E’ legittimo richiedere, per l’accesso ai concorsi pubblici un requisito di voto minimo di laurea, di 105/110, in quanto si tratta di un ragionevole indice di preparazione dei candidati per posizioni di particolare responsabilità (Tar Lazio, 2 maggio 2018, n. 4782)
Il giudizio trae origine da un ricorso il quale contestava dinnanzi al Tar Lazio il Bando di concorso per la Banca d’Italia che richiede, a pena di esclusione, un requisito – il punteggio di almeno 105/110 – ritenuto illegittimo perché in contrasto con il principio di non discriminazione e del favor partecipationis. E inoltre, secondo dei ricorrenti, requisito del voto di laurea, che non è attendibile quale indice della preparazione del candidato, non è più utilizzabile quale requisito per l’accesso agli impieghi nelle pubbliche amministrazioni poichè è stato espressamente soppresso dalla legge delega n. 124/2015, all’art 17, punto d).
Il voto di laurea come indice ragionevole del livello di preparazione del candidato
Secondo il Tar Lazio, a livello generale il voto minimo di laurea costituisce un idoneo indice selettivo attestante un determinato livello di preparazione dei candidati. La ragionevolezza della previsione di tale titolo va verificata con riferimento alla qualifica cui si riferisce la selezione
In questo caso, trattandosi di reclutamento di “esperti” e tenuto conto, quindi, conto della particolare collocazione, nell’ambito dell’organizzazione del personale della Banca d’Italia, della figura degli ‘Esperti’ e dell’affidamento al personale appartenente a tale Area di rilevanti funzioni e responsabilità, trova piena giustificazione la previsione, nel contestato bando di selezione per l’accesso alla qualifica di ‘Esperto’, di un requisito ulteriore, rispetto al possesso del diploma di laurea, costituito da una votazione minima di laurea.
Peraltro non vi è neppure necessità, secondo il TAR Lazio, di una specifica motivazione nel bando in ordine alle ragioni di tale previsione, essendo sufficiente la riconducibilità del profilo professionale messo a concorso a quelli connotati dallo svolgimento di delicate funzioni e dall’assunzione di specifiche responsabilità.
Ciò in quanto il requisito è rispondente allo scopo di individuare in via preventiva soggetti che assicurino un determinato grado di preparazione, come attestato dal voto di laurea, il quale – seppur nella variabilità dei relativi corsi e del diverso livello delle università – costituisce idoneo indice selettivo tenuto conto che, essendo unica sul territorio nazionale l’articolazione dei voti di laurea, devono ritenersi le votazioni tra loro comparabili fintanto che non giungano interventi normativi che dispongano diversamente quanto a valenza dei voti rispetto alle singole realtà universitarie.
L’inapplicabilità della legge n. 124 del 2015: non è vero che è stato soppresso il requisito del voto di laurea da tutti i concorsi
Secondo il Tar Lazio deve, inoltre, ritenersi che nessuna violazione della legge n. 124 del 2015 – recante delega al Governo ad adottare decreti legislativi di semplificazione e riordino anche in materia del “lavoro alle dipendenze delle amministrazioni pubbliche e connessi profili di organizzazione amministrativa”.
Anche se tale legge delega individuava come principi e criteri direttivi, la “soppressione del requisito del voto minimo di laurea per la partecipazione ai concorsi per l’accesso agli impieghi nelle pubbliche amministrazioni”, si tratta, da un lato, di una disposizione che si riferisce al pubblico impiego privatizzato, che non ricomprende l’impiego svolto alle dipendenze della Banca d’Italia. Dall’altro lato deve rilevarsi che in sede di esercizio della delega, con l’adozione del D.Lgs. n. 75 del 2017, non è stata disposta alcuna soppressione del requisito del voto minimo di laurea.
La ragionevolezza della previsione del 105/110 come voto minimo di laurea
Da ultimo deve ritenersi ragionevole il voto di 105 come voto minimo di laurea. Infatti non emergono, secondo i giudici amministrativi romani, profili di irragionevolezza nella individuazione, tra varie opzioni possibili, della soglia di 105/110 piuttosto che di una leggermente più alta o più bassa, rispondendo tale soglia, in modo congruo e proporzionato, alla finalità di operare una selezione basata sulla preparazione dimostrata dai candidati in esito al corso di laurea senza che questa possa trasformarsi – proprio per tale rispondenza a detta finalità – in una misura discriminatoria. Rientra quindi nel merito dell’azione amministrativa, e non è soggetta a sindacato giurisdizionale, la concreta individuazione del voto di laurea minimo per l’accesso al concorso.
In allegato Tar Lazio, 2 maggio 2018, n. 4782