Ecco una possibile e veloce soluzione alla seconda traccia del parere di diritto penale (QUI IL TESTO) proposta dalla nostra redazione. (Per i riferimenti normativi CLICCA QUI).
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La questione sottoposta alla nostra attenzione riguarda i reati configurabili o meno a carico di Tizio, nonché in ordine alla procedibilità dell’azione penale e alla possibile applicazione di misure cautelari.
A tal proposito due sono le fattispecie di reato configurabili nel caso di specie, ossia il reato di truffa di cui all’art. 640 c.p. e quella di furto in abitazione, ai sensi dell’art. 624-bis.
Ai sensi dell’art. 640 c.p., “Chiunque, con artifizi o raggiri, inducendo taluno in errore, procura a sé o ad altri un ingiusto profitto con altrui danno, è punito con la reclusione da sei mesi a tre anni e con la multa da cinquantuno euro a milletrentadue euro”.
Perché possa realizzarsi la fattispecie di reato, l’errore della vittima del raggiro deve avere come conseguenza contemporanea sia il profitto dell’agente sia il danno dell’offeso, tra i quali sussiste una inevitabile connessione. Mentre il danno deve avere necessariamente carattere patrimoniale, il profitto può avere anche natura morale o affettiva, in grado così di avvantaggiare l’agente o un terzo.
Dunque, nel caso di specie, Tizio, con artifici e raggiri, presentandosi alla vittima, Mevio, come amico del figlio di quest’ultimo, e rappresentando di vantare un credito di euro 500,00 proprio nei confronti del figlio, di trovarsi in momentanee ristrettezze economiche e di essere intenzionato ad agire in giudizio nei confronti del predetto per ottenere la soddisfazione del proprio credito, è riuscito a convincere l’anziano signore a consegnargli tale somma.
E v’è di più: nel caso in esame, è ascrivibile a Tizio persino la circostanza aggravante della minorata difesa di cui all’art. 640, comma 2, n. 2-bis c.p. (fatto commesso in presenza della circostanza di cui all’art. 61 n.5 c.p.), in quanto il reato è stato posto in essere approfittando dell’età avanzata della vittima.
Su tale punto è intervenuta altresì la Suprema Corte, la quale ha affermato che “la circostanza aggravante di aver approfittato di circostanze di tempo, di luogo o di persona tali da ostacolare la pubblica o privata difesa, a seguito della modifica normativa introdotta dalla legge n. 94 del 2009, deve essere specificamente valutata anche in riferimento all’età senile e alla debolezza fisica della persona offesa, avendo voluto il legislatore assegnare rilevanza ad una serie di situazioni che denotano nel soggetto passivo una particolare vulnerabilità della quale l’agente trae consapevolmente vantaggio” (Cass. Pen., Sez. V, 10 novembre 2016, n. 47545).
La seconda questione da esaminare concerne, invece, l’ascrivibilità in capo a Tizio del reato di furto in abitazione ex art. 624-bis c.p. e se, nel caso oggetto della nostra disamina, possa applicarsi anche l’aggravante della destrezza, così come sancito dall’art. 625, comma 1, n. 4, c.p.
Come ormai chiarito dalla giurisprudenza, la fattispecie di furto in abitazione costituisce un’autonoma figura di reato. Ciò che rileva è che il furto avviene “mediante introduzione in un edificio o in altro luogo destinato in tutto o in parte a privata dimora o nelle pertinenze di essa”, intendendosi per privata dimora “qualsiasi luogo nel quale le persone si trattengano per compiere, anche in modo transitorio, atti della loro vita privata” (Cass. Pen., Sez. V, 22725/2010).
Nel caso di specie Tizio ha posto in essere la condotta tipica del furto in abitazione, essendosi impossessato dell’ulteriore somma di euro 300,00 rinvenuta nell’abitazione di Mevio.
Di tale somma Tizio si è impadronito frugando in un cassetto del soggiorno di Mevio e beneficiando di una momentanea distrazione di quest’ultimo. Tale condotta deve essere valutata ai fini dell’applicabilità o meno dell’aggravante della destrezza.
Sul punto è intervenuta per dirimere un vivace contrasto giurisprudenziale la Cassazione a Sezioni Unite, la quale con un’importante sentenza, ha statuito che “se il furto si realizza a fronte della distrazione del detentore, o dell’abbandono incustodito del bene, anche se per un breve lasso di tempo, che non siano preordinati e cagionati dall’autore, né accompagnati da altre modalità insidiose e abili che ne divergono l’attenzione dalla cosa, il fatto manifesta la sola ordinaria modalità furtiva, inidonea a ledere più intensamente e gravemente il bene tutelato ed è privo dell’ulteriore disvalore preteso per realizzare la circostanza aggravante e per giustificare punizione più seria.” (Cass. Pen. Sez. Unite, Sent. 12 luglio 2017, n. 34090).
Tale pronuncia escluderebbe l’applicabilità dell’aggravante della destrezza nei confronti di Tizio. Tuttavia, valgono le considerazioni svolte in precedenza per l’applicabilità della circostanza aggravante della “minorata difesa” ex art. 61, n. 5, c.p.
Ultima questione da affrontare è quella della procedibilità dell’azione penale e alla possibilità di applicazione di misure cautelari.
Tizio, infatti, pluripregiudicato per reati specifici, ragione per cui è da applicarsi la fattispecie contenuta all’art. 99, comma 2, n. 1, c.p. (recidiva, in quanto il nuovo delitto non colposo è della stessa indole).
E ancora: la presenza di telecamere di sicurezza nel palazzo e la possibilità concreta dell’identificazione di Tizio costituiscono gravi indizi di colpevolezza nei confronti di Tizio, apparendo sussistente anche il pericolo di fuga di quest’ultimo. Ciò giustifica a pieno titolo l’applicazione di misure cautelari nei suoi riguardi.
Per quanto sopra esposto, si può così concludere:
1) a Tizio potrebbero essere ascritti il reati di truffa ex art. 640, comma 2, e il reato di furto in abitazione ex art. 624-bis c.p. in concorso materiale tra gli stessi (ex art. 81, comma 2, c.p.)
2) ad entrambi i reati può essere applicata la circostanza aggravante della minorata difesa ex art. 61, n. 5, c.p. in considerazione dell’età di Mevio, vittima del raggiro e del furto subiti;
3) l’applicabilità nei confronti di Tizio della circostanza aggravante ex art. 61, n. 5, c.p., nonché di quella della recidiva ex art. 99 c.p., fanno sì che ambedue i reati siano procedibili d’ufficio e non su querela di parte.
4) è possibile l’applicazione della misura della custodia cautelare in carcere.