Invio di una domanda via PEC, in mancanza della firma sulla domanda e sul documento.

La mancata sottoscrizione del documento di identità non inficia la validità della domanda o dell’istanza, se questa viene mandata via PEC, se la domanda è sottoscritta, e se vi è incluso il documento. La Pec, da sola, è sufficiente da sola a dimostrare l’identità del richiedente, anche senza firma sul documento.

Nel caso sottoposto al TAR Campania (7 marzo 2018, n. 1445) in una procedura di selezione pubblica, veniva mandata una domanda di partecipazione tramite la personale casella p.e.c. all’indirizzo all’uopo indicato dalla lex specialis. La domanda in parola risultava regolarmente firmata dalla candidata, mentre la copia della carta di identità, ad essa allegata, non risulta recare la richiesta sottoscrizione della candidata medesima.

In questo caso va disapplicata la normativa del bando, laddove prevede l’esclusione della candidata in caso di omissione del documento firmato.

La Pec e la firma sulla domanda, infatti, già da sole dimostrano l’identità del soggetto richiedente.

La presenza della sottoscrizione della domanda e del documento è sufficiente a provare l’identità, e non è necessario

Secondo il TAR Campania in questo senso, milita, innanzitutto, il tenore del comb. disp. artt. 38, comma 2, del d.p.r. n. 445/2000 (“Le istanze e le dichiarazioni inviate per via telematica, ivi comprese le domande per la partecipazione a selezioni e concorsi per l’assunzione, a qualsiasi titolo, in tutte le pubbliche amministrazioni … sono valide se effettuate secondo quanto previsto dall’art. 65 del decreto legislativo 7 marzo 2005, n. 82”) e 65, comma 1, lett. c, del d.lgs. n. 82/2005 (“Le istanze e le dichiarazioni presentate per via telematica sono valide … se … sono sottoscritte e presentate unitamente alla copia del documento di identità”), il quale si limita a imporre la sottoscrizione dell’istanza telematica e l’allegazione (e non anche la sottoscrizione) della copia del documento di identità dell’istante.

A fronte di una simile previsione normativa, continuano i giudici campani, e  quindi in rapporto alle esigenze da essa presidiate (di certezza circa la provenienza dell’istanza e l’identità del soggetto proponente), che già sono assicurate dalla firma apposta in calce alla domanda e dall’allegazione della copia del documento di identità dell’istante, si rivela irragionevole e sproporzionato l’ulteriore onere partecipativo di sottoscrizione di quest’ultima.

L’inoltro tramite posta elettronica certificata (PEC) è sufficiente a identificare l’autore della domanda

I giudici campani aggiungono che la circolare esplicativo-interpretativa della Presidenza del Consiglio dei Ministri – Dipartimento della Funzione Pubblica n. 12/2010 (“Procedure concorsuali ed informatizzazione. Modalità di presentazione della domanda di ammissione ai concorsi pubblici indetti dalle amministrazioni. Chiarimenti e criteri interpretativi sull’utilizzo della p.e.c.”) ha chiarito che “l’inoltro tramite posta certificata … è già sufficiente a rendere valida l’istanza, a considerare identificato l’autore di essa, a ritenere la stessa regolarmente sottoscritta … non si rinviene in alcun modo nella normativa vigente in tema di concorsi la necessità di una presentazione dell’istanza con le modalità qualificate” di cui all’art. 65, comma 1, lett. a, b e c, del d.lgs. n. 82/2005, “fermo restando che qualora utilizzate dal candidato sono senz’altro da considerare valide da parte dell’amministrazione”.

Peraltro, proprio sulla scorta di tali direttive ermeneutiche, TAR Sicilia, Palermo, sez. I, n. 167/2018 ha ritenuto illegittimo il bando di concorso, “laddove preclude l’ammissibilità delle domande, in quanto prive di firma (digitale o sulla copia scansionate dei documenti allegati), ancorché presentate da un candidato a mezzo p.e.c., con casella di posta intestata allo stesso mittente”; e ciò, in quanto l’utilizzo di una casella di posta elettronica certificata intestata allo stesso mittente consente di ritenere soddisfatto il requisito della apposizione della firma.

 

Si riporta la sentenza Tar Campania 7 marzo 2018, n. 1445

Pubblicato il 07/03/2018

N. 01445/2018 REG.PROV.COLL.

N. 00234/2018 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania

(Sezione Prima)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

ex art. 60 cod. proc. amm.;

sul ricorso numero di registro generale 234 del 2018, proposto da:

Barbara Riccio, rappresentata e difesa dall’avvocato Maurizio Balletta, con domicilio eletto presso lo studio dell’avv. Grazia Basile, in Napoli, via Giovanni Paladino, n. 2;

contro

Ministero della giustizia, in persona del Ministro pro tempore, rappresentato e difeso per legge dall’Avvocatura distrettuale dello Stato di Napoli, domiciliataria in Napoli, via Armando Diaz, n. 11;

per l’annullamento

del provvedimento comunicato con nota prot. 163 del 12.1.2018, recante l’esclusione dalla selezione, per titoli preferenziali e colloquio d’idoneità, di professionisti esperti psicologi e criminologi ai sensi dell’art. 80, comma 4, della l. n. 354/1975, da inserire nell’elenco di cui all’art. 132 del d.p.r. n. 230/2000.

 

Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visto l’atto di costituzione in giudizio del Ministero della giustizia;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nella camera di consiglio del giorno 21 febbraio 2018 il dott. Olindo Di Popolo e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Sentite le stesse parti ai sensi dell’art. 60 cod. proc. amm.;

Premesso che:

– col ricorso in epigrafe, Riccio Barbara impugnava, chiedendone l’annullamento, previa adozione di misure cautelari, i seguenti atti, inerenti alla selezione, per titoli preferenziali e colloquio di idoneità, di professionisti esperti psicologi e criminologi ai sensi dell’art. 80, comma 4, della l. n. 354/1975, da inserire nell’elenco di cui all’art. 132 del d.p.r. n. 230/2000, indetta dal Ministero della giustizia – Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria – Provveditorato regionale della Campania: — provvedimento di esclusione dalla competizione, adottato dalla Commissione selezione esperti ex art. 80 o.p. e comunicato con nota del Provveditore regionale per la Campania del Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria, prot. n. 163, del 12 gennaio 2018; — avviso di selezione del 4 ottobre 2017, nella parte in cui era prescritta la firma del documento di identità da allegare alla domanda di partecipazione;

– l’impugnato provvedimento estromissivo era, segnatamente, motivato in base al rilievo che, in violazione dell’art. 4 dell’avviso di selezione, la candidata non aveva sottoscritto la copia del documento di identità allegata alla propria domanda di partecipazione;

– a supporto dell’impugnazione proposta, la ricorrente denunciava i seguenti vizi: violazione degli artt. 38, comma 2, del d.p.r. n. 445/2000 e 65, comma 1, lett. c, del d.lgs. n. 82/2005; violazione e falsa applicazione degli artt. 4 del d.p.c.m. 6 maggio 2009 e 61 del d.p.c.m. 22 febbraio 2013; eccesso di potere per inosservanza della circ. PCM – FP n. 12/2010; violazione e falsa applicazione dell’art. 97 Cost.; violazione dei principi di favor participationis, di proporzionalità e di soccorso istruttorio;

– si costituiva per resistere al gravame esperito ex adverso l’intimato Ministero della giustizia;

– il ricorso veniva chiamato all’udienza del 21 febbraio 2018 per la trattazione dell’incidente cautelare;

– nell’udienza cautelare emergeva che la causa era matura per la decisione di merito, essendo integro il contraddittorio, completa l’istruttoria e sussistendo gli altri presupposti di legge;

– le parti venivano sentite, oltre che sulla domanda cautelare, sulla possibilità di definizione della controversia nel merito e su tutte le questioni di fatto e di diritto che la definizione nel merito pone;

Considerato che:

– ai sensi dell’art. 4, comma 2, dell’avviso di selezione, “la domanda di partecipazione alla selezione, debitamente compilata in tutte le sue parti, sottoscritta e con allegato un valido documento di riconoscimento, anch’esso sottoscritto, a pena di esclusione, dovrà essere indirizzata al Provveditorato Regionale dell’Amministrazione Penitenziaria per la Campania – Napoli, inoltrandola mediante posta elettronica certificata all’indirizzo pr.napoli@giustiziacert.it indicando quale oggetto “Selezione esperti psicologi e criminologi”, oppure tramite raccomandata postale (con avviso di ricevimento) inviata al Provveditorato Regionale dell’Amministrazione Penitenziaria per la Campania – Napoli, via Nuova Poggioreale n. 167 – 80143 Napoli, entro e non oltre le ore 24:00 del trentesimo giorno successivo alla data di pubblicazione del presente avviso sul sito web del Ministero della giustizia”;

– nella specie, la Riccio ha inviato la propria domanda di partecipazione tramite la personale casella p.e.c. all’indirizzo all’uopo indicato dalla lex specialis (pr.napoli@giustiziacert.it);

– la domanda in parola risulta regolarmente firmata dalla candidata, mentre la copia della carta di identità ad essa allegata non risulta recare la richiesta sottoscrizione della candidata medesima;

– ebbene nonostante la comminatoria della sanzione espulsiva contenuta nel citato art. 4, comma 2, dell’avviso di selezione, tale omissione non era suscettibile di infirmare la domanda di partecipazione presentata dalla Riccio e, quindi, di comportare l’automatica esclusione di quest’ultima dalla competizione;

– in questo senso, milita, innanzitutto, il tenore del comb. disp. artt. 38, comma 2, del d.p.r. n. 445/2000 (“Le istanze e le dichiarazioni inviate per via telematica, ivi comprese le domande per la partecipazione a selezioni e concorsi per l’assunzione, a qualsiasi titolo, in tutte le pubbliche amministrazioni … sono valide se effettuate secondo quanto previsto dall’art. 65 del decreto legislativo 7 marzo 2005, n. 82”) e 65, comma 1, lett. c, del d.lgs. n. 82/2005 (“Le istanze e le dichiarazioni presentate per via telematica sono valide … se … sono sottoscritte e presentate unitamente alla copia del documento di identità”), il quale si limita a imporre la sottoscrizione dell’istanza telematica e l’allegazione (e non anche la sottoscrizione) della copia del documento di identità dell’istante;

– a fronte di una simile previsione normativa, e, quindi, in rapporto alle esigenze da essa presidiate (di certezza circa la provenienza dell’istanza e l’identità del soggetto proponente), che già sono assicurate dalla firma apposta in calce alla domanda e dall’allegazione della copia del documento di identità dell’istante, si rivela irragionevole e sproporzionato l’ulteriore onere partecipativo di sottoscrizione di quest’ultima;

– a quanto sopra si aggiunga che la circolare esplicativo-interpretativa della Presidenza del Consiglio dei Ministri – Dipartimento della Funzione Pubblica n. 12/2010 (“Procedure concorsuali ed informatizzazione. Modalità di presentazione della domanda di ammissione ai concorsi pubblici indetti dalle amministrazioni. Chiarimenti e criteri interpretativi sull’utilizzo della p.e.c.”) ha chiarito che “l’inoltro tramite posta certificata … è già sufficiente a rendere valida l’istanza, a considerare identificato l’autore di essa, a ritenere la stessa regolarmente sottoscritta … non si rinviene in alcun modo nella normativa vigente in tema di concorsi la necessità di una presentazione dell’istanza con le modalità qualificate” di cui all’art. 65, comma 1, lett. a, b e c, del d.lgs. n. 82/2005, “fermo restando che qualora utilizzate dal candidato sono senz’altro da considerare valide da parte dell’amministrazione”;

– anche sulla scorta di tali direttive ermeneutiche, TAR Sicilia, Palermo, sez. I, n. 167/2018 ha ritenuto illegittimo il bando di concorso, “laddove preclude l’ammissibilità delle domande, in quanto prive di firma (digitale o sulla copia scansionate dei documenti allegati), ancorché presentate da un candidato a mezzo p.e.c., con casella di posta intestata allo stesso mittente”; e ciò, in quanto l’utilizzo di una casella di posta elettronica certificata intestata allo stesso mittente consente di ritenere soddisfatto il requisito della apposizione della firma;

– ad ulteriore suffragio delle tesi propugnate da parte ricorrente, militano pure: da un lato, la circostanza che l’art. 4, comma 2, dell’avviso di selezione impone (a pena di esclusione) di allegare alla domanda di partecipazione – non già la copia di un valido documento di riconoscimento, anch’esso sottoscritto, bensì ellitticamente, per sineddoche – “un valido documento di riconoscimento, anch’esso sottoscritto, a pena di esclusione”, così ingenerando nei candidati l’equivoco che la sottoscrizione richiesta possa essere quella riportata sul documento di identità fotocopiato; d’altro lato, la circostanza che la firma della candidata figurava, nella specie, già apposta in calce alla domanda di partecipazione;

– ed invero, tali circostanze rendevano doveroso l’esercizio del soccorso istruttorio da parte dell’amministrazione ai fini della regolarizzazione dell’istanza presentata dalla Riccio;

Ritenuto, in conclusione, che:

– stante la sua ravvisata fondatezza, il ricorso in epigrafe va accolto, con conseguente annullamento degli atti con essi impugnati;

– le spese di lite devono seguire la soccombenza e, quindi, essere poste a carico della parte resistente;

– dette spese vanno liquidate in complessivi € 1.500,00 in favore della ricorrente;

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania (Sezione Prima), definitivamente pronunciando, accoglie il ricorso in epigrafe e, per l’effetto, annulla gli atti con esso impugnati.

Condanna il Ministero della giustizia al pagamento delle spese di lite, che si liquidano nella misura di complessivi € 1.500,00 (oltre oneri accessori, se dovuti), in favore di Riccio Barbara.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Così deciso in Napoli nella camera di consiglio del giorno 21 febbraio 2018 con l’intervento dei magistrati:

Salvatore Veneziano, Presidente

Ida Raiola, Consigliere

Olindo Di Popolo, Consigliere, Estensore

Redazione

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