Silenzio inadempimento: quando la PA ha l’obbligo di provvedere

Oltre che nei casi espressamente tipizzati dalla legge, la P.A. ha il dovere di provvedere espressamente in tutte le fattispecie particolari nelle quali ragioni di giustizia e di equità impongano l’adozione di un provvedimento ovvero le volte in cui, in relazione al dovere di correttezza e di buona amministrazione della parte pubblica, sorga per il privato una legittima aspettativa a conoscere il contenuto e le ragioni delle determinazioni (qualunque esse siano) dell’Amministrazione. In assenza di risposta si ha silenzio-inadempimento.

Tar Campania, sez. V, 29 aprile 2019, n. 2293

Ai sensi dell’art. 2 della legge sul procedimento amministrativo (l. 241/90) esiste per l’amministrazione, in determinati casi, l’obbligo di adottare un provvedimento amministrativo:”Ove il procedimento consegua obbligatoriamente ad un’istanza, ovvero debba essere iniziato d’ufficio, le pubbliche amministrazioni hanno il dovere di concluderlo mediante l’adozione di un provvedimento espresso”.

La giurisprudenza ha precisato che l’esistenza dell’obbligo di provvedere non deve necessariamente essere previsto espressamente dalla legge, ma può essere desunto anche dai principi dell’attività amministrativa, e in particolare dal quelli di imparzialità, legalità e buon andamento.

Più specificamente, la sentenza ribadisce il principio per cui l’obbligo di provvedere corrisponde “ad una situazione soggettiva protetta, qualificata come tale dall’ordinamento, rinvenibile anche al di là di un’espressa disposizione normativa che preveda la facoltà del privato di presentare un’istanza e, dunque, anche in tutte le fattispecie particolari nelle quali ragioni di giustizia e di equità impongano l’adozione di un provvedimento ovvero le volte in cui, in relazione al dovere di correttezza e di buona amministrazione della parte pubblica, sorga per il privato una legittima aspettativa a conoscere il contenuto e le ragioni delle determinazioni (qualunque esse siano) dell’Amministrazione”.

In casi come quelli di cui sopra, esigenze di giustizia sostanziale impongono la conclusione del procedimento ex art.2 della l. 241/90, in ossequio anche al dovere di correttezza e buona amministrazione,  e il privato vanta una legittima e qualificata aspettativa ad un’esplicita pronuncia, potendo in mancanza esperire le apposite azioni giudiziarie previste per il silezio.

In casi come questo, pertanto, la mancata risposta della p.a. viola il “principio generale della doverosità dell’azione amministrativa”, integrato “con le regole di ragionevolezza e buona fede”

Si riporta di seguito il passaggio della sentenza del Tar Campania n. 2293/2019

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8. Ciò posto il ricorso oltre che ammissibile è fondato, non avendo l’amministrazione resistente esitato nei termini di legge, ex art. 2 legge n. 241/90, ovvero nel termine ordinario di trenta giorni, in mancanza di un diverso termine, l’istanza di parte ricorrente.

8.1. Infatti, come ritenuto dalla giurisprudenza “L’obbligo giuridico di provvedere da parte della Pubblica Amministrazione (positivizzato in via generale dall’art. 2 L. n. 241/1990) sussiste ove il procedimento consegua obbligatoriamente ad un’istanza ovvero debba essere iniziato d’ufficio, essendo il silenzio rifiuto un istituto riconducibile a inadempienza dell’Amministrazione, in rapporto a un sussistente obbligo di provvedere che, in ogni caso, deve corrispondere ad una situazione soggettiva protetta, qualificata come tale dall’ordinamento, rinvenibile anche al di là di un’espressa disposizione normativa che preveda la facoltà del privato di presentare un’istanza e, dunque, anche in tutte le fattispecie particolari nelle quali ragioni di giustizia e di equità impongano l’adozione di un provvedimento ovvero le volte in cui, in relazione al dovere di correttezza e di buona amministrazione della parte pubblica, sorga per il privato una legittima aspettativa a conoscere il contenuto e le ragioni delle determinazioni (qualunque esse siano) dell’Amministrazione” (ex multis T.A.R. Puglia Lecce Sez. III, 23-02-2017, n. 328).

8.2. Ed invero sicure esigenze di giustizia sostanziale impongono la conclusione del procedimento, in ossequio anche al dovere di correttezza e buona amministrazione, “in rapporto al quale il privato vanta una legittima e qualificata aspettativa ad un’esplicita pronuncia” (ex multis C.d.S., Sez. VI, n. 2318 / 2007). In casi come questo, invero, la mancata risposta della p.a. viola il “principio generale della doverosità dell’azione amministrativa”, integrato “con le regole di ragionevolezza e buona fede” (T.A.R. Roma (Lazio) sez. II 23 gennaio 2013 n. 788).

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Redazione

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