Sussiste una responsabilità precontrattuale in capo alla P.A. che, omettendo di stipulare un contratto con un soggetto già individuato come affidatario, allorché l’Ente, con la propria condotta, abbia ingenerato nell’interlocutore già affidatario il legittimo affidamento relativo alla futura conclusione del contratto, anche per effetto della condotta successiva all’espletamento della procedura selettiva.
Tar Molise, sez. I, 26 marzo 2019, n.117
La sentenza del Tar Molise, alla luce dei principi sui doveri di buona fede nelle trattative contrattuali, condanna l’amministrazione al risarcimento dei danni in favore dell’aggiudicataria, pari alle spese sostenute per la partecipazione cui non è seguita la stipula del contratto.
I principi generali sulla responsabilità precontrattuale
Secondo quanto disposto, dall’art. 1337 del Codice Civile “le parti, nello svolgimento delle trattative e nella formazione del contratto (1), devono comportarsi secondo buona fede”. La violazione del dovere di buone fede genera responsabilità precontrattuale.
Il TAR, a tale proposito, realizza una rassegna delle condotte che possono integrarla: abbandonare le trattative senza giusta causa, quando queste siano giunte ad un punto tale da far confidare la controparte sulla conclusione del contratto; non rendere note alla controparte cause di invalidità del contratto conosciute (1338 c.c.); indurre la controparte a stipulare un contratto con inganno; indurre la controparte a concludere un contratto pregiudizievole (1440 c.c.).
La natura giuridica della responsabilità precontrattuale ex art. 1337 codice civile – pur dibattuta tra chi ritiene trattarsi di illecito aquiliano (2043 c.c.) e chi la riporta a quello contrattuale (1218 c.c.) – è posta a tutela dell’interesse, negativo, a non essere coinvolti in trattative inutili, a differenza di quanto accade nella responsabilità contrattuale (1218 c.c.) che sanziona la lesione dell’interesse positivo ad ottenere la prestazione dovuta.
La responsabilità precontrattuale della PA che non stipula il contratto dopo l’aggiudicazione dell’appalto: i parametri della giurisprudenza
Il Collegio, applicando i principi civilistici all’azione pubblica, chiarisce che sussiste una responsabilità precontrattuale in capo alla P.A. che, omettendo di stipulare un contratto con un soggetto già individuato come affidatario, pone in essere comportamenti indicativi della volontà di non procedere alla conclusione del contratto, allorché l’Ente, con la propria condotta, abbia ingenerato nell’interlocutore il legittimo affidamento relativo alla futura conclusione del contratto, anche per effetto della condotta successiva all’espletamento della procedura selettiva, culminata nell’individuazione del soggetto col quale dover procedere alla stipula.
In tal caso, si configura in capo alla P.A. una responsabilità precontrattuale, intendendo con tale espressione la lesione dell’altrui libertà negoziale, realizzata attraverso un comportamento doloso o colposo, ovvero mediante l’inosservanza del precetto della buona fede.
In questo caso, la responsabilità precontrattuale della pubblica Amministrazione può derivare da qualsiasi comportamento antecedente o successivo alla gara pubblica che risulti contrario, all’esito di una verifica da condurre necessariamente in concreto, ai doveri di correttezza e buona fede.
L’onere di provare la condotta in violazione dei doveri di buona fede
Perché vi sia responsabilità precontrattuale, non basta che vi sia un legittimo affidamento del privato.
Infatti, affinché nasca la responsabilità dell’Amministrazione non è sufficiente che il privato dimostri la propria buona fede soggettiva (ovvero che egli abbia maturato un affidamento incolpevole circa l’esistenza di un presupposto su cui ha fondato la scelta di compiere conseguenti attività economicamente onerose).
La sentenza del Tar, richiamando l’Adunanza Plenaria n. 5/2018, individua tre presupposti:
a) che l’affidamento incolpevole sia leso da una condotta che, valutata nel suo complesso e a prescindere dall’indagine sulla legittimità dei singoli provvedimenti, risulti oggettivamente contraria ai doveri di correttezza e di lealtà;
b) che tale oggettiva violazione dei doveri di correttezza sia anche soggettivamente imputabile all’Amministrazione, in termini di colpa o dolo;
c) che il privato provi sia il danno-evento (la lesione della libertà di autodeterminazione negoziale), sia il danno-conseguenza (le perdite economiche subite a causa delle scelte negoziali illecitamente condizionate), sia i relativi rapporti di causalità fra tali danni e la condotta scorretta che si imputa all’Amministrazione (cfr.: Cons. Stato, Ad. Plen., 4.5.2018, n. 5)
Il comportamento inerte dell’Amministrazione è indice di responsabilità contrattuale
Applicando i parametri generali indicati al caso di specie, è stata riconosciuta la responsabilità dell’amministrazione.
In particolare la sentenza ha valorizzato il fatto che il Comune sia rimasto inerte per anni dopo l’aggiudicazione, nonostante i diversi solleciti.
Questa protratta inerzia di Comune – durata dal 2007 al 2012 – costituisce l’indice rivelatore del comportamento negligente e scorretto che dà luogo a responsabilità precontrattuale.
Comportamenti dilatori e temporeggianti che hanno ritardato il disimpegno della ricorrente dall’impresa, alimentando fino al 2012 l’aspettativa e l’affidamento del buon esito delle procedure in atto.
Non vi è dubbio, concludono i giudici, che la violazione dei doveri di correttezza sia stata causa delle perdite economiche subite dalla ricorrente a seguito dell’inutile protrarsi della procedura di affidamento.
La sentenza del Tar Molise, pertanto, alla luce dei principi sui doveri di buona fede nelle trattative contrattuali, condanna l’amministrazione al risarcimento dei danni in favore dell’aggiudicataria, pari alle spese sostenute per la partecipazione cui non è seguita la stipula del contratto.