Nata dalle ceneri della Seconda Guerra mondiale, l’Onu sembra ormai ben lontana dal ruolo che si era ripromessa di rivestire sul piano internazionale e, soprattutto, dagli obiettivi che erano stati individuati all’interno dello Statuto.
In particolare, emerge dalla premessa del predetto Statuto l’impegno degli Stati firmatari “a salvare le future generazioni dal flagello della guerra … a riaffermare la fede nei diritti fondamentali dell’uomo, nella dignità e nel valore della persona umana, nella eguaglianza dei diritti degli uomini e delle donne e delle nazioni grandi e piccole, a creare le condizioni in cui la giustizia ed il rispetto degli obblighi derivanti dai trattati e alle altri fonti del diritto internazionale possano essere mantenuti, a promuovere il progresso sociale ed un più elevato tenore di vita in una più ampia libertà …”.
Era il 1945, e il mondo intero era appena uscito dalla seconda di due guerre mondiali che in circa di 30 anni avevano coinvolto quasi tutti i paesi del mondo.
L’ONU si proponeva come organizzazione internazionale di cooperazione e confronto multilaterale tra gli Stati firmatari per la risoluzione di problemi internazionali, la promozione dei diritti umani e la preservazione della pace.
Obiettivi complessi hanno richiesto la predisposizione di una composita struttura, munita di diversi organi interni quali l’Assemblea generale che riunisce tutti i rappresentanti degli Stati membri e si occupa di deliberare sulle questioni più importanti durante sessioni organizzate periodicamente; ciascuno Stato, all’interno dell’Assemblea Generale, dispone di un voto al fine dell’adozione delle risoluzioni finali.
Nessun membro può esser costretto a ottemperare al contenuto delle decisioni dell’Assemblea, le quali – dunque – hanno valore di mere raccomandazioni.
Abbiamo poi il Consiglio di Sicurezza, organo deputato all’adozione delle decisioni cruciali in materia di guerra e sicurezza internazionale; al suo interno siedono 5 membri permanenti (Stati Uniti, Cina, Russia, Francia e Regno Unito) e altri 10 membri temporanei che vengono eletti dall’Assemblea con mandato biennale.
La differenza più importante tra membri permanenti e temporanei consiste nel fatto che i primi dispongono di un potere di veto capace di paralizzare l’intero Consiglio di Sicurezza nell’iter di adozione delle sue risoluzioni.
La questione non è di poco conto, se si considera che il Consiglio di Sicurezza si occupa della materia forse più delicata e caratterizzante del ruolo dell’Onu sullo scenario internazionale.
In effetti, gli Stati muniti del potere di veto sono anche quelli protagonisti, nella maggior parte dei casi, dei maggiori conflitti a livello internazionale; la conseguenza, purtroppo, è che l’azione del Consiglio di Sicurezza e, dunque, dell’ONU, dipende e coincide con la volontà di alcuni Stati membri.
Sussiste, dunque, un problema di efficacia dell’Onu e degli strumenti (pochi) di cui dispone nell’intervenire nei conflitti che attualmente accendono infiammano lo scacchiere internazionale.
Stiamo parlando di quanto sta accadendo in Ucraina e in Medio Oriente.
In particolare, nell’ultimo anno il Consiglio di Sicurezza più volte si è trovato in procinto di adottare risoluzioni per ottenere un cessate il fuoco sulla Striscia di Gaza, ma quasi sempre gli Stati Uniti hanno esercitato il loro diritto di veto a sostegno del diritto a difendersi di Israele, suo importante partner commerciale.
Lo stesso potrebbe dirsi con riguardo al conflitto russo-ucraino e al ruolo giocato dalla Russia all’interno del Consiglio di Sicurezza, il quale nell’ottobre del 2022 stava per adottare una risoluzione di condanna nei confronti del tentativo illegale di annessione dei territori ucraini da parte del Governo russo.
Ebbene, anche in quell’occasione, paradossalmente (ma anche prevedibilmente), la Russia si avvalse del suo diritto di veto paralizzando l’azione del Consiglio di Sicurezza.
Quali prospettive può avere l’Onu, dunque, se la volontà degli Stati membri prevale sui suoi obiettivi statutari?
Parrebbe che l’inefficienza dell’Onu sia dovuta alla sua stessa architettura che riconosce un maggior peso decisionale solo ad alcuni degli Stati membri.
Forse, sarebbe stato più coerente costruire le premesse giuridiche per una maggiore autonomia decisionale dell’Onu e, in particolar modo, del Consiglio di Sicurezza, eliminando il diritto di veto e omologando la posizione di tutti i suoi membri.
Lungi dal voler esaurire la riflessione su un tema così complesso in questa sede, immaginiamo di lanciare una provocazione all’ONU esortandola a riflettere sulla possibilità concreta di realizzare gli obiettivi che si è data nel 1945.
Nello statuto si legge della volontà degli Stati firmatari di preservare le generazioni future, esigenza quanto mai attuale ma che richiede una comunità internazionale coesa e disposta alla cooperazione per affrontare le sfide globali che non si esauriscono (purtroppo) negli scontri armati, ma che riguardano anche la questione, la quale ha ormai assunto i connotati di una vera e propria emergenza, del cambiamento climatico.
Problemi complessi richiedono soluzioni altrettanto complesse raggiungibili solo attraverso una comunità internazionale disposta alla cooperazione.