Corte Costituzionale
Ordinanza del 7 novembre 2001 n. 360
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La questione:
Secondo il rimettente, i dipendenti delle amministrazioni pubbliche sarebbero titolari di un diritto ad ottenere la trasformazione del rapporto di lavoro da tempo pieno a tempo parziale e l’amministrazione avrebbe la mera facoltà di differirla per un termine massimo di sei mesi, in quanto questa fattispecie sarebbe disciplinata esclusivamente dall’art. 1, commi 57 e 58, della legge n. 662 del 1996, poiché, in parte qua, nessuna modificazione sarebbe stata introdotta dagli artt. 39, comma 27, della legge 27 dicembre 1997, n. 449, e 31, comma 41, della legge 23 dicembre 1998, n. 448;
Ad avviso del giudice a quo, la norma impugnata violerebbe l’art. 97, primo comma, della Costituzione, poiché, soprattutto nel caso di comuni di piccole dimensioni, impedirebbe la razionale ed efficiente organizzazione del servizio pubblico, anche a causa della complessità delle procedure per l’assunzione di nuovo personale e del diritto del dipendente di ottenere il ripristino del rapporto di lavoro a tempo pieno;
La norma censurata si dunque porrebbe in contrasto anche con l’art. 98, primo comma, della Costituzione, in quanto subordinerebbe l’interesse pubblico all’interesse privato del dipendente di espletare una ulteriore attività lavorativa, realizzando altresì una ingiustificata disparità di trattamento in danno della pubblica amministrazione, poiché quest’ultima, nonostante la privatizzazione del rapporto di lavoro pubblico, non potrebbe impedirne la trasformazione da tempo pieno a tempo parziale, diversamente da quanto è stabilito per il datore di lavoro privato;
Al contrario, ad avviso della difesa erariale, la norma impugnata non violerebbe i parametri costituzionali indicati nell’ordinanza di rimessione, in quanto il divieto della trasformazione del rapporto per i dipendenti che esercitano determinate mansioni, la previsione che il contingente del personale ammesso al part-time non possa superare una determinata percentuale dell’organico complessivo e l’introduzione di procedure dirette a sopperire all’eventuale carenza di personale, costituirebbero efficaci misure in grado di assicurare la continuità e l’efficienza dell’attività delle amministrazioni pubbliche.
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Il testo:
Corte Costituzionale
Ordinanza del 7 novembre 2001 n. 360
nel giudizio di legittimità costituzionale dell’art. 1, comma 58, della legge 23 dicembre 1996, n. 662 (Misure di razionalizzazione della finanza pubblica), promosso con ordinanza emessa il 4 dicembre 2000 dal Tribunale di La Spezia nel procedimento civile vertente tra G. B. e il Comune di Vernazza, iscritta al n. 97 del registro ordinanze 2001 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 7, prima serie speciale, dell’anno 2001.
Visto l’atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;
udito nella camera di consiglio del 26 settembre 2001 il Giudice relatore Piero Alberto Capotosti.
Ritenuto che il Tribunale di La Spezia ha sollevato, con ordinanza del 4 dicembre 2000, questione di legittimità costituzionale dell’art. 1, comma 58, della legge 23 dicembre 1996, n. 662 (Misure di razionalizzazione della finanza pubblica), in riferimento agli artt. 3, primo comma, 97, primo comma, e 98, primo comma, della Costituzione;
che il Tribunale di La Spezia è stato adito in sede di reclamo avverso il provvedimento di rigetto della domanda cautelare proposta da un dipendente del comune di Vernazza, diretta ad ottenere la trasformazione del rapporto di lavoro da tempo pieno a tempo parziale;
che, secondo il rimettente, i dipendenti delle amministrazioni pubbliche sarebbero titolari di un diritto ad ottenere la trasformazione del rapporto di lavoro da tempo pieno a tempo parziale e l’amministrazione avrebbe la mera facoltà di differirla per un termine massimo di sei mesi, in quanto questa fattispecie sarebbe disciplinata esclusivamente dall’art. 1, commi 57 e 58, della legge n. 662 del 1996, poiché, in parte qua, nessuna modificazione sarebbe stata introdotta dagli artt. 39, comma 27, della legge 27 dicembre 1997, n. 449, e 31, comma 41, della legge 23 dicembre 1998, n. 448;
che, ad avviso del giudice a quo, la norma impugnata violerebbe l’art. 97, primo comma, della Costituzione, poiché, soprattutto nel caso di comuni di piccole dimensioni, impedirebbe la razionale ed efficiente organizzazione del servizio pubblico, anche a causa della complessità delle procedure per l’assunzione di nuovo personale e del diritto del dipendente di ottenere il ripristino del rapporto di lavoro a tempo pieno;
che la norma censurata, secondo il Tribunale di La Spezia, si porrebbe in contrasto anche con l’art. 98, primo comma, della Costituzione, in quanto subordinerebbe l’interesse pubblico all’interesse privato del dipendente di espletare una ulteriore attività lavorativa, realizzando altresì una ingiustificata disparità di trattamento in danno della pubblica amministrazione, poiché quest’ultima, nonostante la privatizzazione del rapporto di lavoro pubblico, non potrebbe impedirne la trasformazione da tempo pieno a tempo parziale, diversamente da quanto è stabilito per il datore di lavoro privato;
che, nel giudizio innanzi alla Corte, è intervenuto il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, chiedendo che la questione sia dichiarata infondata;
che, ad avviso della difesa erariale, la norma impugnata non violerebbe i parametri costituzionali indicati nell’ordinanza di rimessione, in quanto il divieto della trasformazione del rapporto per i dipendenti che esercitano determinate mansioni, la previsione che il contingente del personale ammesso al part-time non possa superare una determinata percentuale dell’organico complessivo e l’introduzione di procedure dirette a sopperire all’eventuale carenza di personale, costituirebbero efficaci misure in grado di assicurare la continuità e l’efficienza dell’attività delle amministrazioni pubbliche.
Considerato che, successivamente all’ordinanza di rimessione, è stato emanato il decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165 (Norme generali sull’ordinamento del lavoro alle dipendenze delle amministrazioni pubbliche), il quale, all’art. 70, comma 3, stabilisce che <
che il decreto legislativo da ultimo richiamato dispone che la potestà regolamentare degli enti locali ha ad oggetto, tra l’altro, la disciplina <
che, indipendentemente da ogni valutazione in ordine alla mancata considerazione da parte del rimettente di ulteriori profili normativi della complessiva disciplina applicabile alla fattispecie sottoposta al suo esame, la sopravvenuta modificazione del quadro legislativo di riferimento rende necessaria la restituzione degli atti al giudice a quo, affinché egli valuti la perdurante rilevanza della questione.
P.Q.M.
La Corte
ordina la restituzione degli atti al Tribunale di La Spezia.
(Fernando Santosuosso, Presidente; Piero Alberto Capotosti, Redattore)
Depositata il 7 novembre 2001