L’abrogazione del reato dell’abuso d’ufficio comporterà, ai sensi di quanto previsto dall’articolo 2, comma 2, c.p., l’assoluzione dell’imputato perché il fatto non è più previsto come reato e la cessazione dell’esecuzione e degli effetti penali delle condanne definitive.
Ebbene, oltre alle conseguenze prettamente penalistiche, l’assoluzione dei funzionari pubblici attualmente accusati di aver commesso abuso d’ufficio, e ancora sub iudice, comporterà l’obbligo per le Pubbliche Amministrazioni di appartenenza di procedere al rimborso delle spese legali sostenute dai dipendenti.
A tal proposito, la norma di riferimento è rappresentata dall’articolo 86, comma 5, secondo periodo, d.lgs. 165/2000 (Testo Unico Enti Locali), a mente del quale “…Il rimborso delle spese legali per gli amministratori locali è ammissibile, senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica, nel limite massimo dei parametri stabiliti dal decreto di cui all’articolo 13, comma 6, della legge 31 dicembre 2012, n. 247, nel caso di conclusione del procedimento con sentenza di assoluzione o di emanazione di un provvedimento di archiviazione, in presenza dei seguenti requisiti:
a)assenza di conflitto di interessi con l’ente amministrato;
b)presenza di nesso causale tra funzioni esercitate e fatti giuridicamente rilevanti;
c) assenza di dolo o colpa grave.”
Mentre, per quanto riguarda le amministrazioni statali, l’art 18, del d.l. 67/1997, convertito successivamente con L. 135/1997, stabilisce che “Le spese legali relative a giudizi per responsabilità civile, penale e amministrativa, promossi nei confronti di dipendenti di amministrazioni statali in conseguenza di fatti ed atti connessi con l’espletamento del servizio o con l’assolvimento di obblighi istituzionali e conclusi con sentenza o provvedimento che escluda la loro responsabilità, sono rimborsate dalle amministrazioni di appartenenza nei limiti riconosciuti congrui dall’Avvocatura dello Stato. Le amministrazioni interessate, sentita l’Avvocatura dello Stato, possono concedere anticipazioni del rimborso, salva la ripetizione nel caso di sentenza definitiva che accerti la responsabilità”.
Le due norme dettano un regime sostanzialmente omogeneo, in virtù del quale il dipendente pubblico che in ragione del suo ufficio si trovi sottoposto a giudizi penali, civili o amministrativi potrà ottenere un rimborso (diverso dal risarcimento) delle spese legali sostenute.
Perché ciò accada, tuttavia, è necessario che non sussista conflitto di interessi tra il dipendente e la Pubblica Amministrazione di riferimento e, forse, proprio questo aspetto è quello che desta maggiori perplessità, considerato che ad oggi non esiste nel nostro ordinamento una definizione chiara di conflitto di interessi.
Né può trarsi tale definizione dall’art. 6 bis, L. 241/1990, rubricato “conflitto di interessi”, che stabilisce “il responsabile del procedimento e i titolari degli uffici competenti ad adottare i pareri, le valutazioni tecniche, gli atti endoprocedimentali e il provvedimento finale devono astenersi in caso di conflitto di interessi, segnalando ogni situazione di conflitto, anche potenziale”, poiché sembra trattarsi di una norma suscettibile di applicazione generalizzata.
In ogni caso, la previsione di condizioni in presenza delle quali l’amministrazione procederà al rimborso fa desumere che si tratta di un potere discrezionale relativo all’an e al quantum, cui specularmente si contrappone un interesse legittimo.
Peraltro, la giurisprudenza è costante nell’interpretare la disposizione nel senso che per ottenere il rimborso sia necessario provare l’effettivo esborso.
Infatti, “non può dedursi da una possibilità di anticipazione riservata alla valutazione discrezionale della amministrazione la deroga generale al regime probatorio delle spese per le quali si agisce al fine di ottenerne il rimborso, che è insito nella natura stessa di rimborso della previsione normativa” (Cass. Sez. L. 5980/2022; Cass. 2448/2013) .
Staremo, dunque, a vedere quale sarà l’applicazione che verrà fatta delle disposizioni in commento e in quali termini, eventualmente, si riterrà sussistente un conflitto di interesse non legittimante il rimborso.