La scelta del concessionario deve avvenire attraverso procedure concorsuali aperte al mercato: pertanto non sussiste in capo al titolare di una concessione alcun diritto al rinnovo della stessa alla scadenza, con conseguente necessità per il concedente di indizione di una pubblica gara dopo la scadenza stessa, ai fini della scelta del concessionario.
Tar Lombardia, sez. IV, 7 ottobre 2019, n. 2106
Il Tar Lombardia, con sentenza 2106 del 2019 ribadisce i principi fondamentali in materia di concessioni, e in particolare quello dell’inesistenza di un vero e proprio “diritti di insistenza” del titolare uscente della concessione scaduta.
In questa sede i giudici amministrativi hanno chiarito la regola generale dell’apertura alla concorrenza delle concessioni pubbliche: alle concessioni di beni pubblici di rilevanza economica – devono essere applicati norme e principi di diretta derivazione comunitaria, il che implica che la scelta del concessionario deve avvenire attraverso procedure concorsuali, che garantiscano il confronto fra gli operatori e l’apertura al mercato (Consiglio di Stato, sez. V, n. 3588/2018).
Nel ragionamento della giurisprudenza la diretta concorrenza dell’obbligo di gara è che non sussiste in capo al titolare di una concessione alcun diritto al rinnovo della stessa alla scadenza, con conseguente necessità per il concedente di indizione di una pubblica gara dopo la scadenza stessa, ai fini della scelta del concessionario (che può peraltro essere anche quello uscente).
E’ invece possibile, come è avvenuto nel caso davanti ai giudici milanesi, tenere in ogni modo conto della posizione del concessionario uscente, al quale nel bando è riconosciuto un diritto di prelazione, potendo quest’ultimo, all’esito dell’aggiudicazione provvisoria, presentare un’offerta economica superiore rispetto alla migliore offerta presentata in sede di gara.
Il controverso diritto di insistenza del concessionario uscente
Il c.d. diritto di insistenza è la situazione giuridica soggettivo del concessionario di un bene pubblico, che dovrebbe accordare a quest’ultimo una preferenza rispetto ad altri aspiranti concessionari, nel momento in cui la P.A. deve procedere ad una nuova concessione del bene.
E’ minoritaria la tesi secondo la quale l’amministrazione dovrebbe comunque privilegiare il precedente titolare, che faccia richiesta di rinnovo, a meno che non sussistano elementi di interesse pubblico che giustifichino il sacrificio delle ragioni del privato concessionario uscente.
Tuttavia l’orientamento dottrinario prevalente, accolto anche in giurisprudenza, è che il diritto di insistenza si applica solo a parità di condizioni con gli altri privati che aspirano alla concessione.
Il rinnovo della concessione è una nuova concessione in tutto e per tutto
A tale proposito è degno di interesse il precedente richiamato dalla medesima sentenza in commento, TAR Lombardia, n. 187 del 28.1.2016, la quale approfondisce la natura giuridica della concessione, e il conseguente statutus del precedente titolare.
In quella sede i giudici milanesi hanno concluso nel senso che “l’aspettativa del concessionario al rinnovo del rapporto non configura un diritto di insistenza del concessionario stesso, perché il rinnovo equivale ad un nuovo affidamento e, come è noto, ogni nuovo affidamento deve svolgersi mediante gara pubblica”.
Infatti l’uso più conveniente del bene pubblico postula sia l’individuazione da parte dell’amministrazione di ragionevoli obiettivi da realizzare tramite l’utilizzazione del bene, sia l’attivazione di una procedura di confronto competitivo e tale assetto prevale sulla tutela dell’interesse del precedente titolare al rinnovo della concessione.
Dall’altro lato, il rinnovo del rapporto concessorio non è altro che l’attribuzione di una nuova concessione, sicché l’amministrazione deve rispettare le norme, interne e comunitarie, vigenti al tempo in cui il nuovo rapporto concessorio viene posto in essere, regole che nel caso di specie impongono l’evidenza pubblica.
La posizione del concessionario uscente
La sentenza citata conclude affermando che i principi comunitari di concorrenza non possono essere elusi da provvedimenti che facciano conservare in capo al concessionario scaduto, ossia dopo il decorso del termine di durata della concessione, il diritto ad utilizzare per finalità economiche il bene demaniale, come accade nelle ipotesi di proroga o di rinnovo della concessione in favore dello stesso concessionario (cfr. in argomento Consiglio Stato, sez. VI, 30 settembre 2010, n. 7239; T.A.R. Liguria Genova, sez. I, 24 aprile 2013, n. 721).
Pertanto il concessionario ha la facoltà di chiedere il rinnovo, ma laddove non sussistano specifiche situazioni sottoposte ad una disciplina ad hoc derogatoria, per prevalenti esigenze pubblicistiche, dei principi comunitari che impongono il confronto competitivo, la sua posizione non prevale su quella degli altri operatori del mercato.
Del resto, lo stesso concessionario uscente potrà partecipare alla nuova gara indetta dall’amministrazione per l’assegnazione del bene una volta maturata la scadenza della concessione di cui è titolare, o, comunque, una volta cessato il rapporto concessorio.
Di seguito si riporta un estratto della sentenza del TAR Lombardia 2106/2019
(…)
In primo luogo, infatti, appare utile ribadire il principio secondo cui alle concessioni di beni pubblici di rilevanza economica – come quello di cui è causa – devono essere applicati norme e principi di diretta derivazione comunitaria, il che implica che la scelta del concessionario deve avvenire attraverso procedure concorsuali, che garantiscano il confronto fra gli operatori e l’apertura al mercato (cfr. sul punto, fra le tante, Consiglio di Stato, sez. V, n. 3588/2018 con la giurisprudenza ivi richiamata, oltre alla sentenza della scrivente Sezione di questo TAR, n. 187 del 28.1.2016).
Diretta conseguenza di quanto sopra è che non sussiste in capo al titolare di una concessione alcun diritto al rinnovo della stessa alla scadenza, con conseguente necessità per il concedente di indizione di una pubblica gara dopo la scadenza stessa, ai fini della scelta del concessionario (che può peraltro essere anche quello uscente, cfr. ancora la citata sentenza n. 187/2016).
Nello stesso senso della sentenza n. 187/2016, si vedano anche le successive sentenze di questa Sezione IV n. 1233/2016, n. 1112/2018 e n. 275/2019.
Nella deliberazione di Giunta del 2018 di approvazione delle linee di indirizzo per la concessione dell’immobile di cui è causa (cfr. ancora il doc. 2 della ricorrente), l’amministrazione ribadisce il principio generale della gara pubblica quale modalità di scelta del concessionario, ricordando altresì che tale principio è stato rispettato dal Comune negli ultimi anni, non potendosi ravvisare un presunto “diritto” al rinnovo in capo al concessionario uscente.
L’amministrazione ha quindi dato applicazione a principi pacifici di derivazione europea, pur tenendo in ogni modo conto della posizione del concessionario uscente, al quale nel bando (cfr. il doc. 1 della ricorrente, art. 11, pag. 8), è riconosciuto un diritto di prelazione, potendo infatti la Montessori, all’esito dell’aggiudicazione provvisoria, presentare un’offerta economica superiore rispetto alla migliore offerta presentata in sede di gara.
Attraverso tale clausola il Comune ha realizzato un equo contemperamento fra il più volte richiamato principio generale sulla necessità dell’evidenza pubblica e l’esigenza rappresentata dalla Scuola di continuare negli stessi locali l’attività didattica svolta da tempo.
Si badi che la scelta comunale del riconoscimento della prelazione rappresenta comunque una – seppure parziale – deroga al regime della pubblica gara, che imporrebbe invece di premiare esclusivamente l’offerta migliore per la parte concedente, senza alcuna particolare preferenza per il gestore uscente.
In altri termini, la decisione comunale di procedere alla pubblica gara, seppure con il riconoscimento della prelazione, appare rispettosa non solo dei più volte citati principi generali posti a favore della concorrenza, ma anche di esigenze di proporzionalità ed adeguatezza dell’azione amministrativa.
La Scuola non può pertanto lamentare la presunta violazione di un proprio asserito diritto al rinnovo e sul punto non vale neppure il richiamo al precedente di questa Sezione (sentenza n. 1271/2016), che ha reputato legittimo un rinnovo di concessione da parte del Comune di Milano, in una fattispecie però radicalmente differente da quella di cui è causa.
Infatti, nella vicenda di cui alla succitata pronuncia, la legittimità del rinnovo è stata giustificata dalla necessità di salvaguardare una nota insegna commerciale presente nella Galleria “Vittorio Emanuele II” di Milano sin dalla fine del 1800, in quanto caratterizzante l’immagine della Galleria stessa ed essendone divenuta una sorta di “segno” distintivo.
Nulla di ciò ricorre ovviamente nel caso di specie, considerato che la Scuola non può certo rappresentare un elemento caratterizzante del Centro Storico della città di Milano.
In conclusione, il primo motivo di ricorso, nel quale si denuncia la presunta illegittimità del mancato rinnovo della concessione, deve rigettarsi.