TAR Palermo n. 1104/2001

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L’amministrazione non può vietare a chi è in possesso di un’autorizzazione di parrucchiere, specificamente per uomo o per donna, di esercitare la medesima attività anche per l’altro sesso, essendo unico il profilo professionale (T.A.R. Lombardia, sez. Brescia, 17.9.98, n. 768), per cui, in base alla normativa vigente (L. 23 dicembre 1970, n. 1142) non necessita di autorizzazione autonoma l’esercizio di attività di parrucchiere per donna che si svolga in un esercizio già adibito ad attività di parrucchiere per uomo, in quanto l’autorizzazione che viene all’uopo rilasciata deve intendersi comprensiva della attività di parrucchiere per uomo e per donna (Consiglio di Stato, V, 11.1.89 n. 6).

L’art. 1 della legge 14 febbraio 1963, n. 161 (come sostituito dall’art. 1 della legge 23 dicembre 1970, n. 1142), anche alla luce della successiva normativa comunitaria e nazionale (art. unico della legge 29 ottobre 1984, n. 735, che ha attuato la direttiva n. 82/489 del 19 luglio 1982, e art. 9 della legge 4 gennaio 1990, n. 1), va interpretato nel senso dell’unificazione della categoria professionale, e, per conseguenza, devono ritenersi illegittimi gli atti che stabiliscano o conservino, nella materia de qua, la distinzione tra «parrucchiere per uomo» e «parrucchiere per donna» (Cassazione, sez. I, 24.7.93 n. 8300).

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Tribunale Amministrativo Regionale per la Sicilia, Palermo, Sezione II

Sentenza n. 1104 dell’1 agosto 2001

sul ricorso n. 2639/99 proposto da Cilento Domenico, rappresentato e difeso dall’avv. Umberto Ilardo, ed elettivamente domiciliato presso lo studio dell’Avv. Michele Costa, in Palermo, Via Dante 166,

CONTRO

Il Comune di Caltanissetta, in persona del legale rappresentante pro-tempore, non costituitosi in giudizio;

PER L’ANNULLAMENTO (previa sospensione)

– dell’ordinanza n.198 del 31.5.99, con cui è stata disposta l’immediata cessazione dell’attività di parrucchiere per donna esercitata dal ricorrente nei locali di via Don Minzioni n.26;

– di ogni altro atto annesso, connesso, presupposto e/o conseguenziale.

Visto il ricorso con i relativi allegati;

Vista l’ordinanza n.1643 del 22.10.99 è stata accolta l’istanza di sospensione del provvedimento impugnato;

Visti gli atti tutti della causa;

Relatore il Referendario Floriana Rizzetto;

Udito alla pubblica udienza del 23 gennaio 2001 l’Avv. Michele Lupo, delegato dall’avv. Ilardo, per la parte ricorrente;

Ritenuto in fatto e considerato in diritto:

FATTO

Con ricorso notificato in data 22.9.99 e depositato il 28 successivo, il ricorrente, titolare di un’autorizzazione per l’esercizio dell’attività di barbiere/parrucchiere per uomo nei locali siti in Caltanissetta, via Don Minzioni 26, ha impugnato il provvedimento indicato in epigrafe, con cui viene intimato allo stesso l’immediata cessazione dell’attività di parrucchiere per donna esercitata, senza la prescritta autorizzazione amministrativa, presso i medesimi locali.

Di tale provvedimento il ricorrente, senza articolare formali motivi, ha chiesto l’annullamento, previa sospensione, e vinte le spese, deducendo violazione e falsa applicazione, dell’art.1, secondo e terzo comma, del regolamento comunale per l’attività di barbiere e parrucchiere per uomo e per donna e dell’art.398 del regolamento locale di igiene in relazione alla legge 161/63, modificata dalle successive leggi 1142/70 e 1/90; dell’art.1, co.VI, della L.1142/70; eccesso di potere per travisamento dei fatti e carenza di motivazione.

Precisato che l’attività da esso svolta è sostanzialmente analoga sia che sia prestata nei confronti di soggetti di sesso maschile, che femminile, il ricorrente rileva che le norme regolamentari indicate non operano alcuna diversificazione in proposito. A conferma di tale indifferenziazione, richiama inoltre la legge 4 gennaio 1990, n.1, la quale, nel disciplinare un’attività artigianale analoga, quella di estetista, prevede un’unica autorizzazione all’esercizio dell’attività, anziché prevedere distinte autorizzazioni in base alla distinzione del sesso dei destinatari.

La distinzione presupposta dal provvedimento impugnato contrasterebbe inoltre sia con le azioni positive in favore delle pari opportunità uomo-donna sia con le disposizioni generali del codice civile in materia di concorrenza.

Il predetto provvedimento, limitativo dei diritti del ricorrente, sarebbe, ancora, inficiato da difetto di motivazione – atteso che non fa alcun riferimento ai motivi per cui l’attività inibita non rientrerebbe nei limiti dell’autorizzazione – e da travisamento di fatti, per il mancato accertamento del fatto che i servizi erogati in favore delle clienti di sesso femminile sono sostanzialmente identici a quello fornito ai clienti di sesso maschile.

L’Amministrazione comunale, pur regolarmente intimata, non si è costituita in giudizio.

Con l’ordinanza n.1643 del 22.10.99 è stata accolta l’istanza di sospensione del provvedimento impugnato.

Alla pubblica udienza del 23 gennaio 2001, udito il patrono del ricorrente, il ricorso è stato posto in decisione.

DIRITTO

Il ricorso è fondato sotto l’assorbente profilo della violazione di legge per erronea interpretazione ed applicazione della legge 161/63, come modificata dalle successive leggi n.1142/70 e n.1/90.

Come affermato da costante orientamento giurisprudenziale, da cui non vi sono ragioni di discostarsi nella fattispecie in esame, l’amministrazione non può vietare a chi è in possesso di un’autorizzazione di parrucchiere, specificamente per uomo o per donna, di esercitare la medesima attività anche per l’altro sesso, essendo unico il profilo professionale (T.a.r. Lombardia, sez. Brescia, 17-09-1998, 768/1998), per cui, in base alla normativa vigente (l. 23 dicembre 1970, n. 1142) non necessita di autorizzazione autonoma l’esercizio di attività di parrucchiere per donna che si svolga in un esercizio già adibito ad attività di parrucchiere per uomo, in quanto l’autorizzazione che viene all’uopo rilasciata deve intendersi comprensiva della attività di parrucchiere per uomo e per donna. (C.di Stato, sez. V, 11-01-1989, n. 6).

L’art. 1 della legge 14 febbraio 1963, n. 161 (come sostituito dall’art. 1 della legge 23 dicembre 1970, n. 1142), anche alla luce della successiva normativa comunitaria e nazionale (art. unico della legge 29 ottobre 1984, n. 735, che ha attuato la direttiva n. 82/489 del 19 luglio 1982, e art. 9 della legge 4 gennaio 1990, n. 1), va infatti interpretato nel senso dell’unificazione della categoria professionale, e, per conseguenza, devono ritenersi illegittimi gli atti che stabiliscano o conservino, nella materia de qua, la distinzione tra «parrucchiere per uomo» e «parrucchiere per donna» (cfr.Cass., sez. I, 24-07-1993, n. 8300).

Dalle considerazioni sopra svolte emerge la fondatezza della censura di violazione e falsa applicazione della legge 161/63, come modificata dalle successive leggi n.1142/70 e n.1/90. Ne consegue l’illegittimità del provvedimento impugnato, in quanto impone una restrizione dell’attività artigianale autorizzata, limitando le prestazioni di servizi esclusivamente in base al sesso dei destinatari, in contrasto con la recente evoluzione interpretativa della normativa in materia.

Per quanto suesposto il ricorso va, quindi, accolto, con conseguente annullamento del provvedimento impugnato.

Sussistono giusti motivi, in considerazione anche della concessa tutela cautelare, per non far luogo a condanna alle spese di giudizio nei confronti dell’Amministrazione intimata, non costituita in giudizio.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Sicilia, Sezione II^, accoglie il ricorso in epigrafe indicato e, per l’effetto, annulla il provvedimento impugnato.

Spese compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’Autorità amministrativa.

Così deciso in Palermo il 24 gennaio 2001, in Camera di Consiglio.

(Calogero Adamo, Presidente)

(Nicolò Monteleone, Consigliere)

(Floriana Rizzetto, Referendario Estensore)

(Depositata in Segreteria l’1 agosto 2001)

Redazione

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