Ministero della Giustizia – Dipartimento per gli Affari di Giustizia
Circolare 13 maggio 2002 n. 3
"Contributo Unificato per le spese degli atti giudiziari".
Con riferimento alla problematica di cui all’oggetto si rappresenta che è stato convertito in legge con modifiche il decreto-legge n. 28 dell’11 marzo 2002 sul contributo unificato.
La legge di conversione 11 maggio 2002, n. 91, pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale n. 109 dell’11 maggio 2002, è entrata in vigore il 12 maggio 2002.
Per motivi di organicità si è ritenuto di emanare la presente circolare che comprende anche le parti ancora in vigore delle circolari n. 1/2002 e n. 2/2002 di questo Dipartimento, le quali, pertanto, devono ritenersi sostituite dalla presente.
Di seguito verranno esaminati gli aspetti più rilevanti della legge n. 488/99, così come modificata dalla legge di conversione.
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Il comma 1 dell’art. 9 della legge n. 488/99 e succ. mod. stabilisce che il pagamento del contributo unificato comprende tutti gli atti e provvedimenti dei procedimenti civili, penali ed amministrativi inclusi quelli ad essi antecedenti, necessari o funzionali. La formulazione della legge, così come modificata dalla legge di conversione, rende eloquente che nel pagamento del contributo unificato sono comprese anche le imposte di bollo dovute sulla procura alle liti, sull’atto di precetto, sull’atto di pignoramento, sull’atto di costituzione di parte civile, sulla relazione dell’ausiliario del giudice e del consulente tecnico di parte, sulla tempestiva istanza di ammissione al passivo fallimentare, sul provvedimento comunque conclusivo del procedimento, sul mandato di pagamento emesso dal funzionario, sul decreto di pagamento del magistrato, sull’istanza per la liquidazione della consulenza, sulle varie istanze presentate dalle parti, quali differimento, sospensione, estinzione, perenzione ecc.
La disciplina sul bollo è invariata per le domande ed istanze presentate da terzi, non collegate ai processi, perché l’esenzione prevista dal legislatore è legata ai processi e, quindi, innanzi tutto all’attività delle parti processuali.
Conseguentemente, a titolo esemplificativo, il terzo che chiede la copia autentica di un atto processuale oltre al bollo sulle copie (come si evince dal comma 1 dell’art. 9) è tenuto al pagamento del bollo sull’istanza con cui le chiede; l’istanza per richiedere il certificato sullo stato del processo civile non è soggetta a bollo se presentata da una delle parti, è soggetta a bollo se presentata da un terzo interessato.
Attesa la formulazione dell’art. 9, comma 1, legge cit. – secondo cui non si applicano le imposta di bollo, i diritti di cancelleria, i diritti di chiamata di causa dell’ufficiale giudiziario agli atti comunque antecedenti, necessari e funzionali dei procedimenti giurisdizionali – deve ritenersi che l’esenzione dal pagamento dell’imposta di bollo è indipendente dal risultato della richiesta di pignoramento o di sfratto. In tali ipotesi gli ufficiali giudiziari dovranno, quindi, redigere i relativi verbali in carta semplice, e, quindi, senza l’assolvimento dell’imposta di bollo.
Per quanto riguarda le copie autentiche è stata introdotta dalla legge di conversione una norma interpretativa secondo la quale le copie autentiche comprese quelle esecutive richieste dalle parti del procedimento si intendono esenti dal bollo.
Per tali copie, pertanto, non sarà più dovuta l’imposta di bollo, ma continueranno ad essere dovuti il diritto di copia forfettizzato e il diritto di certificazione di conformità di cui alla tabella A allegata alla legge 21 febbraio 1989, n. 99 e succ. mod.
La soppressione dei diritti di cancelleria, effettuata con l’art. 9, l. n. 488/99 e succ. mod., infatti, ha inciso in modo molto limitato sui diritti di copia.
Invero, dall’interpretazione sistematica dei recenti interventi legislativi discende che sono stati soppressi solo i diritti per le riproduzioni ad uso d’ufficio, quantificati in modo forfettizzato per il recupero dal D.M. n. 374/89 per il procedimento penale, quantificati in modo forfettizzato per il pagamento anticipato della parte che si costituisce, per il procedimento civile dalla legge 7 febbraio 1979, n. 59.
Sono, invece, rimasti invariati gli importi richiesti per le copie semplici e sono aumentati gli importi per le copie autentiche ai sensi dell’ultimo comma della tabella 1 allegata all’art. 9 legge cit., quando la copia è rilasciata ad istanza di parte.
L’incidenza limitata della soppressione dei diritti di cancelleria sui diritti di copia è fondata su tre argomenti:
– il legislatore non ne ha fatto cenno espresso nell’art. 9, legge n. 488/1999 e si è limitato a quantificare il diritto di autenticazione (a sua volta componente del diritto di copia) nella tabella 1 allegata alla legge che contiene le quantificazioni del contributo unificato;
– il legislatore successivo (art. 145, comma 70, legge 23 dicembre 2000 n. 388, che ha modificato l’art. 3 della legge 10 ottobre 1996, n. 525, con l’introduzione del comma 3 bis) ha previsto uno strumento generale di adeguamento degli importi riferito a tutti i diritti di copia, sull’evidente presupposto che l’art. 9 non li aveva soppressi;
– il legislatore successivo, che si è occupato del processo amministrativo (legge 21 luglio 2000 n. 205) in una norma speciale (art. 1, comma 3, 2° periodo, che ha novellato l’art. 23 della legge 6 novembre 1971, n. 1034), ha soppresso il diritto di copia in casi particolari, limitandosi a richiedere il costo di riproduzione sull’evidente presupposto dell’esistenza nell’ordinamento dei diritti di copia, sicuramente applicabili anche nel giudizio amministrativo.
In definitiva, deve ritenersi che con le disposizioni contenute nella tabella 1 allegata alla legge sul contributo unificato l’attività di autenticazione svolta dai funzionari è stata inequivocabilmente collegata all’atto e che il costo per questa (individuato dal comma 6 della tabella 1 allegata all’art. 9 legge citata) si va a sommare agli altri importi previsti (ai sensi della tabella A allegata alla legge citata n. 99/1989 e succ. mod., e collegati al numero delle pagine) e sostituisce il corrispondente importo (lire 8000) precedentemente stabilito per la stessa funzione.
Una interpretazione diversa, tendente a ritenere che l’importo, previsto al comma 6 della tabella, allegata all’art. 9 legge cit., sostituisca integralmente la tabella A della legge n. 99/89 per le copie conformi, è incompatibile con la permanenza dei diritti di copia semplice, perché le copie semplici costerebbero di più delle copie autentiche.
Né l’interpretazione sostenuta può essere messa in dubbio dall’espressione letterale "diritto unico", perché tante volte il legislatore l’ha usata impropriamente e perché si può spiegare con il riferimento all’attività di autenticazione collegata all’atto.
In caso di urgenza sono dovuti i relativi diritti di cui al n. 14 della tabella allegata alla legge 24 dicembre 1976, n. 900 e succ. mod.
I diritti di copia dovranno essere pagati, come in precedenza, attraverso l’uso delle marche da bollo (cfr., sul punto, il commento al comma 11 bis dell’articolo 9 alla citata legge 488/1999 e succ. mod.).
Si rammenta che la legge 10 ottobre 1996, n. 525, nel prevedere un aumento generalizzato dei diritti di cancelleria, ha stabilito all’art. 3 n. 4 una riduzione a metà di tali diritti relativamente agli uffici dei giudici di pace. Pertanto, anche il diritto fisso per le copie degli atti di euro 5,16 deve essere ridotto della metà per tali uffici.
Si precisa, infine, relativamente ai diritti di copia, che l’aumento previsto per le copie autentiche dal comma 6 della tabella 1 è indipendente dal contributo unificato e, quindi, deve essere pagato anche da chi non si avvalga della facoltà di cui al comma 11 dell’articolo 9 alla citata legge 488/1999 e succ. mod.
L’ultimo inciso dell’art. 1, comma 1 della legge n. 488/99, come modificato dalla legge di conversione, esclude che per alcuni procedimenti del tutto marginali non giurisdizionali che hanno per lo più carattere amministrativo, quali ad esempio, gli atti di notorietà, dichiarazioni sostitutive degli atti di notorietà, trascrizione vendita di automobili con riserva di proprietà, pubblicità dei testamenti, procedimenti di iscrizione all’albo dei consulenti tecnici etc., possano ancora applicarsi i diritti di cancelleria previsti per i procedimenti giurisdizionali. Per questi, pertanto, sarà dovuta, ove prevista, l’imposta di bollo.
L’imposta di bollo, difatti, è invariata per gli atti non giurisdizionali compiuti dagli uffici giudiziari. Invero, l’ambito di operatività del contributo unificato risulta limitato ai procedimenti previsti dalla legge stessa ed agli atti ad essi necessariamente connessi, con esclusione di tutti quegli affari che, anche se espletati davanti ad un ufficio giudiziario, non sono correlati ad alcun procedimento e sono destinati a realizzare esigenze e finalità estranee all’attività processuale.
In proposito, si chiarisce che il contributo previsto dal comma 2 della tabella 1 allegata alla legge n. 488/99 è relativo unicamente ai processi amministrativi che si svolgono dinanzi al T.A.R. e al Consiglio di Stato e non può dunque essere riferito ai procedimenti di carattere amministrativo, quali quelli sopra menzionati, di competenza degli uffici giudiziari ordinari.
Si rammenta, inoltre, che il comma 1 dell’art. 9 prevede una espressa abrogazione dei diritti di cancelleria in generale che si sostituiscono con un contributo unificato di iscrizione a ruolo secondo gli importi ed i valori indicati nella tabella 1 allegata alla citata legge. Pertanto, con l’entrata in vigore della normativa sul contributo unificato, e salvo quanto, più avanti, detto per il regime transitorio, i diritti di cancelleria devono considerarsi tutti abrogati, indipendentemente dal fatto che precedentemente essi non erano compresi nella forfettizzazione (come, ad esempio, il diritto di registrazione).
– Il comma 3 dell’art. 9 legge cit. stabilisce che il contributo unificato deve essere anticipato dalla parte che per prima si costituisce in giudizio, o che deposita il ricorso introduttivo, ovvero, nei procedimenti esecutivi, che fa istanza per l’assegnazione o la vendita dei beni pignorati.
Il contributo deve essere integrato nell’ipotesi di modifica della domanda, di domanda riconvenzionale, di chiamata in causa o di intervento autonomo, cui consegua un aumento di valore del procedimento e nei soli limiti dell’aumento (art. 9, comma 3, legge cit., ultima parte).
In tali ipotesi, nel silenzio della legge, deve ritenersi che il relativo versamento debba avvenire per la prima udienza utile.
Si precisa, inoltre, che il contributo si paga per ciascun grado di giudizio. Conseguentemente non dovrà essere pagato un nuovo contributo in tutte quelle ipotesi di riattivazione del processo che tuttavia non comportano il suo passaggio ad un grado diverso dal primo. Così, ad esempio, nell’ipotesi di prosecuzione di un processo sospeso o interrotto o cancellato dal ruolo.
Relativamente ai procedimenti possessori di cui al Libro quarto, Titolo I, Capo IV c.p.c., considerata la loro natura "bifasica" – sommaria che termina con ordinanza e ordinaria che termina con sentenza – si chiarisce che per la prima procedura (di natura sommaria) andrà richiesto il pagamento nella misura di cui al comma 4 della tabella 1 legge citata e per la seconda procedura (quella di merito di natura ordinaria) andrà richiesto il pagamento di un autonomo contributo unificato per il procedimento di cognizione ordinaria.
Per i procedimenti relativi alla esecuzione forzata degli obblighi di fare e di non fare (art. 612 e ss. c.p.c.), poiché non vi sono istanze per l’assegnazione o la vendita di beni pignorati, il contributo deve essere pagato al momento del ricorso al giudice dell’esecuzione.
L’opposizione all’esecuzione (art. 615 c.p.c.) e l’opposizione di terzo all’esecuzione (art. 619 c.p.c.), quali azioni che introducono normali ed ordinari processi di cognizione, soggiacciono alle regole generali e, quindi, sono soggette al versamento del contributo al momento della iscrizione a ruolo secondo il valore della domanda. L’opposizione agli atti esecutivi (art. 617 c.p.c.) soggiace al contributo fisso di euro 103,30 ai sensi del comma 5 bis della tabella 1 della legge in commento che dovrà essere versato, anch’esso, al momento della iscrizione a ruolo.
Inoltre, sempre avuto riguardo ai procedimenti esecutivi, deve precisarsi che la ricevuta di versamento attestante il pagamento del contributo unificato non deve essere consegnata all’ufficiale giudiziario, bensì deve essere depositata nella cancelleria competente secondo quanto disposto in via generale dall’articolo 5 del d.P.R. n.126/2001.
– Il comma 4 dell’art. 9 della legge n. 488/99 e succ. mod. disciplina l’esercizio dell’azione civile nel processo penale.
La norma prevede che il contributo non sia dovuto nell’ipotesi in cui sia richiesta solo la pronuncia di condanna generica del responsabile. Nel caso in cui la parte civile, oltre all’affermazione della responsabilità civile, chieda anche la condanna al pagamento di una somma di denaro, il contributo è dovuto, in caso di accoglimento della domanda, in base all’importo del valore liquidato in sentenza ed è prenotato a debito per essere recuperato nei confronti della parte obbligata al risarcimento del danno. Le modifiche introdotte dalla legge di conversione al comma 4 chiariscono che il pagamento del contributo per l’azione civile nel processo penale è dovuto, oltre che nell’ipotesi di richiesta di condanna al pagamento di una somma di denaro, anche nell’ipotesi di richiesta di provvisionale, allorché la domanda venga accolta.
Con riferimento, in generale, alle costituzioni di parte civile nei processi penali è opportuno, altresì, precisare che per le costituzioni avvenute prima del 1° marzo 2002 si applica il regime antecedente l’entrata in vigore del contributo unificato anche nell’ipotesi in cui la sentenza di condanna sia emessa successivamente a tale data.
Il comma 5 dell’art. 9 legge citata rimette all’avvocato l’attestazione se la controversia sia soggetta o meno al pagamento del contributo unificato e, in caso positivo, la determinazione del valore dei procedimenti ai sensi dell’articolo 10 e ss. del codice di procedura civile. Gli uffici, infatti, devono eseguire un controllo meramente formale di riscontro tra l’importo pagato e quello previsto nella legge come corrispondente al valore della causa.
Le modifiche introdotte dalla legge di conversione al comma 5 dell’art. 9 legge cit. recano delle precisazioni molte utili volte a chiarire che la dichiarazione circa il valore della causa è dovuta anche nelle ipotesi di prenotazione a debito del contributo e di esenzione.
Si stabilisce, inoltre, che nell’ipotesi in cui manchi la dichiarazione dell’avvocato circa il valore del procedimento, la causa si presume del valore di cui allo scaglione g) del comma 1 della Tabella 1. E’ stata così eliminata una discrasia del decreto legge n. 28/2002, il quale, abrogando le sanzioni della improcedibilità e della irricevibilità della domanda, non aveva chiarito quali fossero i compiti del funzionario di cancelleria nell’ipotesi in cui mancasse la dichiarazione dell’avvocato circa il valore della causa.
Il comma 5 bis dell’art. 9 disciplina il meccanismo di riscossione del contributo unificato, in caso di mancato o insufficiente pagamento, secondo i principi generali dettati dai decreti legislativi 9 luglio 1997, n. 237, 26 febbraio 1999, n. 46 e 13 aprile 1999, n. 112 e successive modificazioni, che hanno regolato la materia della riscossione delle entrate patrimoniali dello Stato.
Il funzionario addetto all’ufficio deve verificare la presenza della ricevuta di versamento e se l’importo risultante dalla stessa è diverso dall’importo del corrispondente scaglione, individuato sulla base della dichiarazione resa dall’avvocato.
Il controllo effettuato dal funzionario è, dunque, come già precisato in precedenza, un controllo meramente formale di riscontro tra l’importo pagato e quello previsto nella legge come corrispondente al valore della causa. Infatti, la legge è inequivocabile nell’attribuire la determinazione del valore – sulla base delle sopra richiamate regole del codice di procedura civile – al difensore.
Il meccanismo di riscossione delineato nel comma in esame consta di due fasi.
– La prima prevede l’inoltro dell’invito bonario al pagamento da parte del funzionario di cancelleria entro 30 giorni dal deposito dell’atto cui si collega il pagamento o l’integrazione del contributo dovuto, quale risulta dal raffronto tra la dichiarazione resa e il corrispondente scaglione della tabella. Le modifiche apportate dalla legge di conversione al comma 5 bis allungano il termine per l’invio dell’invito bonario al pagamento da parte del cancelliere portandolo da dieci giorni a trenta giorni e precisano che l’invito deve essere inviato alla parte nel domicilio eletto o, nel caso di mancanza di domicilio eletto, deve essere depositato presso la cancelleria dell’ufficio giudiziario. Si precisa, al riguardo, che nel contesto del processo pendente il legislatore ha limitato al domicilio eletto la possibilità di notifica. Ciò si fonda sulla circostanza che nel processo la parte elegge domicilio presso il proprio difensore (articolo 84 c.p.c.). Per il caso, poi, del tutto marginale, in cui la parte stia in giudizio personalmente (perché autorizzata ex articolo 82 c.p.c.) e non ha eletto domicilio, il legislatore ha esteso il meccanismo del deposito in cancelleria, già previsto dall’articolo 58 disp. att. c.p.c.
Per ciò che concerne la notifica dell’invito di pagamento deve ritenersi che essa rientri tra le notifiche a richiesta d’ufficio e che, quindi, debba essere effettuata mediante l’ufficiale giudiziario, ai sensi dell’art. 137 c.p.c.
L’invito al pagamento serve solo all’adempimento spontaneo di una obbligazione ex lege che basterà menzionare nello stesso invito.
– La seconda fase, che si apre a seguito della inottemperanza all’invito di pagamento, consiste nella formazione del ruolo e, nel caso di decorso del termine per l’adempimento computato dall’avvenuta notifica, nella trasmissione del medesimo al concessionario per la riscossione. Nell’importo iscritto a ruolo sono calcolati gli interessi al saggio legale, decorrenti dal deposito dell’atto cui si collega il pagamento o l’integrazione del contributo.
Si rammenta che, a seguito delle modifiche introdotte dal d.lgs. n. 237/97 e succ. mod., il ruolo deve essere formato dall’ufficio giudiziario e trasmesso al concessionario per la riscossione.
Relativamente alla formazione, al contenuto ed alla consegna del ruolo al concessionario, si applicano l’articolo 12 e l’articolo 24 del d.P.R. 29 settembre 1973, n. 602 e succ. mod.
– Il comma 7 dell’art. 9 legge cit. stabilisce che "i soggetti ammessi al gratuito patrocinio o a forme similari dei non abbienti sono esentati dal pagamento del contributo".
Appare evidente che il legislatore con il termine "esenzione" abbia inteso escludere un "passaggio di denaro". Invero, il contributo è dovuto, ma la concreta riscossione si avrà solo se si verificano i presupposti (condanna alle spese della parte diversa da quella ammessa e dall’amministrazione) e a tal fine la voce è prenotata a debito.
Il comma 8 dell’art. 9 della legge citata individua i procedimenti esenti, cioè non soggetti al pagamento del contributo unificato.
A norma di tale articolo, così come modificato dal decreto legge e dalla legge di conversione, non sono soggetti al pagamento del contributo i procedimenti già esenti, senza limiti di competenza o di valore dall’imposta di bollo, o da ogni spesa, tassa o diritto di qualsiasi specie e natura, nonché i procedimenti di rettificazione di stato civile, i procedimenti in materia tavolare, i procedimenti cautelari attivati in corso di causa, i procedimenti esecutivi mobiliari di valore inferiore ad euro 2.500 ed i procedimenti di regolamento di competenza e di giurisdizione.
Le modifiche apportate dalla legge di conversione al comma 8 sono volte ad ampliare le ipotesi di esenzione dal pagamento del contributo unificato.
In particolare, oltre che per i procedimenti esecutivi mobiliari di valore inferiore ad euro 2.500 – già menzionati – sono stati esentati dal pagamento del contributo unificato i procedimenti, anche esecutivi, di opposizione e cautelari, in materia di assegni per il mantenimento per i minori e, in generale, quelli riguardanti la prole. Tale ultima esenzione è individuata per materia indipendentemente dal diverso giudice competente.
Sono stati, altresì, esentati i procedimenti di interdizione e di inabilitazione, i procedimenti di dichiarazione di assenza e morte presunta, i procedimenti attinenti alle disposizioni relativi ai minori, agli interdetti e agli inabilitati e i procedimenti relativi ai rapporti patrimoniali tra i coniugi.
Infine, dall’esenzione è espressamente escluso il Capo VI dello stesso Titolo II, che detta disposizioni comuni in materia di procedimenti in camera di consiglio, i quali non sono esenti, ma assoggettati, unitamente ai procedimenti di volontaria giurisdizione, ad una disciplina diversa e prevista dal comma 4 bis della Tabella 1 della legge in esame e, in particolare, per essi è dovuto il contributo unificato in misura fissa pari a euro 62.
– La modifica del comma 11, operata dalla legge di conversione, è volta ad eliminare la norma, introdotta dal decreto legge n. 28/2002, che prevedeva l’obbligatorietà del pagamento del contributo anche per le cause pendenti.
Si ritorna, pertanto, al regime della facoltatività previsto dalla norma originaria della legge n. 488/99 (art. 9, comma 11) con la possibilità, per i procedimenti iscritti a ruolo o per i quali è stato depositato il ricorso alla data del 1° marzo 2002, di optare tra il precedente regime o il pagamento del contributo unificato nella misura del 50%.
La nuova norma chiarisce poi che la parte – e per essa il difensore – una volta scelto di avvalersi della facoltà del pagamento del contributo unificato nella misura ridotta prevista dall’articolo in esame, deve effettuare apposita dichiarazione sul valore del procedimento.
Non sono previsti particolari termini per l’esercizio dell’opzione che, quindi, potrà essere esercitata sino al termine del procedimento.
La norma stabilisce, inoltre, che non si fa luogo al rimborso, o alla ripetizione di quanto pagato a titolo di imposta di bollo, di tassa di iscrizione a ruolo, di diritti di cancelleria, di diritti di chiamata di causa e di tassa fissa.
Il riferimento ai ricorsi, introdotto dalla legge di conversione, chiarisce che la disciplina del contributo unificato è intesa in senso ampio e cioè non solo per i procedimenti introdotti con atto di citazione, ma anche per quelli introdotti con il solo ricorso.
Qualora la parte non intenda avvalersi della facoltà di cui sopra (pagamento del contributo in ragione del 50%), valgono le disposizioni vigenti relative all’imposta di bollo. Per i diritti di cancelleria si applica la tabella allegata alla legge 24 dicembre 1976, n. 900, come sostituita dalla tabella A, allegata alla legge 6 aprile 1984, n. 57 e poi modificata dalla legge 21 febbraio 1989, n. 99 e dalla legge 10 ottobre 1996, n. 525, limitatamente al n. 3, n. 4, lettera a), n. 5, n. 6 e n. 7 e n. 8.
Per il regime transitorio si veda più avanti l’apposito paragrafo.
La legge di conversione aggiunge, inoltre, all’art. 1 il comma 11 bis, che realizza un importante semplificazione per il pagamento degli importi previsti dal contributo: quella della eliminazione delle marche speciali per diritti di cancelleria, con conseguente ricorso alle marche da bollo ordinarie che esistono in commercio anche per tagli minimi.
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Per ciò che concerne le novità apportate dalla legge di conversione alla tabella 1 allegata alla legge n. 488/99 e succ. mod., si sottolinea quanto segue.
– Viene sostituito il comma 1 della tabella 1 allegata alla legge n. 488/99, con altra di contenuto identico, ma con gli importi arrotondati al fine di eliminare i decimali.
– Dopo il comma 3 della tabella, viene aggiunto il comma 3 bis, il quale precisa che "per le procedure fallimentari, dalla sentenza dichiarativa di fallimento alla chiusura è dovuto il contributo di cui alla lettera f) del comma 1".
Con tale modifica è stato, dunque, eliminato ogni dubbio interpretativo derivante dal fatto che il decreto legge n. 28/2002 faceva riferimento alla sola ipotesi di cui all’art. 91 del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267. Viene, poi contestualmente aumentato lo scaglione relativo a tali procedure portandolo così ad euro 672.
Per tutti i procedimenti in camera di consiglio del tribunale fallimentare opererà lo scaglione di contributo indicato alla lett. b) del comma 1 della Tabella 1, ai sensi del comma 4 bis della medesima Tabella, che ha richiamato i procedimenti del Libro IV, Titolo II, Capo VI del codice di procedura civile (contributo unificato pari a euro 62).
Per ciò che concerne le procedure fallimentari è opportuno precisare il diverso trattamento, ai fini del pagamento del contributo unificato, delle insinuazioni tempestive e delle insinuazioni tardive.
In particolare le insinuazioni tempestive, non dovendo essere iscritte a ruolo, non esigono il pagamento del contributo unificato.
A diverso trattamento sono invece soggette le istanze tardive. Invero, il complesso delle norme che regolano l’accertamento del passivo in sede fallimentare, ed in particolare quelle che attengono alla procedura per l’insinuazione tardiva del credito (artt. 51, 52, 93 e 101 R.D. 16 marzo 1942, n. 267), conducono ad un particolare processo di verificazione, inteso ad assicurare un esame rapido dell’accertamento di tutte le pretese dei creditori.
Tali norme pongono bene in evidenza la circostanza che l’accertamento in questione è di natura giurisdizionale-contenziosa ed inderogabile e che, quindi, come ha ritenuto la Suprema Corte, con costante giurisprudenza, il giudizio conseguente alla dichiarazione tardiva del credito, in considerazione della sua autonomia rispetto alla fase di verificazione e accertamento, è soggetto alla forma ed ai principi del rito ordinario.
La domanda di ammissione al passivo ed il ricorso per insinuazione tardiva del credito, dunque, costituiscono l’unico mezzo processuale per proporre la domanda giudiziale, al fine di far valere il proprio credito nei confronti del debitore fallito (cfr., fra tutte Cass., Sez. 3°, 29 maggio 1972, n. 1709; Cass., sez. 1°, 18 giugno 1997, n. 5459).
Sulla base della configurazione di tale giurisprudenza di legittimità, si deve, quindi, ritenere che il ricorso per insinuazione tradiva, abbia natura di domanda giudiziale, diretta ad ottenere un provvedimento giurisdizionale che accerta il diritto di partecipare al concorso.
Appare evidente, quindi, che il ricorso per insinuazione tardiva sia soggetto al pagamento del contributo unificato in base al valore del credito per cui si procede.
– Le modifiche apportate al comma 4 della tabella chiariscono come si determina il valore dei procedimenti per sfratto ai fini del pagamento del contributo: nei casi di morosità, il parametro cui riferirsi è l’importo dei canoni non pagati alla data di notifica della citazione, mentre, nella finita locazione, il valore è costituita dal canone di un anno. Per tutti e due i casi (morosità, finita locazione) il contributo è stato comunque dimezzato.
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Pagamento del contributo unificato
In merito alle modalità di pagamento del contributo unificato, si rinvia al d.P.R. n. 126/2001, come modificato dal d.P.R. 466/2001.
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– Il decreto legge n. 28/2002, così come convertito, modifica inoltre, la legge 24 marzo 2001, n. 89 prevedendo che i procedimenti in materia di equa riparazione connessi alla salvaguardia dei diritti garantiti dalla Convenzione per la tutela dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali, sono esenti dal pagamento del contributo unificato. Si stabilisce, inoltre, a meri fini chiarificatori, che i procedimenti iscritti prima del 13 marzo 2002 sono esenti dal pagamento dell’imposta di bollo, dei diritti di cancelleria e dei diritti di chiamata di causa dell’ufficiale giudiziario.
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Il decreto legge n. 28/2002, così come convertito, modifica, altresì, l’art. 71 del R.D. 18 dicembre 1941, n. 1368 (norme di attuazione del codice di procedura civile) prevedendo che la nota di iscrizione della causa al ruolo generale deve contenere l’indicazione delle parti, nonché le generalità ed il codice fiscale, ove attribuito, della parte che iscrive la causa al ruolo.
La norma chiarisce che il codice fiscale richiesto è quello della parte che iscrive la causa a ruolo.
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Disciplina transitoria
La legge di conversione modifica l’art. 4 del decreto legge n. 28/2002, recante la disciplina transitoria, stabilendo che per i procedimenti iscritti a ruolo dal 1° marzo 2002 al giorno antecedente alla data di entrata in vigore della legge di conversione sono fatti salvi gli atti compiuti e non si fa luogo a rimborso, a ripetizione, o a integrazione di quanto pagato.
L’intento cui risponde l’articolo in esame è quello di non rendere applicabili le modifiche apportate dalla legge di conversione ad atti compiuti nell’intervallo di tempo intercorrente tra l’entrata in vigore del decreto legge e il giorno antecedente quello dell’entrata in vigore della legge di conversione per i quali, espressamente la norma dispone che non si fa luogo a rimborso, a ripetizioni o a integrazioni di quanto pagato.
Si precisa che per atto compiuto deve intendersi l’avvenuto pagamento del contributo unificato. Così, ad esempio, se la parte si è avvalsa del decreto legge n. 28/2002 e ha versato il 20% del contributo per una causa iscritta a ruolo dal 1992 al 1996, l’atto è compiuto e non può essere chiesta l’integrazione rispetto al 50% previsto per tutti i processi dalla legge di conversione. Se è stato inviato l’invito al pagamento per una delle percentuali previste e vi è stato pagamento, non possono essere chiesti né rimborsi, né integrazioni sulla base della disciplina emanata in sede di conversione. Se, invece, all’invito non è stato dato adempimento – indipendentemente dalla circostanza della decorrenza o meno del termine per l’adempimento – si applica il nuovo regime previsto dalla legge di conversione.
Per i procedimenti dichiarati esenti dalla legge di conversione (procedimenti esecutivi mobiliari di valore inferiore ad euro 2.500, di opposizione e cautelari in materia di assegni per il mantenimento per la prole, nonché quelli comunque riguardante la stessa e i procedimenti di cui al titolo II, capi I, II, III, IV e V, del libro IV del codice di procedura civile) non è previsto alcun regime transitorio.
Il nuovo regime di esenzione, pertanto, si applicherà, in conformità all’art. 11 delle disposizioni della legge in generale al codice civile, secondo cui la legge non dispone che per l’avvenire, solamente ai procedimenti iscritti a ruolo successivamente alla legge di conversione. Così, ad esempio, il processo esecutivo mobiliare di valore inferiore a euro 2500 è esente solo se iniziato dopo l’entrata in vigore della legge di conversione, mentre se è iniziato prima si applica il regime precedente: contributo unificato se dal 1° marzo in poi, bolli, diritti, etc… se antecedente al 1° marzo.
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Procedimenti penali
L’art. 9 della legge n. 488 del 1999 e succ. mod. incide anche sulla disciplina delle spese dei procedimenti penali.
Infatti, è previsto che anche per tali procedimenti non possono più applicarsi le imposte di bollo, i diritti di cancelleria, nonché i diritti di chiamata di causa dell’ufficiale giudiziario.
Ne deriva che dalla tabella allegata al d.m. 11 ottobre 1989, n. 347, recante la disciplina relativa al recupero in misura fissa delle spese dei procedimenti penali, dovranno essere scorporate le somme relative alle voci suindicate (Diritti cancelleria di copia; Bollo; Precetto diritti cancelleria).
Rimane la voce dei diritti e trasferte degli ufficiali giudiziari, quantificata unitariamente con la chiamata di causa sino all’emanazione di un nuovo regolamento.
In mancanza di una norma transitoria occorre fare riferimento, anche in tal caso, ai principi generali ed in particolare al già richiamato art. 11 delle disposizioni della legge in generale al codice civile.
Per i procedimenti penali, difatti, le voci soppresse rilevano solo ai fini del recupero forfettizzato ai sensi del D.M. n. 374/89; conseguentemente è nel momento in cui nasce il debito nei confronti dello Stato che occorre fare riferimento per individuare la linea di demarcazione tra il vecchio ed il nuovo regime.
Tale momento è certamente collegato al passaggio in giudicato della sentenza di condanna.
Pertanto:
– per le sentenze divenute definitive entro il 28 febbraio c.a., si applica l’intero D.M. n. 347/89;
– per le sentenze divenute definitive dal 1° marzo c.a. il nuovo regime.
Si segnala che è in fase di adozione un nuovo regolamento sostitutivo del D.M. n. 347/1989 ove non saranno più comprese tutte le voci abrogate e saranno individuate le somme da riscuotere in misura fissa per tutti i procedimenti penali.
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Infine, si reputa opportuno avvisare che il 14 marzo c.a. è stato approvato dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri il Testo Unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di spese di giustizia, redatto dal Nucleo per la Semplificazione delle Norme e delle Procedure, di concerto con questo Ministero.
Il Testo Unico riunisce e coordina tutte le disposizioni legislative e regolamentari che hanno disciplinato la materia relative alle spese sul processo e verosimilmente entrerà in vigore il prossimo 1° luglio.
Il testo è disponibile in internet sul sito del Ministero della Giustizia: www giustizia.it.
13 maggio 2002
IL CAPO DEL DIPARTIMENTO
Gianfranco TATOZZI