L’annullamento d’ufficio di una gara per il reato di turbativa d’asta

I sospetti circostanziati dell’esistenza di una turbativa d’asta, anche se non accertata con sentenza penale, rende possibile all’amministrazione l’annullamento dell’intera procedura di gara, poiché la gara è stata illegittima libera concorrenza e la par condicio e correttezza nelle procedure di gara (Tar Lazio, 2 luglio 2018, n. 7272)

In seguito all’aggiudicazione di una gara presso l’Aeronautica militare, veniva accertata la condotta di turbativa d’asta ex. art.353 c.p. di un dipendente del Ministero in ordine ad una gara, con il responsabile condannato in primo grado: ne conseguiva l’annullamento in autotutela della gara dove vi era stata tale condotta.

Ciò portava al ricorso di un operatore economico, secondo il quale l’amministrazione non avrebbe potuto procedere all’annullamento d’ufficio poiché, contrariamente a quanto richiesto dall’art. 21 nonies, nell’ambito della procedura di gara non sarebbe configurabile alcun vizio di legittimità. Tuttavia, secondo il TAR Lazio, qualsiasi condotta di turbativa d’asta rende illegittima la gara.

Il sospetto, fondato su gravi indizi, di turbativa d’asta è sufficiente per annullare una procedura

A questo proposito il TAR Lazio richiama l’orientamento per il quale “la presenza di fondati sospetti in ordine alla sussistenza della turbativa d’asta ex art. 353 c.p., costituisce presupposto sufficiente a giustificare l’annullamento in autotutela degli atti di gara da parte della stazione appaltante” (Tar Campania – Salerno, 7 febbraio 2005, n. 76).

Ne consegue che i presupposti per l’annullamento di ufficio si realizzano, a maggior ragione, in caso di sentenza del giudice penale sulla questione.

E infatti nel caso sottoposto all’attenzione del TAR, tali sospetti si sono finanche tradotti in un accertamento giurisdizionale, sicché le determinazioni assunte nell’ambito della procedura ad evidenza pubblica di cui trattasi devono certamente ritenersi illegittime, per violazione dei principi di parità di trattamento e di non discriminazione dei concorrenti.

In altri termini, l’appalto di cui si discute è stato irreparabilmente pregiudicato dall’attività fraudolenta posta in essere, con conseguente illegittimità dell’aggiudicazione conseguita. Occorre difatti precisare che la violazione di principi cardine dell’evidenza pubblica – quali la libera concorrenza e la par condicio e correttezza nelle procedure di gara – configura indiscutibilmente il vizio di legittimità della violazione di legge.

La rilevanza dell’accertamento penale della turbativa d’asta, anche se non definitivo

Non rileva che la predetta sentenza penale di condanna non sia passata in giudicato, in quanto, secondo un orientamento interpretativo consolidato, il Giudice amministrativo ben può utilizzare come fonte anche esclusiva del proprio convincimento le prove raccolte nel giudizio penale conclusosi con sentenza, ancorché non esplicante autorità di giudicato, e ricavare gli elementi di fatto dalla sentenza e dagli altri atti del processo penale, purché le risultanze probatorie siano sottoposte ad un autonomo vaglio critico (Cons. Stato, Sez. VI, 28 marzo 2012, n. 1833).

Sebbene la giurisprudenza richiamata faccia riferimento al Giudice amministrativo e non all’Autorità amministrativa, se una sentenza non passata in giudicato è rilevante ai fini probatori in sede giurisdizionale, a fortiori lo sarà in sede amministrativa: ne consegue, secondo il TAR, che l’amministrazione poteva porla a fondamento di una propria decisione di annullamento della gara.

In allegato la sentenza integrale  Tar Lazio, 2 luglio 2018, n. 7272

Redazione

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