Non è necessaria la querela di falso per contestare l’esattezza dei dati trascritti nel verbale dalla commissione elettorale, in particolare quando non viene dedotta la falsità delle attestazioni e la fede privilegiata di cui gode il verbale (che richiederebbe la proposizione di querela di falso), ma solo la regolarità formale delle annotazioni in esso riportate.
Tar Sicilia – Palermo, sez. I, 8 marzo 2019, n. 701
Mediante ricorso elettorale al TAR, venivano impugnati i verbali con i quali venivano contati un certo numero di voti a dei candidatati in lista elettorale, in contrasto a quanto era riportato nelle tabelle di scrutinio.
Veniva contestato, tuttavia, che la contestazione delle risultanze fidefacienti dei verbali delle sezioni elettorali avrebbe richiesto la proposizione della querela di falso innanzi al giudice ordinario, dato che fanno piena prova fino a querela di falso.
La contestazione del verbale della commissione elettorale e la querela di falso
Il Tar Palermitano, a tale proposito, cita il consolidato orientamento giurisprudenziale, formatosi sulla scorta della decisione dell’Adunanza plenaria del Consiglio di Stato n. 32 del 20 novembre 2014.
E’ vero che i verbali redatti e sottoscritti dalla commissione elettorale, in quanto atti pubblici, ai sensi dell’art. 2700 c.c., fanno piena prova sino a querela di falso di quanto il presidente di seggio, in qualità di pubblico ufficiale, attesta di avere compiuto ed essere avvenuto in sua presenza.
Tuttavia, secondo l’orientamento citato, ciò non significa, evidentemente, che non possa essere messo in discussione non quanto il pubblico ufficiale attesta essere avvenuto e da lui compiuto (che resta coperto dalla fede privilegiata), ma piuttosto l’esattezza dei dati trascritti, da verificare alla luce di altri atti, anch’essi facenti parte del procedimento elettorale, ovvero la correttezza del contenuto del verbale, posto che, in tale evenienza, non viene dedotta la falsità delle attestazioni e la fede privilegiata di cui gode il verbale (che richiederebbe, quella sì, la proposizione di querela di falso), ma solo la regolarità formale delle annotazioni in esso riportate (ex plurimis Consiglio di Stato, III, 3 agosto 2016, n. 3518).
Nella fattispecie in esame, il ricorrente contestava che i verbali della Commissione elettorale risultavano compilati in difformità dalle risultanze delle tabelle di scrutinio: in tale caso la contestazione dei dati in essi riportati non esige la querela di falso, giustificandosi la verificazione ordinata dal TAR ai fini del computo esatto dei voti riportati dai candidati.