Nell’ambito del procedimento per la conversione in legge del Decreto Legge n. 32/2019 “Sblocca Cantieri”, che dovrà essere concluso entro il 17 giugno 2019, è di particolare interesse l’audizione della Corte dei Conti in Senato,
Audizione Corte dei Conti sul Decreto Sblocca Cantieri
Nel rendere la propria audizione sul disegno di legge di conversione del decreto- legge 18 aprile 2019, n. 32, relativamente al Capo inerente le modifiche al Codice dei contratti, la Corte dei Conti trae un bilancio tendenzialmente positivo, pur con qualche criticità.
I pregi dello Sblocca Cantieri: il ritorno al Regolamento
La Corte dei Conti valuta positivamente l’ipotesi del ritorno alla concentrazione in un unico testo regolamentare di tutte le disposizioni attuative del Codice, al fine di restituire chiarezza ed omogeneità di regole all’interprete ed all’operatore. Se, da un lato, i provvedimenti di soft law si caratterizzano per un maggior grado di flessibilità e di capacità di adattamento all’evoluzione delle fattispecie operative, dall’altro lato, rischiano di generare maggiore incertezza sia in termini di dettaglio delle regole, sia in merito alla relativa portata prescrittiva.
Si legge nella relazione che è “sempre più avvertita dalle amministrazioni controllate dalla Corte l’esigenza di certezza e stabilità delle situazioni giuridiche in tale materia. Per tali motivi è da auspicare la tempestiva adozione del citato regolamento”
Le critiche: le nuove procedure sotto soglia e la concorrenza
La Corte prende atto che le nuove modalità di affidamento per i contratti sotto soglia sembrano riconducibili all’esigenza di accelerare e semplificare l’affidamento delle commesse pubbliche di minor valore.
Tuttavia, si legge che “in considerazione dell’elevato numero di affidamenti che rientrano nell’ambito di tale valore, occorre considerare il rischio di sottrarne al mercato una percentuale significativa, con conseguenti ripercussioni sulla tutela del principio della libera concorrenza”.
La problematica del subappalto
Si legge nella relazione che la modifica che concerne il subappalto era necessaria in relazione alla lettera di messa in mora della Commissione europea cui si è fatto precedentemente cenno.
La Corte rileva che l’elevazione del tetto della soglia dal 30 al 50 per cento, potrebbe non essere sufficiente, restando, comunque, un limite al subappalto che la Commissione ha ritenuto illegittimo.
Si ammette che la problematica è delicata, perché concerne la difficoltà del bilanciamento tra il mantenere una disciplina più restrittiva del subappalto, in difesa dai pericoli di influenza della criminalità organizzata, e l’operarne un ampliamento per avvicinarla ai principi vigenti in Europa, a tutela della piena libera concorrenza nel settore, soprattutto per le piccole e medie imprese.
Tuttavia, osservano i giudici contabili, nel nostro ordinamento esiste una normativa antimafia e anticorruzione molto ben strutturata e capace, almeno potenzialmente, di porre un margine al dilagare di fenomeni patologici, anche senza limitare il subappalto.
I suggerimenti della Corte dei Conti: aggregazione e qualificazione delle stazioni appaltanti, e più poteri di controllo ai giudici contabili
I giudici contabili, al termine della loro relazione, richiamano l’esigenza di procedere all’aggregazione delle stazioni appaltanti (attualmente sono oltre 32.000) e di accrescerne, oltre alla dimensione, anche la competenza tecnica, per favorire rapporti di forza paritaria tra funzionari delle stazioni appaltanti e operatori economici.
Si segnala, in particolare, la difficile situazione dei piccoli comuni che non sono dotati dei responsabili delle strutture tecniche idonee a gestire le procedure di affidamento dei contratti.
Infine la Corte dei Conti segnala al Parlamento la possibilità di una valorizzazione della funzione di controllo intestata alla Corte dei conti medesima, in termini di prossimità e concomitanza, anche al fine di offrire maggiore certezza e tempestività all’azione amministrativa nel settore.
Si riporta di seguito il testo della Relazione della Corte dei Conti
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AUDIZIONE DELLA CORTE DEI CONTI SUL DISEGNO DI LEGGE (A.S. N. 1248) DI “CONVERSIONE IN LEGGE DEL DECRETO–LEGGE 18 APRILE 2019, N. 32, RECANTE DISPOSIZIONI URGENTI PER IL RILANCIO DEL SETTORE DEI CONTRATTI PUBBLICI, PER L‘ACCELERAZIONE DEGLI INTERVENTI INFRASTRUTTURALI, DI RIGENERAZIONE URBANA E DI RICOSTRUZIONE A SEGUITO DI EVENTI SISMICI“.
Premessa
La Corte dei conti è stata audìta lo scorso 8 aprile dal Senato della Repubblica per fornire elementi di valutazione sul Codice dei contratti pubblici. In tale occasione, la Corte ha posto a disposizione del Parlamento il proprio bagaglio di competenze e conoscenze, frutto dell’esercizio della funzione di controllo sugli atti e sulle gestioni delle amministrazioni pubbliche, sia centrali che locali, e del costante e proficuo confronto instaurato con le stesse. Contestualmente, la Corte ha voluto fornire anche una raccolta delle principali questioni venute in rilievo ed evidenziate dalle proprie sezioni nell’esercizio delle rispettive competenze.
Oggi, nel rendere la propria audizione sul disegno di legge di conversione del decreto- legge 18 aprile 2019, n. 32, relativamente al Capo inerente le modifiche al Codice dei contratti, la Corte rimanda, per gli aspetti più generali relativi alla complessa materia dei contratti pubblici, ai contenuti ed alle conclusioni di cui alla documentazione depositata in sede di audizione sul Codice dei contratti, documentazione che costituisce il necessario punto di partenza per l’analisi odierna.
La recente evoluzione normativa.
Il Codice dei contratti, nonostante la sua recente emanazione, è già stato oggetto di diverse modifiche normative finalizzate a porre rimedio alle problematiche emerse in sede applicativa ed elevare la certezza dei rapporti giuridici e la chiarezza del tessuto normativo.
Limitandoci agli interventi più recenti, occorre ricordare le modifiche introdotte nel dicembre dell’anno appena trascorso con il decreto-legge c.d. “Semplificazioni” (DL 14 dicembre 2018, n. 135) e con la legge di bilancio (legge 30 dicembre 2018, n. 145).
Con il primo provvedimento, si è proceduto ad una parziale modifica relativa ai gravi illeciti professionali di cui all’art. 80, comma 5, lett. c) del d.lgs. n. 50/2016 (chiarendo, cioè, il senso della norma relativa all’esclusione dell’operatore economico per gravi illeciti professionali – art. 80, comma 5, lettera c) del d.lgs. n. 50/2016 – nel senso di richiedere che la stazione appaltante motivi specificamente l’eventuale esclusione dell’operatore per precedenti risoluzioni anticipate di contratti o condanne al risarcimento danni già subite dall’interessato con riferimento al tempo trascorso dalla violazione e in funzione della gravità della stessa, obbligandola, dunque, anche nel caso di appalti sotto la soglia comunitaria, a valutare nel dettaglio le caratteristiche e l’entità della violazione). La legge di bilancio, invece, ha previsto, tra l’altro:
- l’innalzamento, per gli acquisti di beni e servizi, della soglia da 1.000 a 5.000 euro per non incorrere nell’obbligo di ricorrere al MEPA;
- l’innalzamento – per il solo anno 2019 – della soglia per l’affidamento diretto di lavori per importi pari o superiori a 40.000 euro ed inferiori a 150.000 euro, “previa consultazione di almeno 3 operatori economici”, nonché l’innalzamento della soglia della procedura negoziata con almeno dieci operatori economici, per importi pari o superiori a 150.000 e inferiori a 350.000 euro.
A queste modifiche devono aggiungersi quelle recate da altri interventi recentissimi, dovendosi richiamare il Decreto Sicurezza (DL 4 ottobre 2018, n. 113, convertito, con modifiche, dalla legge 1° dicembre 2018, n. 132) che ha introdotto una nuova fattispecie di procedura negoziata e il c.d. decreto Genova (DL 28 settembre 2018, n. 109) che ha introdotto – come modifica generale – un’ulteriore banca dati (l’archivio informatico nazionale delle opere pubbliche) per alcune tipologie di opere pubbliche.
Nello scorso mese di febbraio, il Governo ha presentato al Parlamento il disegno di legge recante la delega per la semplificazione, la razionalizzazione, il riordino, il coordinamento e l’integrazione della normativa in materia di contratti pubblici.
Successivamente, è stato approvato il decreto-legge 18 aprile 2019, n. 32, recante “Disposizioni urgenti per il rilancio del settore dei contratti pubblici, per l’accelerazione degli interventi infrastrutturali, di rigenerazione urbana e di ricostruzione a seguito di eventi sismici”, c.d. “sblocca-cantieri”, il cui disegno di legge di conversione è oggi all’esame del Parlamento.
Preliminarmente all’esame delle disposizioni introdotte con il decreto-legge n. 32 del 2019, non può non evidenziarsi come le puntuali e specifiche modifiche normative che il Codice ha subìto nei suoi pochi anni di vigenza, abbiano reso arduo il lavoro degli attori del mercato, senza concedere loro quell’intervallo temporale necessario al consolidamento delle disposizioni in esso contenute.
È noto che negli ultimi mesi gli operatori del sistema e la stessa dottrina si sono divisi in ordine all’opportunità di procedere ad una modifica integrale del Codice, da realizzarsi attraverso l’emanazione di una nuova legge delega, ovvero all’emanazione, quanto meno in una prima fase, di modifiche urgenti delle disposizioni a contenuto più critico, riservando ad una fase successiva, e solo se ciò fosse risultato indispensabile, la rivisitazione più ampia dell’intero impianto del codice.
Nel frattempo, è pervenuta la lettera del 24 gennaio 2019 di costituzione in mora del Governo italiano (1) da parte della Commissione europea per la mancata conformità alle direttive del 2014 in materia di contratti pubblici di diversi articoli del d.lgs. 18 aprile 2016, n. 50 (2), come modificato dal d.lgs. 19 aprile 2017, n. 57, nonché dell’art. 16, comma 2-bis, del d.P.R. 6 giugno 2001, n. 380, in relazione alle opere di urbanizzazione. Il Governo italiano è stato, dunque, invitato a trasmettere osservazioni in merito entro due mesi dal ricevimento della lettera, ai sensi dell’art. 258 del Trattato di Funzionamento dell’Unione Europea.
Conseguentemente, il Governo ha presentato al Parlamento un disegno di legge delega recante “Delega al Governo per la semplificazione, la razionalizzazione, il riordino, il coordinamento e l’integrazione della normativa in materia di contratti pubblici”, in cui sono fissati i criteri direttivi (3) della nuova riforma sugli appalti pubblici. L’inerenza dell’intervento normativo rispetto al richiamo della Commissione europea è reso palese nel comma 1 dell’articolo 1 della legge di delega (4).
Contestualmente, il Governo, anche in considerazione dei tempi tecnici necessari all’emanazione dei decreti delegati, ha ritenuto opportuno adottare, nel frattempo, il decreto-legge, recante “Disposizioni urgenti per il rilancio del settore dei contratti pubblici e misure per l’accelerazione degli interventi infrastrutturali”, che apporti le modifiche più urgenti, il cosiddetto decreto sblocca-cantieri, approvato dal Consiglio dei Ministri del 20 marzo scorso.
Tra le cause di tale intervento d’urgenza vi sono anche quelle più propriamente economiche. Il decreto-legge n. 32 del 2019 intende, infatti, concorrere, insieme al decreto-legge “crescita”, a determinare 0,1 punti percentuali di PIL di crescita aggiuntiva del PIL reale nel 2019, portando dunque l’obiettivo di crescita allo 0,2 per cento in termini reali e all’1,2 per cento in termini nominali. Questa è l’impostazione del Documento di economia e finanza 2019, approvato dal Parlamento nello scorso mese di aprile. L’obiettivo dovrebbe essere raggiunto, nelle intenzioni del Governo, determinando un “miglioramento del quadro di regolamentazione” per il settore delle costruzioni, il che dovrebbe pertanto “creare le condizioni per una vera ripresa di un settore che resta cruciale per l’occupazione e l’andamento generale dell’economia”. Ciò – sempre secondo l’impostazione del Governo – “unitamente all’impegno … ad aumentare le risorse per gli investimenti pubblici e agli incentivi per la ristrutturazione degli immobili, anche in chiave antisismica”.
Tale impostazione comporta che il decreto-legge faccia registrare un impatto neutrale sulla finanza pubblica, come affermato dallo stesso DEF, risolvendosi nello snellimento delle procedure e nell’attivazione, dunque, di un processo di accelerazione delle attività interessate di tipo endogeno, soprattutto in riferimento alle norme di cui al Capo I, intitolato infatti “Norme in materia di contratti pubblici, di accelerazione degli interventi infrastrutturali, e di rigenerazione urbana”.
Regolamento unico di attuazione e di esecuzione delle disposizioni contenute nel Codice dei contratti
Il testo del decreto-legge consta di 30 articoli, divisi in tre distinti Capi, rispettivamente recanti norme in materia di contratti pubblici, di accelerazione degli interventi infrastrutturali e di rigenerazione urbana; disposizioni relative agli eventi sismici della Regione Molise e dell’Area Etnea; disposizioni relative agli eventi sismici dell’Abruzzo nell’anno 2009, del centro-Italia negli anni 2016 e 2017 e nei Comuni di Casamicciola Terme e Lacco Ameno dell’Isola di Ischia nell’anno 2017 (oltre a due allegati, il primo, relativo ai Comuni colpiti dagli eventi sismici di cui alle delibere del Consiglio dei ministri del 6 settembre 2018 e del 28 dicembre 2018; il secondo, concernente i Comuni colpiti dagli eventi sismici di cui alle delibere del Consiglio dei ministri del 6 settembre 2018 e del 28 dicembre 2018 per i quali si applica l’art. 7, comma 1, lettera i) del decreto). Oggetto della odierna audizione sono le disposizioni contenute nel Capo I; sulle disposizioni di carattere speciale relative alle zone colpite dagli eventi sismici, la Corte dei conti si pronuncerà nelle sedi proprie del controllo quando a dette disposizioni sarà data applicazione.
Probabilmente, la novità più rilevante, sotto il profilo sistematico, è la previsione dell’adozione di un regolamento unico di attuazione e di esecuzione, che ricomprenda anche tutti gli atti applicativi del Codice fino ad ora adottati.
Fin dalla sua nascita il Codice del 2016 ha rinviato, per la definizione della normativa sui contratti, alla successiva emanazione di altri atti di varia caratura normativa: linee guida e svariati altri decreti ministeriali. Complessivamente, si tratta di circa 50 atti attuativi ricompresi in varie tipologie, destinati a sostituire il precedente regolamento (d.P.R. n. 207/2010): 14 decreti del Ministro delle infrastrutture e trasporti; 15 atti dell’ANAC; c) 6 dPCM; d) 15 decreti di altri Ministri.
Peraltro, molti dei previsti strumenti attuativi del nuovo Codice non sono stati ancora emessi e due degli elementi di maggior novità – il sistema di qualificazione delle stazioni appaltanti, con contestuale riduzione del loro numero, da un lato, e il sistema di rating di impresa, dall’altro verso – non sono ancora operativi. Tale mancata attuazione, peraltro, ha pesato sul perseguimento degli obiettivi più ambiziosi, nonché condivisibili, del Codice: migliorare la qualità del public procurement attraverso il potenziamento delle fasi di programmazione e progettazione, l’ampliamento dei margini di discrezionalità delle stazioni appaltanti, l’introduzione di criteri di aggiudicazione articolati, anche tesi a promuovere valori ambientali, sociali e d’innovazione, favorendo l’implementazione di un processo di riorganizzazione delle stazioni appaltanti nella prospettiva della loro riduzione numerica e maggior qualificazione, così da creare buyer pubblici professionalmente adeguati a utilizzare i nuovi e complessi strumenti del public procurement.
Parimenti inattuato è il secondo elemento centrale del Codice, il c.d. sistema del rating di impresa, finalizzato nell’ottica del legislatore, a migliorare la fase dell’esecuzione dei contratti da parte degli operatori, attraverso incentivi di tipo reputazionale (5).
Inoltre, la questione della natura giuridica dei provvedimenti (ministeriali e dell’ANAC) volti a dare attuazione alle disposizioni del Codice, e della loro collocazione nella gerarchia delle fonti del diritto ha formato oggetto di ampio dibattito.
Nel rendere il previsto parere, il Consiglio di Stato, oltre a stigmatizzare “l’aumento della regolamentazione rispetto a quanto richiesto dalle Direttive europee, in contrasto con il divieto di c.d. gold plating”, ha ritenuto che le linee guida e gli altri decreti “ministeriali” (ad esempio, in tema di requisiti di progettisti delle amministrazioni aggiudicatrici: art. 24, comma 2; e direzione dei lavori: art. 111, commi 2 e 3) o “interministeriali” (art. 144, comma 5, relativo ai servizi di ristorazione), indipendentemente dal nomen juris fornito dalla delega e dallo stesso codice, debbano essere considerati quali “regolamenti ministeriali” ai sensi dell’art. 17, comma 3, legge n. 400/1988. Diversamente ha argomentato con riguardo alle linee guida dell’ANAC. Mentre quelle a carattere “non vincolante” sono state ritenute pacificamente inquadrabili come ordinari atti amministrativi, più complessa si è rivelata la qualificazione giuridica delle linee guida a carattere “vincolante” (ad esempio: art. 83, comma 2, in materia di sistemi di qualificazione degli esecutori di lavori pubblici; art. 84, comma 2, recante la disciplina degli organismi di attestazione SOA; art. 110, comma 5, lett. b, concernente i requisiti partecipativi in caso di fallimento; art. 197, comma 4, relativo ai requisiti di qualificazione del contraente generale), e degli altri atti innominati aventi il medesimo carattere (art. 31, comma 5, relativo ai requisiti e ai compiti del r.u.p. per i lavori di maggiore complessità; art. 197, comma 3, di definizione delle classifiche di qualificazione del contraente generale), comunque riconducibili all’espressione “altri atti di regolamentazione flessibile”. Il citato parere del Consiglio di Stato segue l’opzione interpretativa che combina la valenza certamente generale dei provvedimenti in questione con la natura del soggetto emanante (ANAC), il quale si configura a tutti gli effetti come un’Autorità amministrativa indipendente, con funzioni (anche) di regolazione.
Pertanto, le linee guida e gli atti ad esse assimilati dell’ANAC sono stati ricondotti alla categoria degli atti di regolazione delle Autorità indipendenti, che non sono regolamenti in senso proprio ma atti amministrativi generali con compiti, appunto, “di regolazione”. La descritta soluzione ermeneutica non appare priva di criticità. Al di là dell’apparente contraddizione di prevedere una vincolatività derivante da norme di soft regulation (che per loro natura dovrebbero essere caratterizzate dalla moral suasion piuttosto che dall’imperatività), non può non rilevarsi l’incongruenza di adottare, per il mercato dei contratti pubblici, la categoria degli atti di regolazione tecnica emanati da Autorità indipendenti. Questi ultimi, infatti, rispondono all’esigenza – non sussistente nel campo dei pubblici contratti – di affidare ad un’autorità indipendente dal Governo l’introduzione di regole per lo più tecniche (tariffe, prezzi di accesso alla rete dell’incumbent, ripartizione di risorse scarse, determinazione tecnica dei contenuti delle transazioni commerciali) in segmenti di mercato circoscritti, nei quali l’Esecutivo, per mezzo delle società partecipate, conserva un interesse (diretto o indiretto) che ne sconsiglia qualsivoglia intervento normativo.
Tralasciando altre considerazioni, non può non evidenziarsi la difficoltà per l’operatore di confrontarsi con tale inedita forma di regolamentazione, inserita all’interno di un settore affollato da norme molteplici e disomogenee, che vede coinvolte fonti di rango costituzionale, comunitario, primario e secondario. Infatti, tra le maggiori criticità – da tempo denunciate dagli addetti ai lavori e dai responsabili dei procedimenti delle diverse amministrazioni soggette al controllo della Corte dei conti – del settore dei contratti pubblici vi è la iperregolamentazione della materia. Del resto, il rischio di proliferazione delle fonti e di conseguente perdita di sistematicità ed organicità dell’ordinamento di settore era ben noto allo stesso Legislatore che, nell’indicare i principi della delega cui ha dato attuazione il d.lgs. 50 del 2016, vi includeva la “drastica riduzione” dello stock normativo (art. 1, comma 1, lett. d) della legge di delega). Infatti, la stratificazione e la frammentazione normativa, in una con il difetto di un congruo periodo di riflessione e decantazione normativa, comporta, in definitiva, il sovrapporsi di regimi transitori, il determinarsi di incertezza applicativa, l’aumento del contenzioso e dei costi amministrativi per le imprese, soprattutto piccole e medie.
In tal senso, può valutarsi positivamente l’ipotesi del ritorno alla concentrazione in un unico testo regolamentare di tutte le disposizioni attuative del Codice, al fine di restituire chiarezza ed omogeneità di regole all’interprete ed all’operatore. Se, da un lato, i provvedimenti di soft law si caratterizzano per un maggior grado di flessibilità e di capacità di adattamento all’evoluzione delle fattispecie operative, dall’altro lato, rischiano di generare maggiore incertezza sia in termini di dettaglio delle regole, sia in merito alla relativa portata prescrittiva. È sempre più avvertita dalle amministrazioni controllate dalla Corte l’esigenza di certezza e stabilità delle situazioni giuridiche in tale materia. Per tali motivi è da auspicare la tempestiva adozione del citato regolamento.
Le altre modifiche contenute nel decreto-legge n. 32 del 2019 4.
Il decreto-legge n. 32 del 2019 contiene altre rilevanti modifiche della disciplina del Codice dei contratti. Limitandoci a quelle più rilevanti, si segnalano:
– per il subappalto, l’eliminazione dell’obbligo di indicare nell’offerta la terna di subappaltatori e l’innalzamento della soglia subappaltabile dal 30 per cento al 50 per cento;
– la possibilità di affidamento dei lavori di manutenzione sulla base del mero progetto definitivo;
– la possibilità dell’esame delle offerte prima della verifica dei requisiti di carattere generale e di quelli di idoneità e di capacità degli offerenti;
– l’eliminazione del rito c.d. superspeciale in tema di contenzioso;
– per i contratti sotto soglia (art. 36), l’affidamento diretto fino a quarantamila euro, da quarantamila a duecentomila euro l’affidamento di lavori previa consultazione, ove esistenti, di tre operatori economici, e da duecentomila a cinque milioni di euro l’affidamento mediante procedura aperta con il criterio del prezzo più basso, e solo previa motivazione con quello dell’offerta economicamente più vantaggiosa;
– l’abolizione del peso massimo del 30 per cento da attribuire al punteggio economico quando il criterio di selezione è quello dell’offerta economicamente più vantaggiosa;
– la modifica all’art. 97 ed in particolare al criterio di calcolo della c.d. “soglia di anomalia”, che dovrebbe portare, così, all’esclusione delle offerte anomale;
– il reinserimento dell’incentivo del 2 per cento alla progettazione per i tecnici delle stazioni appaltanti;
– l’abolizione dell’albo dei direttori dei lavori e dei collaudatori per gli appalti pubblici di lavori aggiudicati con la formula del contraente generale;
– la possibilità da parte del Presidente del Consiglio dei ministri, su proposta del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, di nominare Commissari straordinari per gli interventi infrastrutturali ritenuti maggiormente rilevanti, che potranno assumere la funzione di stazione appaltante e operare in deroga alle disposizioni vigenti in tema di contratti pubblici e potranno procedere ad effettuare occupazioni d’urgenza ed espropriazioni; l’approvazione di progetti da parte degli stessi, d’intesa con i Presidenti delle regioni e delle province autonome, sostituirà qualsiasi parere o autorizzazione, fatta eccezione per quelli relativi alla tutela di beni culturali e paesaggistici, per i quali il termine di conclusione del procedimento è fissato in misura comunque non superiore a sessanta giorni, decorso il quale vale il silenzio assenso.
Di seguito brevi considerazioni su alcune di tali modifiche.
Le nuove modalità di affidamento per i contratti sotto soglia sembrano riconducibili all’esigenza di accelerare e semplificare l’affidamento delle commesse pubbliche di minor valore; tuttavia, in considerazione dell’elevato numero di affidamenti che rientrano nell’ambito di tale valore, occorre considerare il rischio di sottrarne al mercato una percentuale significativa, con conseguenti ripercussioni sulla tutela del principio della libera concorrenza.
La modifica che concerne il subappalto era necessaria in relazione alla lettera di messa in mora della Commissione europea cui si è fatto precedentemente cenno.
Sull’argomento, rinviando ad altra sede per una esaustiva valutazione sulla rispondenza delle misure rispetto alle richieste avanzate dalla Commissione Europea, ci si limita a rilevare che l’elevazione del tetto della soglia dal 30 al 50 per cento, potrebbe non essere sufficiente, restando, comunque, un limite al subappalto che la Commissione ha ritenuto illegittimo.
Senza dubbio la problematica è delicata, perché concerne la difficoltà del bilanciamento tra il mantenere una disciplina più restrittiva del subappalto, in difesa dai pericoli di influenza della criminalità organizzata, e l’operarne un ampliamento per avvicinarla ai principi vigenti in Europa, a tutela della piena libera concorrenza nel settore, soprattutto per le piccole e medie imprese.
Deve osservarsi, in ogni caso, che nel nostro ordinamento esiste una normativa antimafia e anticorruzione molto ben strutturata e capace, almeno potenzialmente, di porre un margine al dilagare di fenomeni patologici.
La facoltà dell’esame delle offerte prima della verifica dei requisiti di carattere generale e di quelli di idoneità e di capacità degli offerenti (6) viene introdotta per semplificare la fase della gara che va fino all’aggiudicazione della commessa pubblica, ed evitare, dunque, i problemi connessi alla verifica dei requisiti di partecipazione per tutti i concorrenti. La verifica sarà, infatti, ora limitata all’aggiudicatario e, a campione, anche agli altri partecipanti, secondo le modalità indicate nei documenti di gara.
Al fine di velocizzare le procedure di aggiudicazione, sono state introdotte modifiche al criterio di aggiudicazione per gli appalti sotto soglia: è stata, infatti, eliminata la propensione per quello dell’offerta economicamente più vantaggiosa e restituita maggiore rilevanza a quella del massimo ribasso, che non comporta valutazioni discrezionali legate alla tecnicità dell’offerta. Parimenti, viene eliminato il limite del 30 per cento al valore del punteggio economico nelle ipotesi di aggiudicazione con il criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa.
Tali modifiche, pur nel condivisibile intento di semplificazione, presentano possibili rischi connessi sia alla diminuzione di qualità del prodotto, che non viene più premiata adeguatamente (essendo sufficiente che lo stesso risponda alle minime specifiche tecniche previste dalla legge di gara), sia alla possibile strumentalizzazione della procedura concorsuale.
La semplificazione della fase progettuale per le ipotesi di manutenzioni viene incontro all’esigenza di reintrodurre l’appalto integrato per incrementare gli investimenti pubblici, consentendo alle Amministrazioni pubbliche di affidare la progettazione esecutiva e l’esecuzione dei lavori sulla base di un progetto definitivo in precedenza elaborato, che contenga gli elementi essenziali dell’opera e che risulti già fornito dei pareri ed autorizzazioni richiesti.
In ordine alle modifiche sul processo, si segnala l’abrogazione del rito “superspeciale” (art. 104 del d.lgs. n. 50 del 2016 che integra l’art. 120 c.p.a. introducendo i commi 2-bis e 6-bis) per l’impugnazione delle ammissioni e delle esclusioni dalle gare.
Conclusioni.
Nell’audizione resa l’8 aprile scorso, la Corte dei conti, dall’esame dell’attività delle varie Sezioni di controllo deduceva la sussistenza di alcune problematiche ricorrenti. In particolare, veniva rilevata la difficoltà delle stazioni appaltanti di applicare la normativa in tema di individuazione del contraente e di attuare correttamente la fase dell’esecuzione del contratto.
La complessità del quadro normativo, come si è detto, risente anche delle continue modifiche dello stesso, anche laddove queste – come nel caso del ritorno al Regolamento unico di attuazione ed esecuzione – siano animate proprio da esigenze di semplificazione. In aggiunta a quanto osservato, si ribadisce la necessità di un programma di rafforzamento, professionalizzazione e specializzazione delle risorse umane interne alle pubbliche amministrazioni che operano nel settore degli appalti, in particolare per le figure tecniche. Del resto, una simile esigenza di valorizzazione del personale della pubblica amministrazione è già presente all’interno del disegno di legge recante “Deleghe al Governo per il miglioramento della Pubblica amministrazione”, attualmente all’esame del Parlamento (A.S. 1122).
Si richiama, al di là di quanto già previsto dall’art. 9, comma 2 del DL 166 del 2014, l’esigenza di procedere all’aggregazione delle stazioni appaltanti (attualmente sono oltre 32.000) e di accrescerne, oltre alla dimensione, anche la competenza tecnica, per favorire rapporti di forza paritaria tra funzionari delle stazioni appaltanti e operatori economici. Si segnala, in particolare, la difficile situazione dei piccoli comuni che non sono dotati dei responsabili delle strutture tecniche idonee a gestire le procedure di affidamento dei contratti. A tal fine, peraltro, si auspica la celere attuazione di quanto previsto all’art. 1, commi 162 e 163 della legge 30 dicembre 2018, n. 145.
Inoltre, si rileva, ancora una volta, come nell’attuale prassi amministrativa sia limitata l’attenzione alla qualificazione della spesa pubblica per opere, servizi e forniture, così da garantire che l’uso delle risorse pubbliche sia non solo legittimo ma anche proficuo. L’attenzione degli operatori del settore è prevalentemente incentrata sulla fase di selezione del contraente mentre appare limitata la riflessione in ordine alla valutazione ex ante delle finalità cui mira l’opera pubblica ed i bisogni che si intendono soddisfare attraverso di essa, al controllo concomitante e al controllo ex post dell’avvenuto perseguimento di tali obiettivi. In una fase, come quella attuale, caratterizzata da scarsità di risorse pubbliche e dalla necessità di adeguare e rinnovare la dotazione infrastrutturale generale, emerge con chiarezza la necessità di dedicare alle esigenze di qualificazione della spesa pubblica un impegno pari a quello rivolto alla scelta del miglior contraente. L’approccio amministrativo appare, infatti, concentrato sul momento procedimentale e, dunque, finalizzato a porre in essere un provvedimento pienamente legittimo, idoneo cioè a resistere ad un eventuale contenzioso. Scarsa attenzione, invece, appare dedicata al procedimento interno attraverso il quale l’amministrazione perviene alla decisione di realizzare l’opera pubblica, non essendo previsto che la stessa motivi nell’an tale determinazione, anche comparandola con altre possibili ipotesi diverse.
Infine, si demanda alla valutazione parlamentare la possibilità di una valorizzazione della funzione di controllo intestata alla Corte dei conti, in termini di prossimità e concomitanza, anche al fine di offrire maggiore certezza e tempestività all’azione amministrativa nel settore.
NOTE
1 Una simile lettera è pervenuta ai Governi di altri 14 Stati membri (Bulgaria, Repubblica Ceca, Cipro, Croazia, Danimarca, Finlandia, Germania, Malta, Paesi Bassi, Polonia, Regno Unito, Romania, Svezia e Ungheria).
2 Riguardo al codice degli appalti, sono stati oggetto della costituzione in mora, in particolare:
- l’articolo 35, comma 9, lettera a), e comma 10, lettera a), del Codice dei contratti pubblici, che prevedono che sia computato il valore complessivo stimato della totalità dei lotti qualora vi sia la possibilità di “appalti aggiudicati contemporaneamente per lotti separati”, atteso che, per la Commissione: «aggiungendo la qualifica “contemporaneamente”, la normativa italiana sembra aver ristretto l’applicabilità dell’obbligo di computare il valore complessivo stimato della totalità dei lotti», in violazione dell’art. 5, paragrafo 8, primo comma, e paragrafo 9, primo comma, della direttiva 2014/24/UE, nonché dell’art. 16, paragrafo 8, primo comma, e paragrafo 9, primo comma, della direttiva 2014/25/UE;
- l’articolo 80, comma 4, del Codice dei contratti pubblici, che prevede che un operatore economico è escluso dalla partecipazione ad una procedura d’appalto se ha commesso violazioni gravi, definitivamente accertate, degli obblighi relativi al pagamento di imposte, tasse o contributi previdenziali, secondo la legislazione italiana o quella dello Stato in cui è stabilito. Per la disposizione normativa, costituiscono violazioni definitivamente accertate quelle contenute in sentenze o atti amministrativi non più soggetti ad impugnazione. La Commissione europea ritiene che l’articolo 80, comma 4, del decreto legislativo 50/2016, in quanto “non consente di escludere un operatore economico che ha violato gli obblighi relativi al pagamento di imposte o contributi previdenziali qualora tale violazione – pur non essendo stata stabilita da una decisione giudiziaria o amministrativa avente effetto definitivo – possa essere comunque adeguatamente dimostrata dall’amministrazione aggiudicatrice o dall’ente aggiudicatore”, violi l’art. 38, paragrafo 5, secondo comma, della direttiva 2014/23/UE, nonché l’art. 57, paragrafo 2, secondo comma, della direttiva 2014/24/UE;
- l’articolo 80, comma 5, lettera c), del Codice dei contratti pubblici, nella versione vigente prima della suddetta modifica operata dal decreto-legge 14 dicembre 2018, n. 135: “giacché, nel caso di offerenti che abbiano contestato in giudizio la risoluzione anticipata di un precedente contratto di appalto o concessione, preclude alle stazioni appaltanti ogni valutazione circa l’affidabilità di tali offerenti sino a quando il giudizio non abbia confermato la risoluzione anticipata” in violazione dell’art. 57, paragrafo 4, lettera g), della direttiva 2014/24/UE, nonché dell’art. 38, paragrafo 7, lettera f), della direttiva 2014/23/UE;
- l’articolo 105, commi 2 e 5, del d.lgs. 50 del 2016, nella parte in cui fissa un limite obbligatorio all’importo del contratto di lavori, servizi e forniture che l’appaltatore può affidare a terzi, corrispondente al 30% dell’importo complessivo del contratto, atteso che, per la Commissione, tale limitazione quantitativa, fissata in maniera del tutto astratta e prescindendo dal carattere essenziale o meno delle prestazioni e dalle reali capacità dei subappaltatori, non risulta compatibile con i principi fondamentali contenuti nelle direttive del 2014 e già in precedenza in quelle del 2004, nonché più volte messi in luce dalla giurisprudenza della Corte di giustizia dell’Unione europea, che impongono di facilitare la partecipazione delle piccole e medie imprese agli appalti pubblici, anche mediante il subappalto. E ciò anche in considerazione dell’ampliamento dei poteri attribuiti alle amministrazioni aggiudicatrici nei confronti dei subappaltatori effettuato dalle direttive del 2014, che rende ancor più difficile ritenere ammissibile una restrizione quantitativa del subappalto fissata in maniera astratta. La norma si pone, dunque, in violazione dell’art. 63, paragrafi 1, secondo comma, e 2, e dell’art. 71, della direttiva 2014/24/UE, nonché dell’art. 79, paragrafi 1, secondo comma, e 3, e dell’art. 88, della direttiva 2014/25/UE, nonché dell’art. 38, paragrafo 2, e dell’art. 42, della direttiva 2014/23/UE;
- l’articolo 105, comma 6, del d.lgs. 50 del 2016, nella parte in cui impone l’obbligo di indicazione in sede di offerta della terna dei subappaltatori anche quando non intendono far ricorso ad alcun subappaltatore o anche quando ne occorrono meno, in violazione dell’art. 18, paragrafo 1, e 71, della direttiva 2014/24/UE;
- l’articolo 105, comma 19, del d.lgs. 50 del 2016, nella parte in cui impone il divieto generale per i subappaltatori di fare a loro volta ricorso ad altri subappaltatori (il cosiddetto subappalto a cascata), in violazione dell’art. 18, paragrafo 1, e 71, paragrafo 5, quinto comma, della direttiva 2014/24/UE, dell’art. 36, paragrafo 1, e 88, paragrafo 5, quinto comma, della direttiva 2014/25/UE, nonché dell’art. 3, paragrafo 1, e 42, paragrafo 3, quarto comma, della direttiva 2014/23/UE;
- l’articolo 89, comma 6, del d.lgs. 50 del 2016, nella parte in cui impone il divieto per il soggetto delle cui capacità l’operatore intende avvalersi di affidarsi a sua volta alle capacità di un altro soggetto (il cosiddetto avvalimento a cascata), in violazione dell’art. 38, paragrafo2, della direttiva 2014/23/UE, dell’art. 63, paragrafo 1, della direttiva 2014/24/UE, nonché dell’art. 79, paragrafi 1 e 2, della direttiva 2014/25/UE;
- l’articolo 89, comma 7, per il quale: “In relazione a ciascuna gara non è consentito, a pena di esclusione, che della stessa impresa ausiliaria si avvalga più di un concorrente, ovvero che partecipino sia l’impresa ausiliaria che quella che si avvale dei requisiti” e 105, comma 4, lettera a), del Codice degli appalti, che dispone: “I soggetti affidatari dei contratti di cui al presente codice possono affidare in subappalto le opere o i lavori, i servizi o le forniture compresi nel contratto, previa autorizzazione della stazione appaltante purché: a) l’affidatario del subappalto non abbia partecipato alla procedura per l’affidamento dell’appalto”, in violazione dell’art. 3, paragrafo 1, della direttiva 2014/23/UE, dell’art. 18, paragrafo 1, della direttiva 2014/24/UE, nonché dell’art. 36, paragrafo 1, della direttiva 2014/25/UE, per le cui prescrizioni le amministrazioni aggiudicatrici devono agire in modo proporzionato;
- l’articolo 89, comma 11, del d.lgs. n. 50/2016, per il quale: “Non è ammesso l’avvalimento qualora nell’oggetto dell’appalto o della concessione di lavori rientrino opere per le quali sono necessari lavori o componenti di notevole contenuto tecnologico o di rilevante complessità tecnica, quali strutture, impianti e opere speciali. E’ considerato rilevante, ai fini della sussistenza dei presupposti di cui al primo periodo, che il valore dell’opera superi il dieci per cento dell’importo totale dei lavori…”, in violazione dell’art. 63, paragrafi 1 e 2, della direttiva 2014/24/UE, dell’art. 79, paragrafi 2 e 3, della direttiva 2014/25/UE, nonché dell’art. 3, paragrafo 1, della direttiva 2014/23/UE, dell’art. 18, paragrafo 1, della direttiva 2014/24/UE, nonché dell’art. 36, paragrafo 1, della direttiva 2014/25/UE, per la violazione del principio di proporzionalità;
- l’articolo 97, comma 8, del d.lgs. n. 50/2016, per il quale: “Per lavori, servizi e forniture, quando il criterio di aggiudicazione è quello del prezzo più basso e comunque per importi inferiori alle soglie di cui all’articolo 35, la stazione appaltante può prevedere nel bando l’esclusione automatica dalla gara delle offerte che presentano una percentuale di ribasso pari o superiore alla soglia di anomalia individuata ai sensi del comma 2. In tal caso non si applicano i commi 4, 5 e 6. Comunque la facoltà di esclusione automatica non è esercitabile quando il numero delle offerte ammesse è inferiore a dieci”, in violazione dell’art. 69, paragrafi 1 e 3, della direttiva 2014/24/UE, dell’art. 84, paragrafi 1 e 3, della direttiva 2014/25/UE, sia perché la norma si applica a prescindere dal fatto che l’appalto presenti o meno un interesse transfrontaliero certo, sia perché la soglia di dieci offerte non sembra essere sufficientemente elevata, con riferimento, in particolare, alle grandi amministrazioni aggiudicatrici, alle quali pure si applica.
3 I principali criteri direttivi del disegno di legge delega sono i seguenti:
- coordinare sotto il profilo formale e sostanziale il testo delle disposizioni legislative vigenti anche di recepimento e attuazione della normativa europea, apportando le opportune modifiche volte a garantire o migliorare la coerenza giuridica, logica e sistematica della normativa;
- restituire alle disposizioni semplicità e chiarezza di linguaggio, nonché ragionevoli proporzioni dimensionali quanto al numero degli articoli, dei commi e delle parole, privilegiando, ove possibile, una disciplina per principi e indicando nella rubrica di ciascun articolo il corrispondente articolo delle direttive europee cui è data attuazione;
- assicurare l’efficienza e la tempestività delle procedure di programmazione, di affidamento, di gestione, e di esecuzione degli appalti pubblici e dei contratti di concessione, al fine di ridurre e rendere certi i tempi di realizzazione delle opere pubbliche, compresi le infrastrutture e gli insediamenti prioritari per lo sviluppo del paese, nonché di esecuzione dei servizi e delle forniture, limitando i livelli di regolazione superiori a quelli minimi richiesti dalle direttive europee, salvo che la loro perdurante necessità sia motivata dall’analisi di impatto della regolamentazione (AIR) dei relativi decreti legislativi;
- adottare, ai sensi dell’articolo 17, comma 1, della legge 23 agosto 1988, n. 400, un unico regolamento per dettare la disciplina esecutiva ed attuativa dei decreti legislativi di cui al comma 1, nel rispetto delle finalità e dei principi della legge delega, ed eliminare i rinvii a strumenti di normazione secondaria diversi, fatta salva l’osservanza dell’articolo 17, comma 3, della legge 23 agosto 1988, n. 400, per ambiti specifici o tecnici o che necessitano di periodica revisione;
- prevedere discipline opportunamente differenziate applicabili ai contratti pubblici di lavori, servizi e forniture di importo inferiore alle soglie di rilevanza comunitaria, nonché ai contratti da svolgersi fuori dall’Unione europea, ispirate alla massima semplificazione e rapidità, e una disciplina specifica per i contratti attivi;
- promuovere la discrezionalità e la responsabilità delle stazioni appaltanti, anche nell’ottica di assicurare maggiore flessibilità nell’utilizzo delle procedure di scelta del contraente, fornendo alle medesime stazioni appaltanti misure e strumenti di supporto attraverso il potenziamento dell’attività di vigilanza collaborativa e consultiva delle competenti autorità amministrative indipendenti nonché delle altre amministrazioni pubbliche;
- razionalizzare i metodi di risoluzione delle controversie, anche alternativi ai rimedi giurisdizionali, riducendo gli oneri di impugnazione degli atti delle procedure di affidamento;
- rafforzare la certezza e la prevedibilità delle decisioni delle stazioni appaltanti nell’applicazione della disciplina attraverso atti interpretativi dell’Autorità nazionale anticorruzione (ANAC) di natura non regolamentare e non vincolante, volti a chiarire la portata e le ricadute organizzative degli adempimenti stabiliti dai decreti di cui al comma 1, nonché la vigilanza collaborativa e l’attività consultiva su istanza delle singole stazioni appaltanti o degli operatori economici;
- riordinare e riorganizzare l’attuale disciplina concernente le centrali di committenza e i soggetti aggregatori, con riferimento agli obblighi e alle facoltà inerenti al ricorso agli strumenti di acquisto e negoziazione messi a disposizione dagli stessi e provvedere all’introduzione di strumenti di controllo sul rispetto della disciplina in materia di razionalizzazione della spesa per gli acquisti delle pubbliche amministrazioni;
- prevedere l’obbligo per le pubbliche amministrazioni di rendere facilmente conoscibili e accessibili le informazioni, i dati da fornire e la relativa modulistica, anche adeguando, aggiornando e semplificando il linguaggio, nonché adottando moduli unificati e standardizzati che definiscono esaustivamente, per tipologia di procedimento, i contenuti tipici e la relativa organizzazione dei dati;
- armonizzare, semplificare e razionalizzare la disciplina dei controlli, ad eccezione di quelli fiscali, sulle imprese e i professionisti;
- prevedere l’obbligo, per le pubbliche amministrazioni, di procedere al monitoraggio e al controllo telematico a consuntivo del rispetto dei tempi di conclusione dei procedimenti amministrativi di competenza;
- semplificare e accelerare le procedure di spesa e contabili nel rispetto dei principi e delle regole stabiliti dalla legge 31 dicembre 2009, n. 196, eliminando gli adempimenti meramente formali e favorendo la tempestività dei pagamenti da parte delle pubbliche amministrazioni, ferma restando la verifica sulla sussistenza delle occorrenti risorse finanziarie;
- diffondere la cultura digitale e favorire la partecipazione di cittadini e imprese ai procedimenti amministrativi innanzitutto attraverso dispositivi mobili, nel rispetto della disciplina in materia di tutela dei dati personali e tenendo conto delle esigenze di sicurezza cibernetica, individuando azioni di divulgazione e educazione all’utilizzo dei servizi digitali pubblici e privati e incentivando le amministrazioni pubbliche a utilizzare tecniche di gestione di progetto per lo sviluppo di progetti di digitalizzazione e innovazione.
4 “Nell’esercizio della delega di cui all’articolo 3, comma 1, lett. i), il Governo provvede al riassetto della materia dei contratti pubblici, nel rispetto delle direttive 2014/23/UE, 2014/24/UE, 2014/25/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 26 febbraio 2014, e 2009/81/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 13 luglio 2009, anche al fine di coordinare le predette norme con la legge 7 agosto 1990, n. 241 e col codice civile, adottando un nuovo codice dei contratti pubblici in sostituzione del decreto legislativo 18 aprile 2016, n. 50, nonché del decreto legislativo 15 novembre 2011, n. 208, ovvero modificandoli per quanto necessario”.
5 Nella comunicazione “Migliorare il mercato unico: maggiori opportunità per i cittadini e per le imprese”, COM(2015)550 del 28 ottobre 2015, la Commissione afferma, soprattutto con riferimento agli appalti per l’affidamento dei grandi progetti per le infrastrutture, penalizzati da ritardi dovuti alla complessità e alla lunghezza delle procedure, che: “gli appalti sono spesso condotti senza le necessarie competenze o conoscenze tecniche o procedurali, in modo poco conforme alla normativa e con ripercussioni negative tanto per le imprese quanto per i contribuenti”. Nella comunicazione “Appalti pubblici efficaci in Europa e per l’Europa”, COM(2017)572 del 3 ottobre 2017, la Commissione sollecita la professionalizzazione delle stazioni appaltanti e pone l’attenzione sul fatto che: “le amministrazioni raramente acquistano insieme”, “le possibilità di utilizzare appalti strategici sono ancora troppo poco utilizzate”, “le procedure d’appalto sono ritenute troppo complesse e sono penalizzate da eccessivi oneri amministrativi”, “la trasformazione digitale degli appalti pubblici è lenta”. Gli obiettivi da raggiungere, secondo la Commissione, consistono: nel garantire la più ampia diffusione degli appalti strategici; nella professionalizzazione degli acquisti pubblici a lungo termine; nel miglioramento dell’accesso ai mercati pubblici e dell’efficienza del contenzioso; nell’aumento della trasparenza, integrità e qualità dei dati, in modo da promuovere una trasformazione digitale degli appalti; nella cooperazione negli appalti mediante l’aggregazione degli acquisti e la creazione di piattaforme per la conoscenza e condivisione delle soluzioni e delle best practices. Nella raccomandazione sulla professionalizzazione degli appalti pubblici, C/2017/6654, oltre che sul favorire progetti e iniziative in partenariato con organizzazioni pubbliche e private, si insiste ancora sull’elaborazione di programmi a lungo termine di professionalizzazione delle risorse umane, anche se, riguardo a quest’ultimo profilo, potrebbero sorgere problemi di incompatibilità con la disciplina anticorruzione, che spinge, invece, verso una rotazione del personale, soprattutto di quello che si occupa di appalti pubblici.
6 L’introduzione di tale modifica è stata resa possibile in attuazione dell’art. 56, comma 2, della direttiva 2014/24/UE (che così dispone: “Nelle procedure aperte, le amministrazioni aggiudicatrici possono decidere di esaminare le offerte prima di verificare l’assenza di motivi di esclusione e il rispetto dei criteri di selezione ai sensi degli articoli da 57 a 64. Se si avvalgono di tale possibilità, le amministrazioni aggiudicatrici garantiscono che la verifica dell’assenza di motivi di esclusione e del rispetto dei criteri di selezione sia effettuata in maniera imparziale e trasparente, in modo che nessun appalto sia aggiudicato ad un offerente che avrebbe dovuto essere escluso a norma dell’articolo 57 o che non soddisfa i criteri di selezione stabiliti dall’amministrazione aggiudicatrice”).