L’art. 6 del D.M. n. 5669/2011 impone che le istituzioni scolastiche adottino modalità valutative che consentono all’alunno o allo studente con DSA, come in caso di dislessia, di mostrare effettivamente il livello di apprendimento raggiunto mediante l’applicazione di misure che determinino le condizioni ottimali per l’espletamento della prestazione da valutare.
Se la scuola è venuta meno al delineato obbligo, ciò determina l’illegittimità del provvedimento finale di riprovazione dell’alunna, con conseguente necessità di annullamento della bocciatura.
Il Tar Lazio si pronuncia sulla bocciatura di un alunno affetto di DSA, senza che la scuola abbia mai adottato strumenti compensativi (Tar Lazio, sez. III bis, 3 ottobre 2018, n. 9720).
Nel caso in esame, erano state prodotte e comunicate alla scuola i documenti sull’esigenza specifica e particolare di attenzione ai bisogni e ai processi formativi dell’alunno. E tuttavia, da un lato, risultava assoluta assenza di valutazione e considerazione della condizione – certificata tempestivamente – della minore ai fini dell’ammissione alla successiva classe di riferimento. E inoltre, dall’altro lato, nessuna iniziativa è stata assunta dalla scuola per adottare misure compensative a favore dell’alunna con DSA.
Gli obblighi ex art. 6 del D.M. n. 5669/2011 in caso di alunni con disturbi specifici dell’apprendimento
L’art. 6 del D.M. n. 5669/2011 impone che le istituzioni scolastiche adottino modalità valutative che consentono all’alunno o allo studente con DSA di mostrare effettivamente il livello di apprendimento raggiunto mediante l’applicazione di misure che determinino le condizioni ottimali per l’espletamento della prestazione da valutare.
Il Tar ha anche precisato come non possa l’istituzione scolastica trincerarsi onde giustificare l’omessa adozione di misure compensative del disagio nell’apprendimento, dietro una presunta carente indicazione da parte della struttura sanitaria specialistica di rimedi e strumenti utili all’allestimenti di strategie di recupero, atteso che l’individuazione di siffatte misure rientra nella sfera di competenza dell’amministrazione scolastica, la quale può in ipotesi, anche avvalersi di consulenti da essa prescelti ma non può certo demandare ai sanitari che abbiano diagnosticato il deficit nell’apprendimento, l’individuazione delle misure di contrasto alla patologia riscontrata in un alunno.
E infatti l’art. 5, co. 2 della l. n. 170/2010 stabilisce invero che “Agli studenti con DSA le istituzioni scolastiche, a valere sulle risorse specifiche e disponibili a legislazione vigente iscritte nello stato di previsione del Ministero dell’istruzione, dell’università e della ricerca, garantiscono: b) l’introduzione di strumenti compensativi, compresi i mezzi di apprendimento alternativi e le tecnologie informatiche, nonché’ misure dispensative da alcune prestazioni non essenziali”.
Ne consegue, secondo la sentenza, che se la scuola è venuta meno al delineato obbligo, ciò determina l’illegittimità del provvedimento finale di riprovazione dell’alunna, con conseguente necessità di annullamento della bocciatura.