Tutela ambientale: l’operato della PA è sindacabile

Con sentenza n.3945/2024, il Consiglio di Stato-Quarta Sezione è intervenuta in materia di tutela ambientale secondo le indicazioni europee contenute all’interno della Direttiva Habitat.

La pronuncia è interessante per diversi ordini di ragioni.

In primo luogo, ribadisce il ruolo cruciale del formante giurisprudenziale nell’ambito dell’ordinamento europeo, ove la decisioni della Corte di Giustizia Europea hanno dignità di fonte del diritto “non nel senso che esse creino ex novo norme comunitarie, bensì in quanto ne indicano il significato ed i limiti di applicazione, con efficacia erga omnes nell’ambito della Comunità” (Cass. civ., sez. III, 2 marzo 2005, n.4466; id. Cons. Stato, sez. IV, 4 marzo 2014, n. 1020).

Questa prima considerazione è utile per comprendere l’analisi che il Collegio ha compiuto della disciplina rilevante nel caso concreto, tenendo conto, appunto, proprio delle decisioni della CGUE in materia.

Nel caso concreto, alcune associazioni ambientaliste avevano censurato il silenzio serbato dall’Amministrazione regionale rispetto a delle richieste di intervento, mediante l’adozione delle misure adeguate, contro per evitare il degrado degli habitat naturali presenti nel SIC/ZSC IT6010024 ossia la zona relativa al bacino del lago di Vico.

Al Consiglio di Stato è stato chiesto di accertare la sussistenza di un silenzio-inadempimento  e, di conseguenza, di condannare l’amministrazione a adottare le misure di intervento necessarie.

La questione è delicata, poiché attiene al margine di sindacabilità dell’azione amministrativa da parte del giudice, quando l’attività della P.A. sia di natura discrezionale.

Il Collegio, in primis, ha preso in considerazione la disciplina di riferimento (nonché parametro della legittimità dell’attività amministrativa), ossia l’articolo 6 della direttiva 92/43/CEE (2019/C 33/01) e la “Guida all’interpretazione dell’articolo 6 della direttiva 92/43/CEE (2019/C 33/01)” predisposta dalla Commissione e pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale dell’Unione Europea del 25 gennaio 2019; quest’ultimo documento raccoglie le osservazioni della Corte di Giustizia e per questo motivo rappresenta un documento idoneo a meglio interpretare il contenuto della direttiva Habitat.

La direttiva europea contiene sia misure volte a conservare lo stato delle riserve naturali rientranti nel suo ambito di applicazione, sia misure finalizzate a contrastare il degrado; in particolare, l’art. 6 contiene tre gruppi di disposizioni:

– il paragrafo 1 tratta dell’introduzione delle necessarie misure di conservazione ed è incentrato su interventi positivi e proattivi, volti a mantenere o a riportare in uno stato soddisfacente gli habitat naturali e le popolazioni di specie di fauna e flora selvatiche;

– il paragrafo 2 contiene disposizioni intese a evitare il degrado degli habitat e la perturbazione significativa delle specie e pertanto è di carattere preventivo;

– i paragrafi 3 e 4 stabiliscono una serie di salvaguardie procedurali e sostanziali che disciplinano piani e progetti atti ad avere incidenze significative su un sito della “Rete Natura 2000”.

Rispetto al paragrafo 2, il  Consiglio di Stato ha rilevato che “La presenza, nella norma, di espressioni come «evitare il degrado degli habitat» e «tale perturbazione potrebbe avere conseguenze significative» sottolinea non solo la natura preventiva e anticipatoria delle misure da adottare ma anche, in caso di degrado già in atto, la necessità di misure “attive”, “anticicliche”, in grado di invertire il processo che, in assenza di iniziative, proseguirebbe irreversibilmente.”

Dunque, secondo l’impostazione fornita dalla direttiva, gli enti preposti non devono intervenire solo quando il degrado sia già innescato, ma devono porsi in maniera proattiva nei confronti dei fenomeni di degenerazione delle zone naturali di interesse.

Nel caso concreto, secondo il Collegio, l’amministrazione regionale non ha adottato le misure opportune, contenute all’interno dell’art. 6, par. 2, Direttiva Habitat  “tali da invertire efficacemente il trend attuale, e quindi specificamente indirizzate a prevenire e contrastare il progressivo deterioramento del sito, ovvero ad assicurare il ripristino delle caratteristiche ecologiche esistenti al momento della sua designazione quale sito di importanza comunitaria”.

Una volta accertato l’inadempimento dell’amministrazione regionale, il Collegio ha altresì affermato, sulla base delle circostanze fattuali e di quanto stabilito dalla disciplina europea, l’esistenza di un obbligo della regione di adottare le misure di contrasto al degrado, la cui efficacia è valutabile solo ex post, in termini di effettiva riduzione dei fenomeni indicatori del degrado.

La sentenza si inserisce in un filone giurisprudenziale di decisioni con le quali le associazioni ambientaliste hanno concretamente potuto incidere sull’operato degli enti e delle amministrazioni deputate alla tutela e salvaguardia del bene ambiente.

Redazione

Lo studio legale Giurdanella & Partners dedica, tutti i giorni, una piccola parte del proprio tempo all'aggiornamento del sito web della rivista. E' un'attività iniziata quasi per gioco agli albori di internet e che non cessa mai di entusiasmarci. E' anche l'occasione per restituire alla rete una parte di tutto quello che essa ci ha dato in questi anni. I giovani bravi sono sempre i benvenuti nel nostro studio legale. Per uno stage o per iniziare la pratica professionale presso lo studio, scriveteci o mandate il vostro cv a segreteria@giurdanella.it