Il TAR Lazio sul rapporto tra osteopatia e fisioterapia

Il TAR Lazio, con sentenza n. 12312 del 21 luglio 2023, ha riconosciuto l’osteopatia come una professione sanitaria a sé stante che non si sovrappone ad altre professioni sanitarie, in particolare alla fisioterapia.

La vicenda giudiziaria nasce dal ricorso presentato da alcuni fisioterapisti con il quale era stato impugnato il d.p.r. n. 131 del 7 luglio 2021 che ha recepito l’accordo tra governo, regioni e province autonome di Trento e Bolzano, con il coinvolgimento delle associazioni professionali di riferimento, per l’istituzione della figura professionale dell’osteopata, in particolare per la definizione dello statuto professionale.

Si riportano di seguito i primi due articoli del d.p.r. in questione, che delineano i contorni della figura professionale dell’osteopata:

Art. 1. Individuazione della figura e del profilo dell’osteopata
L’osteopata è il professionista sanitario, in possesso di laurea triennale universitaria abilitante o titolo  equipollente  e dell’iscrizione all’albo professionale, che svolge in via autonoma, o in collaborazione  con  altre figure sanitarie interventi di prevenzione e mantenimento della  salute attraverso  il  trattamento osteopatico di disfunzioni somatiche non riconducibili  a  patologie, nell’ambito dell’apparato muscolo scheletrico.

Art. 2. Ambiti di attività e competenza
1.  L’osteopata, in riferimento alla  diagnosi  di  competenza medica, e  all’indicazione  o  la  controindicazione  al  trattamento osteopatico  ed  effettua  la  valutazione   osteopatica   attraversa l’osservazione, la palpazione percettiva e  i  test  osteopatici  per individuare la presenza di segni clinici delle disfunzioni  somatiche del sistema muscolo scheletrico.
2. L’osteopata opera con le seguenti modalità:
a) pianifica il trattamento osteopatico e predispone  modalità di  trattamento  selezionando  approcci   e   tecniche   osteopatiche esclusivamente manuali, non invasive ed esterne, adeguate al paziente ed al contesto clinico;
b) esegue, in sicurezza e nel rispetto della dignità e della sensibilità del paziente, il  trattamento  manipolativo  osteopatico attraverso tecniche specifiche e selezionate per il singolo paziente;
c) valuta gli esiti del trattamento  osteopatico,  ne  verifica l’appropriatezza e  pianifica  il  follow-up  condividendoli  con  il paziente,  con  eventuali  caregiver  e/o  con  altri  professionisti sanitari;
d) al  fine  di  prevenire  alterazioni  dell’apparato  muscolo scheletrico,  promuove  azioni  educative  verso   il   soggetto   in trattamento, verso la famiglia e la collettività; educa il  paziente nelle abilità di  autogestione  dell’organismo  e  ne  pianifica  il percorso educativo anche in collaborazione con altri  professionisti; a fine trattamento verifica le rispondenze tra metodologia attuata  e gli obiettivi di recupero funzionale  riabilitativo  e  psicosociale; reindirizza  il  paziente  al  medico  inviante  quando   i   sintomi persistono oltre i tempi previsti o peggiorano.

Secondo i ricorrenti tale d.p.r. sarebbe “lesivo dell’autonomia professionale dei fisioterapisti, in quanto le competenze degli osteopati si intersecherebbero con quelle, esclusive, dei fisioterapisti” ed “adottato in violazione delle norme di legge che regolano il riconoscimento di nuove professioni”.

Per completezza si riportano di seguito anche i commi 1, 2 e 4 dell’art. 1 del decreto del Ministero della Sanità n. 741 del 14 settembre 1994 che delineano, invece, i contorni della figura professionale del fisioterapista:

1.E’ individuata la figura del fisioterapista  con  il  seguente profilo:  il fisioterapista e’ l’operatore sanitario, in possesso del diploma universitario abilitante, che svolge in via  autonoma,  o  in collaborazione   con   altre  figure  sanitarie,  gli  interventi  di prevenzione, cura e riabilitazione nelle aree della motricità, delle funzioni corticali superiori, e di  quelle  viscerali  conseguenti  a eventi patologici, a varia eziologia, congenita od acquisita.

2.In  riferimento  alla diagnosi ed alle prescrizioni del medico, nell’ambito delle proprie competenze, il fisioterapista:
a) elabora, anche in equipe multidisciplinare, la definizione del programma  di   riabilitazione   volto   all’individuazione   ed   al superamento del bisogno di salute del disabile;
b)   pratica   autonomamente   attività   terapeutica   per   la rieducazione funzionale delle  disabilità  motorie,  psicomotorie  e cognitive  utilizzando  terapie  fisiche,  manuali,  massoterapiche e occupazionali;
c) propone l’adozione di protesi ed ausili, ne addestra all’uso e ne verifica l’efficacia;
d)  verifica  le  rispondenze  della  metodologia   riabilitativa attuata agli obiettivi di recupero funzionale

4.Il  fisioterapista,  attraverso  la  formazione  complementare, integra la formazione di base con indirizzi di  specializzazione  nel settore della psicomotricità e della terapia occupazionale:
a)   la   specializzazione   in   psicomotricità   consente   al fisioterapista  di  svolgere  anche  l’assistenza  riabilitativa  sia psichica  che  fisica  di  soggetti  in  età  evolutiva  con deficit neurosensoriale o psichico;
b) la  specializzazione  in  terapia  occupazionale  consente  al fisioterapista  di  operare  anche  nella traduzione funzionale della motricità residua, al fine dello  sviluppo  di  compensi  funzionali alla  disabilità,  con  particolare  riguardo  all’addestramento per conseguire  l’autonomia   nella   vita   quotidiana,   di   relazione (studio-lavoro-tempo  libero),  anche  ai  fini dell’utilizzo di vari tipi di ausili in dotazione alla persona o all’ambiente.

Il TAR ha rigettato il ricorso motivando la legittimazione del d.p.r. impugnato in quanto sorretto da accurate valutazioni dei diversi interessi coinvolti e da discrezionalità tecnico – scientifica.

Difatti, ha evidenziato che la bozza del su citato accordo era stata trasmessa, in triplice versione, al Consiglio Superiore di Sanità (CSS), che ha formulato il proprio parere tecnico – scientifico sottolineando la necessità di inserire la nuova figura professionale nell’area “prevenzione” e non in quella “riabilitativa” proprio per evitare che le competenze della stessa si sovrapponessero con quelle dei fisioterapisti. Successivamente, recepito il parere del CSS, è stato attivato un tavolo tecnico per svolgere ulteriori approfondimenti.

Dunque, il collegio giudicante, alla luce dell’iter che ha portato alla nascita dell’accordo in questione, ha concluso ritenendo legittimo il d.p.r. che lo ha recepito e demandando in concreto all’ordine professionale degli osteopati il compito di vigilare sull’osservanza dei confini stabiliti con le altre professioni.

Redazione

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