Bocciata la normativa sui vincoli di finanza pubblica sugli enti locali con la sentenza della Corte Costituzionale N. 101/2018 (presidente Lattanzi, redattore Carosi) depositata il 17 maggio 2018. In particolare, la Corte Costituzionale ha stabilito che l’obbligo per Regioni ed enti locali di rispettare ogni anno il pareggio di bilancio non può bloccare i «risparmi» accumulati negli esercizi precedenti che servono a finanziare investimenti pluriennali.
BOCCIATO IL BLOCCO DELL’AVANZO DI AMMINISTRAZIONE E DEL FONDO PLURIENNALE VINCOLATO A PARTIRE DAL 2020
È incostituzionale il blocco dell’avanzo di amministrazione e del fondo pluriennale vincolato (FPV) degli enti territoriali a partire dal 2020. Lo ha stabilito la Corte costituzionale con la sentenza n. 101/2018 depositata oggi (relatore Aldo Carosi),
La sentenza precisa che tale incostituzionalità non ha effetti negativi sugli equilibri della finanza pubblica allargata poiché i cespiti inerenti al FPV e all’avanzo di amministrazione, se legittimamente accertati, costituiscono fonti sicure di copertura di spese già programmate e avviate. Al contrario, la preclusione a utilizzare le quote di avanzo di amministrazione disponibili e i fondi già destinati a spese pluriennali muterebbe la “sostanza costituzionale” del cosiddetto pareggio, configurandolo come “attivo strutturale inertizzato”, cioè inutilizzabile per le destinazioni già programmate e, in quanto tale, costituzionalmente non conforme agli articoli 81 e 97 della Costituzione.
Infine, la Corte ha formulato un monito sulla qualità della legislazione finanziaria in materia: “Nell’ambito delle spese di natura pluriennale e, in particolare, degli investimenti – si legge nella sentenza -, il principio della copertura consiste nell’assoluto equilibrio tra risorse e spese, sia in fase previsionale che durante l’intero arco di realizzazione degli interventi.
La sottrazione ex lege di parte delle risorse attuative di programmi già perfezionati negli esercizi precedenti finisce per
ledere anche l’autonomia dell’ente territoriale che vi è sottoposto”.
Rimane comunque necessaria una vigilanza sul corretto accertamento degli avanzi e della destinazione del fondo pluriennale vincolato. In particolare, tali risorse non possono essere confuse con le disponibilità di cassa momentanee. “I saldi attivi di cassa, infatti, non sono di per sé sintomatici di sana e virtuosa amministrazione, in quanto legati a una serie di variabili negative – tra le quali spicca la possibile esistenza di debiti sommersi – in grado di dissimulare la reale situazione economico-finanziaria dell’ente”.
La Corte ha poi dichiarato costituzionalmente illegittimo nei soli confronti delle Province autonome di Trento e di Bolzano e della Regione Friuli-Venezia Giulia il comma 475, lettere a) e b), dell’articolo 1 della legge n. 232 del 2016 nella parte in cui prevede che gli enti locali di tali autonomie territoriali “sono tenuti a versare l’importo della sanzione per il mancato conseguimento dell’equilibrio di bilancio alle casse dello Stato anziché a quelle delle Provincie autonome di appartenenza”.
Infine, è stato dichiarato illegittimo, per violazione del giudicato costituzionale di cui alla sentenza n. 188 del 2016, l’articolo 1, comma 519, della medesima legge di bilancio. Il giudicato violato stabiliva che al Friuli-Venezia Giulia spettasse il conguaglio del gettito IMU risultante dal confronto tra gli accertamenti effettivi del triennio 2012-2015 e le somme accantonate preventivamente dallo Stato per tale periodo.
Roma, 17 maggio 2018
In allegato la sentenza della Corte Costituzionale N. 101/2018