La questione:
La IV Sezione del Consiglio di Stato ha rimesso all’Adunanza Plenaria la questione relativa all’interpretazione dell’art. 23 bis della legge 6 dicembre 1970, n. 1034, novellato dall’art. 4 della legge 21 luglio 2000, n. 205.
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Consiglio di Stato, IV Sezione
ORDINANZA 10 gennaio 2002 n. 122
sul ricorso iscritto al n.r.g. 9146/00 , proposto dalla Regione Umbria, in persona del Presidente pro tempore, rappresentata e difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato, presso cui domicilia in Roma, via dei Portoghesi 12;
CONTRO
Bizzarri Mario, rappresentato e difeso dagli Avv.ti Antonio Baldassarre e Mario Rampini, presso il primo dei quali è elettivamente domiciliato in Roma, piazza Mignanelli n. 3;
E CON L’INTERVENTO AD ADIUVANDUM
del S.UNI.FA.R. (Sindacato Unitario Farmacisti Rurali), in persona del legale rappresentante pro tempore, nonché di Fratini Luciano e Scoccianti Riccardo, rappresentati e difesi dall’Avv. Alarico Mariani Marini, elettivamente domiciliati in Roma, via Maria Cristina n. 8, presso lo studio legale Gobbi;
PER L’ANNULLAMENTO
della sentenza del T.A.R. Umbria, 14.6.2000, n. 463 .
Visto il ricorso, con i relativi allegati;
Visti gli atti tutti del giudizio;
Relatore, all’udienza del 6 novembre 2001 , il Consigliere Ermanno de Francisco;
Uditi altresì i difensori costituiti, come da verbale d’udienza;
Ritenuto in fatto e considerato in diritto quanto segue.
FATTO
Viene in decisione l’appello dellA regione avverso la sentenza indicata in epigrafe che ha accolto, dichiarando l’obbligo della Regione di provvedere nei sensi di cui in motivazione, il ricorso proposto dall’odierno appellato per l’annullamento del silenzio rifiuto formatosi sulla diffida notificata il 15.2.2000, per l’assegnazione della sede farmaceutica n. 38 del Comune di Perugia (in località Santa Sabina-Lacugnano); nonché per l’accertamento dell’obbligo di provvedere alla copertura di detta sede utilizzando la graduatoria esistente e del diritto del ricorrente a conseguirne l’assegnazione.
In appello, per sostenere le ragioni di parte appellante, è intervenuto in giudizio il S.UNI.FA.R. (Sindacato Unitario Farmacisti Rurali).
DIRITTO
La difesa di parte appellata (Bizzarri) ha preliminarmente sollevato un’eccezione di irricevibità del presente appello, perché depositato (il 18.10.2000) oltre il termine di giorni 15 dalla data di sua notificazione (29.9.2000), termine così ridotto ai sensi dell’art. 23 bis della legge 6 dicembre 1971, n. 1034, novellata dall’art. 4 della legge 21 luglio 2000, n. 205.
La disposizione appare senz’altro applicabile alla presente fattispecie, essendo quest’ultima sussumibile nella previsione del I comma, lettera C), del citato art. 23 bis: il giudizio ha infatti ad oggetto un (rifiuto di) provvedimento relativo ad una procedura di affidamento di un pubblico servizio, quale è quello farmaceutico.
La tesi di parte appellata si fonda sull’assunto che dal citato art. 23 bis, II e VII comma, derivi la riduzione di tutti i termini processuali alla metà, con la sola esclusione di quello di sessanta giorni per la notificazione del ricorso di primo grado (nonché, eventualmente, di quello di trenta giorni per il deposito dello stesso ricorso originario).
Alla stregua di un’esegesi sistematica, in effetti, l’espressa previsione (comma VII) di un termine di trenta giorni, cioè dimezzato, per la proposizione dell’appello avverso la sentenza del tribunale amministrativo regionale pronunciata nei giudizi di cui al comma 1, appare difficilmente conciliabile con il mantenimento del termine intero, di trenta giorni, per il deposito dell’atto di appello; tanto più in quanto quest’ultimo termine, pur non espressamente considerato dal comma VII, ricadrebbe comunque nella generale previsione di dimezzamento dei termini di cui al comma II, almeno ove si convenga che l’eccezione introdotta dall’inciso salvo quelli per la proposizione del ricorso è riferibile solo a quello di primo grado.
Anche sul piano teleologico pare ragionevole supporre che il legislatore abbia inteso escludere l’abbreviazione dei termini limitatamente alla fase, prodromica all’introduzione del processo, in cui è ipotizzabile che il ricorrente non sia ancora munito di difensore; mentre in ogni fase successiva (e dunque, per le due diverse tesi in quest’ottica egualmente sostenibili, a partire dalla notifica, ovvero dal deposito, del ricorso di primo grado) non è illogico affermare che il dimezzamento dei termini processuali si riferisca tanto alla notifica, quando al deposito, dell’atto di appello.
Tuttavia, secondo un’esegesi letterale (sebbene la brevità della legge n. 205/00 in rapporto alle complessità della materia sconsigli di fondarsi sempre sul mero testo delle norme), non può escludersi l’opposta conclusione. Il termine ricorso, di cui al II comma dell’art. 23 bis, andrebbe allor riferito non solo a quello di primo grado, ma anche all’atto introduttivo dell’appello. Ovvero, andrebbe argomentato, a contrario anzichè a simili o a fortiori, dal fatto che il VII comma ha omesso ogni considerazione del termine per il deposito.
Poiché trattasi di questione di massima di particolare rilievo per un gran numero di affari di competenza di tutte le tre Sezioni giurisdizionali di questo Consiglio, e su tale argomento possono originarsi contrasti giurisprudenziali, il Collegio stima opportuno rimettere, d’ufficio, la decisione dell’affare all’Adunanza plenaria delle Sezioni giurisdizionali, ai sensi dell’art. 45, I comma, del R.D. 26 giugno 1924, n. 1054.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale – Sezione IV – rimette la decisione dell’affare all’Adunanza plenaria del Consiglio di Stato.
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(Presidente Giovanni Paleologo, Estensore Ermanno de Francisco)