L’ente locale e la giustizia riparativa

Sebbene già dagli anni 2000 nel nostro paese iniziano a diffondersi iniziative e progetti sperimentali riconducibili al tema della “Giustizia riparativa”, promossi per lo più dagli apparati amministrativi e dagli uffici di servizio sociale che fanno capo al Ministero della Giustizia (USSM, UEPE, Dipartimento Giustizia Minorile, ecc.), e che nelle diverse forme d’intervento attraverso azioni educative, di sensibilizzazione, di formazione, hanno coinvolto Enti del Terzo Settore, Enti Locali, Scuole, è con l’approvazione del D.lgs. 150/2022 c.d. “Riforma Cartabia” che la Giustizia Riparativa viene disciplinata per la prima volta in maniera organica, nell’ambito del nostro ordinamento giuridico.

Tale disciplina organica, che senz’altro può essere in parte considerata un risultato delle esperienze maturate e dello sviluppo del dibattito pubblico sul tema, dà attuazione ad alcuni principi e indicazioni contenute in differenti disposizioni normative di derivazione europea e internazionale.

In particolare la Riforma Cartabia fa esplicito riferimento alla Direttiva UE 29/2012, alla Raccomandazione del Consiglio d’Europa n. 19/99, alla Dichiarazione di Venezia sul Ruolo della Giustizia riparativa in materia penale e alla Raccomandazione del Consiglio d’Europa relativa alla Giustizia riparativa in materia penale, CM/Rec (2018) 8.

La disciplina organica della materia è contenuta negli artt. 42-67 del D.lgs. 150/2022, partendo dalla definizione di “Giustizia riparativa”, contenuta nell’art. 42, la quale viene definita come «ogni programma che consente alla vittima del reato, alla persona indicata come autore dell’offesa e ad altri soggetti appartenenti alla comunità di partecipare liberamente, in modo consensuale, attivo e volontario, alla risoluzione delle questioni derivanti dal reato, con l’aiuto di un terzo imparziale, adeguatamente formato, denominato mediatore».

L’obiettivo del programma è, dunque, quello di ottenere un esito riparativo, il quale consiste nella ricostruzione del legame spezzato tra vittima, reo e comunità. L’esito riparatorio può essere simbolico, e quindi consistente in dichiarazioni, scuse formali, impegni comportamentali anche pubblici o rivolti alla società, accordi relativi alla frequentazione di persone o luoghi, oppure materiale, come il risarcimento del danno, le restituzioni, l’adoperarsi per elidere o attenuare le conseguenze dannose o pericolose del reato o evitare che lo stesso sia portato a conseguenze ulteriori (art. 56)” [cit. https://www.diritto.it/giustizia-riparativa-alla-luce-della-nuova-riforma/].

Il raggiungimento di tali obiettivi, presuppone l’adesione volontaria dei soggetti interessati ai programmi di giustizia riparativa che si svolgono presso i Centri per la giustizia riparativa, ossia strutture istituite presso gli enti locali a cui competono le attività relative all’organizzazione, gestione, erogazione e svolgimento di detti programmi.

La novità introdotte dalla Riforma Cartabia nella disciplina della Giustizia Riparativa hanno notevoli rilievi nell’ambito della giustizia penale che meritano un’ampia trattazione che si rimanda ad altre sedi.

Quello che in questa breve e del tutto sommaria illustrazione della tematica si vuole evidenziare, è il ruolo che deve assumere l’Ente locale e le sfide a cui deve fare fronte nella gestione dei programmi di giustizia riparativa, che in questa sede possiamo ricondurre a tre aspetti principali: 1) il sistema di governance; 2) i livelli essenziali delle prestazioni; 3) le forme di gestione.

In merito al sistema di governance che deve attuare i programmi di giustizia riparativa, la riforma stabilisce che presso ogni Corte d’appello è istituita la Conferenza locale per la giustizia riparativa (art. 63 del D.lgs. 150/2022) a cui partecipano, attraverso i propri rappresentanti: il Ministero della Giustizia, le Regioni, le Province, le Città metropolitane e le Province autonome sul territorio delle quali si estende il distretto di Corte di appello, i Comuni sedi di uffici giudiziari compresi nel distretto di corte di appello e ogni altro Comune compreso nel medesimo distretto e presso il quale sono in atto esperienze di giustizia riparativa.

La Conferenza, sentiti il Presidente della Corte di appello, il Procuratore generale presso la Corte di appello e il Presidente del Consiglio dell’ordine degli avvocati del Comune sede dell’ufficio di Corte di appello, anche in rappresentanza degli Ordini distrettuali, individua, mediante protocollo d’intesa, uno o più Enti Locali cui affidare l’istituzione e la gestione dei Centri per la giustizia riparativa.

La Conferenza locale presenta annualmente al Ministero della giustizia una relazione sull’attività svolta, salvo il potere del Ministero di richiedere in qualunque momento informazioni sullo stato dei servizi di giustizia riparativa. Entro il termine di sei mesi dalla data di entrata in vigore del presente decreto, la Conferenza locale dovrà provvedere alla individuazione dei Centri per la giustizia riparativa in cui svolgere i relativi programmi.

Relativamente al secondo aspetto, di rilevante importanza è quanto contenuto nell’art. 62 del testo della riforma, che stabilisce i livelli essenziali delle prestazioni dei servizi per la giustizia riparativa, i quali devono essere uniformi in tutto il territorio nazionale e devono essere garantiti nel limite delle disponibilità del fondo di cui all’art. 67 del medesimo decreto legislativo.

A tal proposito l’art. 67 c.1 recita che nello stato di previsione del Ministero della giustizia è istituito un Fondo per il finanziamento di interventi in materia di giustizia riparativa, con una dotazione di euro 4.438.524 annui a decorrere dall’anno 2022. Con decreto del Ministro della giustizia, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze, acquisito il parere della Conferenza unificata di cui all’articolo 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, è stabilita ogni anno la quota da trasferire agli enti di cui all’articolo 63, comma 5, per il funzionamento dei Centri per la giustizia riparativa e per la prestazione dei relativi servizi, nel limite delle disponibilità del fondo istituito ai sensi del presente comma.

La riforma prevede altresì un meccanismo concorrenziale nel finanziamento dei programmi di giustizia riparativa, in quanto come previsto nel secondo comma dell’ art. 67, “le Regioni e le Province autonome, le Città metropolitane, le Province, i Comuni e la Cassa delle Ammende, nel quadro delle rispettive politiche e competenze, possono concorrere, nei limiti delle risorse disponibili nell’ambito dei propri bilanci, al finanziamento dei programmi di giustizia riparativa.

Infine, il terzo aspetto che investe direttamente il ruolo dell’Ente Locale nel funzionamento dei programmi di giustizia riparativa, riguarda le forme di gestione che sono disciplinate dall’art. 64 del decreto.

Secondo le disposizioni contenute in detto articolo, gli Enti Locali devono provvedere al funzionamento dei Centri di Giustizia Riparativa, assicurando i livelli essenziali e uniformi di cui all’art. 62.

Per quanto riguarda il personale, i Centri possono avvalersi di mediatori esperti dell’ente locale di riferimento, oppure possono dotarsi di mediatori esperti sia mediante la stipula di contratti d’appalto ai sensi del vigente codice degli appalti, sia avvalendosi della collaborazione di enti del terzo settore nelle forma stabilite dagli artt. 55 e 56 del D.lgs. n. 117/2017 c.d. Codice del Terzo Settore.

Nel contratto d’appalto o nella convenzione nel caso di rapporti collaborativi tra EE.LL ed ETS, devono essere indicati le caratteristiche e le modalità di svolgimento dei programmi di giustizia riparativa, la durata, gli obblighi e le modalità di copertura assicurativa, i rapporti finanziari, le forme del controllo amministrativo dell’ente locale di riferimento, i casi di decadenza e di risoluzione per inadempimento, tra i quali il mancato rispetto dei principi e delle garanzie disciplinati nel presente decreto.

In ogni caso, il personale che svolge i programmi di giustizia riparativa deve possedere la qualifica di mediatore esperto ed essere inserito nell’elenco nazionale dei mediatori esperti tenuto dal Ministero della Giustizia (art.60, comma 2).

Giuseppe Intilla

Laureato in scienze politiche e dottore di ricerca in sociologia del diritto. Da 25 anni svolge attività di formazione, ricerca, progettazione e gestione di progetti complessi nell’ambito delle politiche di coesione sociale. Dal 2015 è dirigente della direzione politiche sociali e socio-sanitarie del comune di Caltanissetta.