in modo “tradizionale”;
– il ricorso e l’utilizzo a uno strumento innovativo, quale è quello del programma informatico, per soddisfare le predette esigenze proprie dell’amministrazione procedente non può, pertanto, riverberarsi in senso limitante dell’ampiezza del potere di accesso degli interessati dalla procedura stessa;
– la circostanza, poi, che questo Tribunale ritenga, con giurisprudenza oramai consolidata, la mancanza di giurisdizione del giudice amministrativo quanto alla mobilità del personale docente e, in particolare, e ai presupposti CCNI e O.M. M.I.U.R. n. 241 del 2016, non assume alcuna rilevanza dirimente nella fattispecie atteso che la materia della mobilità professionale del personale contrattualizzato rientra pacificamente nella giurisdizione del giudice ordinario ma la predetta circostanza non esclude che, comunque, la procedura della mobilità del personale docente concretizzi un’attività procedimentale di rilievo pubblicistico con la conseguente accessibilità in questa sede agli atti tutti in cui la predetta procedura si articola;
– la circostanza che, poi, l’algoritmo sia stato realizzato non direttamente da parte del M.I.U.R. per mezzo dei propri funzionari o personale dipendente ma a opera della società di cui sopra cui la creazione dello stesso è stata commissionata da parte dell’amministrazione a seguito di aggiudicazione di procedura di appalto e che costituisca, quindi, l’oggetto di una contrattazione di tipo privatistico, non è di per se ostativa proprio in quanto, indipendentemente dalla natura pubblicistica o privatistica della disciplina sostanziale, l’algoritmo è diretta espressione dell’attività svolta dalla pubblica amministrazione che è indubbiamente attività di pubblico interesse in quanto interessante l’organizzazione del servizio pubblico rappresentato dalla pubblica istruzione e, infatti, il predetto algoritmo è entrato nella procedura quale elemento decisivo e lo stesso è, comunque, stabilmente detenuto dalla stessa amministrazione ministeriale che lo ha commissionato e, quindi, utilizzato per le proprie finalità.
In ordine alla qualificazione del software che gestisce l’algoritmo di cui trattasi in termini di atto amministrativo si ritiene necessario – premesso tutto quanto in precedenza rilevato al riguardo, che, nella sostanza integra le conclusioni del ragionamento al riguardo – proprio attesa la novità e la complessità della questione, soffermarsi più diffusamente sulla natura del cd. atto amministrativo informatico.
Rispetto all’atto materialmente redatto mediante lo strumento informatico e, quindi, sostanzialmente con un programma di videoscrittura, si pone ad un altro livello il cd. atto a elaborazione elettronica, ossia l’atto amministrativo che è predisposto mediante il computer. In questo caso l’elaborazione del contenuto dell’atto viene affidata interamente allo strumento informatico e, quindi, in definitiva alla macchina, la quale provvede direttamente al reperimento, al collegamento e alla interrelazione tra norme e dati assumendo, conseguentemente, un ruolo strumentale rispetto all’atto amministrativo conclusivo. Nella predetta fattispecie è l’elaborazione stessa del contenuto dell’atto che si svolge elettronicamente, elaborazione che consiste, appunto, nello svolgimento dell’iter logico che conduce alla redazione dell’atto finale in relazione al rispettivo contenuto e che concretizza la sua motivazione; il documento finale che contiene la predetta elaborazione, invece, può avere qualsiasi forma ammessa dall’ordinamento e, quindi, essere anche cartaceo, come avviene negli atti amministrativi di stampo tradizionale.
Alla luce della predetta differenziazione tra la forma elettronica dell’atto e l’elaborazione elettronica del medesimo, deve rilevarsi che, secondo una parte della dottrina, solo l’atto amministrativo in forma elettronica è definito atto amministrativo informatico in senso stretto, escludendo, pertanto, dalla riconducibilità alla predetta fattispecie l’atto amministrativo a elaborazione elettronica, con le relative possibili conseguenze anche sotto il profilo che interessa dell’accesso agli atti.
Al riguardo deve premettersi che, sotto l’indicato specifico profilo del procedimento amministrativo e dell’accesso alla documentazione amministrativa, il tenore testuale della lett. d) dell’art. 22 della legge n. 241 del 1990, come modificata e integrata dalla legge n. 15 del 2005, conduce a una nozione particolarmente estesa dell’atto amministrativo informatico, che tiene, pertanto, conto della sostanziale valenza amministrativa del documento piuttosto che della sua provenienza, atteso che è specificatamente previsto che sono ricompresi nella relativa nozione anche gli atti di natura privata quanto alla relativa disciplina sostanziale che, tuttavia, si inseriscono e utilizzano nell’ambito e per le finalità di attività a rilevanza pubblicistica, ossia gli atti funzionali all’interesse pubblico; deve, inoltre, ritenersi che vi sono, inoltre, ricompresi gli atti cd. endoprocedimentali, ossia gli atti che si inseriscono all’interno del procedimento e rappresentano i singoli passaggi del relativo iter e che sono funzionalizzati all’adozione del provvedimento finale nonchè anche gli atti cd. interni, ossia gli atti attraverso i quali l’amministrazione organizza la propria attività procedimentale.
La nozione di documento amministrativo informatico è, pertanto, di estrema rilevanza ai fini della esatta definizione del perimetro oggettivo di esercizio del diritto all’accesso alla documentazione amministrativa ai sensi della richiamata legge n. 241 del 1990.
Tanto premesso, sul punto non si ritiene, in questa sede, di accedere all’interpretazione restrittiva di cui sopra in ordine alla definizione dell’atto amministrativo informatico in senso stretto, per le considerazioni tutte che seguono.
Si è già detto in ordine alle specifiche caratteristiche dell’atto amministrativo a elaborazione elettronica quanto alla modalità di definizione del relativo contenuto dispositivo e ci si potrebbe al riguardo soffermare sull’ulteriore questione dell’esatta estensione dell’ambito di operatività della predetta specifica tipologia di atto amministrativo informatico quanto al diverso tenore della discrezionalità esercitata nella specifica materia da parte dell’amministrazione pubblica. E, infatti, si può agevolmente concordare in ordine alla circostanza che la predetta tipologia di atto informatico è giuridicamente ammissibile e legittimo quanto all’attività vincolata dell’amministrazione, atteso che l’attività vincolata è compatibile con la logica propria dell’elaboratore elettronico in quanto il software traduce gli elementi di fatto e i dati giuridici in linguaggio matematico dando vita a un ragionamento logico formalizzato che porta a una conclusione che, sulla base dei dati iniziali, è immutabile. Come è evidente, diversamente è a dirsi quanto all’attività discrezionale della pubblica amministrazione, nell’ambito della quale l’amministrazione ha la possibilità di scelta dei mezzi da utilizzare ai fini della realizzazione dei fini determinati dalla legge; al riguardo potrebbe ritenersi che, in realtà, l’ammissibilità dell’elaborazione elettronica dell’atto amministrativo non è legata alla natura discrezionale o vincolata dell’atto quanto invece essenzialmente alla possibilità, che tuttavia è scientifica e non invece giuridica, di ricostruzione dell’iter logico sulla base del quale l’atto stesso possa essere emanato per mezzo di procedure automatizzate quanto al relativo contenuto dispositivo.
Premesso che, allo stato, la prevalente dottrina ritiene che l’esercizio del potere discrezionale sia, con qualche riserva, incompatibile con l’elaborazione elettronica dell’atto amministrativo, si ritiene, tuttavia, di potere prescindere, in questa sede, dall’esame della relativa interessantissima questione giuridica, atteso che l’attività in cui si concretizza l’algoritmo di cui trattasi, ossia l’individuazione concreta della sede di spettanza del singolo docente in sede di mobilità per l’anno scolastico in corso appare – come emerge dalla stessa descrizione del funzionamento dell’algoritmo di cui trattasi e di cui al memorandum impugnato del 15.9.2016, redatto da parte della medesima società privata che, su incarico del M.I.U.R., ha predisposto il predetto algoritmo – frutto di attività vincolata dell’amministrazione; attività che si presenta, invero, particolarmente complessa esclusivamente in considerazione degli innumerevoli elementi che devono essere valutati ai predetti fini ma che prescindono, comunque, da una valutazione discrezionale degli stessi da parte dell’amministrazione, trattandosi di elementi di tipo oggettivo e di immediato riscontro, di talché l’amministrazione è tenuta, pertanto, soltanto a acquisirli tutti al procedimento e ad interrelazionarli correttamente tra di loro ai fini dell’adozione dell’atto finale, ossia appunto l’individuazione concreta della specifica sede di servizio di spettanza del singolo docente interessato dalla mobilità per l’anno in corso.
Tanto premesso quanto all’atto a elaborazione informatica, occorre a questo punto soffermarsi sulla natura giuridica del software sotto il profilo che interessa, atteso che l’algoritmo di cui trattasi funziona attraverso un apposito software del quale, si ribadisce, l’amministrazione, per mezzo della società privata che lo ha elaborato, ha fornito la descrizione a parte ricorrente ma del quale non ha invece messo a disposizione della medesima parte i relativi cd. codici sorgenti o linguaggio sorgente.
L’elaborazione elettronica è, infatti, generalmente affidata a un apposito software, ossia a un programma informatico specifico.
Il software è, quindi, l’espressione di un insieme organizzato e strutturato di istruzioni contenute in qualsiasi forma o supporto capace direttamente o indirettamente di fare eseguire o fare ottenere una funzione, un compito o un risultato particolare per mezzo di un sistema di elaborazione elettronica dell’informazione e con linguaggio o codice sorgente si intende il testo di un algoritmo di un programma scritto in un linguaggio ed in fase di programmazione e compreso all’interno di un file sorgente.
Il codice sorgente scritto dovrà essere opportunamente elaborato per arrivare a un programma eseguibile dal processore ponendosi dunque come punto di partenza (“sorgente”) dell’intero processo che porta all’esecuzione del programma stesso da parte dell’hardware della macchina, e che può includere altre fasi come precompilazione, compilazione, interpretazione, caricamento e linking (a seconda del tipo di linguaggio di programmazione utilizzato) per concludersi con l’installazione.
La scrittura del codice sorgente presuppone la risoluzione (a monte o di pari passo) del problema iniziale da risolvere e automatizzare sotto forma di algoritmo risolutivo (eventualmente ricorrendo ad un diagramma di flusso o ad uno pseudolinguaggio), di cui la fase di scrittura del codice rappresenta la fase implementativa (programmazione) ad opera di un programmatore tramite un editor di testo (spesso compreso all’interno di un ambiente di sviluppo integrato) rispettando lessico e sintassi del particolare linguaggio di programmazione scelto/utilizzato.
Tanto premesso quanto al linguaggio sorgente si rileva ulteriormente quanto segue.
Il software assume una rilevanza essenziale nell’ambito del procedimento amministrativo finalizzato all’adozione di un atto a elaborazione informatica e la sua stessa qualificazione giuridica in termini di atto amministrativo informatico è importante a diversi fini e, primo tra tutti, proprio ai fini della verifica dell’ammissibilità dell’accesso di cui agli artt. 22 e ss. della legge n. 241 del 1990 al relativo programma informatico e, in definitiva, al suo cd. linguaggio sorgente.
Gli argomenti che sono addotti da parte di chi dubita della predetta qualificazione giuridica del software sono essenzialmente i seguenti:
– il software ha natura prettamente informatica in quanto è compilato mediante linguaggi di programmazione che sono conosciuti esclusivamente dai programmatori informatici e che, di per sé, sono solitamente incomprensibili non solo al funzionario che ne fa uso ai fini dell’elaborazione della decisione finale del procedimento amministrativo ma anche al privato destinatario dell’atto stesso;
– il software non è solitamente imputabile all’amministrazione o a un funzionario pubblico in quanto il relativo programma informatico non è elaborato direttamente da parte dell’amministrazione pubblica ma da parte di un soggetto privato competente in materia anche se sulla base delle indicazioni puntuali sui criteri e le finalità di natura amministrativa;
– le decisioni dell’attività dell’amministrazione vengono, in realtà, prese a monte dell’elaborazione elettronica sia per quanto concerne il ricorso alla predetta tipologia di elaborazione che per quanto concerne la definizione dell’architettura stessa del software, che si limita, pertanto, a rendere effettive le determinazioni al riguardo dell’amministrazione e, quindi, il software è in sostanza l’esecuzione di una decisione amministrativa già presa e perfezionatasi, che è di per sé già direttamente produttrice di effetti giuridici;
– il software svolge una mera funzione di ausilio all’attività del funzionario pubblico in quanto la volontà dell’atto informatico è la volontà dell’autorità amministrativa procedente e non invece un mero prodotto di macchina;
– il software concretizza una mera modalità di esecuzione di una volontà dell’amministrazione che, tuttavia, è già stata espressa.
Sebbene non si sottovalutino in questa sede le predette argomentazioni che colgono alcuni degli aspetti specifici della questione, tuttavia, si ritiene che la qualificabilità in termini di atto amministrativo informatico del software ai fini che interessano possa essere fondatamente sostenuta sulla base delle seguenti considerazioni:
– è con il software che si concretizza la volontà finale dell’amministrazione procedente;
– è con il software che, in definitiva, l’amministrazione costituisce, modifica o estingue le situazioni giuridiche individuali anche se lo stesso non produce effetti in via diretta all’esterno;
– il software finisce per identificarsi e concretizzare lo stesso procedimento;
– la circostanza che il software sia compilato mediante linguaggi di programmazione che sono solitamente incomprensibili non solo al funzionario che ne fa uso ai fini della elaborazione della decisione finale del procedimento amministrativo ma anche al privato destinatario dell’atto stesso non appare dirimente atteso che, da un lato, la predetta circostanza è conseguenza della scelta, questa sì discrezionale dell’amministrazione di ricorrere a uno strumento innovativo, quale è ancora la programmazione informatica, per la gestione di un procedimento di propria spettanza e competenza e che, dall’altro, ai fini della sua comprensione e della verifica della sua correttezza, il privato destinatario dell’atto, in particolare, può, comunque, legittimamente avvalersi dell’attività professionale di un informatico competente in materia;
– la circostanza che il software non sia elaborato direttamente da parte dell’amministrazione pubblica ma da parte di un soggetto privato specificatamente competente in materia, anche se sulla base delle indicazioni puntuali in ordine ai criteri e alle finalità di natura amministrativa fornite dalla stessa amministrazione, parimenti, non assume valenza dirimente ai fini che interessano, in quanto già in precedenza si è rilevato come la stessa nozione di atto amministrativo informatico, per come elaborata in sede di accesso agli atti nell’ambito dell’art. 22, comma 1, lett. d), della legge n. 241 del 1990, sia idonea a ricomprendere in sé anche atti di provenienza e disciplina sostanziale di natura privatistica, purché utilizzati da un’amministrazione nell’ambito di un’attività di rilievo pubblicistico;
– quanto all’argomentazione centrale secondo cui il software costituirebbe in sostanza l’esecuzione mera di una decisione amministrativa già presa e che è di per sé già direttamente produttrice di effetti giuridici, si rileva che:
— quanto alla decisione di fare ricorso all’elaborazione elettronica ai fini della definizione del contenuto dell’atto, la predetta decisione si sostanzia, in realtà, esclusivamente nella metodologia prescelta dall’amministrazione ai fini dell’articolazione e dello svolgimento del procedimento amministrativo, che si presenta alternativa rispetto a quella tradizionale della materiale acquisizione al procedimento caso per caso di tutti gli elementi decisivi ai fini dell’assunzione della decisione finale e, pertanto, la decisione al riguardo dell’amministrazione assume essenzialmente una valenza di tipo organizzativo dell’attività amministrativa stessa ma non influisce sulla qualificazione giuridica del software stesso, una volta che sia stato commissionato e predisposto e quindi utilizzato per i fini cui è destinato all’interno del procedimento;
— per quanto concerne la definizione dell’architettura stessa del software, si rappresenta che, in realtà, per mezzo del software si attribuisce specifico contenuto ed effettiva concretezza a una decisione che l’amministrazione ha soltanto delineato nei suoi presupposti in via ordinaria e non può, pertanto, ritenersi che, per il solo fatto che si tratti di attività vincolata e delineata puntualmente nei suoi presupposti, si tratti esclusivamente di una modalità di esecuzione, atteso che è il software che, in concreto, tiene conto dei singoli passaggi procedurali in cui si sarebbe dovuto concretizzare il procedimento ordinariamente svolto da parte di un funzionario pubblico-persona fisica.
D’altronde è il ricorso a strumenti innovativi da parte dell’amministrazione per la gestione della propria attività procedimentale e provvedimentale che impone all’interprete di fronteggiare, con un approccio più aperto e non legato indissolubilmente alle logiche preesistenti, le problematiche di tipo giuridico che ne conseguono e non può, peraltro, fondatamente ritenersi che la scelta discrezionale dell’amministrazione di ricorrere a un programma informatico al fine di gestire un procedimento che la stessa amministrazione ha costruito in un certo articolato e complesso modo, alla luce delle varianti che la medesima ha ritenuto di dovervi introdurre al fine di giungere alla definizione del contenuto del provvedimento finale sulla base della normativa in materia, si rifletta in senso limitativo all’accessibilità conoscitiva da parte del destinatario dell’atto il cui concreto contenuto dispositivo è stato, in definitiva, elaborato esclusivamente attraverso un programma informatico appositamente elaborato.
Di qui l’affermata qualificazione in termini giuridici del software, ossia del programma elaborato con linguaggio tecnico informatico, quale atto amministrativo cd. informatico in senso stretto ai fini che interessano della sua piena accessibilità in sede di accesso agli atti ai sensi dell’art. 22 della legge n. 241 del 1990.
Con riferimento alla fattispecie concreta, quindi, si ritiene che, sebbene l’amministrazione abbia effettivamente fornito a parte ricorrente, con il richiamato memorandum, le istruzioni espresse in lingua italiana e in forma di algoritmo in quanto descrittive della sequenza ordinata dei relativi passaggi logici, il che permette evidentemente di assicurare la comprensibilità del funzionamento del software anche al cittadino comune, tuttavia, non si può fondatamente escludere l’interesse e il diritto per il destinatario dell’atto, e nella presente fattispecie dell’associazione sindacale che rappresenta i predetti destinatari, di avere piena contezza anche del programma informatico che può aversi solo con l’acquisizione del relativo linguaggio sorgente, indicato nel ricorso come codice sorgente, del software relativo all’algoritmo di cui trattasi.
E’ evidente, infatti, che la mera descrizione dell’algoritmo e del suo funzionamento in lingua italiana non assolve alla medesima funzione conoscitiva data dall’acquisizione diretta del linguaggio informatico sorgente.
Quanto poi alla natura di opera dell’ingegno del software che gestisce l’algoritmo, valgono le seguenti considerazioni:
– con linguaggio sorgente si intende il testo di un algoritmo di un programma scritto in un linguaggio di programmazione da parte di un programmatore in fase di programmazione;
– il software è, quindi, l’espressione di un insieme organizzato e strutturato di istruzioni contenuti in qualsiasi forma o supporto capace direttamente o indirettamente di fare eseguire o fare ottenere una funzione, un compito o un risultato particolare per mezzo di un sistema di elaborazione elettronica dell’informazione;
– la qualificazione giuridica del software quale opera dell’ingegno è stata effettuata con la direttiva CEE91/250 recepita nel nostro ordinamento giuridico con il d.lgs. n. 518 del 1992 che ha modificato sul punto la legge n. 633 del 1941 sul diritto d’autore;
– il software è, tuttavia, tutelato nel nostro ordinamento come opera dell’ingegno se e in quanto abbia i requisiti tecnici per rientrare nella definizione di cui art 2, comma 1, n. 8 della predetta legge n. 633 del 1941 nella parte in cui si riferisce espressamente ai programmi per elaboratori;
– sono, pertanto, protetti come opere dell’ingegno anche i programmi per elaboratore, alla stregua di opere letterarie, nonché le banche di dati ma l’importante è che si possa ravvisare una creazione intellettuale dell’autore con riguardo alle scelte stilistiche, di organizzazione o di particolare disposizione del materiale;
– deve, pertanto, essere valutato se il codice di programmazione di un software abbia carattere creativo, essendo questo, il più delle volte, composto di nozioni semplici, comunemente conosciute dai programmatori;
– anche nel caso del software, quindi, al fine di stabilire se l’opera specifica, ossia il programma, sia frutto o meno di una elaborazione creativa originale, si rende necessario premettere e precisare che l’originalità e la creatività sussistono anche qualora l’opera in questione sia composta da idee e nozioni semplici comprese nel patrimonio intellettuale di persone aventi esperienza nella materia propria dell’opera stessa, purché esse risultino formulate ed organizzate in modo personale ed autonomo rispetto alle precedenti e ciò che conta è, quindi, la formulazione e l’organizzazione personale ed autonoma ed è solo il modo in cui l’autore decide di rielaborare tra loro i contenuti, concatenarli, mescolarli e restituirli che fa nascere il concetto di creatività;
– non è, pertanto, il linguaggio di programmazione in sé a determinare la creatività ma il modo in cui questo viene concatenato al fine di rispondere un output specifico;
– in definitiva, il software può essere tutelato ai sensi della disciplina sul diritto d’autore, avuto riguardo al modo in cui questo viene sviluppato, organizzato ed elaborato;
– la creazione dell’opera dell’ingegno implica, poi, l’acquisizione in capo all’autore del diritto allo sfruttamento economico dell’opera e dei diritti morali;
– il diritto morale dell’autore, che si sostanzia nel diritto al riconoscimento della paternità dell’opera, è un diritto indisponibile della persona mentre, invece, i diritti all’utilizzazione economica dell’opera possono costituire oggetto di una cessione parziale o totale mediante la stipulazione di appositi contratti per i quali la forma scritta è prevista esclusivamente a fini probatori e trovano la loro disciplina quanto al programma per elaboratore nell’art. 64 bis della legge n. 633 del 1941;
– in particolare, nel caso di software personalizzato – ossia realizzato specificatamente per soddisfare le esigenze particolari di un cliente – realizzato su commissione, la regolamentazione dei diritti patrimoniali del programma per elaboratore non è predisposta dalla legge ma è rimessa alla libera pattuizione delle parti contrattuali nell’ambito del contratto per lo sviluppo del software;
– l’algoritmo di cui trattasi è stato commissionato dal M.I.U.R. all’indicata società privata HPE s.r.l. nella qualità di mandatario del RTI tra HPE e Finmeccanica s.p.a. aggiudicatario del lotto di gestione dei servizi applicativi del sistema informativo dell’Istruzione;
– il predetto software, appositamente commissionato per le esigenze dell’amministrazione e conseguentemente realizzato dalla predetta società, appare integrare effettivamente un’opera dell’ingegno secondo quanto dedotto nel riscontro dell’amministrazione in mancanza, in questa sede, di elementi che facciano propendere per la tesi negativa;
– in ordine ai diritti di sfruttamento economico del software che interessa, poi, nessuno specifico riferimento viene effettuato da parte dell’amministrazione al riguardo la quale si è limitata a invocare la natura di opera dell’ingegno del predetto software e la conseguenza necessità di assicurarne la tutela;
– deve, pertanto, presupporsi che negli accordi contrattuali con la società HPE s.r.l., realizzatrice e sviluppatrice del programma informatico che regge l’algoritmo, vi sia una pattuizione specifica che attribuisce proprio all’amministrazione il predetto diritto o comunque che evidentemente alcun diritto all’utilizzo economico sia riconosciuto in capo alla società privata;
– la predetta società privata, peraltro, nella redazione del predetto memorandum a essa direttamente attribuibile, non spende una parola al riguardo, motivo per il quale, peraltro, in questa sede non si è ritenuto, nonostante alcun cenno al riguardo sia stato effettuato nelle difese delle parti, che il ricorso fosse inammissibile per la mancata notificazione al controinteressato;
– la predetta circostanza di cui sopra, ossia della qualificabilità in termini di opera dell’ingegno del software di cui trattasi, tuttavia, non assume la rilevanza dirimente che l’amministrazione intenderebbe attribuirgli, come emerge dal verbale impugnato;
– e, infatti, in materia di accesso agli atti della P.A., a norma dell’art. 24 della legge n. 241/1990, la natura di opera dell’ingegno dei documenti di cui si chiede l’ostensione non rappresenta una causa di esclusione dall’accesso;
– in particolare, la disciplina dettata a tutela del diritto di autore e della proprietà intellettuale è, come in precedenza brevemente rappresentato, funzionale a garantire gli interessi economici dell’autore ovvero del titolare dell’opera intellettuale, mentre la normativa sull’accesso agli atti è funzionale a garantire altri interessi e, in questi limiti, deve essere consentita la visione e anche l’estrazione di copia;
– né il diritto di autore né la proprietà intellettuale precludono la semplice riproduzione, ma precludono, invece, al massimo, soltanto la riproduzione che consenta uno sfruttamento economico e, non essendo l’accesso lesivo di tale diritto all’uso economico esclusivo dell’opera, l’ostensione deve essere consentita nelle forme richieste da parte dell’interessato, ossia della visione e dell’estrazione di copia, fermo restando che delle informazioni ottenute dovrà essere fatto un uso appropriato, ossia esclusivamente un uso funzionale all’interesse fatto valere con l’istanza di accesso che, per espressa allegazione della parte ricorrente, è rappresentato dalla tutela dei diritti dei propri affiliati, in quanto ciò costituisce non solo la funzione per cui è consentito l’accesso stesso, ma nello stesso tempo anche il limite di utilizzo dei dati appresi, con conseguente responsabilità diretta dell’avente diritto all’accesso nei confronti del titolare del software;
– nella fattispecie, indubbiamente l’accesso richiesto si presenta particolarmente penetrante in quanto indirizzato proprio ai cd. codici sorgenti o linguaggio sorgente del software dell’algoritmo ma, tuttavia, deve ritenersi che l’interesse sotteso alla richiesta avanzata dalla parte ricorrente effettivamente non possa ritenersi essere stata adeguatamente soddisfatta dal memorandum richiamato e appositamente predisposto da parte della software house nella parte in cui contiene la descrizione del predetto algoritmo e del suo funzionamento in quanto, evidentemente e intuitivamente, la descrizione della modalità di funzionamento dell’algoritmo assicura una conoscenza assolutamente non paragonabile a quella che deriverebbe dall’acquisizione del richiesto linguaggio sorgente, atteso che, se non altro, la predetta descrizione è, comunque, atto di parte;
– le valutazioni in ordine alla funzionalità concreta del predetto algoritmo o anche a monte all’esistenza di eventuali errori nella programmazione possono, pertanto, essere effettuate esclusivamente alla luce della piena conoscenza del medesimo che può essere assicurata in modo completo soltanto con il richiesto penetrante accesso ai relativi codici sorgenti.
Per quanto attiene, poi, al richiamo all’art 6 del d.lgs. n. 97 del 2016, si premette che la predetta norma dispone testualmente che “2. Dopo l’articolo 5 sono inseriti i seguenti: «Art. 5-bis (Esclusioni e limiti all’accesso civico). – … 2. L’accesso di cui all’articolo 5, comma 2, è altresì rifiutato se il diniego è necessario per evitare un pregiudizio concreto alla tutela di uno dei seguenti interessi privati:
a) la protezione dei dati personali, in conformità con la disciplina legislativa in materia;
b) la libertà e la segretezza della corrispondenza;
c) gli interessi economici e commerciali di una persona fisica o giuridica, ivi compresi la proprietà intellettuale, il diritto d’autore e i segreti commerciali. … 6. Ai fini della definizione delle esclusioni e dei limiti all’accesso civico di cui al presente articolo, l’Autorità nazionale anticorruzione, d’intesa con il Garante per la protezione dei dati personali e sentita la Conferenza unificata di cui all’articolo 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, adotta linee guida recanti indicazioni operative.”.
Al riguardo deve, tuttavia, rilevarsi che l’accesso generalizzato deve essere tenuto distinto dalla disciplina dell’accesso ai documenti amministrativi di cui agli articoli 22 e seguenti della legge 7 agosto 1990, n. 241, ossia dall’accesso cd. documentale, in quanto la finalità dell’accesso documentale ex legge n. 241/90 è, in effetti, ben differente da quella sottesa all’accesso generalizzato ed è quella di porre i soggetti interessati in grado di esercitare al meglio le facoltà –
partecipative e/o oppositive e difensive – che l’ordinamento attribuisce loro a tutela delle posizioni giuridiche qualificate di cui sono titolari. Più precisamente, dal punto di vista soggettivo, ai fini dell’istanza di accesso ex lege 241 il richiedente deve dimostrare di essere titolare di un «interesse diretto, concreto e attuale, corrispondente ad una situazione giuridicamente tutelata e
collegata al documento al quale è chiesto l’accesso». Mentre la legge n. 241/90 esclude, inoltre, perentoriamente l’utilizzo del diritto di accesso ivi disciplinato al fine di sottoporre l’amministrazione a un controllo generalizzato, il diritto di accesso generalizzato, oltre che quello «semplice», è riconosciuto proprio «allo scopo di favorire forme diffuse di controllo sul perseguimento delle funzioni istituzionali e sull’utilizzo delle risorse pubbliche e di promuovere la partecipazione al dibattito pubblico».
Dunque, l’accesso agli atti di cui alla legge n. 241/90 continua certamente a sussistere, ma parallelamente all’accesso civico (generalizzato e non), operando sulla base di norme e presupposti diversi.
Tenere ben distinte le due fattispecie è essenziale per calibrare i diversi interessi in gioco allorchè si renda necessario un bilanciamento caso per caso tra tali interessi. Tale bilanciamento è, infatti, ben diverso nel caso dell’accesso ex lege n. 241 del 1990 dove la tutela può consentire un accesso più in profondità a dati pertinenti e nel caso dell’accesso generalizzato, dove le esigenze di controllo diffuso del cittadino devono consentire un accesso meno in profondità (se del caso, in relazione all’operatività dei limiti) ma più esteso, avendo presente che l’accesso in questo caso comporta, di fatto, una larga conoscibilità (e diffusione) di dati, documenti e informazioni.
Vi saranno dunque ipotesi residuali in cui sarà possibile, ove titolari di una situazione giuridica qualificata, accedere ad atti e documenti per i quali è, invece, negato l’accesso generalizzato.
Da quanto esposto consegue che il richiamo al predetto art. 6 del d.lgs. n. 97 del 2016 nella parte in cui introduce l’art. 5 bis al d.lgs. n. 33 del 2013, non assume alcuna rilevanza dirimente ai fini che interessano.
Conclusivamente il ricorso deve essere accolto siccome fondato nel merito e conseguentemente deve essere ordinato all’amministrazione di procedere nei termini di cui al dispositivo che segue al rilascio a parte ricorrente di copia del linguaggio sorgente del software che gestisce l’algoritmo relativo alla mobilità del personale docente per l’a.s. 2016/2017 di cui all’O.M. M.I.U.R. n. 241 del 2016.
Attesa la peculiarietà e la novità delle questioni sottese, si ritiene di dover disporre tra le parti costituite la compensazione delle spese del presente giudizio.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Terza bis), definitivamente pronunciando sui ricorsi, come in epigrafe proposti, li accoglie e, per l’effetto, annulla gli atti impugnati e ordina al M.I.U.R. il rilascio alla parte ricorrente di copia dei cd. codici sorgente del software dell’algoritmo di gestione della procedura della mobilità dei docenti per l’a.s. 2016/2017 di cui all’O.M. M.I.U.R. n. 241 del 2016 nel termine di 30 (trenta) giorni decorrenti dalla notifica a cura di parte o dalla comunicazione d’ufficio della presente sentenza.
Spese compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 14 febbraio 2017 con l’intervento dei magistrati:
Riccardo Savoia, Presidente
Maria Cristina Quiligotti, Consigliere, Estensore
Ines Simona Immacolata Pisano, Consigliere
L’ESTENSORE | IL PRESIDENTE | |
Maria Cristina Quiligotti | Riccardo Savoia | |
IL SEGRETARIO