Accesso civico generalizzato e accesso tradizionale, le differenze

Il Tar Lazio sulle differenze tra i tipi di accesso agli atti amministrativi previsti dall’ordinamento e sulla diversità dei presupposti. Il caso dell’accesso tradizionale (legge 241/1990), dell’accesso civico semplice e dell’accesso civico generalizzato. (Tar Lazio, sez. II bis, 2 luglio 2018, n. 7326)

Un avvocato presentava richiesta di accesso agli atti con riferimento ad una procedura esecutiva immobiliare, e in particolare sul procedimento di frazionamento e trascrizione ai fini dell’esecuzione di un provvedimento di acquisizione.

Nel caso di specie, veniva fatta richiesta una richiesta di accesso con un generico riferimento al d. lgs. n. 33 del 2013, al d.lgs. n. 97 del 2016, nonché alla l. n. 241 del 1990, in materia di accesso, ordinario e civico.

Le diverse tipologie di accesso agli atti

Il Tar Lazio, dovendo decidere su una richiesta che riguardava tutti i tipi di accesso, ha ritenuto  imprescindibile una illustrazione delle diverse tipologie di accesso agli atti amministrativi previste nel nostro ordinamento

A seguito dell’introduzione, con il d. lgs. n. 97 del 2016, dell’accesso civico generalizzato (art. 5 co.2 del d.lgs. n. 33/2013), la tutela della trasparenza dell’azione amministrativa risulta rafforzata ed arricchita attraverso una disciplina che si aggiunge a quella che prevede gli obblighi di pubblicazione (articoli da 12 e ss. del d.lgs. n. 33 del 2013) e alla più risalente disciplina di cui agli articoli 22 e ss. della l. n. 241 del 1990 in tema di accesso ai documenti.

Accanto, quindi, all’accesso tradizionale, previsto dalla legge sul procedimento amministrativo e collegato alle specifiche esigenze del richiedente e caratterizzato dalla connotazione strumentale agli interessi individuali dell’istante, posto in una posizione differenziata rispetto agli altri cittadini che legittima il diritto di conoscere e di estrarre copia di un documento amministrativo, sono stati introdotti due strumenti con un profilo di tutela dell’interesse generale.

Pertanto si è dapprima introdotto l’accesso civico c.d. “semplice”, imperniato su obblighi di pubblicazione gravanti sulla pubblica amministrazione e sulla legittimazione di ogni cittadino a richiederne l’adempimento e, poi, l’accesso civico generalizzato, azionabile da chiunque, senza previa dimostrazione circa la sussistenza di un interesse concreto e attuale in connessione con la tutela di situazioni giuridicamente rilevanti e senza alcun onere di motivazione della richiesta, al precipuo scopo di consentire una pubblicità diffusa ed integrale in rapporto alle finalità esplicitate dall’art. 5, comma 2 del d. lgs. n. 33 del 2013.

Le differenze tra l’interesse sotteso all’accesso civico e all’accesso ai documenti tradizionale, e le diverse procedure previste

Il Tar Lazio pertanto chiarisce che vi è una significativa differenza tra accesso ai documenti ed accesso civico, semplice e generalizzato.

L’accesso ai documenti consente una ostensione più approfondita.  Mentre l’accesso civico, ove le esigenze di controllo diffuso del cittadino devono consentire una conoscenza più estesa ma meno approfondita, consiste nel diritto ad una larga diffusione di dati documenti e informazioni, fermi i limiti posti a salvaguardia di interessi pubblici e privati suscettibili di vulnerazione.

Emblematica di tale diversità è, del resto, la constatazione che mentre la legge 241/1990 esclude espressamente l’utilizzabilità del diritto di accesso a fini di un controllo generale, con divieto dell’accesso sottoporre l’amministrazione a un controllo generalizzato, il diritto di accesso generalizzato è riconosciuto proprio «allo scopo di favorire forme diffuse di controllo sul perseguimento delle funzioni istituzionali e sull’utilizzo delle risorse pubbliche e di promuovere la partecipazione al dibattito pubblico».

Né vanno trascurate le differenti tecniche di bilanciamento degli interessi contrastanti.

Per quanto riguarda l’accesso ai documenti amministrativi, nell’impianto definito dagli artt. 22 ss. della l. n. 241 del 1990, dal combinato disposto della disciplina primaria e di quella secondaria, costituita dai regolamenti di cui all’art. 24 del medesimo testo legislativo, possono essere individuate le tipologie di atti sottratti all’accesso.

Invece, con riferimento all’accesso civico generalizzato, la fonte primaria non reca prescrizioni puntuali – individuando una classificazione interessi, pubblici (art. 5 bis, comma 1) e privati (art. 5 bis, comma 2) suscettibili di determinare una eventuale esclusione dell’accesso, cui si associano i casi di divieto assoluto ( art. 5 bis, comma 3) – rinviando ad un atto amministrativo non vincolante (linee guida ANAC) quanto alla precisazione dell’ambito operativo dei limiti e delle esclusioni dell’accesso civico generalizzato.

Diverse sono anche le conseguenze del mancato accesso, da un punto di vista processuale.

Mentre nel caso di accesso tradizionale vige la regola del silenzio rigetto dopo 30 giorni, per quanto riguarda l’accesso civico, sul piano procedurale, che nei casi di diniego parziale o totale all’accesso o in caso di mancata risposta allo scadere del termine per provvedere, contrariamente a quanto dispone la legge 241/1990, non si forma silenzio rigetto, ma il cittadino può attivare la speciale tutela amministrativa interna davanti al responsabile della prevenzione della corruzione e della trasparenza formulando istanza di riesame, alla quale deve essere dato riscontro entro i termini normativamente prescritti.

Pertanto l’assenza di una tipizzazione legislativa del silenzio, infatti, implica l’onere per l’interessato di contestare l’inerzia dell’amministrazione attivando lo specifico rito di cui all’art. 117 c.p.a. e, successivamente, in ipotesi di diniego espresso, ai dati o documenti richiesti, il rito sull’accesso ex art. 116 c.p.a.

L’applicazione dei principi in materia di accesso con riferimento alla richiesta di accedere a “mere informazioni” di rilevanza solo privata, e non oggetto di obbligo di pubblicazione

Alla luce del quadro della disciplina di riferimento, il TAR Lazio riconosce l’assenza, nell’istanza di accesso presentata dal ricorrente, dei presupposti prescritti per la stessa ammissibilità dell’accesso, sia ordinario che civico, generalizzato e non (c.d. accesso civico “semplice”).

Quanto all’accesso ordinario, si evidenzia che l’accesso ordinario, per univoca giurisprudenza (il che esime da citazioni specifiche) ha ad oggetto documenti amministrativi, dovendosi, pertanto, escludere, come sopra esposto, che, attraverso detto istituto, possano trovare ingresso richieste finalizzate ad un controllo generalizzato dell’operato dell’amministrazione. Ciò in particolare quando le richieste, come nel caso di specie, si risolvono, nella sostanza, in formulazione di quesiti, e non nell’ostensione di documenti specifici.

Né vengono il rilievo atti, dati ovvero informazioni per le quali sussista un obbligo di pubblicazione, presupposto dell’accesso civico semplice

Del pari, manca in radice anche il presupposto fondamentale per l’ammissibilità dell’accesso civico generalizzato.

Per quanto, infatti, la legge non richieda l’esplicitazione della motivazione della richiesta di accesso, il Tar Lazio conclude che deve intendersi implicita la rispondenza della richiesta al soddisfacimento di un interesse che presenti una valenza pubblica e non resti confinato ad un bisogno conoscitivo esclusivamente privato, individuale, egoistico o peggio emulativo.

In allegato la sentenza integrale Tar Lazio, sez. II bis, 2 luglio 2018, n. 7326

Redazione

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