La disciplina degli appalti, nonostante la nomenclatura sia stata modificata nel passaggio dal codice del 2016 a quello del 2023, individua delle cause di esclusione che si distinguono a seconda del fatto che la stazione appaltante possa procedere immediatamente o meno a escludere un’impresa dalla gara.
L’illecito professionale grave rientra tra quelle che il d.lgs. 36/2023, all’art. 95, comma 1, lett. e), definisce cause di esclusione non automatica e consiste nella commissione di una condotta che sia capace di mettere in dubbio l’affidabilità o integrità dell’operatore economico.
Il fatto che l’illecito professionale grave rientri tra le cause di esclusione non automatica implica l’obbligo per la stazione appaltante di valutare in concreto la gravità dell’illecito compiuto dall’impresa concorrente; di ciò è prova il comma 2 dell’art. 98 d.lgs. 36/2023, a mente del quale “L’esclusione di un operatore economico ai sensi dell’articolo 95, comma 1, lettera e) è disposta e comunicata dalla stazione appaltante quando ricorrono tutte le seguenti condizioni:
a) elementi sufficienti ad integrare il grave illecito professionale;
b) idoneità del grave illecito professionale ad incidere sull’affidabilità e integrità dell’operatore;
c) adeguati mezzi di prova di cui al comma 6.”
Potrebbe dirsi che, nel momento in cui la stazione venga a conoscenza della commissione da parte di un concorrente di un grave inadempimento, della comminazione di una sanzione o di altre circostanze idonee a integrare gli estremi dell’illecito professionale grave, si apra un sub procedimento interno alla procedura competitiva, in cui l’amministrazione non solo deve effettuare la valutazione di cui prima, ma deve altresì instaurare il contraddittorio con l’operatore interessato il quale deve essere messo nella posizione di poter dimostrare l’adozione di misure di self cleaning.
La valutazione condotta dalla stazione appaltante e l’esito dell’eventuale contraddittorio verranno poi condensati all’interno della motivazione che accompagnerà il provvedimento con cui venga disposta l’esclusione dell’impresa.
Nonostante ci si trovi nel settore degli appalti pubblici, il procedimento interno di esclusione si muove seguendo le coordinate tradizionali del procedimento amministrativo in cui il coinvolgimento del privato è essenziale a garantire la correttezza e completezza della valutazione amministrativa.
Dunque, cosa accade quando la stazione appaltante non instauri il contraddittorio con l’impresa che ha commesso l’illecito professionale grave?
Il Consiglio di Stato, con sentenza n. 3858/2024, ha ritenuto che il provvedimento di esclusione che intervenga in assenza di un precedente confronto con l’operatore e, dunque, senza che questi abbia avuto la possibilità di dimostrare di aver adottato misure idonee a prevenire la commissione di nuovi illeciti, sia illegittimo.
Il Collegio ha richiamato una sua precedente sentenza, la n.5732/2020, con cui aveva già stabilito che “Gli operatori economici che si trovano in una delle situazioni di esclusione devono avere la possibilità di chiedere che siano esaminate tutte le misure dagli stessi adottati (…) per garantire l’osservanza degli obblighi imposti e ad impedire efficacemente che tali comportamenti scorretti si verifichino di nuovo, al fine di valutare se tali misure offrano garanzie sufficienti e, in caso positivo, la loro ammissione alla procedura d’appalto.”
Il Collegio ha altresì chiarito, condividendo anche in questo caso l’impostazione di una precedente pronuncia, che la dimostrazione dell’adozione di misure di ravvedimento non ha efficacia unicamente pro futuro, ma, qualora vengano positivamente valutate dalla stazione appaltante, possono condurre al reinserimento in gara dell’operatore economico, infatti “la giurisprudenza più recente (…) ha, in effetti, superato l’impostazione per cui le misure di self-cleaning sono irrilevanti se adottate nel corso della gara, in quanto destinate a valere solo per il futuro, in favore di una lettura maggiormente in linea con i principi europei per cui le predette misure vanno sempre valutate dalla stazione appaltante”.
In altri termini, il favor partecipationis si riflette anche nella possibilità che un operatore che abbia precedentemente commesso un illecito possa ritornare in gara qualora dimostri la sua completa “riabilitazione”, previa valutazione positiva della stazione appaltante che, in qualche modo, deve ritenere di potersi continuare a fidare dell’impresa.
Nel caso concreto al vaglio del Consiglio di Stato, l’amministrazione aveva giustificato l’omessa instaurazione del contraddittorio rilevando che l’impresa, a sua volta, non aveva comunicato la sussistenza a suo carico di illeciti professionali gravi e tale omissione era stato considerata dalla stazione appaltante un comportamento in contrasto con il principio di leale collaborazione.
Tuttavia, il Collegio ha ritenuto pregnante il fatto che di tale contegno omissivo tenuto dall’impresa l’amministrazione non avesse dato atto all’interno della motivazione del provvedimento di esclusione.
Il valore della partecipazione del privato al procedimento amministrativo è sancito dall’art. 7 della legge 241/1990, ma assume una portata ancora maggiore in materia di contratti pubblici, ove “costituisce ipotesi di partecipazione e di contraddittorio persino rafforzato rispetto all’ordinaria partecipazione di cui all’art. 7 della legge generale sul procedimento amministrativo”.
In questi casi, dunque, la stazione appaltante è tenuta a coinvolgere il privato mediante l’avviso di avvio del procedimento e, successivamente, a valutare le sue osservazioni e ciò anche nel caso in cui si ritenga che l’operatore economico abbia tenuto una condotta sleale poiché “affermare per tale via che l’avviso di partecipazione e contraddittorio procedimentale non va dato quando la parte è stata sleale significa introdurre una eccezione all’applicazione delle disposizioni sopra richiamate che non ha fondamento normativo. In siffatta direzione, non si può affermare che le stazioni appaltanti siano esonerate dall’onere di consentire la partecipazione procedimentale se ritengono che la controparte è stata sleale. Anche la slealtà della parte non può essere una petizione di principio o dimostrata ex post, ma va verificata nel contraddittorio procedimentale.”