La Corte Costituzionale ha chiarito che la disciplina del rapporto di impiego alle dipendenze delle Regioni, compreso il trattamento economico del personale pubblico privatizzato, rientra nella competenza esclusiva del legislatore nazionale ex art. 117 Cost. La legge statale fissa dei principi fondati sull’esigenza di garantire l’uniformità, nel territorio nazionale, delle regole fondamentali che disciplinano i rapporti tra privati, ivi compresi i lavoratori delle regioni autonome.
Corte Costituzionale, sentenza n. 81 2019
In occasione del giudizio sulla costituzionalità di una legge della regione autonoma Friuli Venezia-Giulia, la Corte Costituzionale, con sentenza n. 81/2019 chiarisce l’ambito della competenza statale in materia di lavoro pubblico, che si estende anche ai lavoratori delle Regioni Autonome.
Il Governo aveva impugnatola legge della Regione autonoma Friuli-Venezia Giulia 9 febbraio 2018, n. 5, che prevedeva che al personale iscritto all’albo dei giornalisti che presta servizio presso gli uffici stampa istituzionali delle amministrazioni del comparto unico del Friuli-Venezia Giulia e degli enti del Servizio sanitario nazionale si applicasse il contratto nazionale di lavoro giornalistico.
La Consulta ha riconosciuto come fondata la contestazione del Governo.
Infatti il d.lgs. n. 165 del 2001 ha stabilito che i rapporti di lavoro pubblici cosiddetti contrattualizzati sono disciplinati dalle disposizioni del codice civile e sono oggetto di contrattazione collettiva: tale disciplina secondo la Corte Costituzionale costituisce norma fondamentale di riforma economico-sociale della Repubblica, ed è quindi vincolante anche per le regioni autonome.
Ma in generale la disciplina del rapporto di impiego alle dipendenze della Regione e i profili relativi al trattamento economico del personale pubblico privatizzato vengono ricondotti alla materia dell’«ordinamento civile», di competenza esclusiva del legislatore nazionale.
In tale materia il legislatore fissa principi che «costituiscono tipici limiti di diritto privato, fondati sull’esigenza, connessa al precetto costituzionale di eguaglianza, di garantire l’uniformità nel territorio nazionale delle regole fondamentali di diritto che disciplinano i rapporti tra privati e, come tali si impongono anche alle Regioni a statuto speciale (Corte Cost. sentenza n. 189 del 2007).
Di seguito si riporta il passaggio cruciale della sentenza n. 81/2019 della Corte Costituzionale:
(…)
Il d.lgs. n. 165 del 2001 ha stabilito che i rapporti di lavoro pubblici cosiddetti contrattualizzati sono disciplinati dalle disposizioni del codice civile e sono oggetto di contrattazione collettiva.
Questa Corte ha affermato che tale disciplina «costituisce norma fondamentale di riforma economico-sociale della Repubblica, alla stregua dell’art. 1, comma 3, del citato decreto legislativo n. 165 del 2001, il quale rinvia in proposito ai principi desumibili dall’art. 2 della legge 23 ottobre 1992, n. 421 (Delega al Governo per la razionalizzazione e la revisione delle discipline in materia di sanità, di pubblico impiego, di previdenza e di finanza territoriale), che, al comma 1, lettera a), stabilisce per l’appunto come principio la regolazione mediante contratti individuali e collettivi dei rapporti di lavoro e di impiego nel settore pubblico» (sentenza n. 314 del 2003).
3.2.– La costante giurisprudenza di questa Corte ha, poi, precisato che la disciplina del rapporto di impiego alle dipendenze della Regione e i profili relativi al trattamento economico del personale pubblico privatizzato vengono ricondotti alla materia dell’«ordinamento civile», di competenza esclusiva del legislatore nazionale, che in tale materia fissa principi che «costituiscono tipici limiti di diritto privato, fondati sull’esigenza, connessa al precetto costituzionale di eguaglianza, di garantire l’uniformità nel territorio nazionale delle regole fondamentali di diritto che disciplinano i rapporti tra privati e, come tali si impongono anche alle Regioni a statuto speciale» (sentenza n. 189 del 2007).
La qualificazione della riserva di contrattazione collettiva posta dal legislatore statale quale norma fondamentale di riforma economico-sociale comporta che essa operi come limite all’autonomia della Regione autonoma Friuli-Venezia Giulia in base alle previsioni dello stesso statuto, che impone che l’esercizio delle attribuzioni regionali avvenga nel rispetto dei principi generali dell’ordinamento giuridico e delle norme fondamentali di riforma economico-sociale.
3.3.– Con particolare riferimento alla disciplina del rapporto di lavoro dei dipendenti pubblici aventi la qualifica di giornalisti, questa Corte, con la sentenza n. 10 del 2019, a proposito di una norma regionale avente contenuti assimilabili a quella di odierna impugnativa adottata dalla Regione Lazio, ha stabilito che «[l]a previsione, da parte della legge regionale impugnata, di applicazione ai giornalisti inquadrati, a seguito di concorso pubblico, nel personale di ruolo della Regione di un contratto collettivo non negoziato dall’Agenzia per la rappresentanza negoziale delle pubbliche amministrazioni (ARAN), ma dalle organizzazioni datoriali degli editori e dalla Federazione nazionale della stampa italiana, vìola l’art. 117, secondo comma, lettera l), Cost.».
In particolare, la norma della Regione Lazio prevedeva espressamente l’applicazione del contratto giornalistico ai giornalisti impiegati presso gli uffici stampa della Giunta e del Consiglio regionale, a seguito di concorso e di relativa immissione in ruolo.
3.4.– La norma della Regione autonoma Friuli-Venezia Giulia oggetto di impugnativa si riferisce, invece, genericamente «al personale iscritto all’albo dei giornalisti che presta servizio preso gli uffici stampa istituzionali delle amministrazioni del comparto unico del Friuli-Venezia Giulia e degli enti del servizio sanitario regionale», sicché l’incostituzionalità di essa viene in rilievo con specifico riferimento ai giornalisti assunti quali pubblici dipendenti.
Con le leggi regionali 31 agosto 1981, n. 53 (Stato giuridico e trattamento economico del personale della Regione autonoma Friuli-Venezia Giulia), 9 dicembre 1982, n. 81 (Modificazioni, integrazioni ed interpretazioni della legge regionale 31 agosto 1981, n. 53. Inquadramento di personale in posizione di comando ed assunto a contratto), e 4 marzo 1991, n. 9, recante «Norme di revisione contrattuale dello stato giuridico e del trattamento economico del personale assunto con contratto di lavoro giornalistico e inquadramento di personale tecnico (modifiche ed integrazioni alla legge regionale 31 agosto 1981, n. 53 e alla legge regionale 1° marzo 1988, n. 7)», la Regione autonoma Friuli-Venezia Giulia, nell’esercizio della competenza esclusiva in materia di «ordinamento degli uffici e degli enti dipendenti dalla Regione e di stato giuridico ed economico del personale ad essi addetto», aveva riconosciuto ai dipendenti regionali iscritti all’ordine dei giornalisti, che svolgevano mansioni giornalistiche da almeno due anni presso l’ufficio stampa e pubbliche relazioni, la facoltà di richiedere l’assunzione a contratto con l’applicazione dello stato giuridico e del trattamento economico previsto dal Contratto collettivo nazionale dei giornalisti. Il rapporto d’impiego veniva, pertanto, novato e trasformato con l’assunzione a contratto e l’applicazione del contratto di lavoro giornalistico di diritto privato.
Successivamente, la legge statale n. 150 del 2000, che ha connotati di specialità, anche rispetto alla normativa di cui al d.lgs. n. 165 del 2001, regolando l’attività di comunicazione e informazione nelle pubbliche amministrazioni, ha tuttavia previsto, nel ricordato processo di contrattualizzazione del pubblico impiego, una specifica area di contrattazione per gli addetti agli uffici stampa nella pubblica amministrazione, prevedendo l’intervento delle organizzazioni rappresentative dei giornalisti.
A sua volta, l’art. 40 del d.lgs. n. 165 del 2001, nel testo novellato dal decreto legislativo 27 ottobre 2009, n. 150 (Attuazione della legge 4 marzo 2009, n. 15, in materia di ottimizzazione della produttività del lavoro pubblico e di efficienza e trasparenza delle pubbliche amministrazioni), nel ridurre a quattro i comparti di contrattazione collettiva nazionale nel pubblico impiego, cui corrispondono non più di quattro separate aree per la dirigenza, prevede che «[n]ell’ambito dei comparti di contrattazione possono essere istituite apposite sezioni contrattuali per specifiche professionalità».
3.5.– Le predette disposizioni statali sono espressione della competenza esclusiva dello Stato della disciplina del rapporto di lavoro pubblico, anche in riferimento al personale di aree professionali specifiche, e della riserva di contrattazione collettiva, con conseguente illegittimità dell’intervento normativo regionale.
(…)