L’editoriale del prof. Sartori

Rassegna Stampa

Corriere della Sera del 15 gennaio 2002

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Che cosa può (e non può) fare il Quirinale

TUTTI I POTERI DEL PRESIDENTE

(editoriale di Giovanni Sartori)

Il benservito al ministro degli Esteri Ruggiero (spiegato ieri a Montecitorio da Berlusconi) riapre il dibattito su quali siano i poteri del capo dello Stato.

È noto che Ciampi aveva molto raccomandato la nomina di Ruggiero. Ne poteva impedire il licenziamento? No, non lo poteva impedire.

Può impedire, però, una nuova nomina (dopo l’ interim) a lui sgradita.

Nel 1994 Berlusconi propose impudicamente al presidente Scalfaro la nomina di Previti a ministro della Giustizia.

Scalfaro disse no e Berlusconi dovette smistare Previti alla Difesa.

E il potere del Presidente di negare una nomina non è mai stato messo in dubbio.

L’ esempio dimostra allora che i l potere di un capo dello Stato non è soltanto di moral suasion, in italiano di «persuasione» (morale o no).

Se fosse sempre e soltanto di persuasione sarebbe un potere «senza potere», un potere di cartapesta. Il che non è.

E’ vero che nei sistemi pa rlamentari il Presidente non ha poteri di governo. Ma può intervenire in atti che precedono il governare: come si è già visto, negli atti di nomina (ivi includendo la designazione del presidente del Consiglio).

Tutto lì?

No. Leggiamo la Costituzione.

L’ articolo 87 dice che il presidente della Repubblica «autorizza la presentazione alle Camere dei disegni di legge di iniziativa del governo», e che «promulga le leggi». E l’ articolo 74 della Costituzione stabilisce che «il presidente della Repubblica può, con un messaggio motivato alle Camere, chiedere una nuova deliberazione. Se le Camere approvano successivamente la legge, questa deve essere promulgata».

In quest’ ultimo caso, dunque, la promulgazione diventa, in seconda istanza, un atto dovuto. Il che non toglie che un messaggio dissenziente del capo dello Stato può mettere un governo in gravi difficoltà.

E negli altri due casi? Anche la promulgazione è un atto dovuto (art. 73). Ma non lo è – la Costituzione non lo dice – l’ autorizzazione a presentare alle Camere i disegni di legge. In questa fase iniziale della formazione delle leggi, se il Presidente non firma, non firma. Beninteso, siamo in una zona di confine tra le prerogative del capo dello Stato e le competenze del gover no. Pertanto in questa zona la discrezionalità del Presidente deve essere esercitata con circospezione, nei limiti.

Nel sistema parlamentare un capo dello Stato che nega la sua firma deve avere importanti e gravi ragioni per negarla. Ciò concesso, andrò a sostenere che queste gravi ragioni sussistono per il disegno di legge Frattini sul conflitto di interessi che arriverà a Montecitorio il 21 gennaio.

Ho già spiegato in varie occasioni perché ritengo che la formula escogitata da Frattini non risolva per niente il problema.

Mi viene obiettato che io mi oppongo perché sono antiberlusconiano. In verità io mi oppongo (dirò tra poco) perché difendo – sin da quasi prima che Berlusconi nascesse – lo Stato di diritto.

Però siamo uno strano Paese. Sembra che per gl’ italiani il mondo si divida tutto tra berlusconiani e antiberlusconiani, tra amici viscerali e nemici viscerali del Cavaliere.

Che assurdità! Tra questi due campi esiste l’ universo di chi non è schierato, di chi ragiona con la propria testa, di chi non ha interessi personali in gioco. E le critiche che Frattini lascia senza risposta provengono da questo universo.

Il problema acutizzato dalla sua finta soluzione frattiniana è antichissimo. Risale a questo angoscioso interrogativo: quis custodiet custodes? Chi custodisce i custodi? Chi controlla il controllore?

Questo problema è stato risolto dallo Stato di diritto. Ma viene riaperto da un Berlusconi che concentra in sé – per la prima volta nella storia di tutte le democrazie – un «doppio potere» politico-economico che vanifica il principio stesso della limitazione del potere.

Il presidente Ciampi ci fa sapere che nulla può fare. Ma non è così. Se voleva, la legge Frattini la poteva bloccare in nascita. E se la avallerà senza nemmeno dissociarsi con un messaggio, allora avrà mal garantito la Costituzione della quale è garante.

Sartori Giovanni



Corriere della Sera del 15 gennaio 2002

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