La recente sentenza del 25 gennaio 2024, n. 68, del Tar di Reggio Calabria, nel condannare l’Amministrazione prefettizia a provvedere in maniera espressa e motivata, ha chiarito che:
a) è illegittimo il silenzio serbato dalla Prefettura sull’istanza di aggiornamento dell’interdittiva antimafia, avanzata dall’impresa ricorrente al fine di ottenere un riesame dell’interdittiva in precedenza emessa nei suoi confronti;
b) non vale a legittimare l’inerzia della Prefettura l’eventuale pendenza del controllo giudiziario, ex 34 bis, d.lgs. n. 159/2011, disposto a carico dell’impresa istante e ancora in atto.
Nel caso di specie l’impresa ricorrente ha impugnato il silenzio serbato dalla Prefettura competente e ha altresì chiesto la condanna della medesima alla conclusione, mediante un provvedimento espresso, del procedimento di riesame della documentazione antimafia.
Ebbene, in via preliminare i giudici amministrativi hanno ribadito che sussiste “un vero e proprio obbligo dell’amministrazione di evadere le istanze di aggiornamento dell’informazione antimafia di segno interdittivo”, poiché l’interdittiva -misura di carattere provvisorio- limita la capacità di contrarre degli operatori economici ed è emessa sulla base di elementi storico/statici che impongono un aggiornamento periodico della stessa, “pena l’indebita compressione di valori costituzionali di libertà di impresa”.
In seconda battuta, poi, il Collegio ha descritto le diverse funzioni espletate rispettivamente dall’interdittiva antimafia e dal controllo giudiziario.
In particolare ha evidenziato che:
1) il controllo giudiziario dell’azienda ex art. 34-bis, comma 6 del d.lgs. n. 159/2011 persegue una finalità “dinamica”, essendo teso a fornire assistenza all’impresa interdetta nell’ottica di un suo risanamento, e vuole garantire una “prosecuzione assistita” dell’attività al fine di consentire un reinserimento dell’impresa nel contesto economico sano;
2) l’interdittiva antimafia ex art. 91, del d.lgs. n. 159/2011, per converso, ha la funzione di prevenire il rischio di infiltrazioni mafiose e gli accertamenti espletati in tal caso dall’Autorità prefettizia sono rivolti al passato, tant’è che si parla di valutazioni di carattere “storico” e “statico”.
La pronuncia, dunque, ha ribadito che proprio dalla natura statica della valutazione sottesa all’interdittiva antimafia (che si limita semplicemente a fotografare una certa realtà per come essa è in un dato momento storico) deriva la scelta legislativa di disciplinare un meccanismo di necessario aggiornamento della stessa, come previsto all’art. 91, comma 5, d.lgs. n. 159/2011.
Ne discende che il Prefetto, una volta spirato il periodo di efficacia di dodici mesi della misura interdittiva, dovrà procedere, d’ufficio o su istanza di parte, all’aggiornamento della misura, attualizzandola ogniqualvolta sopraggiungano circostanze rilevanti ai fini dell’accertamento dei tentativi di infiltrazione mafiosa.
In altri termini, al carattere provvisorio dell’interdittiva antimafia, previsto dall’art. 86, comma 2, del d.lgs. n. 159/2011, fa da pendant l’obbligo della Prefettura di provvedere all’aggiornamento della stessa.
Di conseguenza, dinanzi a una richiesta di revisione dell’interdittiva antimafia la Prefettura sarà sempre tenuta a provvedere in senso favorevole o sfavorevole all’istante e non potrà limitarsi a mantenere un contegno inerte.
Neppure potrà, preso atto della contestuale pendenza della misura del controllo giudiziario a carico dell’impresa istante, rinviare la conclusione del proprio procedimento al momento (futuro ed incerto nel quando) della definizione del controllo giudiziario.