Essendo un atto a finalità preventive e non sanzionatorie, per il provvedimento di DASPO ai tifosi non si richiede la certezza, ogni oltre ragionevole dubbio, che le condotte siano ascrivibili ai soggetti destinatari della misura: è sufficiente il “più probabile che non”.
Il Consiglio di Stato, con la sentenza 866/2019, si pronuncia sul provvedimento di divieto di accesso negli impianti sportivi (in breve DASPO) contro un gruppo di tifosi coinvolti negli scontri successivi alla partita Milan – Juventus del 2016, affermando che per l’emanazione di DASPO è sufficiente una ragionevole probabilità della responsabilità dei tifosi per le condotte violente.
La natura del DASPO e suoi presupposti
I giudici di Palazzo Spada hanno ripreso la natura non sanzionatoria ma preventiva di questo tipo di provvedimento, richiamandosi anche alla giurisprudenza CEDU sulla materia (Corte europea dei diritti dell’uomo, sez. I, 8 novembre 2018, ric. n. 19120/15, Seražin c. Croazia).
Tale natura preventiva si ricava dai presupposti del DASPO.
Ai sensi dell’art. 6, comma 1, della l. n. 401 del 1989, il DASPO può essere disposto nei confronti di chi, sulla base di elementi di fatto, risulta avere tenuto, anche all’estero, una condotta, sia singola che di gruppo, evidentemente finalizzata alla partecipazione attiva ad episodi di violenza, di minaccia o di intimidazione, tali da porre in pericolo la sicurezza pubblica o a creare turbative per l’ordine pubblico.
Anche per il DASPO disposto dal Questore, come per tutto il diritto amministrativo della prevenzione incentrato su una fattispecie di pericolo per la sicurezza pubblica o per l’ordine pubblico (si vedano le misure preventive antimafia o lo scioglimento dei consigli comunali per infiltrazione mafiosa), deve valere la logica del “più probabile che non”.
In altre parole non si richiede per questa misura amministrativa di prevenzione (al pari di quelle adottate in materia di prevenzione antimafia), la certezza ogni oltre ragionevole dubbio che le condotte siano ascrivibili ai soggetti destinatari del DASPO, ma appunto una dimostrazione fondata su «elementi di fatto» gravi, precisi e concordanti, secondo un ragionamento causale di tipo probabilistico improntato ad una elevata attendibilità, come è nel caso di specie, per tutte le ragioni sin qui espresse, sulla base della documentazione in questa sede prodotta.
Il DASPO in caso di condotte violente di gruppi di tifosi
Con specifico riferimento ad eventuali condotte individuali estrinsecatesi in azioni di gruppo, per costante giurisprudenza, anche prima delle modifiche introdotte dal d.l. n. 114 del 2014 all’art. 6 della l. n. 401 del 1989, un comportamento di gruppo non ha mai escluso la possibilità di individuare col DASPO (una somma di) responsabilità individuali omogenee, qualora queste fossero supportate da elementi diretti o presuntivi che consentissero di affermare la inequivoca e consapevole partecipazione dei singoli al comportamento di gruppo (Cons. St., sez. III, 4 novembre 2015, n. 5027).
Alla luce di quanto detto, il Collegio ha concluso che, nel caso di specie, non vi era dubbio che le condotte dei singoli occupanti del primo pullman denotassero una inequivoca e consapevole partecipazione dei singoli al comportamento di gruppo, che si è estrinsecato in un episodio di gravissima guerriglia urbana.
Da qui la legittimità del DASPO a tutti gli occupanti del pullman, in assenza di prova sulla responsabilità materiale dei singoli tifosi: nel caso di specie, infatti, non si tratta di punire gli autori della condotta per un fatto di reato, ma di applicare loro il DASPO, in funzione preventiva, per la attendibile convinzione che essi si siano resi autori, individualmente, di questa, convinzione che può ritenersi ragionevolmente raggiunta, nel caso di specie, quantomeno sul piano anche del solo contributo morale, per essersi rafforzati vicendevolmente nel loro violento proposito già solo per la forza intimidatrice di un gruppo violento e, purtroppo, non controllato adeguatamente.