Appalti di servizi legali: la sentenza del TAR Puglia

Il TAR Puglia – Lecce, Sez. II, con la sentenza n. 875 del 31 maggio 2017, si è pronunciato sulla legittimità di un appalto di servizi legali indetto da un Comune secondo il criterio del prezzo più basso e sulle modalità con cui l’amministrazione comunale ha determinato l’importo dell’appalto.

Il Collegio ha affermato la riconducibilità del caso in esame alla disposizione di cui all’art. 95 del D. Lgs. 50/2016, il quale stabilisce che “salve le disposizioni legislative, regolamentari o amministrative relative al prezzo di determinate forniture o alla remunerazione di servizi specifici, le stazioni appaltanti, nel rispetto dei principi di trasparenza, di non discriminazione e di parità di trattamento, procedono all’aggiudicazione degli appalti e all’affidamento dei concorsi di progettazione e dei concorsi di idee, sulla base del criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa individuata sulla base del miglior rapporto qualità/prezzo o sulla base dell’elemento prezzo o del costo, seguendo un criterio di comparazione costo/efficacia quale il costo del ciclo di vita, conformemente all’articolo 96”.

A parere del TAR pugliese, infatti, è pacifico che sia il legislatore italiano sia quello comunitario (Dir. 2014/24/UE) hanno accordato una evidente preferenza per l’applicazione di criteri di aggiudicazione che si basino su una accurata valutazione del miglior rapporto qualità/prezzo, quale è, per ovvie ragioni, il criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa, mettendo in disparte il criterio del prezzo più basso, che va circoscritto ad ipotesi espressamente previste.

Si legge, inoltre, dalla sentenza: “In tale prospettiva, il criterio qualità/prezzo è certamente più agevolmente coniugabile (rispetto al criterio del massimo ribasso) con il disposto dell’art. 2233, 2° comma, cod. civ., che – nel disciplinare il contratto d’opera intellettuale, cui è pur sempre riconducibile l’attività legale – dispone che “in ogni caso la misura del compenso deve essere adeguata all’importanza dell’opera e al decoro della professione”.

Infine, conclude la sentenza: “Le considerazioni innanzi svolte dimostrano – conformemente alle deduzioni ricorsuali – le ragioni dell’illegittimità della scelta dell’amministrazione comunale di procedere con il criterio del prezzo più basso, atteso che esso non è compatibile con le disposizioni dell’art. 95 del codice – come si è detto, per più motivi applicabile all’appalto per cui è causa – poiché il legislatore ne ha reso possibile l’applicazione solo in presenza di prestazioni ripetitive ovvero standardizzate, connotati questi che certo non possono ritenersi propri della attività legale che si caratterizza, invece, proprio per la peculiarità e specificità di ciascuna questione, sia essa contenziosa o stragiudiziale”.

Si riporta di seguito il testo della sentenza.

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Pubblicato il 31/05/2017

N. 00875/2017 REG.PROV.COLL.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia

Lecce – Sezione Seconda

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 1875 del 2016, proposto da:
Ordine degli Avvocati di Lecce presso Corte d’Appello di Lecce, in persona del legale rappresentante p.t., rappresentato e difeso dall’avvocato Luciano Ancora, con domicilio eletto presso il suo studio in Lecce, via Imbriani, 30;
Camera Amministrativa Distrettuale Avvocati di Lecce Brindisi Taranto, in persona del legale rappresentante p.t., rappresentata e difesa dagli avvocati Luciano Ancora, Giuseppe Misserini, con domicilio eletto presso lo studio del primo in Lecce, via Imbriani, 30;
Associazione Italiana dei Giovani Avvocati – Aiga Sezione di Lecce, in persona del legale rappresentante p.t., rappresentata e difesa dall’avvocato Guglielmo Napolitano, con domicilio eletto presso lo studio dell’avv. Luciano Ancora in Lecce, via Imbriani, 30;
Valeria Pellegrino, rappresentata e difesa da se medesima , con domicilio eletto presso lo studio dell’avv. Luciano Ancora in Lecce, via Imbriani, 30;
Luciano Ancora, rappresentato e difeso da se medesimo, con domicilio eletto presso il suo studio in Lecce, via Imbriani, 30;
Guglielmo Napolitano, rappresentato e difeso da se medesimo, con domicilio eletto presso lo studio dell’avv. Luciano Ancora in Lecce, via Imbriani, 30;
Cosimo Rampino, rappresentato e difeso da se medesimo, con domicilio eletto presso lo studio dell’avv. Luciano Ancora in Lecce, via Imbriani, 30;
Vincenzo Caprioli, rappresentato e difeso da se medesimo, con domicilio eletto presso lo studio dell’avv. Luciano Ancora in Lecce, via Imbriani, 30;

contro

Comune di Racale, in persona del legale rappresentante p.t., rappresentato e difeso dall’avvocato Francesco Saverio Marini, con domicilio eletto presso lo studio dell’avv. Ernesto Sticchi Damiani in Lecce, via 95 Rgt Fanteria, 9;

nei confronti di

Daniele Santantonio, non costituito in giudizio;

per l’annullamento

– della delibera G.C. n. 143 del 30.6.2016;

– della determina dirigenziale n. 745/RG del 2.11.2016;

– del bando di gara per l’affidamento del servizio giuridico-legale per il Comune di Racale del 2.11.2016 e dell’allegato disciplinare di oneri, pubblicato sull’Albo Pretorio del Comune di Racale dal 2.11.2016 al 23.11.2016;

– dell’aggiudicazione provvisoria del 24.11.2016 a favore dell’avv. Daniele Santantonio, pubblicato sull’Albo Pretorio il 24.11.2016;

– della determina n. 823/RG del 30.11.2016;

di ogni atto connesso, presupposto e/o consequenziale.

Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visto l’atto di costituzione in giudizio del Comune di Racale;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell’udienza pubblica del giorno 29 marzo 2017 la dott.ssa Claudia Lattanzi e uditi gli avv.ti V. Pellegrino, G. Misserini e G. Capozzi, per i ricorrenti, e l’avv. A. Scalcione, in sostituzione dell’avv. prof. F.sco Saverio Marini, per il Comune;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO

I ricorrenti hanno impugnato gli atti con cui il comune di Racale ha indetto una gara, per l’affidamento della gestione del contenzioso e del supporto giuridico-legale ai vari uffici, e la successiva aggiudicazione provvisoria.

I ricorrenti hanno dedotto i seguenti motivi: 1. Violazione art. 7, comma 6, d.lgs. 165/2001; eccesso di potere per falsa applicazione del d.lgs. 50/2016; eccesso di potere per carenza di istruttoria. 2. Violazione e/o falsa applicazione del d.lgs. 50/2016; eccesso di potere per irragionevolezza e illogicità manifeste. 3. Violazione e/o falsa applicazione degli artt. 95 e 83 del d.lgs. 50/2016; eccesso di potere per illogicità e irragionevolezza manifeste; carenza di istruttoria. 4. Violazione di legge; violazione d.lgs. 50/2016 e, in particolare, degli artt. 3 e 95, comma 2; violazione del d.m. 55/2014; violazione dell’art. 2233, comma 2, c.c.; violazione dei principi i tema di appalto a corpo e di indeterminatezza dell’oggetto. 5. Falsa ed erronea interpretazione ed applicazione degli artt. 17, 4, 60 e 95, del d.lgs. 50/2016; violazione dei principi generali in materia di organizzazione e struttura dei servizi comunali, anche di cui al d.lgs. 267/2000; violazione degli artt. 18, 19 e 23 della l. 247/2012; violazione dei principi generali in tema di obbligo di svolgimento del concorso pubblico; falsa ed erronea interpretazione ed applicazione degli artt. 7, comma 6, 6 bis, 6 ter e 6 quater del d.lgs. 165/2001, dell’art. 110, comma 6 del d.lgs. 267/2000, dell’art. 2222 e ss. c.c. e dell’art., comma 56, della l. 244/2007, in considerazione anche del d.l. 112/2008; assoluta carenza motivazionale; violazione di legge; sviamento di potere.

Sostengono i ricorrenti: che la prestazione professionale prevista dal bando non rientra nell’ambito di applicazione del d.lgs. 50/2016, ma deve ritenersi regolata dagli artt. 7 e 8 del d.lgs. 165/2001; che la prestazione di rappresentanza legale non rientra nell’ambito dell’appalto; che comunque, anche a voler ammettere l’appalto di servizi legali, non è possibile affidare questi servizi con il criterio del massimo ribasso e senza idonei criteri di selezione; che, in ragione dell’importo a base d’asta, l’affidamento del servizio, essendo sottosoglia, risulta disciplinato dall’art. 95 del Codice che ammette il criterio del minor prezzo solo per i servizi con caratteristiche standardizzate o le cui condizioni sono definite dal mercato; che non sono stati indicati idonei criteri di selezione; che sussiste una carenza di istruttoria in ordine alla determinazione dell’importo del prezzo base su cui operare il ribasso; che si tratta di un contratto a misura e non a corpo; che il prezzo previsto è violativo dell’art. 2233, comma 2, c.c.; che, in ragione delle modalità di svolgimento del servizio richiesto, si è, in sostanza, acquisita senza concorso la disponibilità di prestazioni professionali assimilabili a quelle del lavoro dipendente; che ciò integra una ulteriore illegittimità sotto il profilo dell’incompatibilità con il regime proprio dell’attività dell’avvocato esercente la libera professione.

I ricorrenti hanno poi chiesto il rinvio pregiudiziale alla Corte di giustizia sulla questione se la direttiva 2014/24/UE osti a una disciplina nazionale che preveda la possibilità di indire una procedura a evidenza pubblica per l’affidamento di un appalto di servizi legali.

Il Comune, con memoria del 16 gennaio 2017, ha eccepito l’inammissibilità del ricorso collettivo per la disomogeneità delle posizioni sostanziali vantate dai ricorrenti, nonché per difetto di legittimazione a ricorrere in capo alle varie categorie di ricorrenti, e l’irricevibilità del ricorso.

Nel merito ha rilevato: che con l’entrata in vigore del nuovo codice dei contratti non si può più applicare l’art. 7, comma 6, d.lgs. 165/2001; che il nuovo codice chiarisce che lo svolgimento di attività giuridico-legale in favore delle amministrazioni configura un appalto di servizi; che le amministrazioni possono scegliere di avviare una vera e propria procedura di gara; che nessuna norma preclude l’utilizzo del criterio del massimo ribasso; che l’art. 95 del codice non può applicarsi al caso in esame posto che è uno dei servizi per i quali trovano applicazione solo gli artt. 140, 142, 143 e 144; che nessuna disposizione impone alla stazione appaltante di prevedere speciali criteri di qualificazione; che alla procedura hanno partecipato 17 professionisti con la conseguenza che il prezzo determinato non può ritenersi incongruo; che le tariffe professionali sono state abrogate; che il Comune non ha assunto alcun nuovo dipendente.

Con ordinanza 21/2017 è stata accolta la richiesta misura cautelare.

Le parti hanno depositato ulteriori memorie.

Alla pubblica udienza del 29 marzo 2017 il ricorso è stato trattenuto in decisione.

DIRITTO

1. Ha carattere preliminare l’esame delle eccezioni di inammissibilità proposte dalla difesa comunale.

1.1. Infondata è l’eccezione con la quale si contesta l’ammissibilità del ricorso collettivo.

Sul punto va richiamato il pacifico indirizzo in base al quale il ricorso collettivo, presentato da una pluralità di soggetti con un unico atto, è ammissibile nel solo caso in cui sussistano, congiuntamente, il requisito dell’identità di situazioni sostanziali e processuali – ossia che le domande giudiziali siano identiche nell’oggetto, che gli atti impugnati abbiano lo stesso contenuto e vengano censurati per gli stessi motivi – e il requisito dell’assenza di un conflitto di interessi tra le parti (cfr. ex plurimis Tar Lecce, sez. III, 08 agosto /2016,  n. 1324; Cons. Stato, sez. VI, 18 febbraio 2015, nr. 831; id., sez. III, 20 maggio 2014, nr. 2581; id., sez. IV, 29 dicembre 2011, nr. 6990).

Nel caso in esame sussistono i requisiti per la proposizione del ricorso collettivo atteso che tra i ricorrenti non vi è alcun conflitto di interessi, tendendo tutti alla tutela della dignità professionale; la domanda giudiziale formulata è la stessa, avendo chiesto tutti l’annullamento dei medesimi atti e le censure formulate avverso gli atti impugnati sono le stesse.

1.2. In relazione alla dedotta inammissibilità per difetto di legittimazione si rileva quanto segue.

L’eccezione è fondata per quanto riguarda l’Ordine degli Avvocati, posto che, com’è stato precisato dall’Adunanza Plenaria (9/2015) “è, inoltre, indispensabile che l’interesse tutelato con l’intervento sia comune a tutti gli associati, che non vengano tutelate le posizioni soggettive solo di una parte degli stessi e che non siano, in definitiva, configurabili conflitti interni all’associazione (anche con gli interessi di uno solo dei consociati), che implicherebbero automaticamente il difetto del carattere generale e rappresentativo della posizione azionata in giudizio (cfr. ex multis Cons. St., sez. III, 27 aprile 2015, n.2150)”.

Nel caso in esame, l’interesse di cui si chiede tutela (la dignità professionale) è un interesse che pur appartenendo alla generalità della categoria degli associati, e quindi anche agli avvocati che hanno partecipato all’appalto in questione, e in particolare all’avvocato controinteressato che è risultato aggiudicatario, si pone in conflitto con l’interesse al bene della vita da questi ultimi concretamente perseguito attraverso la partecipazione alla gara in questione.

1.3. Discorso diverso deve essere fatto per la Camera Amministrativa e l’Associazione Italiana dei Giovani Avvocati, posto che per queste associazioni non è stata data la prova dell’appartenenza del controinteressato, o anche degli altri avvocati partecipanti, a queste associazioni.

1.4. Deve, poi, ritenersi ammissibile il ricorso dei singoli avvocati, posto che questi contestano in radice l’avviso pubblico, perché contiene varie disposizioni ritenute incompatibili con l’ordinamento forense, tra cui quella che prevede la corresponsione di un compenso ritenuto irrisorio – per tutte le procedure contenziose e stragiudiziali, per un anno, l’importo a base d’asta era di € 18.000,00 e quello di aggiudicazione di € 6.633,00 – a fronte della mole del contenzioso dell’ente. “Ne consegue che si rientra nell’ambito dell’impugnazione delle clausole degli atti di indizione di procedure selettive che rendono impossibile la stessa formulazione dell’offerta, per le quali la giurisprudenza amministrativa ammette pacificamente l’impugnabilità immediata indipendentemente dalla presentazione dell’istanza di partecipazione. Non avrebbe, infatti, senso partecipare a una selezione che si ritiene non avrebbe potuto essere indetta alle condizioni previste nel bando” (così Tar Palermo, sez. III, 22 dicembre 2016, n. 3057).

1.5. Infondata è poi l’eccezione di tardività.

Il ricorso concerne l’affidamento di un pubblico servizio, sicché trova applicazione la disposizione speciale di cui all’art. 120 comma 5 c.p.a., a mente del quale “per l’impugnazione degli atti di cui al presente articolo [cioè dei provvedimenti concernenti le procedure di affidamento di pubblici lavori, servizi e forniture, n.d.r.] il ricorso, principale o incidentale, e i motivi aggiunti, anche avverso atti diversi da quelli già impugnati, devono essere proposti nel termine di trenta giorni, decorrente, per il ricorso principale e per i motivi aggiunti, dalla ricezione della comunicazione di cui all’articolo 79 del decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163, o, per i bandi e gli avvisi con cui si indice una gara, autonomamente lesivi, dalla pubblicazione di cui all’articolo 66, comma 8, dello stesso decreto; ovvero, in ogni altro caso, dalla conoscenza dell’atto. Per il ricorso incidentale la decorrenza del termine è disciplinata dall’articolo 42″.

Secondo la giurisprudenza che si condivide “La disposizione fa decorrere il termine d’impugnazione “dalla conoscenza dell’atto”, che è concetto ben diverso da quello di “piena conoscenza” richiamato dalla norma generale, siccome interpretato da una costante giurisprudenza. Dunque, in mancanza della prova della conoscenza dell’atto, il termine per impugnare l’affidamento non poteva che decorrere dalla pubblicazione della deliberazione all’albo pretorio, pubblicazione che realizza – per l’appunto – la conoscenza (legale) dell’atto” (Tar Liguria, sez. II, 08 febbraio 2016, n. 120).

Ora, tenuto conto che il bando è stato pubblicato nell’albo pretorio dal 2 novembre 2016 al 23 novembre 2016, e che il ricorso è stato notificato il 22 dicembre 2016, lo stesso risulta tempestivo.

2. Nel merito.

2.1. Infondato è il motivo di ricorso con cui si contesta l’applicazione alla tipologia di servizi in questione della disciplina del d.lgs. 50/2016.

Il nuovo codice dei contratti, che, per quanto qui interessa, ha fedelmente recepito le direttive comunitarie, ha mantenuto i servizi legali tra gli appalti elencati nell’allegato IX, cui si applica il regime “alleggerito” ex artt. 140 e ss., mentre all’art. 17 sono elencati tra gli appalti esclusi dall’applicazione del codice quelli di servizi concernenti cinque tipologie di servizi legali tra cui, per quanto qui interessa, quelli di “rappresentanza legale di un cliente da parte di un avvocato ai sensi dell’articolo 1 della legge 9 febbraio 1982, n. 31, e successive modificazioni”.

Nel caso di specie, è pacifico che il bando aveva ad oggetto sia l’affidamento relativo all’attività contenziosa, rientrante nel citato art. 17, sia l’affidamento di attività stragiudiziale rientrante negli appalti di servizi di cui al citato allegato IX.

Quest’ultima, soprattutto quando ha carattere generale, deve essere affidata nel rispetto delle previsioni del codice dei contratti.

Nel caso in esame non è possibile apprezzare se risulti prevalente l’attività contenziosa (il cui affidamento è sottratto al codice dei contratti) o quella stragiudiziale (da affidare nel rispetto del codice dei contratti e delle altre norme dell’ordinamento applicabili) e, a ben vedere, non è neanche necessario tale accertamento poiché l’amministrazione ha inteso operare un unico affidamento sia per il contenzioso sia per l’attività stragiudiziale, di talchè una siffatta scelta non poteva che comportare la necessità della procedura ad evidenza pubblica, quale che fosse l’estensione e il “peso” delle attività stragiudiziali, pena, altrimenti, la violazione delle norme che ne regolano l’affidamento. Peraltro, la ordinaria sottrazione dell’affidamento del contenzioso alle procedure del codice dei contratti non preclude certo all’amministrazione di far ricorso ad esse per propria scelta, non risultando rinvenibile un divieto in tal senso.

Va da sé che la decisione di operare un unico affidamento – sia del contenzioso sia dell’attività stragiudiziale – impone, come innanzi già esposto, il rispetto delle norme del codice dei contratti pubblici e delle altre disposizioni dell’ordinamento.

Di qui l’insussistenza dei presupposti per una rimessione della questione alla Corte di Giustizia.

2.2. Ciò premesso, al fine di individuare, per quanto in questa sede necessario, le disposizioni applicabili all’affidamento dei servizi legali, occorre rammentare che, oltre agli artt. 140, 142, 143 e 144, trova applicazione all’appalto de quo anche l’art. 95 d.lgs. 50/2016 – concernente i criteri di aggiudicazione – come rilevato da una condivisibile giurisprudenza, “in virtù dell’esplicito rinvio operato, per tutti gli appalti dei settori speciali, dall’art. 133, I comma, dello stesso Codice (applicabile anche ai servizi specifici di cui all’Allegato IX, per effetto della previsione dell’art. 114, I comma, il quale estende in via generale l’applicabilità della disciplina del Titolo VI – Capo I del Codice, ivi compreso l’art. 133 e le norme da quest’ultimo richiamate, anche ai servizi elencati nell’Allegato IX e menzionati nell’art. 140, I comma)” (Tar Calabria, Reggio Calabria, sez. I, 30 novembre 2016, n. 1186).

L’art. 95 codice dei contratti pubblici, prevede che “salve le disposizioni legislative, regolamentari o amministrative relative al prezzo di determinate forniture o alla remunerazione di servizi specifici, le stazioni appaltanti, nel rispetto dei principi di trasparenza, di non discriminazione e di parità di trattamento, procedono all’aggiudicazione degli appalti e all’affidamento dei concorsi di progettazione e dei concorsi di idee, sulla base del criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa individuata sulla base del miglior rapporto qualità/prezzo o sulla base dell’elemento prezzo o del costo, seguendo un criterio di comparazione costo/efficacia quale il costo del ciclo di vita, conformemente all’articolo 96” (comma 2).

Per il comma 4 “Può essere utilizzato il criterio del minor prezzo: a) per i lavori di importo pari o inferiore a 1.000.000 di euro, tenuto conto che la rispondenza ai requisiti di qualità è garantita dall’obbligo che la procedura di gara avvenga sulla base del progetto esecutivo; b) per i servizi e le forniture con caratteristiche standardizzate o le cui condizioni sono definite dal mercato; c) per i servizi e le forniture di importo inferiore alla soglia di cui all’articolo 35, caratterizzati da elevata ripetitività, fatta eccezione per quelli di notevole contenuto tecnologico o che hanno un carattere innovativo”.

Il D. Lgs. n. 50/2016 e, prima ancora, la direttiva 2014/24/UE, ha segnato una netta preferenza per l’applicazione di criteri di aggiudicazione che si fondino su un complessivo apprezzamento del miglior rapporto qualità/prezzo, relegando il tradizionale criterio del prezzo più basso ad ipotesi tassativamente individuate. Conseguentemente, il criterio di aggiudicazione fondato sul rapporto qualità/prezzo costituisce un principio immanente al sistema che consente l’applicazione del prezzo più basso solo nei casi espressamente previsti.

In tale prospettiva, il criterio qualità/prezzo è certamente più agevolmente coniugabile (rispetto al criterio del massimo ribasso) con il disposto dell’art. 2233, 2° comma, cod. civ., che – nel disciplinare il contratto d’opera intellettuale, cui è pur sempre riconducibile l’attività legale – dispone che “in ogni caso la misura del compenso deve essere adeguata all’importanza dell’opera e al decoro della professione”.

Le considerazioni innanzi svolte dimostrano – conformemente alle deduzioni ricorsuali – le ragioni dell’illegittimità della scelta dell’amministrazione comunale di procedere con il criterio del prezzo più basso, atteso che esso non è compatibile con le disposizioni dell’art. 95 del codice – come si è detto, per più motivi applicabile all’appalto per cui è causa – poiché il legislatore ne ha reso possibile l’applicazione solo in presenza di prestazioni ripetitive ovvero standardizzate, connotati questi che certo non possono ritenersi propri della attività legale che si caratterizza, invece, proprio per la peculiarità e specificità di ciascuna questione, sia essa contenziosa o stragiudiziale.

2.3. È inoltre fondato il motivo con cui si contestano le modalità con cui l’amministrazione comunale ha determinato l’importo dell’appalto.

I servizi esclusi dall’ambito oggettivo di applicazione del Codice, quale quello in esame, sono comunque soggetti aiprincipi di economicità, efficacia, imparzialità, parità di trattamento, trasparenza, proporzionalità, pubblicità, tutela dell’ambiente ed efficienza energetica” ex art. 4 Codice.

L’applicazione dei principi di trasparenza e di pubblicità richiedono che ogni potenziale offerente sia messo in condizione di essere a conoscenza di tutte le informazioni necessarie all’appalto in modo tale da consentire un’offerta completa ed adeguata.

Nel caso in esame, l’amministrazione comunale ha omesso del tutto l’applicazione di questi principi.

Infatti, nessuna motivazione è stata data in ordine alla congruità del compenso posto a base di gara, e non è stata effettuata alcuna istruttoria per determinare i parametri, quali la tipologia o quantità del contenzioso anche prendendo in considerazione gli anni precedenti, idonei per determinare il prezzo posto a base di gara e per permettere un’offerta consapevole.

Infatti, l’impossibilità di predeterminare il numero e gli importi dei procedimenti contenziosi, nonché la qualità e quantità dell’attività stragiudiziale, preclude qualsiasi serio apprezzamento della congruità dell’importo a base d’asta che, almeno teoricamente, l’amministrazione avrebbe potuto confortare ove avesse fornito dati statistici desunti dall’attività svolta negli anni precedenti.

3 In conclusione, il ricorso, previa dichiarazione di inammissibilità dello stesso per difetto di legittimazione attiva nei confronti dell’Ordine degli Avvocati, va accolto, nei termini innanzi indicati, con assorbimento delle censure non esaminate.

4. Le spese possono essere eccezionalmente compensate data la novità della questione.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia Lecce – Sezione Seconda definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe, previa dichiarazione di inammissibilità dello stesso nei confronti dell’Ordine degli Avvocati di Lecce per difetto di legittimazione attiva, lo accoglie, nei termini di cui in motivazione, e, per l’effetto, annulla i provvedimenti impugnati.

Spese compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Così deciso in Lecce nella camera di consiglio del giorno 29 marzo 2017 con l’intervento dei magistrati:

Eleonora Di Santo, Presidente

Ettore Manca, Consigliere

Claudia Lattanzi, Primo Referendario, Estensore

L’ESTENSORE IL PRESIDENTE
Claudia Lattanzi Eleonora Di Santo

IL SEGRETARIO

Redazione

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