Green pass: nessuna violazione del diritto alla riservatezza sanitaria

Il Consiglio di Stato ha recentemente ribadito la legittimità del green pass, chiarendo che non sussiste alcuna violazione relativa al diritto alla privacy, anche in ambito sanitario.

Con l’ordinanza n. 5130 dello scorso 17 settembre, la terza sezione del Consiglio di Stato (presidente M. Lipari), è tornata sul discusso tema del rapporto tra il certificato verde europeo (c.d. green pass) e la tutela del diritto alla privacy.

La vicenda ha preso avvio dal ricorso promosso innanzi al TAR del Lazio da alcuni cittadini contrari alla vaccinazione, i quali avevano impugnato l’ormai noto d.P.C.M. 17 giugno 2021 che, in attuazione dell’art. 9, comma 10, del d.l. 52/2021, ha previsto e disciplinato l’impiego della certificazione verde quale strumento prioritario per la prevenzione, il contenimento e il controllo sanitario dell’epidemia da COVID-19.

I ricorrenti, sulla base di alcuni motivi volti a evidenziare il presunto contrasto del green pass con la Costituzione, la normativa nazionale e la disciplina UE in tema di protezione dei dati personali, chiedevano l’integrale sospensione dell’efficacia del citato DPCM.

Più nello specifico, il ricorso lamentava la possibile lesione del diritto alla riservatezza sanitaria, il rischio di discriminazioni nello svolgimento di attività condizionate al possesso del green pass, nonché il pregiudizio economico derivante dalla necessità di sottoporsi a frequenti tamponi per poter ottenere la certificazione.

Il TAR Lazio aveva già in prima battuta, con decreto cautelare monocratico, rigettato l’istanza dei ricorrenti; avverso tale provvedimento era stato proposto un primo appello cautelare, rigettato dal Consiglio di Stato con decreto n. 3568/2021, a firma del Presidente Frattini.

In esito alla discussione collegiale della domanda cautelare, il TAR di Roma aveva poi confermato la propria linea, rigettando l’istanza con l’ordinanza n. 4281/2021, che è stata fatta oggetto di una nuova impugnativa cautelare innanzi ai giudici di Palazzo Spada.

Questa è stata così l’occasione per il giudice d’appello di ribadire la propria posizione in merito al green pass (seppure, al momento, in sede solo cautelare).

L’ordinanza in commento – la quale era già stata preceduta da un ulteriore decreto monocratico di rigetto – non ha inteso accogliere le doglianze dei ricorrenti, sancendo così la legittimità del green pass e la sua conformità all’ordinamento, anche sotto il profilo del rispetto del fondamentale diritto alla riservatezza.

Il provvedimento ha intanto richiamato e confermato il precedente decreto monocratico n. 3568/2021, con il quale era stato respinto l’appello proposto avverso il decreto cautelare adottato in primo grado, ribadendo che le prescrizioni del DPCM trovano comunque una precisa copertura normativa di fonte primaria nel d.l. 52/2021.

Sul punto maggiormente controverso, poi, i giudici rilevano che “gli appellanti, dichiarandosi contrari alla somministrazione del vaccino, nel pieno esercizio dei loro diritti di libera autodeterminazione, non subiscono lesioni del diritto alla riservatezza sanitaria in ordine alla scelta compiuta, dal momento che l’attuale sistema di verifica del possesso della certificazione verde non sembra rendere conoscibili ai terzi il concreto presupposto dell’ottenuta certificazione (vaccinazione o attestazione della negatività al virus)”.

Inoltre, secondo il Collegio giudicante, il D.P.C.M. impugnato ha ad oggetto la sola definizione degli aspetti di regolamentazione tecnica dell’istituto del green pass, mentre sono ad esso estranei i contenuti regolatori inerenti alle attività sociali, economiche e lavorative realizzabili dai soggetti vaccinati, o comunque in possesso di certificazione, cui gli appellanti riconducevano i presunti effetti pregiudizievoli.

Tali regole, infatti, sono contenute in atti aventi forza di legge (in particolare, nei decreti legge n. 105/2021 e n. 111/2021), sulla cui compatibilità alla Costituzione o al diritto UE non potrebbero che esprimersi, in assenza di specifici atti applicativi, rispettivamente, la Corte Costituzionale o la Corte di Giustizia dell’UE.

Peraltro, il Consiglio di Stato, nell’operare il dovuto bilanciamento tra i contrapposti interessi ai fini della valutazione sulla sussistenza del danno grave e irreparabile, considera, da un lato, che la graduale estensione della certificazione verde ha oggettivamente accelerato il percorso di riapertura delle attività economiche, sociali e istituzionali e, dall’altro, che un eventuale sospensione della sua efficacia determinerebbe un vuoto normativo dalle conseguenze non prevedibili sul piano della salvaguardia della salute dei cittadini.

In definitiva, i giudici hanno decisamente legittimato l’efficacia del sistema del green pass, nelle more che, con la sentenza di merito, potranno essere più approfonditamente analizzate le correlazioni tra la certificazione e il diritto alla privacy.

Per ogni ulteriore approfondimento si rinvia al testo integrale dell’ordinanza del Consiglio di Stato n. 5130/2021, nonché al precedente decreto monocratico n. 3568/2021.

Redazione

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