Segnaliamo la sentenza n.1331/2024 del T.A.R. Piemonte II sez. riguardante l’applicazione del c.d. principio del contagio in materia di cause di esclusione.
Nel caso concreto, un RTI ha impugnato il provvedimento di esclusione adottato ai sensi dell’articolo 80, comma 5, lett. c) e c-ter) d.lgs. 50/2016 (corrispondente adesso agli articoli 94 e seguenti del d.lgs. 36/2023).
In particolare, la stazione appaltante ha accertato la sussistenza dei due motivi di esclusione non automatica quali:
– la circostanza che l’operatore economico si fosse reso colpevole di gravi illeciti professionali, tali da mettere in dubbio la sua integrità o affidabilità (lett. c));
– inadempimenti o carenze nell’esecuzione di precedenti contratti ovvero l’esser stato condannato al risarcimento del danno o altre sanzioni equipollenti (lett. c-ter)).
In effetti, il legale rappresentante della mandataria del raggruppamento temporaneo, nonché legale rappresentante di una delle mandanti e titolare di potere decisionale nell’ambito dell’intero raggruppamento – secondo l’accertamento compiuto dalla stazione appaltante – aveva svolto il ruolo di amministratore di fatto di un’impresa ritenuta responsabile dal giudice penale di fatti gravissimi in danno del Comune che aveva bandito la commessa.
Questa circostanza, per il Comune, ha assunto un rilievo imprescindibile, determinando l’esclusione dell’intero RTI.
In particolare, l’amministrazione ha specificato di aver applicato il principio del contagio, in base al quale le azioni commesse dai rappresentanti di un operatore economico rilevano ai fini della valutazione dell’affidabilità e moralità dell’operatore medesimo.
Sul punto, il Collegio ha chiarito che la giurisprudenza ammette l’esclusione di un O.E. per la fattispecie di cui all’articolo 80, co. 5, lett. c) non solo se quest’ultima è riferibile all’ente ma anche quando il grave illecito professionale sia commesso da una persona fisica che ricopra un ruolo rilevante nell’ambito della compagine sociale.
In forza del principio del contagio – diverso, si badi, da quello dell’immedesimazione organica – , “la persona fisica che nella compagine sociale riveste un ruolo influente per le scelte della società, anche al di là di un’investitura formale, e, dunque, anche se in via di fatto, è giudicata inaffidabile per aver commesso un illecito nella pregressa attività professionale, inaffidabile può essere considerata – in virtù appunto del suo potere necessariamente condizionante le decisioni di gestione – anche la società che dirige o è in grado di orientare con le sue indicazioni” (cfr. Consiglio di Stato, sez. V, n. 3107/2022 e Consiglio di Stato, sez. V, n. 1786/2023).
La correttezza dell’esclusione, secondo il Collegio, ha trovato fondamento nell’accertamento compiuto dall’amministrazione circa il ruolo ricoperto dal rappresentante legale all’interno della società nei cui confronti era stata emessa condanna penale.
In particolare, in quel contesto societario il soggetto aveva rivestito il ruolo di amministratore di fatto, circostanza quest’ultima adeguatamente provata e accertata dalla stazione appaltante; l’accertamento amministrativo ha valorizzato alcune indici fattuali come il fatto che il soggetto intrattenesse comunicazioni istituzionali per conto della società ovvero la circostanza che avesse egli stesso sottoscritto una precedente concessione stipulata con il Comune agendo in qualità di amministratore di fatto .
Del resto, come ha chiarito il Collegio “ai fini dell’individuazione della figura dell’amministratore di fatto nell’ambito del procedimento amministrativo, non è richiesto necessariamente lo stesso rigore probatorio preteso in sede penale e civile”.
Infine, il T.A.R. ha ribadito che, in materia di cause di esclusione non automatica inerenti ai requisiti di affidabilità, “per giurisprudenza costante, spetta alla stazione appaltante, nell’esercizio di ampia discrezionalità, apprezzare autonomamente le pregresse vicende professionali dell’operatore economico, persino se non abbiano dato luogo ad un provvedimento di condanna in sede penale o civile, perché essa sola può fissare il “punto di rottura dell’affidamento nel pregresso o futuro contraente” (Cons. Stato, sez. V, n. 4100/2020; Cons. Di Stato n. 2260/2020; Cons. di Stato n. 5424/2018; Cass. civ., Sez. Unite, n. 2312/2012).