Diritto di accesso al codice sorgente

Il Tar Piemonte lo conferma, salvo rigettarlo nel caso specifico, applicando l'art. 35 del codice dei contratti pubblici

Segnaliamo la sentenza n.1269/2024 del T.A.R. Piemonte in materia di accesso e tutela della proprietà intellettuale.

Nel caso concreto, un operatore economico aveva presentato un’istanza di accesso ad alcuni atti di gara, tra cui anche il codice sorgente della piattaforma di e-procurement mediante la quale era stata svolta una procedura selettiva.

L’istanza era stata rigettata dalla stazione appaltante e l’impresa, nell’ambito del ricorso avverso il provvedimento di esclusione, ha chiesto in giudizio di ordinare l’accesso al codice sorgente (ricorso per l’accesso, in pendenza di giudizio, come previsto dall’articolo 116, co. 2, c.p.a.)

Il T.AR. ha tuttavia confermato il diniego della stazione appaltante.

Innanzitutto, il Collegio ha richiamato l’articolo 35, comma 4, d.lgs. 36/2023 laddove esclude il diritto di accesso, tra le altre ipotesi, in relazione “alle piattaforme digitali e alle infrastrutture informatiche utilizzate dalla stazione appaltante o dall’ente concedente, ove coperte da diritti di privativa intellettuale.”.

Il comma 5 della medesima norma, però, prevede che l’accesso alle infrastrutture digitali è ammesso quando l’istante dimostri l’indispensabilità dell’accesso ai fini della difesa in giudizio.

Nel delicato contemperamento degli interessi in gioco, il codice appalti non nega l’accesso ai codice sorgente, ma richiede che l’istanza sia adeguatamente motivata in ordine all’indispensabilità dell’accesso al fine della tutela giudiziale.

Il Collegio ha rilevato, sul punto, che il concetto di indispensabilità riguarda, anzitutto, “l’insussistenza di altri mezzi di prova idonei a dimostrare i fatti oggetto di contesa tra le parti”.

Ammettere, invero, l’accesso a questa tipologia di informazioni si traduce inevitabilmente in un pregiudizio per il titolare dei diritti di proprietà intellettuale, giustificabile “solamente nel caso in cui venga dimostrato che il predetto accesso costituisca l’unico strumento idoneo ad assicurare l’esercizio del diritto di difesa in giudizio del richiedente.”.

Nel rigettare il ricorso, il T.A.R. ha ritenuto che i precedenti giurisprudenziali citati dalla ricorrente
fossero irrilevanti nel caso di specie.

Si tratta delle fondamentali decisioni del Consiglio di Stato, 881/2020 e 2270/2019 e del Tar Lazio, 7370/2020 e 3742/2017, che hanno sancito appunto il diritto di accesso al codice sorgente utilizzato nell’ambito delle procedure di assunzione mediante algoritmi.

Il Tar osserva che la materia è ora disciplinata dall’art. 35 del d.lgs. 36/2023 (codice dei contratti pubblici), con una normativa successiva e speciale, rispetto a quella esaminata dalle sentenze citate.

Inoltre, le menzionate pronunce avevano ammesso l’accesso all’algoritmo della piattaforma di e-procurement, poiché solo la conoscenza del codice sorgente avrebbe garantito ai ricorrenti di far luce sul processo decisionale condotto dalla stazione appaltante, nonché sui criteri di valutazione adoperati nella selezione dell’aggiudicatario.

In quei casi, dunque, sussisteva l’indispensabilità dell’accesso che, invece, nel caso oggetto della pronuncia in esame non risulta in concreto dimostrata.

In particolare, conclude il Tar, “a differenza delle ipotesi esaminate dalla giurisprudenza citata dalla ricorrente, la conoscenza dell’algoritmo (codice sorgente della piattaforma) sarebbe funzionale – non all’individuazione delle ragioni sottese ad una valutazione e determinazione dell’Amministrazione o dei criteri e delle modalità di svolgimento di una parte del procedimento amministrativo (le ipotesi esaminate dalla giurisprudenza richiamata dalla ricorrente riguardavano le assegnazioni e i trasferimenti di docenti presso le sedi di servizio e lo svolgimento di una prova scritta di un concorso) – ma all’accertamento di uno specifico fatto (l’effettuazione o meno da parte dell’operatore economico del calcolo dell’impronta digitale a seguito della modifica del file prima della scadenza del termine di presentazione delle offerte), in relazione al quale, come si è detto, non è stata dimostrata l’inidoneità probatoria delle verifiche tecniche sui registri informatici della piattaforma, eventualmente da svolgersi sui files di log in estensione originale”.

Redazione

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