Con sentenza n.489 del 2025, la Quinta Sezione del Consiglio di Stato ha fornito utili chiarimenti in merito al riparto di giurisdizione in materia di clausole di revisione dei prezzi.
In generale, il settore degli appalti è caratterizzato da una dualità tra natura autoritativa e paritetica degli atti posti in essere dall’amministrazione – committente, circostanza, questa, che inevitabilmente influenza il riparto di giurisdizione tra Giudice ordinario e amministrativo.
Il caso concreto posto all’attenzione del Consiglio di Stato riguardava il diniego opposto dall’amministrazione committente alla richiesta dell’impresa aggiudicataria di attivare lo strumento di revisione dei prezzi, secondo dati ISTAT aggiornati.
Avverso il diniego, l’impresa aveva proposto ricorso innanzi al Tribunale Amministrativo che, tuttavia, lo aveva rigettato per difetto di giurisdizione.
Il Giudice aveva fondato la sua decisione su una previsione del Capitolato Tecnico, ritenuta la fonte dell’obbligo di revisione prezzi, secondo la quale “non residua in capo all’Amministrazione intimata alcuna posizione di potere, essendole impedita qualsivoglia valutazione discrezionale in ordine al riconoscimento dell’aumento revisionale dei prezzi e tantomeno all’ammontare dello stesso, la cui misura è puntualmente fissata”
Per il Tribunale Amministrativo, dunque, l’assenza di qualsiasi discrezionalità in capo alla Stazione appaltante in merito alla revisione dei prezzi radicherebbe la giurisdizione del Giudice ordinario secondo il criterio del “doppio binario” che regola il riparto di giurisdizione nel settore degli appalti.
In altri termini, per il T.A.R., il fatto che la P.A. non sia chiamata a esercitare un potere autoritativo, unitamente al fatto che la revisione dei prezzi venga attivata in corso di esecuzione del contratto e, dunque, in una fase regolata dai principi privatistici, farebbe ritenere pacificamente sussistente la giurisdizione del G.O. .
Sul punto, si ricordi che la giurisprudenza è solita distinguere tra “tra la fase di scelta del contraente, (…) retta da norme cc.dd. “di azione” che involgono un sindacato proprio della discrezionalità amministrativa devoluto al giudice amministrativo, e la fase dell’esecuzione del contratto conseguente a tale scelta, concettualmente non diversa dai contratti stipulati tra i soggetti privati e, pertanto, naturalmente ricadente nella giurisdizione del giudice ordinario” (così Cons. St., Sez. V, 30 luglio 2014, n. 4025).
Il Consiglio di Stato, tuttavia, è giunto a diversa soluzione.
È bene precisare sin d’ora che la controversia oggetto della pronuncia in analisi era soggetta alla disciplina ex d.lgs. 163/2006.
Pare inoltre utile ricordare che l’articolo 133, comma 1, lett. e), n.2, c.p.a., colloca tra le materie rientranti nella giurisdizione esclusiva del G.A. quelle relative alle clausole di revisione prezzi di cui all’articolo 115 d.lgs. 163/2006
Il precedente codice degli appalti così stabiliva, all’articolo 115: “Tutti i contratti ad esecuzione periodica o continuativa relativi a servizi o forniture debbono recare una clausola di revisione periodica del prezzo. La revisione viene operata sulla base di una istruttoria condotta dai dirigenti responsabili dell’acquisizione di beni e servizi sulla base dei dati di cui all’articolo 7, comma 4, lettera c) e comma 5.”
Il tenore letterale della norma già basterebbe a giustificare la sussistenza della giurisdizione del giudice amministrativo, laddove fa riferimento all’espletamento da parte della stazione appaltante di un’attività istruttoria e, dunque, all’esercizio di un potere autoritativo che può essere oggetto di sindacato solo dinnanzi il Giudice amministrativo.
Eppure, ed è forse questo che rende particolarmente interessante la sentenza in analisi, il Collegio non è ignaro delle diverse soluzioni cui negli anni la giurisprudenza civile e quella amministrativa sono pervenute in materia di revisione dei prezzi.
In effetti, la Cassazione civile in più occasioni ha affermato che sussiste la giurisdizione del G.A. quando la revisione dei prezzi si configuri come una pretesa azionata ex lege, ma ha altresì riconosciuto la giurisdizione del giudice ordinario nel caso in cui l’operatore vanti un vero e proprio diritto alla revisione dei prezzi, ossia quando il rimedio revisionale “sia puntualmente disciplinato nel contratto sia nell’an che nel quantum, poiché in tale ipotesi la domanda trae fondamento in via esclusiva nel rapporto di tipo paritetico scaturente dal regolamento pattizio tra le parti e non nel diverso e sovraordinato potere dell’amministrazione di riconoscere la revisione del corrispettivo contrattuale”.
Per il Consiglio di Stato, le oscillazioni tra giurisprudenza civile e amministrativa sono dipese, da un lato, dalla diversa applicazione che le stazioni appaltanti hanno fatto delle clausole di revisione dei prezzi (prevedendole espressamente all’interno dei contratti ovvero ricorrendo all’inserzione automatica ex art. 1339 cod.); dall’altro lato, non si può ignorare che la disciplina delle clausole di revisione dei prezzi sia stata notevolmente modificata con il succedersi del codice degli appalti del 2016 e del 2023.
La disciplina del 2016 rimetteva alla discrezionalità della stazione appaltante l’inserimento delle clausole di revisione dei prezzi; diversamente, il d.lgs. 36/2023 ha sancito l’obbligo per le amministrazioni di inserire tali clausole, le quali sono, peraltro, attivabili “al verificarsi di particolari condizioni di natura oggettiva”.
A dimostrazione che non esiste una regola ferrea quando si discuta di riparto di giurisdizione, il Consiglio di Stato ha affermato che “La quaestio iuris sottesa al criterio di riparto della giurisdizione in tema di revisione prezzi consiste allora nella riconducibilità del caso concreto ovvero dell’una e/o dell’altra delle dette norme successive alla previsione dell’art. 115 del d.lgs. n. 163 del 2005, e quindi anche nell’attualità, o meno, del richiamo a quest’ultima disposizione, ai fini del riparto di giurisdizione, contenuto nell’art. 133, comma 1, lett. e), n. 2 c.p.a.”.
In conclusione, propendere aprioristicamente per la sussistenza della giurisdizione del G.A. ovvero del G.O., alla luce di questa pronuncia, sarebbe errato.
Al fine di dissipare qualsiasi dubbio sul riparto di giurisdizione in materia di clausole di revisione dei prezzi, dunque, occorre verificare, in primo luogo, la disciplina temporale applicabile e, successivamente, il contenuto della clausola concretamente inserito all’interno del contratto.
Infine, con specifico riguardo alla disciplina vigente, considerato che l’articolo 60 del d.lgs. 36/2023 ha introdotto l’obbligo per le stazione appaltanti di inserire le clausole di revisione prezzi all’interno dei documenti contrattuale, sembra ragionevole parlare di uno speculare diritto in capo agli operatori di ricorrere al rimedio revisionale; inoltre, come già detto, la nuova disciplina collega l’attivazione delle predette clausole al verificarsi di circostanze oggettive e imprevedibili al momento della presentazione dell’offerta.
Alla luce di queste modifiche, potrebbe riaffermarsi la giurisdizione del giudice ordinario in materia di clausole di revisione dei prezzi, la cui operatività non dipende più dalla discrezionalità della stazione appaltante ma rappresenta piuttosto la risposta fisiologica a variazioni dell’equilibrio economico del contratto.