Secondo il Tar Lazio, le procedure amministrative informatiche, nonostante il loro maggior grado di precisione e addirittura alla perfezione, non possono mai soppiantare l’attività cognitiva, acquisitiva e di giudizio che solo un’istruttoria affidata ad un funzionario persona fisica è in grado di svolgere.
Pertanto, al fine di assicurare l’osservanza degli istituti di partecipazione, di interlocuzione procedimentale, di acquisizione degli apporti collaborativi del privato e degli interessi coinvolti nel procedimento, deve seguitare ad essere il dominus del procedimento stesso, all’uopo dominando le stesse procedure informatiche predisposte in funzione servente e alle quali va dunque riservato tutt’oggi un ruolo strumentale e meramente ausiliario in seno al procedimento amministrativo e giammai dominante o surrogatorio dell’attività dell’uomo.
Il Tar Lazio si pronuncia sul procedimento amministrativo del MIUR, piano straordinario di mobilità territoriale e professionale, nel quale era stata prevista una informatizzazione totale della procedura, senza alcun intervento umano (Tar Lazio, Sez. III bis, 10 settembre 2018, n. 9227)
I giudici amministrativi hanno accolto il ricorso nella parte in cui veniva denunciato che il c.d. piano straordinario non era stato corredato da alcuna attività amministrativa ma è stato demandato ad un algoritmo per effetto del quale sono stai operati i trasferimenti e le assegnazioni in evidente contrasto con il fondamentale principio della strumentalità del ricorso all’informatica nelle procedure amministrative, e quindi con effettuazione di attività provvedimentale senza la previa attività istruttoria e procedimentale.
Dirimente, secondo il Tar Lazio, che è mancata nella fattispecie una vera e propria attività amministrativa, essendosi demandato ad un impersonale algoritmo lo svolgimento dell’intera procedura di assegnazione dei docenti alle sedi disponibili nell’organico dell’autonomia della scuola.
Al riguardo ritiene la Sezione che alcuna complicatezza o ampiezza, in termini di numero di soggetti coinvolti ed ambiti territoriali interessati, di una procedura amministrativa, può legittimare la sua devoluzione ad un meccanismo informatico o matematico del tutto impersonale e orfano di capacità valutazionali delle singole fattispecie concrete, tipiche invece della tradizionale e garantistica istruttoria procedimentale che deve informare l’attività amministrativa, specie ove sfociante in atti provvedimentali incisivi di posizioni giuridiche soggettive di soggetti privati e di conseguenziali ovvie ricadute anche sugli apparati e gli assetti della pubblica amministrazione.
Gli istituti del procedimento amministrativo richiedono che il privato si posso rapportare con l’essere umano
Nella sentenza si legge che un algoritmo, quantunque, preimpostato in guisa da tener conto di posizioni personali, di titoli e punteggi, giammai può assicurare la salvaguardia delle guarentigie procedimentali che gli artt. 2, 6,7,8,9,10 della legge 7.8.1990 n. 241 hanno apprestato.
Punto cardine del ragionamento del TAR Lazio è che gli istituti di partecipazione, di trasparenza e di accesso, in sintesi, di relazione del privato con i pubblici poteri non possono essere legittimamente mortificate e compresse soppiantando l’attività umana con quella impersonale, che poi non è attività, ossia prodotto delle azioni dell’uomo, che può essere svolta in applicazione di regole o procedure informatiche o matematiche.
Ad essere inoltre vulnerato non è solo il canone di trasparenza e di partecipazione procedimentale, ma anche l’obbligo di motivazione delle decisioni amministrative, con il risultato di una frustrazione anche delle correlate garanzie processuali che declinano sul versante del diritto di azione e difesa in giudizio di cui all’art. 24 Cost., diritto che risulta compromesso tutte le volte in cui l’assenza della motivazione non permette inizialmente all’interessato e successivamente, su impulso di questi, al Giudice, di percepire l’iter logico – giuridico seguito dall’amministrazione per giungere ad un determinato approdo provvedimentale.
I precedenti in materia di procedimento amministrativo informatico e di c.d. strumentalità dello strumento informatico
A sostegno delle proprie argomentazioni il Tar riporta una serie di precedenti, relativi all’utilizzo degli strumenti informatici nelle procedure concorsuali.
Di recente è stato affermato dalla giurisprudenza, sia pure nel caso di esclusione da una procedura concorsuale per problematiche discendenti dall’impiego della modalità informatica prescritta dalla lex specialis per la presentazione della domanda di partecipazione. Si è precisato sul punto che “nel caso di specie, si è giunti invece ad un sostanziale provvedimento di esclusione, senza alcun procedimento, senza alcuna motivazione, senza alcun funzionario della Pubblica Amministrazione che abbia valutato il caso in esame ed abbia correttamente esternato le relative determinazioni provvedimentali potendosi inoltre rinviare alle motivazioni espresse dallo specifico precedente conforme di questa sezione del 27 giugno 2016, n. 806/2016, con cui si è evidenziata “la manifesta irragionevolezza, ingiustizia ed irrazionalità di un sistema di presentazione delle domande di partecipazione ad un concorso che, a causa di meri malfunzionamenti tecnici, giunga ad esercitare impersonalmente attività amministrativa sostanziale, disponendo esclusioni de facto riconducibili a mere anomalie informatiche” e che “pro futuro ed in un’ottica conformativa del potere, l’Amministrazione debba predisporre, unitamente a strumenti telematici di semplificazione dei flussi documentali in caso di procedure concorsuali di massa, altresì procedure amministrative parallele di tipo tradizionale ed attivabili in via di emergenza, in caso di non corretto funzionamento dei sistemi informatici predisposti per il fisiologico inoltro della domanda”» ( T.A.R. Puglia – Bari, n.896/2016)
Si tratta di principi espressa nei medesimi sensi con il precedente di cui a T.A.R. Lazio – Roma, Sez. III bis, n.8312/2016, affermando che : “3.2.1.Va al riguardo ribadito, invero, quanto già sancito dalla giurisprudenza della Sezione in tema di ruolo conferibile all’impiego dello strumento informatico in seno al procedimento, ossia il principio generale secondo il quale “le procedure informatiche applicate ai procedimenti amministrativi devono collocarsi in una posizione necessariamente servente rispetto agli stessi, non essendo concepibile che, per problematiche di tipo tecnico, sia ostacolato l’ordinato svolgimento dei rapporti tra privato e Pubblica Amministrazione e fra Pubbliche Amministrazioni nei reciproci rapporti”.
I principi costituzionali impediscono che un procedimento amministrativo sia esclusivamente informatico
Alla luce dei citati precedenti, il Tar ribadisce che affidare all’attivazione di meccanismi e sistemi informatici e al conseguente loro impersonale funzionamento, il dipanarsi di procedimenti amministrativi, non è conforme al vigente plesso normativo complessivo e ai dettami dell’art. 97 della Costituzione, ai principi ad esso sottesi, agli istituti di partecipazione procedimentale definiti agli artt. 7,8, 10 e 10 – bis della L. 7.8.1990, n. 241, all’obbligo di motivazione dei provvedimenti amministrativi sancito dall’art. 3, stessa legge, al principio ineludibile dell’interlocuzione personale intessuto nell’art. 6 della legge sul procedimento e a quello ad esso presupposto di istituzione della figura del responsabile del procedimento.
Tali procedimenti amministrativi sono sovente incidenti su interessi, se non diritti, di rilievo costituzionale, che invece postulano, onde approdare al corretto esito provvedimentale conclusivo, il disimpegno di attività istruttoria, acquisitiva di rappresentazioni di circostanze di fatto e situazioni personali degli interessati destinatari del provvedimento finale, attività, talora ponderativa e comparativa di interessi e conseguentemente necessariamente motivazionale, che solo l’opera e l’attività dianoetica dell’uomo può svolgere.
La conclusione e il principio di diritto è che le procedure informatiche, finanche ove pervengano al loro maggior grado di precisione e addirittura alla perfezione, non possono mai soppiantare, sostituendola davvero appieno, l’attività cognitiva, acquisitiva e di giudizio che solo un’istruttoria affidata ad un funzionario persona fisica è in grado di svolgere.
Pertanto, al fine di assicurare l’osservanza degli istituti di partecipazione, di interlocuzione procedimentale, di acquisizione degli apporti collaborativi del privato e degli interessi coinvolti nel procedimento, il funzionario persona fisica deve seguitare ad essere il dominus del procedimento stesso, all’uopo dominando le stesse procedure informatiche predisposte in funzione servente e alle quali va dunque riservato tutt’oggi un ruolo strumentale e meramente ausiliario in seno al procedimento amministrativo e giammai dominante o surrogatorio dell’attività dell’uomo.
Secondo i giudici amministrativi, i valori costituzionali scolpiti negli artt. 3, 24, 97 della Costituzione oltre che all’art. 6 della Convezione europea dei diritti dell’uomo impediscono la “deleteria prospettiva orwelliana di dismissione delle redini della funzione istruttoria e di abdicazione a quella provvedimentale”.
In allegato la sentenza integrale Tar Lazio, Sez. III bis, 10 settembre 2018, n. 9227