Ecco una possibile soluzione alla traccia sul contratto di vitalizio alimentare (QUI IL TESTO) proposta dalla nostra redazione. (Per i riferimenti normativi CLICCA QUI).
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La traccia richiede di illustrare le questioni sottese al caso in esame che concerne le possibili azioni a tutela delle ragioni di Caia, circa la validità o meno del contratto stipulato tra la stessa e la nipote Mevia.
E’ opportuno premettere che il rapporto negoziale instauratosi tra Caia e Mevia configura lo schema del contratto di mantenimento” o di “vitalizio alimentare”.
Si tratta di un contratto atipico, non essendo lo stesso riconducibile ad alcun tipo contrattuale disciplinato specificamente dall’ordinamento italiano, ma rientra a pieno titolo nel novero di quei contratti lasciati all’autonomia negoziale delle parti ex art. 1322, comma 2, c.c., secondo cui “le parti possono anche concludere contratti che non appartengano ai tipi aventi una disciplina particolare, purché siano diretti a realizzare interessi meritevoli di tutela secondo l’ordinamento giuridico”.
L’aleatorietà è l’elemento caratterizzante il contratto di vitalizio alimentare, costituendone, per l’appunto, la causa stessa.
Sulla definizione del contratto in questione è d’uopo citare l’orientamento recente della Corte di Cassazione (Cass. Civ. Sez. II, 09/05/2017 n. 11290), secondo cui “il vitalizio alimentare è il contratto con il quale una parte si obbliga, in corrispettivo dell’alienazione di un immobile o della attribuzione di altri beni od utilità, a fornire all’altra parte vitto, alloggio ed assistenza, per tutta la durata della vita ed in correlazione ai suoi bisogni”.
Nel caso di specie Caia ha trasferito a Mevia la nuda proprietà dell’appartamento in cui vive riservando per sé l’usufrutto dello stesso, a condizione che Mevia si impegnasse ad offrire quotidiana assistenza alla zia Caia ammalata provvedendo alle sue esigenze alimentari, alla pulizia della casa e al supporto nella somministrazione dei farmaci nonché al sostegno per ogni spostamento necessario.
Come ha ribadito la Suprema Corte, inoltre, devono essere individuati i tratti di differenziazione tra il vitalizio alimentare e la rendita vitalizia, che è disciplinata dall’art. 1872 c.c., per il carattere più accentuato dell’alea, la quale, “lungi dal venire meno o attenuarsi, si correla a un duplice fattore di incertezza, costituito dalla durata della vita del vitaliziato e dalla variabilità’ e discontinuità delle prestazioni in rapporto al suo stato di bisogno e di salute (Cass. Civ. Sez. II, del 22/04/2016 n. 8209).
Nel vitalizio alimentare, pertanto, le obbligazioni contrattuali hanno come contenuto prestazioni di di “dare” e “facere” di carattere morale e “spirituale”, che possono essere individuate nella compagnia, nell’accompagnamento e nel sostegno di una persona anziana (nel caso di specie quale corrispettivo della cessione della nuda proprietà dell’immobile).
Proprio per il fatto che il contratto di mantenimento è incerto, il contraente non conosce a priori l’entità della propria prestazione, strettamente connessa alla durata della vita del beneficiario. Questo rischio è elemento essenziale di questo negozio giuridico, pena la nullità del contratto stesso.
Nella fattispecie Mevia, nipote di Caia, era conscia del male incurabile della zia Caia e del poco tempo che le sarebbe rimasto da vivere, e solo per tale ragione Mevia aveva indotto Caia alla stipula del contratto.
Tuttavia, è proprio tale consapevolezza a far venir meno la causa del contratto di vitalizio alimentare, difettando proprio l’incertezza delle prestazioni e facendo sì che si crei una radicale sproporzione tra le stesse, data la breve aspettativa di vita di Caia a causa delle sue precarie condizioni di salute.
A tale proposito, risolutiva appare una pronuncia della Suprema Corte che ha statuito che “il contratto atipico cosiddetto di mantenimento (o di vitalizio alimentare o assistenziale) è essenzialmente caratterizzato dall’aleatorietà, la cui individuazione postula effettivamente la comparazione delle prestazioni sulla base di dati omogenei, ovvero la capitalizzazione delle rendite e delle utilità periodiche dovute nel complesso al vitaliziante, secondo un giudizio di presumibile equivalenza o di palese sproporzione da impostarsi con riferimento al momento di conclusione del contratto e al grado e ai limiti di obiettiva incertezza, sussistenti a detta epoca, in ordine alla durata della vita e alle esigenze assistenziali del vitaliziato. L’alea deve, comunque, escludersi e il contratto va dichiarato nullo se, al momento della conclusione, il beneficiario stesso fosse affetto da malattia che, per natura e gravità, rendeva estremamente probabile un rapido esito letale, e che ne abbia in effetti provocato la morte, dopo breve tempo, o se questi avesse un’età talmente avanzata da non poter certamente sopravvivere, anche secondo le previsioni più ottimistiche, oltre un arco di tempo determinabile”. (Cass. Civ., sez. II, 23/11/2016, n. 23895).
E ancora: non è trascurabile, sotto il profilo giuridico, l’ulteriore condotta posta in essere da Mevia, la quale, non prestando più assistenza alla zia Caia da 6 mesi, si è resa inadempiente di fatto rispetto alle prestazioni oggetto del contratto.
Sul punto va menzionata una pronuncia della Cassazione, che ha stabilito che “nel contratto atipico di vitalizio alimentare con cessione della nuda proprietà dell’immobile, l’inadempimento di prendersi cura sotto il profilo materiale e morale del proprietario della casa si ripercuote sul diritto ad acquisire la proprietà dell’immobile”. (Cass. Civ, Sez. III, 21/06/2016, n. 12746).
Secondo la Cassazione, siamo di fronte ad una ipotesi tipica di inadempimento contrattuale ex art. 1453 c.c.
Per quanto sopra esposto, si può concludere in questi termini:
1) il contratto stipulato tra Mevia e Caia è un contratto atipico e configura lo schema del c.d. “vitalizio alimentare” o “mantenimento”, avente carattere aleatorio;
2) Caia ha titolo per proporre domanda di nullità per difetto di causa (essendo venuto a mancare l’elemento dell’alea);
3) in subordine Caia, in caso di mancato accoglimento della propria domanda di nullità, può chiedere la risoluzione del contratto ai sensi dell’art. 1453 c.c. e relativo risarcimento del danno nei confronti della nipote Mevia, la quale è inadempiente per non avere ottemperato ai compiti di assistenza derivanti dalla propria obbligazione, o comunque può chiedere l’adempimento della prestazione stessa.