La differenza tra un contratto di subappalto e uno di fornitura

Con la sentenza n. 45 del 24 febbraio 2024 il Tar Campobasso ha definito i criteri per la differenziazione dei contratti di subappalto da quelli di fornitura di servizi.

La questione ha assunto rilevanza nella fattispecie concretamente sottoposta al vaglio dei giudici amministrativi per via dell’esclusione di un operatore economico che avrebbe omesso di indicare, all’interno dei costi di manodopera, anche un contratto di subappalto avente ad oggetto le prestazioni di consegna e montaggio in cantiere di alcuni gabbioni e materassi.

Detto operatore economico escluso, tuttavia, ha contestato la qualificazione del contratto quale contratto di subappalto e per converso ha affermato che si tratterebbe di un mero contratto di fornitura con una clausola atipica, avente ad oggetto la consegna e il montaggio dei materiali acquistati.

Il Tar Campobasso, dunque, è intervenuto a chiarire quali siano le differenze intercorrenti tra i contratti subappalto e quelli di fornitura.

In particolare, il contratto di fornitura rientra nell’ambito dello schema legale del contratto di somministrazione di cui all’art. 1159 e ss. del Codice civile. Si tratta di “una forma contrattuale ove una parte si obbliga a eseguire nei confronti di un’altra parte delle prestazioni periodiche o continuative di beni verso il pagamento di un corrispettivo”.

Diversamente, il contratto di subappalto, descritto dall’art. 105 del vecchio Codice appalti e dall’art. 119 dell’attuale Codice, è quella forma contrattuale in cui l’appaltatore affida “a un terzo l’esecuzione di una parte dell’opera, nella sede di cantiere, a proprio rischio e mediante una propria organizzazione di mezzi e personale”.

Il Collegio ha così chiarito che la distinzione tra le due forme contrattuali “ricade sull’assunzione del rischio finale d’impresa”.

Nello schema contrattuale del subappalto, infatti, “il subappaltatore si sostituisce all’affidatario della commessa nei confronti dell’Amministrazione” mentre, invece, nella vendita o nella fornitura “la prestazione di base, seppur effettuata da altri, è acquisita nella stessa organizzazione aziendale del cliente acquirente o somministrato, il quale si accolla al riguardo il rischio d’impresa discendente da un eventuale difetto o difformità della prestazione”.

Dunque, come anche precisato dal Consiglio di Stato (CdS, sez. V, n. 4150/2021), “nel subappalto vi è un’alterità […] sul piano organizzativo tra appaltatore e subappaltatore”, tant’è che la prestazione contrattuale è affidata dall’appaltatore a un terzo (il subappaltatore) che si impegna a realizzarla direttamente mediante la propria organizzazione. In tale ipotesi il contratto è stipulato con l’amministrazione che si sostituisce all’affidatario. Nella fornitura, invece, le prestazioni non sono rese a favore dell’Amministrazione, bensì dell’aggiudicatario che le riceve e le “inserisce nell’organizzazione di impresa necessaria per adempiere alle obbligazioni contrattuali e le riutilizza inglobandole nella prestazione resa all’Amministrazione appaltante”.

In conclusione, nel caso di specie ci si trovava dinanzi ad un contratto di fornitura, dato che l’operatore economico aggiudicatario avrebbe dovuto inglobare nel proprio schema organizzativo i beni somministrati dal terzo, mantenendo integralmente in capo a sé il rischio d’impresa e senza alcuna costituzione di un rapporto obbligatorio tra fornitore e Amministrazione appaltante.

Redazione

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