L’istanza di accesso può essere riproposta sia in presenza di fatti nuovi sopravvenuti o meno e non rappresentati nell’originaria istanza, sia a fronte di una diversa prospettazione dell’interesse giuridicamente rilevante, cioè della posizione legittimante l’accesso: in presenza di questo tipo di istanza, la P.A. ha il dovere di rispondere, e un eventuale diniego, anche tacito, può essere oggetto di ricorso al T.A.R..
Tar Lombardia – Brescia, sez. I, 1 febbraio 2019, n. 106
Il Tar Lombardia si sofferma sulla questione della reiterazione della domanda di accesso agli atti amministrativi, cioè di una seconda domanda di accesso dopo il rigetto, anche tacito, della prima.
Se è possibile astrattamente ripresentare innumerevoli volte una domanda di accesso agli atti amministrativi, solamente la prima domanda, di regola, darà vita ad un provvedimento impugnabile al T.A.R. con ricorso.
Nella sentenza 106/2019 i giudici amministrativi riprendono la giurisprudenza costante in materia di ricorso in materia di accesso ai documenti amministrativi: in presenza di una seconda richiesta, analoga alla prima, la Pubblica Amministrazione può limitarsi a un provvedimento di mera conferma, che non sarà impugnabile.
Tuttavia la seconda istanza darà luogo ad un provvedimento impugnabile in presenza di fatti nuovi, sopravvenuti o meno, non rappresentati nell’originaria istanza, o quando vi è una nuova prospettazione dell’interesse all’accesso.
Infatti l’istanza di accesso può essere riproposta sia in presenza di fatti nuovi sopravvenuti o meno e non rappresentati nell’originaria istanza, sia a fronte di una diversa prospettazione dell’interesse giuridicamente rilevante, cioè della posizione legittimante l’accesso: in presenza di questo tipo di istanza, la P.A. ha il dovere di rispondere, e un eventuale diniego, anche tacito, può essere oggetto di ricorso al T.A.R..
Il rapporto tra il termine di 30 giorni per contestare il diniego di accesso e la ripresentabilità dell’istanza
I giudici lombardi riprendono sostanzialmente quanto era stato sancito dal precedente autorevole dell’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato n. 6/2006.
Secondo l’Adunanza Plenaria “il carattere decadenziale del termine reca in sé – secondo ricevuti principi, come inevitabile corollario – che la mancata impugnazione del diniego nel termine non consente la reiterabilità dell’istanza e la conseguente impugnazione del successivo diniego laddove a questo possa riconoscersi carattere meramente confermativo del primo”.
Infatti il termine di 30 giorni per ricorrere nei confronti del (primo) diniego dell’accesso ha natura decadenziale, e sarebbe aggirato se fosse reiterabile ad libitum l’istanza di accesso da parte di chi non ha impugnato in termini la prima risposta negativa, con coseguente impugnazione del secondo diniego.
La mancata impugnazione del diniego nel termine di 30 giorni, previsto dal Codice del processo amministrativo, non consente la riproposizione dell’istanza, con conseguente impugnazione del successivo diniego che abbia carattere meramente confermativo del primo.
L’esistenza di fatti nuovi o di una nuova configurazione giuridica dell’interesse obbliga la P.A. a rispondere
Sulla base della giurisprudenza amministrativa, l’istanza di accesso può essere riproposta sia in presenza di fatti nuovi sopravvenuti o meno e non rappresentati nell’originaria istanza, sia a fronte di una diversa prospettazione dell’interesse giuridicamente rilevante, cioè della posizione legittimante l’accesso.
Qualora non ricorrano tali elementi di novità, ed il privato si limiti a reiterare l’originaria istanza precedentemente respinta o, al più, a illustrare ulteriormente le sue ragioni, l’Amministrazione ben potrà limitarsi a ribadire la propria precedente determinazione negativa, “non potendosi immaginare, anche per ragioni di buon funzionamento dell’azione amministrativa in una cornice di reciproca correttezza dei rapporti tra privato e amministrazione, che l’amministrazione sia tenuta indefinitamente a prendere in esame la medesima istanza che il privato intenda ripetutamente sottoporle senza addurre alcun elemento di novità” (T.A.R. Lombardia, Milano, sez. III, 17 gennaio 2019 n. 93).
La diversa prospettazione dell’interesse giuridicamente rilevante all’accesso
La sentenza in commento non definisce cosa si intenda per nuova prospettazione, ma la giurisprudenza amministrativa è piuttosto rigida nel ritenere che la diversa prospettazione dell’interesse giuridicamente rilevante non può esaurirsi nel mero approfondimento delle ragioni sottese ad una richiesta precedente, respinta con diniego ormai consolidato. E ciò in quanto “la ragione giustificatrice della reiterazione di una istanza ostensiva deve invece ravvisarsi nella rappresentazione di una nuova posizione giuridica connessa ai documenti cui si richiede l’accesso. In tal senso va intesa la “diversa prospettazione dell’interesse giuridicamente rilevante connesso alla domanda ostensiva” che ne giustifica la reiterazione”. (Tar Toscana, Sez. II, 4 ottobre 2016, n. 1439)
L’actio ad exhibendum si connota, infatti, quale giudizio a struttura impugnatoria che consente alla tutela giurisdizionale dell’accesso di assicurare protezione all’interesse giuridicamente rilevante e, al tempo stesso, esigenza di stabilità delle situazioni giuridiche e di certezza delle posizioni dei controinteressati che sono pertinenti ai rapporti amministrativi scaturenti dai principi di pubblicità e trasparenza dell’azione amministrativa.
In tale quadro, la natura decadenziale del previsto termine di esercizio dell’azione giurisdizionale (avverso il silenzio, piuttosto che nei confronti del diniego espresso) rivela coerenza sistematica con il carattere accelerato del giudizio.
Alla natura decadenziale del termine accede che la mancata impugnazione del diniego nel predetto termine non consente la riproposizione dell’istanza, con conseguente impugnazione del successivo diniego, laddove in quest’ultimo sia rinvenibile carattere meramente confermativo del primo.
Ne consegue che la reiterabilità dell’istanza di accesso – con riveniente pretendibilità di riscontro alla stessa – trova espansione in presenza di fatti nuovi, sopravvenuti o meno, non rappresentati nell’originaria istanza.
Qualora non ricorrano tali elementi di novità, ed il privato si limiti a reiterare l’originaria istanza precedentemente respinta o, al più, a illustrare ulteriormente le sue ragioni, l’Amministrazione ben potrà limitarsi a ribadire la propria precedente determinazione negativa, “non potendosi immaginare, anche per ragioni di buon funzionamento dell’azione amministrativa in una cornice di reciproca correttezza dei rapporti tra privato e amministrazione, che l’amministrazione sia tenuta indefinitamente a prendere in esame la medesima istanza che il privato intenda ripetutamente sottoporle senza addurre alcun elemento di novità” (cfr. T.A.R. Lombardia, Milano, sez. III, 17 gennaio 2019 n. 93).
La determinazione successivamente assunta dall’Amministrazione, a meno che questa non proceda autonomamente a una nuova valutazione della situazione, assume carattere meramente confermativo del precedente diniego, dimostrandosi non autonomamente impugnabile.
Per costante giurisprudenza, infatti, l’atto “meramente confermativo” non è autonomamente impugnabile sia per carenza di interesse a ricorrere, sia al fine di scongiurare possibili elusioni ai termini di impugnazione dell’atto confermato; e ciò a differenza dell’atto di “conferma propria”, che si configura quando l’atto è adottato a seguito di una rinnovata istruttoria e di una nuova valutazione degli interessi pubblici, cosicché lo stesso risulta adottato sulla base di un nuovo iter procedimentale, fattispecie riscontrabile nel caso di cui trattasi (cfr. T.A.R. Campania, Napoli, sez. VIII, 9 gennaio 2019 n. 101, 12 giugno 2018 n. 3917 e 28 febbraio 2018 n 1309, T.A.R. Puglia, Bari, sez. III, 5 aprile 2012 n. 674; T.A.R. Campania, Salerno, sez. I, 22 giugno 2015 n. 1409; T.A.R. Emilia Romagna, Parma, 30 aprile 2015 n. 123).