La disposizione che impone ai Comuni con meno di 5.000 abitanti di gestire in forma associata le loro funzioni fondamentali (trasporto pubblico, polizia municipale, ecc.) è incostituzionale là dove non consente ai Comuni di dimostrare che, in quella forma, non sono realizzabili economie di scala e/o miglioramenti nell’erogazione dei beni pubblici alle popolazioni di riferimento.
Corte Costituzionale, sentenza n. 33 del 4 marzo 2019
La Corte Costituzionale, con la sentenza n. 33/2019, si pronuncia sull’art. o all’art. 14, comma 28 del decreto-legge 31
maggio 2010, n. 78. Secondo la Corte, l’obbligo imposto ai Comuni di svolgere in associazione una serie di funzioni, senza possibilità di deroga, sconta un’eccessiva rigidità perché dovrebbe essere applicato anche in tutti quei casi in cui tale obbligo non realizza risparmi.
La normativa statale in discussione è contraria
La normativa statale, in sintesi, stabilisce le funzioni fondamentali dei Comuni e prevede l’obbligo per i più piccoli di tali enti (quelli con popolazione fino a 5.000 abitanti o a 3.000, se montani) di esercitare le predette funzioni in forma associata; la normativa regionale, in attuazione di una delle impugnate disposizioni statali, individua la dimensione territoriale ottimale e omogenea funzionale all’esercizio associato, nonché le scadenze temporali per l’avvio di tale modalità di gestione.
Per i Comuni di minori dimensioni tutte le funzioni fondamentali, salvo limitate eccezioni, devono essere svolte in forma associata, con conseguente obbligo di aggregazione della relativa organizzazione burocratica
La legge lascia all’autonomia degli enti locali interessati l’alternativa tra due istituti (convenzione e unione), i cui caratteri costitutivi e funzionali consentono agli enti stessi di modulare il rispetto della norma con valutazioni proprie dell’indirizzo politico : infatti, questi possono optare tra la modalità convenzionale e quella dell’unione, comportante una più stretta integrazione quale conseguenza del conferimento delle funzioni e delle connesse risorse finanziarie.
I principi di proporzionalità e ragionevolezza ostano ad un obbligo rigido di gestione associata per i piccoli comuni
La Corte Costituzionale richiama la precedente giurisprudenza costituzionale, secondo la quale gli interventi statali in materia di coordinamento della finanza pubblica che incidono sull’autonomia degli enti territoriali devono svolgersi secondo i canoni di proporzionalità e ragionevolezza dell’intervento normativo rispetto all’obiettivo prefissato
La previsione generalizzata dell’obbligo di gestione associata per tutte le funzioni fondamentali (ad esclusione della lett. l del comma 27) sconta, infatti, in ogni caso un’eccessiva rigidità, al punto che non consente di considerare tutte quelle situazioni in cui, a motivo della collocazione geografica e dei caratteri demografici e socio ambientali, la convenzione o l’unione di Comuni non sono idonee a realizzare, mantenendo un adeguato livello di servizi alla popolazione, quei risparmi di spesa che la norma richiama come finalità dell’intera disciplina.
I casi in cui l’obbligo è irrazionale, perché non realizzerebbe risparmi
La Consulta individua tre casi, in via esemplificativa, dove non è possibile realizzare un risparmio di risorse:
a) non esistono Comuni confinanti parimenti obbligati;
b) esiste solo un Comune confinante obbligato, ma il raggiungimento del limite demografico minimo comporta il coinvolgimento di altri Comuni non in situazione di prossimità;
c) la collocazione geografica dei confini dei Comuni (per esempio in quanto montani e caratterizzati da particolari fattori antropici, dispersione territoriale e isolamento) non consente di raggiungere gli obiettivi normativi.
Si tratta di situazioni dalla più varia complessità che però – secondo la sentenza – meritano attenzione perché il sacrificio imposto all’autonomia comunale non realizza quei risparmi di spesa cui è finalizzata la normativa stessa.
Pertanto la sentenza conclude nel senso che la disposizione che impone ai Comuni con meno di 5.000 abitanti di gestire in forma associata le loro funzioni fondamentali (trasporto pubblico, polizia municipale, ecc.) è incostituzionale là dove non consente ai Comuni di dimostrare che, in quella forma, non sono realizzabili economie di scala e/o miglioramenti nell’erogazione dei beni pubblici alle popolazioni di riferimento.
In ogni caso la Consulta ha rinviato al legislatore i provvedimenti volti a disciplinare, nel modo più sollecito e opportuno, gli aspetti che richiedono apposita regolamentazione, e in particolare i meccanismi di interlocuzione tra enti locali ed enti statali volti ad autorizzare tali “gestioni in deroga” da parte dei piccoli comuni.