Annullamento straordinario degli atti degli enti locali. Il caso Messina

L’annullamento straordinario degli atti degli enti locali da parte del Governo presuppone 1) un provvedimento illegittimo dell’ente locale 2) che tale atto causi una lesione concreta e attuale all’unitarietà dell’ordinamento giuridico nazionale. Ciò si verifica, in particolare, nel momento in cui l’ente comunale adotta un provvedimento che limiti le libertà costituzionali, vanificando la strategia complessiva di gestione di un fenomeno nazionale, come quello dell’emergenza pandemica da Covid-19.

Cons. St., sez. I, 7 aprile 2020, n. 735

Su istanza del Ministero  dell’Interno, il Consiglio di Stato rende parere sull’annullamento straordinario ex art. 138 TUEL dell’ordinanza del Sindaco di Messina De Luca che imponeva restrizioni all’ingresso in Sicilia attraverso lo stresso di Messina.

Il provvedimento del Comune di Messina prescrive a  chiunque intende fare ingresso in Sicilia attraverso il Porto di Messina l’obbligo di registrarsi, almeno 48 ore prima della partenza sul sito del Comune, al fine di ottenere il rilascio da parte del municipio del nullaosta all’ingresso e allo spostamento.

Secondo il Consiglio di Stato, l’annullamento straordinario è necessario per realizzare una gestione unitaria della crisi, per evitare che interventi regionali o locali possano vanificare la strategia complessiva di gestione dell’emergenza, soprattutto in casi in cui non si tratta solo di erogare aiuti o effettuare interventi ma anche di limitare le libertà costituzionali.

In particolare sono stati ravvisati nel provvedimento comunale entrambi i presupposti per l’adozione dell’annullamento straordinario: 1) un provvedimento illegittimo dell’ente locale 2) che tale atto causi una lesione concreta e attuale all’unitarietà dell’ordinamento giuridico nazionale

Il potere di annullamento straordinario del Governo, sua vigenza attuale e natura giuridica

Ai sensi dell’art. 138 del Testo Unico degli Enti Locali, “il Governo, a tutela dell’unità dell’ordinamento, con decreto del Presidente della Repubblica, previa deliberazione del Consiglio dei Ministri, su proposta del Ministro dell’interno, ha facoltà, in qualunque tempo, di annullare, d’ufficio o su denunzia, sentito il Consiglio di Stato, gli atti degli enti locali viziati da illegittimità”.

L’istituto dell’annullamento straordinario, chiarisce il Parere, è ancora in vigore pur dopo la riforma del titolo V della Costituzione introdotta con la legge costituzionale n. 3 del 2001, in quanto compatibile con le prerogative riconosciute agli enti locali dal nuovo Titolo V, se applicate nelle materie riservate alla competenza esclusiva dello Stato.

Per quanto riguarda la natura giuridica, inteso a volte come una forma speciale di controllo sugli atti, altre volte come un strumento analogo all’autotutela e all’annullamento di ufficio, altri ancora ne avevano valorizzato la discrezionalità dell’intervento, riconducendo tale potere all’attività di “alta amministrazione” o di “indirizzo politico”.

In realtà nello stesso potere convivono elementi propri dell’ordinario controllo di legittimità insieme ad elementi di straordinarietà della misura che si pone su un piano di alta amministrazione e richiede, per il suo esercizio, che gli elementi di illegittimità che viziano l’atto assumano una connotazione e una rilevanza tali costituire una lesione concreta e attuale all’unitarietà dell’ordinamento giuridico nazionale (a questo proposito si veda Corte cost., sentenza n. 229 del 1989).

L’obiettivo del mantenimento dell’unità di indirizzo politico e amministrativo

Tale potere trova la sua ragion d’essere nell’obbligo gravante sul Presidente del Consiglio dei Ministri, sancito dall’art. 95 Cost., di assicurare il mantenimento dell’unità di indirizzo politico ed amministrativo, nel quadro di unità e di indivisibilità della Repubblica, di cui all’art. 5 Cost. (Cons. Stato, sez. I, n. 1472/2003).

A tale proposito, la Corte Costituzionale (già nella sentenzaCorte cost. n. 23/1959 ha ricordato che quello in discorso è un istituto che risale alla fondazione dello Stato italiano, considerato  allora come manifestazione essenziale della legalità e dell’unitarietà di direzione dell’ordinamento amministrativo dello Stato, nonostante l’originaria mancanza di espresse disposizioni di legge.

A livello sistematico l’istituto deve mantenere il carattere unitario dell’ordinamento della pubblica Amministrazione nonostante la molteplicità dell’articolazione di questo in una pluralità di organismi dotati di varia autonomia, e in ciò si collega alle norme sull’unità dell’indirizzo amministrativo nell’azione del Governo (art. 95 Cost.) e il ricorso straordinario al Capo dello Stato.

Del resto, sempre secondo la risalente pronuncia della Consulta, a meno che urti con altri precetti, l’annullamento straordinario non può ledere le autonomie, se realizza il ripristino da parte dello Stato della legalità turbata da atti degli enti pubblici.

Il caso del provvedimento del Sindaco di Messina per limitare l’ingresso in Sicilia

A queste considerazioni più generali, il Consiglio di Stato aggiunge che la perdurante attualità e rilevanza di tale istituto, in un quadro di razionale equilibrio tra i poteri dello Stato e tra questi e le autonomie territoriali, è resa particolarmente evidente a fronte di fenomeni di dimensione globale quali l’attuale emergenza sanitaria da pandemia che affligge il Paese, dinanzi ai quali l’unitarietà dell’ordinamento giuridico, pur nel pluralismo autonomistico che caratterizza la Repubblica, costituisce la precondizione dell’ordine e della razionalità del sistema, in relazione ai fondamentali principi di solidarietà e di uguaglianza, formale e sostanziale, che ne rappresentano le basi fondative generali.

Sotto tale profilo, l’Ordinanza del Comune di Messina, che ha per destinatari tutte le persone che intendano fare ingresso in Sicilia attraverso il Porto di Messina, è senz’altro abnorme, perché  è del tutto inconfigurabile un potere del Sindaco di un Comune di dettare norme che possano trovare applicazione ed avere efficacia obbligante al di fuori del perimetro della propria circoscrizione territoriale.

Né può ammettersi, continua il parere, che un simile effetto sia comunque conseguito in via indiretta, in ragione del fatto che, per ragioni fisiche e geografiche o legate alla concreta configurazione attuale delle infrastrutture e delle reti di comunicazione, sia necessario un qualche attraversamento del territorio comunale da parte di persone provenienti da altre aree territoriali e dirette verso altri comuni di destinazione.

A ciò si aggiunge che l’art. 23 della Costituzione vieta a qualsiasi pubblica autorità di imporre ai cittadini prestazioni personali o patrimoniali “se non in base alla legge”, e non esiste una legge che obblighi a tutte le persone che intendano “fare ingresso in Sicilia attraverso il Porto di Messina di registrarsi 48 ore prima per ottenere un nullaosta.

Ma sopratutto, sostiene il Consiglio di Stato, l’Ordinanza introduce un potere comunale di previa autorizzazione all’ingresso e al transito sul territorio comunale in contrasto diretto ed evidente con la libertà personale e la libertà di circolazi,one di cui agli artt. 13 e 16 della Costituzione. In particolare l’art. 16 prevede che “Ogni cittadino può circolare e soggiornare liberamente in qualsiasi parte del territorio nazionale, salvo le limitazioni che la legge stabilisce in via generale per motivi di sanità o di sicurezza” (principio ribadito anche dall’art. 120 Cost.).

I poteri dei sindaci per fronteggiare l’epidemia

L’esigenza generale sottolineata dal Parere  è che in presenza di emergenze di carattere nazionale, dunque, pur nel rispetto delle autonomie costituzionalmente tutelate, vi deve essere una gestione unitaria della crisi per evitare che interventi regionali o locali possano vanificare la strategia complessiva di gestione dell’emergenza, soprattutto in casi in cui non si tratta solo di erogare aiuti o effettuare interventi ma anche di limitare le libertà costituzionali.

In particolare l’art. 3 del decreto-legge n. 19 del 2020 riconosce un’autonoma competenza ai presidenti delle regioni e ai sindaci ma solo al ricorrere di questi presupposti e delle seguenti condizioni:

a. nelle more dell’adozione dei decreti del Presidente del Consiglio dei ministri di cui all’articolo 2, comma 1, e con efficacia limitata fino a tale momento;

b. in relazione a specifiche situazioni sopravvenute di aggravamento del rischio sanitario verificatesi nel loro territorio o in una parte di esso; tali circostanze, in applicazione delle ordinarie regole sulla motivazione del provvedimento amministrativo, non devono solo essere enunciate ma anche dimostrate;

c. esclusivamente nell’ambito delle attività di loro competenza;

d. senza incisione delle attività produttive e di quelle di rilevanza strategica per l’economia nazionale.

Redazione

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